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Autore: scriverepervivere    17/09/2014    7 recensioni
"Non puoi nasconderti in sala prove per sempre. E' troppo tardi ormai, non mi sfuggi" sorrise.
* * *
E' inquietante come la vita possa cambiare in un attimo.
Come la musica possa cessare.
Come l'amore possa finire.
Come il battito di un cuore possa zittirsi.
Ma ora come ora, sono qui, a guardare questo soffitto ... a fare attenzione che i miei passi siano silenziosi da non disturbare, come la mia musica.
* * *
"Dimmi che resti ... anche domani"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo uno.

Ho camminato lungo il pavimento, ho trattenuto il fiato,mi sono seduta. Ed ho guardato il soffitto.
E non ero più spaventata.
Ho camminato lungo il pavimento badando che i miei passi fossero invisibili, come la mia musica –
 


(introduzione)


Tutti noi abbiamo un sogno.
Il problema è questo: alcuni sogni sono irrealizzabili.
Lo credevo anch’io.
Fino a quando … tutta la mia vita cambiò, letteralmente.
Avete presente quando incontrate qualcuno che è la persona che sa già cosa diventare?
Quello era Ross.
Io? Non proprio.
Non è stupendo che la vita vada in un certo modo, e poi, in un istante cambi tutto? All’improvviso.
Se potessi cambiare quell’attimo.
A volte nella vita fai delle scelte, e, altre è la vita che sceglie per te.
Se lui mi aspettasse.
Se mi svegliassi.
Una volta Beethoven disse:
“Ciò che siete, lo siete per nascita, o per sorte.”
La gente dice che alcuni eventi rimarranno sempre come i giorni più belli della tua vita.
Come i tuoi diciotto anni o il ballo di fine anno.
Il più bel giorno della mia vita, invece, è stato un giorno che proprio non mi aspettavo.
Ma la vita è essere parte di qualcosa di più grande.
Ma quella sera, capii che stavo sbagliando.
Era il mio mondo, era la felicità.
Qualcosa che non esisterà più.
La musica è un grande personaggio, la musica è vita.
E io sono fatta di musica.
Ma, adesso, vale la pena restare anche domani?
 
 

 
 
 
 
 
 
New York, USA.
 
 
Era una mattina di Febbraio a New York.
La neve si poteva ben vedere dalla finestra di camera mia.
Scendeva lievemente, e si posava, soffice, sul terreno bianco latte.
Sbattei le ciglia, accigliata a seguire quel movimento.
Allungai la mano verso il comodino e presi il telefono.
Ore 07.23.

Mi scoprii e misi le ciabatte per dirigermi verso il bagno. Ovviamente occupato da mio fratello minore, Joseph.
“Muoviti, Jose!” e diedi un colpetto alla porta, appoggiandomi sulla scala.
“Sai che detesto quando mi chiami così” replicò da dietro la porta con un piagnucolio.
“E tu sai quanto detesto quando occupi il bagno! Esci, per favore.” Ridissi alzando gli occhi al cielo.
Uscì con uno sbuffo.
“Ecco a lei, vostra signora” e fece un gesto come per presentarmi un bagno di lusso.
“Sembri l’omino della Michelin” e risi, alludendo al suo cappotto bianco e pompato con cappello e guanti abbinati.
“Ah ah … esco a fare un pupazzo con papà, la scuola è chiusa” e salì le scale, sparendo.
Entrai in bagno per lavarmi, ma il telefono mi precedette, che tempismo, merito dell’Oscar.
“Pronto?” risposi seccata.
“Vestiti, sono fuori casa” rispose la voce che mi era familiare … Jake, il mio migliore amico.
“Tempismo perfetto, Jake Blue. Stavo giusto per fare le – mie robe – “ risposi sghignazzando.
“Mi dispiace, Miss StoSempreAlCesso” scherzò imitando un falsetto.
“Che vuoi? Cos’è tutta questa fretta?” chiesi.
“Lo sai bene. Dobbiamo finire quel discorso” d’un tratto diventò serio.

Oh no.
“Jake, ne abbiamo parlato, il discorso è chiuso” sbuffai.
“Ma non è vero! Abbiamo finito il liceo, siamo pronti … credimi!” mi supplicò.
“Esco tra 10 minuti, solo se mi prometti di smetterla di parlarne” lo ricattai.
“Okay, va bene. Te ne pentirai, Marie.” Disse.
“Odio quando mi chiami cosi.” E attaccai.
Uscii dal bagno e andai in camera.
Misi la prima cosa che mi è capitata tra le mani e infilai il giubbotto.
“Mamma, esco!” urlai prendendo le chiavi di casa.
“A dopo, tesoro” rispose.
Uscii e subito la neve mi si posò dappertutto.
Era bello, vedere quel paesaggio bianco, candido.
Aprii la bocca e feci fuoriuscire la lingua per prendere alcuni fiocchi.

