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Autore: Sunrise173    17/09/2014    3 recensioni
Hi, questa one shot è nata da un monologo di Peter che poi si è espanso fino a diventare una storia completa. Mi sono sempre chiesta come si sentisse una persona che ha spezzato delle vite e quali fossero i suoi pensieri così ho trattato Peter come un essere dilaniato dai rimorsi e in cerca di redenzione. Ho cercato di cogliere il lato introspettivo del personaggio, mostrando anche sentimenti diversi da quelli che è solito esprimere. Ci sarà un evento che lo costringerà a tirare fuori un lato inespresso di sè. Spero di aver fatto un buon lavoro e di riuscire a toccare il cuore anche solo di uno di voi. Mi farebbe molto piacere ricevere commenti e critiche, positive o negative che siano. Non mi dilungo oltre se no rischio di spoilerarvi la fine, buona lettura.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Hale
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Ci fu un tempo prima di tutto questo, prima di tutti i sentimenti  avversi che avevano preso ad attanagliargli l’animo. Un tempo prima dell’odio e dell’istinto, un tempo in cui era semplicemente un bambino. Non sapeva identificare bene quando questi affetti si fossero insediati e attecchiti in lui con la stessa forza delle radici del Nemeton, ma un episodio se lo ricordava bene:

‘’ Era fine Maggio, ma il sole aveva come un velo di opacità, spuntava schivo dalle nubi e scaldava gli uomini e tutte le altre  creature con i suoi tenui raggi.  Erano circa le quattro del pomeriggio e aveva appena finito la scuola . Si fermò come ogni altra volta a cercare Talia.
Il suo sguardo errava per il cortile pullulante di bambini, i suoi occhi si spostavano veloci e le sue orecchie erano leste per captare qualsiasi  suono che potesse ricondurlo a lei. Mamma contava su di lui, si fidava molto del suo piccolo ometto, gli ripeteva sempre: tu sei padrone del tuo destino, potrai fare tante cose meravigliose, io mi fido di te. Proteggi Talia.
Ad un certo punto la sentì, una vocina mielata, fine come la neve, che si faceva strada tra le altre al di là del cancello proprio davanti  alle scalinate: stava gridando il suo nome.
Con un sorriso si incamminò verso di lei, quando lo vide i suoi occhi si illuminarono e abbracciò il fratello. Talia era così: dava affetto a tutti, anche a coloro che non ne meritavano affatto. I due bambini si incamminarono fuori dal grande portone di ferro e percorsero mano nella mano la stradina asfaltata che costeggiava la scuola. Peter si teneva dalla parte dove passavano le auto. I due piccoli lupetti continuarono il loro percorso verso casa conversando amabilmente quando ad un certo punto si fermò rapito da un’insegna cinematografica. Stavano trasmettendo ‘’ Jack lo squartatore’’ . Mormorò piano il titolo, rimuginando su ogni singola parola. Non sapeva bene il significato dell’ultima, ma quel cinema lo richiamava a se come fosse dotato di un’aura tutta sua. 
Tirò per la manica sua sorella e si diresse verso l’entrata . Era troppo piccolo per arrivare al bancone quindi lo superò senza molti convenevoli ed entrò nel cinema. Era deserto, un muto silenzio si propagava nella sala, c’era solo una porta da cui si dispiegava una luce sfolgorante. Vedendola incustodita si diresse verso di essa e l’aprì. << Peter >> la vocina di Talia lo raggiunse alle sue spalle
<< Non possiamo stare qui, mamma ci ha detto di tornare subito a casa. Non voglio vedere quel film poi, mi provoca brutte sensazioni. >> si girò a guardare gli occhi nocciola della sorella
<< Okay dammi solo un secondo e poi giuro che andiamo a casa >>.
Con un colpo deciso aprì la porta ed entrò nella sala.  Il grande schermo emetteva una luce accecante . Si fermò a fissarlo senza emettere un fiato. Vide i corpi di due donne che giacevano a terra addossati  alla parete :i carni sfondati da cui uscivano rivoli di sangue che si riversava direttamente sulle piastrelle del pavimento, brandelli di carne lacerata cadevano dai visi smunti,  gli occhi sbarrati in un’espressione di terrore come se fossero rimasti fermi al momento dell’uccisione e tutt'ora lo immortalassero. Le mosche banchettavano sulle carcasse delle due donne, la scena si chiudeva sul coltello da macellaio di un uomo: la lama era impregnata del sangue delle vittime. Poteva quasi sentire il putrido odore di cadavere. Udiva sospiri sommessi e piccoli urli all'interno della sala: tutt'intorno a lui si propagava un odore di terrore seguito da quello dell’adrenalina, ma lui non provava terrore, quanto più ne era attratto. Voleva sapere chi era quest’uomo, ma i titoli di coda avevano già invaso lo schermo riversandosi a ondate. Le persone avevano perso interesse e ora stavano uscendo urtandolo di quando in quando per farlo spostare. 
Tornò da Talia con uno strano sorriso sulle labbra. Non dimenticò mai più l’uomo col pugnale e la cruda agonia dell’omicidio. L’aveva notato per la prima volta in quella sala come la cattiveria spaventasse, ma tuttavia attraesse le persone. Siamo tutti attratti dall'oscurità che è presente in noi, pensò dirigendosi a casa per mano alla sorella.

