Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: arangirl    17/09/2014    1 recensioni
Modern AU
Arya ha diciassette anni ed è in fuga dall'orfanotrofio in cui ha passato metà della sua vita, arriva a Parigi per realizzare un sogno quasi dimenticato e incontra Daenerys, pittrice per caso delle bellezze della città.
Prevalentemente fluff con un pizzico di angst, che non guasta mai.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arya Stark, Daenerys Targaryen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non doveva essere stata una grande idea quella di uscire senza prendere la giacca, pensò Arya mentre cercava di proteggersi dal vento con il maglioncino che aveva addosso e verso il quale in quel momento sentiva un odio profondo. Era appena scesa dal treno e vedeva il cielo tingersi delle calde tonalità rosse del tramonto, le nuvole leggere che si illuminavano di pallidi riflessi rosati mentre usciva dalla Gare de Lyon.
Assaporò l’aria della sera, che in quel momento per lei era sinonimo di libertà pura e assoluta e si mise in marcia per trovare il suo obiettivo. Era tardi, lo sapeva, ma non aveva fatto tutta quella strada per niente, non era scappata dall’orfanotrofio per aspettare una notte intera. Doveva vederla.
 
Vagò per ore nella grande città mentre la notte scendeva cupa, troppo impaurita per chiedere informazioni. Come se qualcuno si fosse accorto della sua scomparsa, pensò con più di una punta di cinismo, se ne accorgeranno solo quando sarà il mio turno di lavare le scale. Non che avesse commesso poi quel gran crimine, in fondo aveva diciassette anni, era quasi maggiorenne e l’avrebbero buttata sulla strada a breve in qualsiasi caso, e il crimine serio era rinchiudere dei bambini in posti del genere, non il fatto che lei avesse finalmente trovato il coraggio di andarsene una volta per tutte. Camminò distrattamente per viuzze semideserte e per gli enormi viali affollati di gente, assaporando i vari accenti e le inflessioni della lingua, i profumi che uscivano dai ristò affollati e dalle sinuose nuvole di fumo che sembravano riempire l’aria. Non era mai stata a Parigi, ma non appena ci aveva messo piede aveva capito che era il posto in cui voleva stare, in cui voleva vivere.
 
Svoltò l’angolo con la mente distratta, impegnata ad assaporare più che poteva il mondo intorno a lei, conscia che quella sua piccola avventura sarebbe potuta finire da un momento all’altro, e la vide. La Tour Eiffel era illuminata a giorno a risplendeva alta nel cielo, un monumento all’ingegno dell’uomo e alle forza della natura insieme. Arya la fissò ammirata da lontano, pensando che mai in vita sua aveva visto una cosa tanto bella e maestosa allo stesso tempo. Si avvicinò lentamente, gustandosi a pieno la vista e si lasciò cadere in una delle panchine al limitare della grande piazza, persa nella venerazione della magnifica opera d’arte. Aldilà della gioia che provava in quel momento si sentiva stanca come non mai, sfiancata dalla camminata e dalla fuga, lo stomaco che gorgogliava invocando del cibo. Ecco, quello era un altro bel problema; aveva praticamente finito tutti i suoi risparmi per il biglietto del treno, e ora non sapeva cosa fare. Eppure mentre si trovava lì, davanti a quello spettacolo maestoso non riusciva a sentirsi spaventata o impaurita, ma solo felice.
 
