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Autore: ReaRyuugu    16/09/2014    2 recensioni
Si dice che la notte porti consiglio, ma tutto ciò che il calar delle tenebre fa alla mente di Hanamiya è immergerlo nei ricordi dal retrogusto amaro di un passato remoto che con fatica annaspa alla superficie della sua coscienza annebbiata dalla stanchezza, prima di diventare gradualmente sempre più chiaro.
{Da intendersi come seguito di 'Abbraccio'} {Principalmente Hanamiya-centric, ma contiene implicazioni ImaHana}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Makoto Hanamiya, Shoichi Imayoshi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La fine e l'inizio'
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Salve!
Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei ribadire, come già menzionato nell’introduzione, che per quanto questa storia possa funzionare anche come one-shot a sé stante si tratta, di fatto, del ‘seguito’ di
questa fanfic. Vi consiglio quindi di darvi un’occhiata prima di continuare – in ogni caso, buona lettura!

 

 

{ Futuro

 

 

Si dice che la notte porti consiglio, ma tutto ciò che il calar delle tenebre fa alla mente di Hanamiya è immergerlo nei ricordi dal retrogusto amaro di un passato remoto che con fatica annaspa alla superficie della sua coscienza annebbiata dalla stanchezza, prima di diventare gradualmente sempre più chiaro.

 

 

In un pomeriggio di inizio primavera, in un clima anche troppo freddo per quel periodo dell'anno, come una specie di ombra oscura proiettata sui suoi pensieri era ancora forte il sentimento di dolore che aveva provato nel momento in cui era scesa come la lama di una ghigliottina la consapevolezza che una parte della sua vita se ne sarebbe andata per sempre e mai più sarebbe ritornata.

In una vita vissuta nella completa apatia e nel disprezzo del prossimo, colui che era riuscito a scuoterlo un po’ dalla noiosa e ripetitiva quotidianità lo stava salutando da dietro le porte di un treno in partenza, un sorriso fastidiosamente forzato che gli incurvava le labbra con l'inutile pretesa di nascondere le palpebre arrossate dallo sforzo di non regalargli un’ultima vista troppo impietosa. Fermo con i piedi sulla fatidica linea gialla mentre guardava il treno andarsene implacabile senza poterlo fermare, si era convinto che anche lui là dentro, che correva di vagone in vagone per poter prolungare quell'ultimo saluto il più possibile, sapeva perfettamente che le loro strade stavano prendendo due direzioni pressoché opposte.

 

Si scrissero qualche volta, si contattarono sporadicamente, ogni tanto si videro anche di persona; ma era inevitabile che a poco a poco le cose andarono come Hanamiya ebbe predetto.

Imayoshi era troppo impegnato a studiare e lui ad essere il solito, cinico ragazzo a sua volta troppo impegnato ad escludersi dal resto del mondo per uscire da quel guscio e correre dall’unica persona che mai lo avesse capito davvero. O meglio, a cui avesse mai permesso di capirlo davvero.

Giorno dopo giorno era sempre più lontano, e anche se era colpa di entrambi, in realtà essa era principalmente la sua.

 

Arrivò presto la conseguenza più inevitabile, eppure, nonostante questo, sempre e comunque dolorosa.

Non si parlavano più, adesso, e nessuno dei due aveva cercato l'altro da giorni, settimane, forse mesi. A poco a poco si erano allontanati del tutto, e i loro legami definitivamente logorati.

 

A questo punto, ormai era come vivere in una cupola di vetro.

 

Senza battere ciglio Hanamiya vedeva la propria vita e quella degli altri scorrere indisturbata davanti ai suoi occhi annoiati. Se prima di conoscerlo non aveva mai prestato attenzione ai colori del mondo, adesso che lui era un affare del passato il mondo un colore ce l'aveva eccome.

 

Era nero.

 

Si era ritrovato tante, troppe volte a rimpiangere di averlo lasciato andare via, ma ancora di più a maledirlo per essere entrato, in primo luogo, a far parte dalla sua vita. Gli aveva mostrato molte più cose di quanto forse entrambi avessero immaginato, come una finestra sull'infinito - finestra che era stata però brutalmente chiusa e serrata, tanto che ormai non valeva più neanche la pena grattare sul legno scheggiato per cercare di aprire un ultimo spiraglio.

Avrebbe fatto solo male, sarebbe stata solo una perdita di tempo.

 

Il tempo passava e lui non cambiava affatto. Rimaneva ancorato alla sua posizione, irremovibile, mentre tutto intorno progrediva e diventava diverso. Più attento, più pretenzioso, più difficile.