 
L’odio l’aveva portato fino al confine della realtà, in una vasta landa desolata.
La sentiva quasi sogghignare nel buio della cella dove si trovava. Egli teneva le spalle salde al muro e i palmi delle mani premevano contro il pavimento sporco come volessero rimanere a contatto con la terra da cui proveniva .
Si stava beffando di lui, la sentiva ridere sommessamente nel lugubre cantuccio della sua prigione , poteva quasi vedere delinearsi i contorni spigolosi del suo viso e vedere i gialli occhi sfavillare, poteva quasi  sentirne il gelido fiato. Erano stati a lungo compagni di vita: l’aveva servita assiduamente come un vassallo fa con il suo re. Nel corso degli anni si era formata un’intesa tra di loro, le donava ogni sua vittima e lei in cambio gli offriva la dolce agonia del martirio, l’estasi dell’omicidio : attimi di piacere che provava quando le dava in pasto qualcuno strappandolo da ciò che gli restava da vivere. L’aveva spinto fino al punto di non riconoscere più nessun sentimento fuorché il puro odio.
L’aveva spinto fino ad allontanare i pochi cari che aveva.
Ora però si era presa l’ultima perla del suo oceano e qualcosa in lui si era rotto. Non avrebbe più giocato, non a questo prezzo. Si era presa ciò che aveva di più caro al mondo e nessun estasi avrebbe mai ripagato il prezzo di tale affronto.

Si mise le mani tra i capelli e tirò alcune ciocche con forza: il dolore lo aiutava a stare lucido. << Perché? Perché mi hai fatto questo? Perché!>> Urlò al viso della morte che lo guardava.

Chiuse gli occhi, strinse i pugni e si accasciò sul pavimento. Passò un tempo che a lui parve interminabile e quando l’uomo apparve sulla porta della cella per un momento pensò fosse finalmente giunta la sua ora.

L’uomo parlò con voce grave : << Vai, ti do un’ora, poi ti vengo a prendere >>

Non riusciva ad alzarsi, non voleva affrontare quello che l’avrebbe aspettato. Una forza meccanica però gli impose di rimettersi in piedi. Come un fantoccio mosso dal dolore camminò per tutta l’ala del manicomio seguendo Deaton. Quando fu fuori non si prese nemmeno il disturbo di dire qualcosa o di guardare il sole o di respirare l’aria. In effetti ogni respiro, da un mese a questa parte, era come veleno che scendeva lento nei suoi polmoni .

<< Un' ora, non di più >>
 
Sentì la voce alle sue spalle, troppo lontana ormai. Aveva preso a correre, i suoi piedi sapevano già dove dirigersi ancora prima di lui.
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Si accasciò ai piedi della grande lapide di marmo coprendosi il volto con la mano mentre l’altra scorreva lenta sulle lettere in rilievo : << In memoria di Chris Argent , morto per amore dei suoi cari >>

Guardò il cielo fosco : grosse nuvole cariche di pioggia minacciavano di esplodere in un temporale. L’aria era pungente e carica di elettricità . Era quasi come se il cielo rispecchiasse i suoi sentimenti.  Non riuscì più ad arginare le emozioni che reprimeva da tanto, forse troppo tempo così esplose in un pianto , enormi lacrime gli rigavano il viso smunto e solcato da larghe rughe. L’isolamento lo aveva reso più vecchio e pallido. Una lacrima gli passò sulla guancia e si fermò sul suo mento , indecisa sul buttarsi o no, poi continuò il suo percorso cadendo da quello strapiombo e andando a finire sulla fredda pietra della tomba.

