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Autore: La Mutaforma    17/09/2014    0 recensioni
Quanto poteva essere rassicurante la certezza di essere di nuovo ingabbiato, lontano dallo spazio inconsistente dei suoi incubi?
Quali terribili sogni popolano l’eterno sonno dei morti?
Sospirò e poggiò la fronte alle ginocchia, aspettando che l’eternità volgesse al suo atto conclusivo.

Storia di due prescelti nati sotto la stella della solitudine.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Anghel Higure, Nageki Fujishiro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nei giorni a seguire dell’angelo cremisi di Judecca non si vide nemmeno l’ombra. Nageki non avrebbe potuto dirsi sicuro che fosse venuto a scuola o meno, non poteva andare a cercarlo.

Si era chiesto se, in condizioni normali, avrebbe avuto il coraggio di andare da lui e chiedergli scusa. Indubbiamente, quello sarebbe stato il suo dovere.

Forse, in condizioni normali, non avrebbero avuto motivo di parlarsi.

Decise che, non potendo lasciare la biblioteca, lo avrebbe aspettato, e quando avrebbe fatto ritorno gli avrebbe chiesto scusa. Se glielo avesse chiesto cortesemente, Higure non avrebbe replicato. Era un ragazzo di buon cuore.

Abbassò gli occhi.

Era davvero di buon cuore.

 

Il quarto giorno, ricomparve. Come in un sogno.  

Entrò come di consueto dalla finestra, con lo scampanellio dell’hamaya che gli faceva da allarme. Nessun grido, nessun saluto. Nageki quasi non si accorse della sua presenza.

Quando alzò gli occhi dal suo libro, allarmato dal rumore del campanellino, sorrise mestamente alla schiena di Higure.

“Ciao Higure..”

Non rispose. Stava frugando tra gli scaffali con l’aria di chi sta cercando qualcosa con gran fretta. Nageki lo guardò a lungo, senza sapere cosa dire esattamente. Il suo arrivo non era certo inatteso, ma era successo così improvvisamente che al suono del campanello aveva dimenticato tutto quello che voleva dirgli.

E il tempo per rifletterci non gli era mancato.

“Higure, vorrei parlarti..”

“Non ho tempo”

La sua risposta era stata così brusca che, imbarazzato dal rifiuto, si sentì costretto a riportare gli occhi sul libro, in silenzio.

In seguito, tentò ancora di dirgli che doveva parlargli, o che voleva sapere cosa stesse cercando esattamente, se aveva bisogno di aiuto.

Non rispose a nessuna delle sue domande.

Ed era strano, per una volta c’era silenzio in biblioteca ed era terribilmente sbagliato.

 

Suonata la campanella che avvisava l’inizio delle lezioni, l’angelo misterioso uscì silenziosamente dalla finestra. Mai nei suoi movimenti c’era stata tanta accortezza. Era quasi blasfemo pensare che non sembrava più lui.

Ogni giorno tornava a setacciare un’altra libreria. Girava i libri tra le mani, con l’ansia febbrile di chi cerca disperatamente un tesoro a lungo perduto. Una volta lo aveva sfiorato il dubbio che stesse cercando il Sacro Graal, ma non lo avrebbe certo trovato in biblioteca.

Avrebbe voluto dirglielo, ma sembrava non ascoltare. A volte confabulava tra sé e sé, si incitava a trovare in fretta qualunque cosa stesse cercando.

Le persone intorno a lui dovevano averlo sempre considerato strano.

E a ragione!, pensò stancamente Nageki. E lui si era comportato esattamente come tutti gli altri. Non proprio un fedele alleato.

In qualche modo, doveva rimediare a quell’assurda situazione.

Dopo alcuni giorni, l’angelo caduto nel giardino dei peccati aveva verificato mezza biblioteca. Non che fosse particolarmente fornita, certo, ma stava facendo un ottimo lavoro. Ma la sua disperata determinazione portava un cinereo velo di ansia su tutti i libri che non erano quello che cercava, e tutto sembrava scivolare un gradino più in basso nell’inferno.

“Ti decidi a dirmi cosa stai cercando?”

Higure Anghel si voltò con una violenza inaspettata, stringendo tra le mani il libro sbagliato e nello sguardo una luce di frustrazione e di rabbia.

“Cosa cambierebbe se te lo dicessi? Che mi risponderesti che non è reale? Perché mai dovresti capire?!”

Avvertiva tutta la rabbia e il dolore che aveva scatenato, per colpa di un egoismo perfettamente giustificato. Ma non a quel prezzo.

“Non intendevo ferire i tuoi sentimenti..”