Sotto le pressioni da parte di molti smise di giocare a basket.

Costretto da genitori si iscrisse ad un’università prestigiosa locale solo per uscirne con il massimo dei voti e ritrovarsi immediatamente dopo coinvolto in un ambiente in cui non sapeva vivere, circondato da persone che tentavano di approcciarsi a lui ma che non potevano, non ci sarebbero mai riuscite.

 

Per la prima volta, Hanamiya iniziò a domandarsi se valesse davvero la pena continuare a vivere in un mondo del genere, circondato da persone trascurabili e bocche capaci solo di vomitare saccenterie infondate.

 

Decise di allontanarsi ancora di più da tutti, di scappare da coloro che ostentavano tanto di capirlo ma non sapevano neanche chi avessero davanti.

Tagliò i ponti con una famiglia di fissati per costruire il proprio nero e solitario angolo di mondo in una casa nascosta in mezzo a mille appartamenti tutti uguali, guadagnandosi da vivere come segretario in una deserta biblioteca di quartiere.

 

Non era la pace che cercava, ma dopo il dolore, la sconfitta, l'umiliazione, poco a poco stava subentrando la rassegnazione.

Avrebbe continuato a vivere la sua vita in quella pateticità assoluta e l'avrebbe accettato. Avrebbe continuato a vivere vicino e lontano dagli altri, conscio del fastidio che gli facevano provare, ma consapevole anche delle sue lacune e delle sue incapacità.

 

E in questo limbo passarono gli anni. Sedici, per la precisione, da quell’addio.

 

In una giornata in cui pareva che nessuno avrebbe messo piede tra quelle mura, un uomo dall'aspetto curato spinse la porta della biblioteca.

Ci volle ben più di qualche secondo, per Hanamiya, per realizzare che colui che aveva davanti non era un’illusione del suo cervello perennemente stanco: non poteva esserci nessuno, neanche a distanza di così tanto tempo, con quello stesso sorriso e quello stesso sguardo tagliente dietro le lenti lucide degli occhiali; con quella vocetta nasale e l’inconfondibile, marcato accento.

“Ti ho trovato, Hanamiya.”

 

Non lo voleva.

All'inizio, fece tutto quello che poté per cacciarlo, per farlo tornare in mezzo ai fantasmi del passato e lì farcelo rimanere, ma non servì a niente. A differenza di tutte le persone che avevano bussato contro le mura trasparenti della sua trappola, lui era l'unico che senza esitare la prese a spallate finché non si creò un’apertura, noncurante delle ferite che lo logorarono nel processo.

In mezzo al nero, Hanamiya riprese a vedere i colori. Riprese a vedere con occhio diverso le persone che lo circondavano, riprese a vedere se stesso, a respirare.

Era come se non fossero passati neppure cinque minuti dall’ultima volta che si erano visti. Imayoshi era cambiato, adesso che sfoggiava con fierezza il suo titolo di avvocato, ma al contempo era sempre uguale - e tale era anche l'intesa che presto li avvicinò e li unì di nuovo. Era un sogno? No, non poteva esserlo: i mesi che seguirono furono forse il periodo dell'esistenza di Hanamiya in cui egli si sentì più vivo in assoluto.

 

Eppure venne spontaneo domandarsi, perché proprio adesso?

Aveva sempre avuto quasi timore a chiederlo, ogni qual volta che si ritrovavano a passare del tempo insieme. Perché proprio ora un avvocato di successo del suo calibro aveva deciso di fare un salto indietro nel tempo e cercare una persona come lui?

 

Quando trovò il coraggio di porgli quella domanda, l’altro sorrise con la sua solita espressione indecifrabile, e Hanamya sentì lo stomaco contorcersi in una morsa asfissiante.

Era come se l’atmosfera si fosse appesantita d’un tratto, e gli angoli della sua visione tremante stessero, lentamente, per venir inghiottiti di nuovo dal nero.

“Mi sposo.”

Dolore. Era come se il cuore stesso gli stesse sanguinando.

Sentì l'aria mancargli, il mondo girare e confondersi in un’ombra buia intorno alle sue percezioni completamente annebbiate. Era tornato per donargli vita e respiro, solo per negarglieli nuovamente?! A che razza di dannato gioco sadico stava giocando?!