Amava Chris, lo amava con tutto il cuore ed anche adesso che non c’era più continuava ad amarlo. Non avrebbe mai voluto fargli del male, non avrebbe mai voluto allontanarlo da lui. Erano cresciuti troppo in fretta e con l’andare degli anni i loro ruoli li avevano schiacciati ed era rimasto solo un pallido ricordo delle notti d’amore passate in gioventù. I loro doveri, ma soprattutto i loro valori li avevano divisi, portati a veleggiare su due onde differenti, ma lui non aveva mai smesso di sperare nel suo ritorno. Aveva sempre tenuto le orecchie vigili nella speranza di sentirlo bussare alla sua porta, una notte, come quando erano giovani e fuggivano insieme nella foresta.

Da ragazzi è tutto più semplice: ti togli una maschera e te ne infili un’altra con estrema facilità. Sei come un attore che interpreta tanti personaggi diversi, non hai ancora la coscienza del ruolo e delle responsabilità che ti attendono, non pensi a nulla, regali sentimenti e parti di te celate a persone che ti ispirano fiducia o solo per il gusto di farlo. Ricordava con l’amaro in bocca quel tempo della sua vita passata, avrebbe voluto concedersi di più e donare tutto quello che aveva senza la paura di un rifiuto, avrebbe voluto lasciarsi trasportare dai sentimenti e seguire il cuore e non l’istinto per una volta.
Erano diventati uno stereotipo alla fine: la preda e il cacciatore. Nemici giurati fin dall’antichità, ma tra loro scorreva un energia diversa, velata e inespressa come un sussurro nel vento. 

Aprì lentamente le labbra secche e screpolate, ma le richiuse subito. Le parole gli si fermavano in gola. Dovette fare appello a tutta la sua forza per riuscire a cacciarle fuori.

<< L’uomo è un essere proprio strano lo sai? >> 
Disse accarezzando piano la lapide come fosse il viso del suo amato
<< Passa tutta la vita ricoprendo un ruolo, cercando di inseguire ideali e perde di vista le cose realmente importanti. In fondo ho sempre voluto il potere, ma mi chiedo per cosa? Quando me ne andrò tutto ciò che ho fatto verrà dimenticato o ricordato con un velo di disprezzo. Amore mio, vorrei avere un’altra possibilità e dio solo sa se riuscirò a finire questo discorso prima che i rimorsi mi divorino…>>

Si fermò un secondo premendosi una mano sul petto, i polmoni gli avvampavano come se qualcuno gli avesse introdotto un tizzone ardente giù per la gola. Respirò a fondo e cercò di riprendere la calma . Si passò le mani tra i capelli graffiando la sua pelle color cenere. Il rimorso è un animale selvatico che divora fino all’ultimo lembo della carne saziandosi dei ricordi più dolci e trasformandoli in tetri spettri che infestano il presente.

Il rimorso si stava saziando delle sue carni e non avrebbe mai smesso fino a quando non avrebbe emesso ogni singola parola che non aveva mai avuto il coraggio di dire

<< Avrei voluto che sapessi. Che sapessi che il tuo volto era impresso a inchiostro indelebile nella mia mente. Avrei voluto dirti che ti amavo più di quanto amo me stesso, più di quanto amo il potere, ma non lo sapevo nemmeno io.. non lo sapevo fino a quando non ti ho perso. Ti amo e non so quanto darei per essere certo che tu possa sentire queste mie parole. Darei la vita per questo, per un momento. I momenti ci rendono quello che siamo e io vorrei avere più momenti condivisi con te. Mi sento impotente di fronte a tutto questo, Perché? Perché doveva capitare a te? Perché dovevano privarmi del mio angelo >>

Grosse gocce iniziarono a cadere dalle nuvole plumbee. Forse erano le lacrime di Chris che piangeva insieme a lui 
   
 
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