Ascoltava distrattamente un uomo che suonava la fisarmonica poco distante quando sentì una voce accanto a se “Posso sedermi?” Si girò di scatto e incrociò lo sguardo di una ragazza bionda che la guardava sorridendo, in mano un grande blocco da disegno. Arya rimase senza parole per un attimo, fissando poco galantemente la ragazza negli occhi, impressionata dai riflessi violacei che ci vedeva dentro “Questo è il posto con la prospettiva migliore.” Indicò la torre e poi il blocco da disegno, e Arya riuscì finalmente a ricollegare i neuroni “Si, certo!” Spostò la piccola borsa che conteneva tutti i suoi averi terreni e fissò la ragazza mentre si sedeva accanto a lei, la svolazzante gonna a fiori anni settanta che si adagiava vicino ai suoi jeans scoloriti “Mi chiamo Daenerys” disse lei allungando la mano e Arya gliela strinse con delicatezza, assaporando il calore della sua mano sulla sua pelle fredda “Arya”. Daenerys sorrise, iniziando a disegnare sul grande blocco bianco.
 
Rimasero in silenzio per un po’ mentre Arya cercava di rimanere concentrata sul gigantesco monumento davanti a lei e non sui segni a carboncino che la ragazza al suo fianco tracciava con mano sicura ed espressione concentrata. Quasi sussultò quando sentì la sua voce “Hai freddo?” “Io… ehm… perché?” Rispondere ad una domanda con un'altra era un suo classico modo di dimostrarsi incredibilmente imbecille “Le tua mano. Era fredda.” Parlava senza staccare gli occhi dal blocco, continuando a disegnare “Si in effetti fa freddo” E il premio per la miglior conversatrice andava a… lei, di sicuro. La ragazza alzò gli occhi dal blocco e tolse dalla borsa una felpa, porgendogliela “Oh no grazie, sono sicura che serva a te…” “Stai tranquilla, io ho sempre caldo.” Arya si sentiva davvero male ad accettare l’aiuto di una sconosciuta, ma si sentiva gelare e quella felpa sembrava allettante come poche cose “Ti ringrazio.” La ragazza riprese a disegnare e questa volta Arya non si fece disturbo a fissare il suo lavoro “Sei davvero brava” “Nah, questo è solo uno schizzo. Sto cercando di realizzare la visione perfetta della Tour Eiffel, vengo qui ogni sera, ma non ci sono ancora riuscita.” “Be ci riuscirai.”
 
Ancora silenzio tra loro, lo sguardo di Arya che vaga nella notte mentre cercava di catturare lampi di sguardo nei passanti, catturati dalla luce dei fari sulla torre; le sembra tutto così poetico, così magico. “E tu perché sei qui?” “Per vedere la torre.”  E’ la risposta più ovvia del mondo, ma non sembra abbastanza “Hai scelto il momento migliore. E’ bellissima di notte.” Arya pensò distrattamente che non era l’unica cosa ad essere bellissima, prima di riacciuffare il flusso dei suoi pensieri “Stai scappando da qualcuno?” Arya sussultò in modo evidente, stringendosi la borsa al petto, pronta a scappare via. Daenerys appoggiò il carboncino sulla panchina e la guardò con occhi pieni di cordialità “Non spaventarti! Ho solo fatto un ipotesi… Sei qui da sola con quei vestiti dismessi e affamata… si ho sentito il tuo stomaco prima. E hai questa luce negli occhi.. sembri un animale braccato. Non devi dirmi nulla se non vuoi, davvero, ma se hai bisogno d’aiuto…” “No grazie, sto benissimo così.” “Davvero?” la scrutò  per un lungo momento “No non sto benissimo, ma davvero non mi serve il tuo aiuto.” Calò un silenzio che Arya trovò estremamente imbarazzante prima che Daenerys ricominciasse a disegnare in silenzio. Non riusciva a capire le sensazioni che sentiva dentro, ma aveva una voglia disperata di raccontare tutto a quella sconosciuta.
 