“Non cambierai mai, ecco il tuo difetto” sorrise una persona dietro le mie spalle.
“Oh bhe, che ci vuoi fare” risi e mi girai.
“Come stai?” mi chiese buttando fuori il fumo della sigaretta.
“Starò bene quando ti deciderai di smettere, Jake. Morirai.” Dissi seria avvicinandomi a lui.
“Smettila di fare le tue solite scenate” mi disse incamminandosi.
“Non sono scenate!” lo fermai e mi misi davanti a lui. “Lo faccio per il tuo bene”
Di rimando, si scostò, ignorandomi.
“Smetterò solo se ti deciderai ad andare lì, Marie”
Continuai a camminare, non badando a quello che mi avesse detto.
Affondai i piedi nella neve uno per volta, tenendo lo sguardo basso verso le orme che lasciavamo.
“Non puoi impormelo” dissi quasi in un sospiro.
“E tu non puoi impormi di smettere” sorrise beffardo.
“Se ci tieni tanto vai! Io non verrò!”
 
Stavamo parlando della Juilliard, prestigiosa scuola di musica in tutto il mondo. Thò, guarda caso si trovava proprio a New York, dove vivevamo.
Jake sognava tanto ti diventare una star, di essere ricordato – dopo la sua morte – per le sue canzoni. Voleva essere famoso.
E quanti sogni ha in quella testa.
Io, invece, suono il pianoforte. Ma non desideravo di essere famosa, desideravo solo fare la mia musica. Ma il fatto è questo … non volevo entrare alla Juilliard per il semplice motivo di fallire.
Okay, forse esagero. Ho l’80% di possibilità di entrare. Ma è proprio quel 20% che inganna.
Là, sul placo per l’audizione, quel 20 diventerà un 30, poi un 40, un 50 e via dicendo …
Era il mio sogno passare quell’esame.
Ma era impossibile, insomma … tantissime persone si fanno viaggi solo per fare quel maledetto provino, e il 50% di esse, esce sconfitto.
E’ questo di cui ho paura.
Di essere un’altra persona sconfitta.
Stavo bene cosi … almeno credevo.
“Non avrebbe senso senza di te” rispose girandosi per guardarmi.
“Allora lasciati dire che sei impossibile! Se hai un sogno, non posso di certo seguirti come un cagnolino, caro!” sbottai.
Rovistò nella sua tasca, per far uscire un foglietto.
Era della Juilliard. C’era scritto:
 
Audizioni dal 17 febbraio.
“Và dove ti porta il cuore”
Juilliard School.

 
Devo ammettere che quell’invito mi faceva paura più del pensiero di fare l’esame.
Lo presi tra le dita e lo sfiorai attentamente. Il desiderio di frequentare quella scuola si fece ancora più vivo.
Sentivo già le note di una canzone, sentivo che tutto questo mondo era melodia.
E io ero un piccolo pezzo di spartito, adagiato sul terreno. Pronto a volare.
“Ci penserò” dissi abbozzando un sorriso per dirigermi a casa.
“Dubito che il tuo – ci penserò – sia un no” rise di gusto.
Mi girai minacciandolo col dito.
“Un’altra parola in più e strappo questo invito, Jake Blue. Sei avvertito!” e lo fulminai con lo sguardo.
Buttò un altro po’ di fumo e mi sorrise.
“Adoro quando mi minacci”
“Ah ah … simpatico” e incrociai le braccia.
“A domani, Marie”
“A domani, Jake”
 

Ritornai a casa un po’ confusa.
Se avessi dovuto sostenere l’esame sarei dovuta andare alla Juilliard per iscrivermi domani.
Mia madre fece irruzione in stanza e interruppe tutti i miei pensieri.
“E’ pronto, Laura” e mi sorrise.
“Arrivo”
Lasciò la porta aperta, e io scesi dal letto con poca voglia di voler andare a cenare.
Insomma, come potevo riuscire a mangiare se domani dovevo sostenere l’esame?
Iscrivermi per l’esame.
“Mamma, papà … devo dirvi una cosa” presi coraggio e feci un bel respiro.
“Dicci” risposero sorridenti.
“Ho deciso di fare l’esame alla Juilliard” dissi tutto d’un fiato.
I miei genitori mi guardarono come se avessi detto di aver visto un alieno.
Mi sentivo sconcertata.
“A-amore … è bellissimo” riuscì appena a sussurrare.
Ma, caspita, è una scuola come tante … okay, no.
“Lo so, mamma, è da pazzi … ma io desidero andare alla Juilliard”
“Rispetterò il tuo sogno, cara” rispose dolcemente.
Non sapevo se dentro di me ero incazzata o stessi facendo una festa.
Avrei giurato che avrebbero detto di no, e invece, il contrario.
Sorrisi.
Stavo morendo di paura.
 