Era stufo, stufo di vivere la propria vita al centro di un’apatia infinita, e proprio quando era sicuro di potersi concedere un po’ di pace dalla pesantezza che gli attanagliava il petto dalla mattina alla sera, ecco che la cura di tutto ciò gli veniva strappata dalle mani senza che potesse fare niente per lottare e riprendersela.

Ma era davvero sua la colpa? Più questa domanda risuonava nella sua testa, più si ritrovava a tremare.

Aveva compiuto il solito errore in cui era caduto al principio, dando per scontato l’impegno del prossimo pur di non palesare le proprie emozioni. Forse era proprio vero, dunque, che nel mondo lui un posto tutto per sé in cui vivere in tranquillità non l’avrebbe mai trovato – principalmente perché non se lo meritava affatto.

Sentì gli occhi bruciare, mentre una lacrima sfacciata e furiosa lottava per palesarsi sul suo viso più sbiancato del solito.

“Con chi?”

L’altro sorrise, di nuovo. Sembrava la stessa identica espressione di prima - eppure era diversa. Lo capì, Hanamiya, perché ancora prima di sentire le sue parole, sentì ogni rancore svanire nell'aria come se fosse fumo.

Successe tutto in un attimo: la gabbia di vetro si era definitivamente sgretolata con quel singolo colpo, così che non potesse mai più rinchiuderlo in quella trappola impenetrabile.

“Con te.”

 

 

In mezzo a quei ricordi, Hanamiya chiude di nuovo gli occhi. È tardi, e non è il caso di lasciarsi trasportare dalla nostalgia per colpa di uno stupido, trascurabile fastidio che gli impedisce di rilassarsi come vorrebbe. D’altronde, è vero che non ha mai portato alcun tipo di anello al dito - ma è sicuro che potrà presto abituarsi a quella fascetta dorata che gli circonda l’anulare.

 

Così come avrà tutto il tempo di abituarsi alle notti e alle giornate non più sole, e al calore delle braccia che in quel momento lo stanno stringendo.

 

 

 

 

 

Ed eccoci di nuovo qui, 1500 parole precise dopo.

Questa era la mia entry per il prompt “Futuro” della #Spokon69minITA, tema che ho deciso di sfruttare per chiudere ciò che era stato lasciato aperto inAbbraccio’. Ho deciso di lasciare quelle due parole come titolo per entrambe le storie, in quanto essenza più pura dell’argomento delle singole one-shot… ma comunque, in ogni caso.

Avete mai ascoltato questa canzone? Vi consiglio di provare ad ascoltarla e di leggerne il significato.

Fin dal momento in cui l’ho scoperta mi è venuto spontaneo associarla a Imayoshi e Hanamiya, o meglio, a quel tipo di relazione che immagino tra i due: Hanamiya chiuso in se stesso, rifiutandosi di fare entrare chiunque altro nel suo mondo, e Imayoshi sempre pronto a bussare e ad infastidire per farsi aprire. L’uno cercherà di allontanarlo, finché non deciderà di fidarsi dell’altro e di chiedergli di aiutarlo a tirarlo via: non sentendolo più alcuna risposta crederà di esser stato tradito, solo per sentire il proprio salvatore irrompere nella silenziosa ‘stanza’ nel modo più rocambolesco e impensabile.

È un po’ il pattern che ho voluto seguire anche in questa storia, anche se ho reso le cose un po’ meno figurate di quanto siano in quella canzone. Inoltre, ho cercato di impegnarmi come potevo per immergermi nello stato d’animo di un Hanamiya privo riferimenti,tradito’ e abbandonato in un mondo in cui fatica a relazionarsi con un ‘prossimo’ che non scaturisce in lui alcun interesse. È vero che nella serie ci viene mostrato anche piuttosto carismatico, almeno coi suoi compagni di squadra, eppure non riesco a fare a meno di pensare che per lui diventerà sempre più difficile guadagnarsi il rispetto e la considerazione degli altri, ovvero quando scoprirà che il mondo può essere molto più furbo e spietato di lui. Il suo rocambolesco precipitare sarà però interrotto dal bussare a quella porta che ormai credeva essere destinata a rimanere chiusa per sempre… e proprio non ho resistito a regalare a questi due scemi un happy ending, non dopo aver rimarcato quanto la loro intesa si sia così agevolmente riallacciata.

Insomma, perdonate il commento infinito, ma volevo chiarire queste cosette. Spero che questa breve saga vi sia piaciuta! Al solito, ringrazio chiunque passerà, leggerà e/o recensirà, ogni giudizio è sempre più che ben accetto.

Alla prossima!

   
 
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