Combattuta tra paura e solitudine, cominciò a parlare lentamente prima di potersi fermare “Ero in orfanotrofio. I miei genitori… loro sono morti in un incidente,con mio fratello maggiore. Avevo anche una sorella e due fratelli, ma siamo stati divisi… non ho idea di dove siano ora. Avevo otto anni, ero traumatizzata e troppo grande perché qualsiasi famiglia volesse adottarmi, e quelle che ci provavano mi rimandavano indietro dopo qualche settimana perché non ero una bambina “facile” e non volevano tenermi” una smorfia di disgusto le si dipinse in volto mentre continuava “Sono rimasta in quel posto per metà della mia vita, ormai mi dava la nausea. Sono scappata.” Finì in un sussurro, senza essersi accorta di aver accelerato la velocità delle parole come per paura di pronunciarle in modo troppo chiaro, a voce troppo alta. L’altra rimaneva in silenzio, forse chiedendosi perché gli stesse rivelando tutto questo; in effetti se lo stava chiedendo lei stessa. “Perché qui?” “Cosa?” “Perché sei venuta qui?” le sue mani non smettevano di muoversi sul foglio, tracciando linee ricurve e perfette. Arya rimase sorpresa dalla domanda, ma la risposta era una di quelle che sapeva troppo bene. “Dovevamo venire qui a Parigi, una settimana prima che i miei morissero. Mia madre non vedeva l’ora di vedere la Tour Eiffel… era il suo sogno.” Ancora silenzio, non più scuro e pesante, ma quasi risplendente dopo la liberazione della confessione. Daenerys smise di disegnare tutto d’un tratto, come se all’improvviso avesse capito qualcosa “Vuoi venire a casa mia?” Arya la guardò con occhi spalancati “No cioè… volevo dire, se non hai altro posto in cui andare. Posso ospitarti, ho una camera in più.” “No grazie, non mi serve la tua pietà…” Arya sapeva di dover accettare ma il suo orgoglio ruggiva indisposto, non voleva l’aiuto di nessuno.
 
Sentì la mano calda di Daenerys stringersi intorno al suo polso “Davvero, non è pietà. Ho una camera in più e un enorme quantità di cibo. Mi ripagherai quando potrai.” Arya la fissò per un lungo momento, e furono le luci della torre riflesse in quei caldi occhi violacei che la fecero decidere “D’accordo. Grazie.”
 
 
Arya aprì gli occhi e si ritrovò inondata dalla luce del sole  che entrava dalla grande finestra accanto a lei. Respirò a fondo mentre gli avvenimenti della giornata precedente  le affollavano la mente e si ricordava piano piano in che posto si trovava. Dopo essere arrivate nel minuscolo appartamento in cui Daenerys viveva aveva appena fatto in tempo ad appoggiarsi al cuscino ed era crollata dal sonno. Non aveva nemmeno mangiato, pensò annusando l’aria e sentendo un profumo che fu sufficiente a farla alzare nonostante la stanchezza che sentiva ancora vivida in lei. Aprì la porta sulla piccola cucina illuminata e trovò Daenerys che cucinava canticchiando allegramente a ritmo con la radio “Buongiorno!” la salutò con un sorriso versando sui piatti quella che ad Arya pareva una frittata dall’aspetto delizioso e per un momento la scena fu così famigliare, che si sentì stringere il cuore e si aggrappò al bordo del tavolo per riprendere lentamente il senso della realtà “Stai bene? Cosa succede?” “Scusami… io, per un momento mi hai ricordato mia madre. Lei cucinava sempre per noi… era da tanto che qualcuno non lo faceva per me.”
 