 


La mattina dopo mi svegliai tardissimo.
Erano le 10.57, cazzo.
Mi vestii come un lampo e uscii di casa.
Entrai nell’auto e, stranamente, avevo i muscoli stanchi.
Ripresi fiato – tanto fiato – e partii.
Accesi la radio che trasmise Fly On dei Coldplay.
Pochi minuti dopo, arrivai.
Era lì, davanti ai miei occhi … il mio futuro, o, il mio presente distrutto.
La Juilliard.
Era così, spaventosamente, mostruosamente grande.
Metteva i brividi.
Feci per scappare, ma qualcuno mi afferrò da dietro.
“Avevo ragione”
Era Jake, sempre con la sua espressione divertita in volto e la sigaretta in bocca.
Mi veniva la nausea.

“Ti ricordo, che stiamo entrando alla Juilliard, levati quella sigaretta” sbottai.
“Calma, Marie. Svegliata dall’altro lato del letto?” rise e tolse la sigaretta dalla bocca.
“Sei tu che mi metti di brutto umore” risposi nemmeno guardandolo.
“Oh oh … eppure, è merito mio se sei qui”
“Giuro che se mi fai fare brutte figure, ti strangolo” dissi con un finto sorriso.
“Okay, Marie. Non te la prendere. Scherzo” disse mortificato …. Mica tanto.
Entrammo zitti, i corridoi erano gremiti di ragazzi, chi trasportava strumenti, chi teneva libri, chi parlava con un amico all’armadietto, chi approfittava del cambio per scambiarsi qualche effusione.
Mentre guardavo quello che accadesse attorno a me, andai a sbattere contro qualcuno. Speravo vivamente che fosse Jake.
Ma appena alzai lo sguardo e vidi due occhi nocciola mi ricredetti subito.

“Mi dispiace” dissi.
“Colpa mia” rispose sorridendo. “Nuova?”
“Diciamo che voglio fare l’esame” feci un sorriso spaventato.
“Capisco” rispose. “Ross Lynch, chitarrista e cantante” mi porse la mano in modo professionale. Anch’io sarei diventata cosi se avessi frequentato la Juilliard.
“Laura Marie Marano, pianista” afferrai la mano e la strinsi.
“Piacere, Marie” sorrise.
“Tecnicamente è … Miss StoSempreAlCesso” si impicciò Jake con una delle sue risate che odiavo.
“Mh…allora piacere Miss” rise anche lui di gusto.
Lasciai la sua mano e fulminai Jake.
“Gli piace scherzare” dissi.
“Bhe, scusate … ho un’importante cosa da fare, magari ci scontriamo dopo, Marie” sdrammatizzò ridendo.
“Si, okay”

Lui se ne andò via, sparendo tra le persone.
“MA COSA CAZZO TI VIENE IN MENTE DI FARE?!” urlo a Jake.
“Scusa, Marie. Ho voluto scherzare un po’”
Non risposi, mi limitai a camminare per tutto il corridoio finchè non vidi affisso al muro un cartello:
Và dove ti porta il cuore ….
In questo caso, cammina in avanti e svolta a destra.
Questa scuola aveva l’ironia dentro.
Andammo nella sala dove ci iscrivemmo.
Era stranamente deserta. Non c’era nessuno, a parte il supervisore. Però il foglio era pieno di firme.
Solo dopo realizzai.
Erano le 12.00 e mi ero appena iscritta all’esame d’ammissione alla Juilliard.



Spazio Autrice

Macciao Popolo di EFP.
Vi ricodate di me?
Vi sono mancata?
Non credo. 
Eccomi con un'altra storia "If You Stay" che, spero di non cancellarla come la precendente.
Cooooomunque, vi sembrerà semplice, eh?!
Vi sbagliate ... ci saranno complicazioni, paura, segreti ... e mooooolta suspance.
Sono crudele, lo so.
Hihi spero che il primo capitolo vi sia piaciuto.

Lasciate una piccola recensione?
Speriamo.
Un bacione a tutti.
Love u soooooo much.
- scriverepervivere/Mary

 
 
 
   
 
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