La campana suonò di nuovo e Anghel gli voltò le spalle, uscendo dalla finestra. Non lo aveva nemmeno guardato. E a niente serviva la notte sedersi con la schiena contro la parete, chiamando il suo nome come in un canto funebre.

L’angelo gli aveva detto di pronunciare il suo nome qualunque volta avesse avuto bisogno dei suoi servigi e sarebbe volato da lui.

Ma non c’era.

Aveva rotto l’incantesimo, e tutto era tornato alla realtà, una realtà in cui era da solo. E allora capì la ragione delle fantasie di quello che tutti consideravano uno strano ragazzo. Che quel mondo oscuro di cui parlava esistesse o meno non era importante, perché entrambi si erano lasciati trascinare lontano dalla malinconia, dalla solitudine, dalla cattiva stella che li aveva messi al mondo.

Tu non sei di questo mondo. Noi non siamo di questo momento.

Poggiando la fronte alle ginocchia, si chiese a quale mondo appartenesse, e se a questo idilliaca terra promessa appartenesse anche il suo angelo con le ali di carta.

 

I giorni trascorrevano, ed era come fare ogni notte lo stesso incubo.

Entrava, rovistava tra i libri, si disperava, e andava via.

Ogni volta era peggio, ogni volta era più disperato.

Quel giorno, gli mancava l’ultima libreria da ispezionare. Nageki era seduto al solito posto, mandandogli delle brevi occhiate oltre l’orlo del suo libro. Il suo nervosismo lo preoccupava, ma decise di fidarsi di lui. Finché non sentì un tonfo.

Si era buttato sulle ginocchia, esausto.

“Higure…? Higure, va tutto bene?”

Seguì una lunga pausa terrificante.

“Non c’è”

“Scusami..?”

“Non c’è. Non c’è. Il libro di incantesimi proibito. Non è… qui”

Nageki lo guardò apprensivo, avvicinandosi a lui. “Va tutto bene Higure.. non c’è bisogno che tu mi mostri un libro. Io ti credo. Mi fido ciecamente di te, anche sulle cose che non posso vedere”

Si voltò di scatto, mostrandogli un’espressione disperata. “È qui ti dico! Ne sono sicuro! Io so che è qui!”

Il fantasma si avvicinò di un altro passo, allungando le braccia verso di lui per fargli segno di calmarsi. “Ne sono sicuro”

“Mi stai assecondando?”

Si sentì in colpa per quel pensiero, e scosse la testa. “No”

L’angelo si sollevò in piedi, stringendo le labbra. “Troverò quel libro. Lo troverò, e te lo porterò”

Avrebbe voluto gridargli che non aveva bisogno di un libro per credergli. Avrebbe creduto ad ognuna delle sue metafore, ad ogni piccola pagina disegnata, pur di non cedere a quel velenoso senso di colpa, pur di farsi perdonare.

Ma quella disperazione non dava spazio alle scuse.

Il prescelto si lanciò a volo d’angelo dalla finestra così in fretta che sentì solo il sibilo familiare del vento e lo scampanellio echeggiare nella sua testa, una, due, tre, tante volte.

E ogni volta era sempre peggio.

Ogni volta era colpa sua.

 

Era notte.

La notte porta consiglio, così si dice.

O incubi orribili.

Uscito dall’ombra grigia di fumo e cenere delle sue angosce notturne, Nageki decise che l’unica cosa che doveva davvero fare, era fidarsi di quel pazzo che era volato in biblioteca rompendo la finestra.

Afferrò con rabbia la torcia elettrica e cominciò a cercare in giro.

Se il libro di incantesimi non era sugli scaffali era altrove. E lui lo avrebbe trovato. Avrebbe riportato la magia.

A volte si fermava con la schiena contro il muro, osservando la luce della torcia e chiedendosi perché stava volontariamente abbandonando ogni contatto con la realtà. Ma quella realtà non gli piaceva. Stringere tra le dita la torcia elettrica gli tornava in mente il calore del corpo di Anghel addormentato accanto a lui, appoggiato alla sua spalla.

Scosse la testa.

Perdere la coscienza per quella notte non sarebbe stato grave.

In fondo, sono un fantasma. Chi vuoi si curi di me o di dove decido di vivere?

Salì su una sedia, imitando il modo energico di muoversi di Miss Tosaka, anche se le sue gambe tremavano ancora.

Fu in quel momento che lo vide.

In cima ad una libreria. Nascosto dalla polvere.

E non poteva che essere quello.

Puntando la torcia elettrica, Nageki trovò qualcosa

   
 
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