Il viso di Daenerys si aprì in un sorriso che riusciva ad essere allo stesso tempo malinconico e incoraggiante mentre le porgeva il piatto. Arya cercò di mangiare in modo adeguato, ma era più di un giorno che non toccava cibo e il suo stomaco non sentiva ragioni. Finì il piatto in fretta  si accorse che Daenerys la fissava sorridendo “Scusami Daenerys, sono un animale, ma è buonissima” La ragazza si mise a ridere e ad Arya sembrò il suono più bello che avesse mai sentito… da quanto tempo nessuno rideva con lei? Bran lo faceva sempre, trovava divertente praticamente ogni cosa che Arya faceva, ma dopo aver perso la sua famiglia Arya non era riuscita a farsi nessun amico; non ne voleva. “Sono contenta che ti piaccia. E puoi chiamarmi Dany” Arya le sorrise a sua volta, ma l’altra assunse improvvisamente un’espressione seria “Senti Arya, non  so cosa tu voglia fare ora, ma se desideri restare qui, sappi che sei la benvenuta; stavo giusto cercando una coinquilina.” La bocca di Arya si piegò in una smorfia “Mi piacerebbe Dae… Dany, ma non posso pagarti.” “Ci ho pensato stanotte… io possiedo una libreria, niente di che, è piccolina, ma sei vuoi posso darti un lavoro. Ti anticipo i primi mesi di affitto finché non potrai ripagarmi.” Ad Arya sembrava di sognare, come poteva essere così fortunata? Eppure sentiva un peso sullo stomaco che non poteva ignorare “Dany io, io sono minorenne, se mi trovassero a casa o nel tuo negozio finiresti in guai seri, non voglio che ti succeda niente per colpa mia, davvero. Ti ringrazio per quello che hai fatto per me, ma è davvero meglio che io me ne vada.” Daenerys la fissò con occhi grandi e gentili “Quanto ti manca per diventare maggiorenne?” “Quattro mesi circa, il mio compleanno è il 3 Aprile, ma comunque..” “Allora faremo attenzione fino a quel giorno. Arya credimi, non ho nessuna intenzione di finire nei guai, ma che altra scelta hai? Vuoi tornare all’orfanotrofio?”  Arya la fissò a lungo, combattuta anche se in cuor suo sapeva che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non tornare là dentro. “No, non voglio.” “Allora è deciso! Inizierai da domani.”
 
La ragazza sorrise e si alzò per prendere i piatti ma Arya fu più veloce “Per favore, lascia fare a me, almeno questo.” Dany annuì e guardò Arya che diligentemente puliva i piatti, memore di tutte le volte che le era toccato farlo per punizione dopo aver tentato la fuga. Si fermò ad un tratto con la spugna ancora in mano e si girò a guardare Dany negli occhi “Perché lo fai?” “Perché faccio cosa?” “Perché mi aiuti?” Dany sorrise “Bé, in effetti è una bella domanda. Perché credi che lo faccia?” “Perché faccio molta pena e tu sei incredibilmente gentile?” Dany rise di nuovo e si alzò a prendere un grosso album dalla libreria, estraendone una foto ingiallita “Ecco, sono la quinta in prima fila.” Era una foto di gruppo, tanti bambini davanti ad un edificio grigio, Daenerys era in prima fila, i capelli biondi raccolti in due piccole codine, un sorriso un po’ forzato in volto “E quello era il mio orfanotrofio. Mia madre è morta per una complicazione durante il parto e mio padre non era abbastanza stabile per badare a me e mio fratello, o almeno così mi dissero. Non vedo Viserys da quando avevo sei anni…” “Mi dispiace” “Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno immagino, è semplicemente successo. So cosa vuol dire.” Arya sentì un improvvisa ondata di calore crescerle dentro nel sentire quelle parole “So cosa vuol dire aspettare inutilmente che qualche adulto ti trovi abbastanza adeguata per portarti a casa, so cosa vuol dire non avere amici, essere presa in giro e lasciata in un angolo per una colpa non tua, quel dolore sordo che si prova nel sentirsi completamente sola al mondo…” Arya sentiva gli occhi bruciarle e calde lacrime colarle sulle guancie; non aveva mai parlato di queste cose, di quello che provava, con nessuno.  Dany si avvicinò, posandole leggermente la mano sul braccio “Andrà tutto bene, vedrai. Adesso ci penso io a te, d’accordo?” Arya annuì e incapace di contenersi si gettò tra le braccia dell’altra, soffocando i singhiozzi nella sua chioma fluente e cullandosi nelle parole che Dany le pronunciava all’orecchio senza capirne bene il senso, e in quel momento, per la prima volta dopo tanti anni, capì di trovarsi in un posto che avrebbe potuto chiamare casa.
 
 
Scivolarono in una routine che Arya imparò presto ad amare,  la colazione insieme la mattina, il lavoro accompagnato dalle risate e dalle nuove conoscenze che Arya faceva tra gli amici di Daenerys, l’esplorazione della città, la scoperta di luoghi di cui non immaginava l’esistenza, il Louvre, Notre-Dame,  la Bastiglia, Versailles, i caffè storici in cui si riunivano i poeti simbolisti che Dany amava alla follia e che spingeva Arya a leggere, i mercati pieni di odori e memorie che si espandevano nell’aria allo stesso modo. Quasi ogni sera tornavano alla Tour Eiffel, Dany ancora alla ricerca della sua visione perfetta, Arya per perdersi nei ricordi dei tempi andati, per leggere un libro, semplicemente per rimanere a fissare il lavoro di Dany, le piccole smorfie che faceva quando era completamente concentrata sul suo lavoro.
 
Arya si era innamorata di Parigi in un modo che non credeva possibile, e allo stesso modo sapeva di essersi innamorata di Daenerys. Ogni sorriso che la ragazza le lanciava, ogni sguardo facevano battere il cuore di Arya all’impazzata, ogni tocco casuale le faceva incendiare la pelle, e talvolta si ritrovava a fissarla come se il mondo intero avesse smesso di girare intorno al sole e avesse cominciato a girare intorno a lei, e il mondo di Arya aveva fatto esattamente quello. Sapeva di non avere speranze, Daenerys era troppo bella, troppo intelligente, troppo curata, troppo… era semplicemente troppo per lei, oppure era lei a non essere abbastanza; cercava di accontentarsi del rapporto di amicizia che avevano tra loro, troppo preoccupata di perderlo anche solo per osare ipotizzare dell’altro, teneva troppo a lei per perderla, anche se questo voleva dire soffocare i suoi sentimenti fino a farli svanire. Daenerys era sempre gentile con lei, la trattava come se si conoscessero da una vita, le affidava il negozio quando usciva con Daario, il suo fidanzato dai capelli tinti di blu che Arya aveva odiato dal primo istante in cui l’aveva visto, un po’ per i suoi modi da sbruffone, un po’ perché stringeva la mano di Dany come lei avrebbe tanto voluto poter fare. Ma nonostante questo era felice, così oscenamente felice da camminare in punta di piedi per non rischiare di rompere quel magnifico momento di pace che le era stato concesso dopo anni di disperazione.
 
 
 
Una sera dopo aver chiuso il negozio tornò a casa e sussultò di sorpresa nel vedere Daenerys ai fornelli “Ehi, credevo uscissi con Daario… non era per quello che mi hai chiesto di chiudere da sola?” Dany le rivolse un sorriso enorme, di quelli che la lasciavano senza fiato e senza parole “Ci siamo lasciati… io e Daario intendo.” Arya sentì un ruggito di gioia esploderle in petto e prima che potesse fermarsi esclamò “Bene!” per poi capire di essere stata insensibile come del cemento armato “Cioè no, volevo dire, mi dispiace, starai male…” “No in realtà. L’ho lasciato io, non era la persona giusta per me.” Dany sembrava divertita dal suo imbarazzo e Arya sentì il sangue salirle alle guance colorandole di un rosso acceso “Be, ma allora perché mi hai detto che dovevi andare via?” Dany saltellò da un piede all’altro mordendosi il labbro “Era una bugia… mi serviva tempo per prepararti questa.” Si spostò leggermente per rivelare una piccola torta al cioccolato, di quelle che Arya adorava alla follia, con tanto di candeline accese. Dany sbuffò divertita all’espressione confusa che si dipinse sul volto dell’altra “Ti sei dimenticata? Oggi è il 3 Aprile, buon compleanno!” Arya la fissò sorridendo perché sì, in effetti si era completamente dimenticata del suo compleanno e dello scorrere del tempo; le sembrava impossibile che fossero già passati quattro mesi da quando si erano incontrate. “Dany io… non dovevi, grazie!” “Dai, esprimi un desiderio!” Arya fissò la fiammella della candela per un lungo attimo prima di desiderare che quel momento, quella gioia, quel senso di famiglia che si era andato a formare nel suo animo non finisse mai. Soffiò leggermente sulla fiammella e quella si spense, il fumo profumato che si disperdeva nell’aria portando con se il desiderio della ragazza, soffiandolo nel cielo aldilà della finestra e lontano da loro, così distante ma così tangibile nel futuro di entrambe.
 
Mangiarono la torta in silenzio mentre Arya cercava di decifrare l’espressione nel viso di Daenerys, pensierosa e distante, e si chiese se per caso non avesse fatto qualcosa di sbagliato “Stai bene?” l’altra sembrò svegliarsi da un sogno mentre un sorriso sornione le illuminava il volto “Certo, stavo solo pensando al mio regalo. Cioè al mio regalo per te.” Si alzò e prese dall’armadio un pacchetto sottile e largo, depositandolo nelle mani un po’ tremanti di Arya “Dany, non dovevi… sono già così in debito con te.” “Shhh, è il tuo compleanno, non solo dovevo, ma volevo.” Arya scartò lentamente il pacco, assaporando quello che probabilmente era l’unico regalo che riceveva da dieci anni a quella parte, e rimase senza parole per quello che vide. Era un quadro, e non un quadro qualsiasi. Si vedeva la Tour Eiffel, ma non completamente, di lato, illuminata dalle luci nella notte. In primo piano, piccola rispetto all’enorme mole del monumento, una persona sedeva solitaria su una panchina, ammirando trasognata la bellezza eterea dell’opera d’arte. Arya capì subito che si trattava di un quadro di Dany senza bisogno di guardare la firma, così come capì che era lei la ragazza sulla panchina senza doverlo chiedere; non che sarebbe riuscita a farlo, era senza parole. Sentì la voce di Dany accanto a lei timida come non l’aveva mai sentita “Ho capito cosa mi mancava per ottenere la visione perfetta… mi mancavi tu. L’ho capito fin dal primo momento in cui ti ho vista sola su quella panchina… mancavi tu, sei sempre mancata tu.” Arya appoggiò il quadro sul tavolo alzandosi lentamente per guardare Daenerys negli occhi “E’ tutto più bello quando ci sei tu.”
 
Pensandoci più tardi Arya non riuscì a capire se era stato esattamente quello il momento in cui aveva deciso di rischiare tutto seguendo l’istinto o se semplicemente una forza che andava aldilà delle sue capacità l’aveva spinta tra le braccia di Dany per baciarla con un trasporto che non credeva di poter provare, ma non aveva importanza visto che lei aveva risposto al bacio, rendendola la persona più felice che poteva esserci nel mondo.
Si staccarono dopo qualche secondo e Arya tremò nel vedere la stessa gioia che sentiva dentro riflessa negli occhi di Daenerys. Abbassò lo sguardo impaurita e l’altra appoggiò la fronte alla sua,  così vicine da poter respirare lo stesso respiro “Cosa succede?” “E’ il modo in cui mi guardi, nessuno mi aveva mai guardato in quel modo.” “Come?” Arya alzò lo sguardo e si fissarono negli occhi, grigio e viola che si mescolava rendendole più unite che mai “Come se avessi l’intenzione di tenermi.” Dany tremò leggermente a quella risposta e le prese il volto tra le mani mentre i suoi occhi diventavano lucidi “Arya Stark, ho tutta l’intenzione di tenerti per sempre.”
  
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