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Autore: Jales    18/09/2014    0 recensioni
Sbuffai e mi avvicinai all’oblò, affacciandomi.
Mare, mare e ancora mare.
Non c’era altro se non quella stupida ed infinita distesa d’acqua che si estendeva per miglia e miglia in ogni direzione.
Sbuffai ancora e camminai fino alla sedia di fronte alla scrivania dove mi lasciai cadere a peso morto, lasciando andare indietro la testa e chiudendo gli occhi.
{Storia a quattro mani, Madness in me&Jales}
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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BROMPTON COCKTAIL
{Capitolo XV}
Eravamo tornati sulla Sevenfold in pochissimo tempo.
Gates e Matt continuavano a tenere sveglia Alice e, una volta sulla nave, erano spariti nella cabina per curarle la ferita al braccio e provare a farla stare meglio.
Le avevo parlato e mi aveva detto che il medico di bordo, sull’ammiraglia, le aveva dato qualcosa che riusciva a tenerle a bada il cuore.
Dovevo scoprire cosa fosse.
Mi ero fatta descrivere il sapore, l’odore e il colore ed ero riuscita a risalire a due dei componenti che quel medico utilizzava per fare quella diavoleria, me ne mancava solo uno.
Trovando anche quello, sarei stata in grado di riprodurre quel dannato liquido ed avrei potuto aiutare Alice.
Ero seduta su una cassa al centro del ponte mentre JC, Rev e Vee parlavano di qualcosa.
Rev era al timone e non degnava nessuno di uno sguardo.
Avevo sentito le sue mani, ferme e sicure, sulle mie spalle mentre portavamo indietro Alice, poi di nuovo più nulla.
Non più uno sguardo, non più una parola.
Sospirai e tornai a sfogliare il mio libro.
“Azriel, vieni qui, per favore.” Mi chiamó JC.
Chiusi il libro e mi alzai, raggiungendo i tre.
“Dobbiamo decidere come muoverci. Appena sarà giorno e re Allen si accorgerà che Alice non c’è, verrà a cercarla.” Disse Vee.
Annuii, fermamente.
“Il nostro consiglio era quello di attaccare ora, con il favore del buio e del loro non aspettarsi nulla.” Continuò JC.
Lo guardai, incerta “Ma...?” sapevo che c’era un ‘ma’, si sentiva dal tono di voce che JC aveva usato.
“Ma il capitano non è d’accordo.” Mi voltai a guardarlo, confusa, abbassando subito lo sguardo.
Non riuscivo più a guardarlo negli occhi.
Bella merda.
“Non ha senso andare lì, ora, con Alice ferita. L’abbiamo ripresa, andiamo via. Saranno loro a venirci a cercare.” Disse, freddo, Rev.
“Ma che diavolo di ragionamento è?” domandai, confusa, senza ricevere risposta.
Feci un profondo respiro.
“Rev, ragioni così solo perché a bordo ci siamo noi, ma se non fosse così, se vi avessero sfidato, aspetteresti che venissero a cercarti o attaccheresti nel momento opportuno, quando non si aspettano un tuo attacco?” domandai, facendomi coraggio.
Alzai lo sguardo e mi soffermai sulle sue labbra, lo vidi socchiuderle ma non disse niente poi annuì.
“Appena Alice si sarà ripresa un po’, attaccheremo.” Disse. “Avvertite gli altri.” E Vee e JC corsero via.
Stavo per allontanarmi ma una mano di Rev mi afferrò, per l’ennesima volta, il braccio e mi obbligò a voltarmi, stavolta con meno forza della volta precedente.
Sostenere il suo sguardo era impossibile, mi terrorizzava l’idea di vedere i suoi occhi ancora spenti, come era già successo, così mi limitai a fissargli le labbra.
“Quel che ti ho detto... che se ti succede qualcosa io non correrò in tuo soccorso...”
“Va bene, lo capisco, Rev. Non preoccuparti. Saprò cavarmela.”
Sfilai il mio braccio dalla sua presa e mi allontanai.
“Azriel.” Mi chiamò quando stavo per entrare in corridoio.
Rimasi ferma, senza girarmi, in ascolto.
“Non lasciare che ti facciano del male.” Mi disse infine.
Annuii.
Poi sparii velocemente in coperta.
Raggiunsi la cabina in cui si trovava Alice e vi trovai al suo interno tutti i ragazzi.
Mi accucciai vicino al letto prendendole una mano.
“Come stai?” domandai.
“Bene, ora. Ho sentito il piano. Verrò con voi.” Aggiunse.
I ragazzi stavano per intervenire ma li fermai con un cenno della mano.
“Facciamo un accordo. Se riesco a trovare la medicina per il tuo cuore, la stessa che il medico dell’ammiraglia di stava dando, prima del sorgere del sole, verrai con noi. Altrimenti rimarrai qui. Va bene?” domandai.
Al mi guardava, incerta.
“Nel frattempo, ti allenerai con i ragazzi, ovviamente nei limiti del possibile.” Aggiunsi.
Al mi guardò per un po’ poi annuì.
La aiutai a tirarsi su, la strinsi a me per un po’ poi la lasciai tra le mani dei ragazzi e tutti insieme uscirono dalla cabina.
Presi a sfogliare di nuovo il libro, ricordando ogni minimo dettagli di ciò che Al mi aveva raccontato di quella medicina eppure non riuscivo a ragionare sul terzo elemento.
Le prime due parti le avevo.
La foglia e la radice erano li, già tagliate e pronte per essere mischiate e schiacciate.
Mi mancava il dannato terzo elemento, quello che dava il colore opaco alla medicina.
Mi bloccai su una pagina del libro.
L’avevo trovato.
Una fottutissima bacca blu, come ho fatto a non pensarci?
Uscii dalla cabina e mi fiondai nella stiva, spalancai tutte le casse con il cibo e, dopo quella che parve un’ora di ricerche, le trovai.
Ne presi il più possibile e mi incamminai verso la cabina.
Ricordavo di averle viste a bordo perché le avevo raccolte con Vee una mattina sull’isola.
Eravamo in giro in cerca di legna ed io le avevo riconosciute, sapevo di tutti gli effetti curativi e così ne avevamo fatto scorta.
Presi una grande pietra che avevo in camera e cominciai a schiacciare nella ciotola le varie parti che avevo preso, la foglia, la radice e infine la bacca.
Dovevo farle diventare liquidi e per farlo mi schiacciai più volte le dita, facendole sanguinare.
Finito il lavoro versai il tutto in una boccettina di vetro, strappai la mai bandana in vari pezzi e mi fasciai le dita, dopodiché uscii e mi diressi sul ponte.
Alice se la stava cavando bene.
Saltellava a destra e sinistra mantenendo un perfetto equilibrio e riusciva a schivare e difendersi da tutti i colpi dei ragazzi.
Ma non attaccava.
Perché non attaccava?
Lo sapevo bene.
Alice non attaccava per paura di ferire i ragazzi ma ero certa che, come aveva dimostrato in precedenza, non si sarebbe fatta problemi ad attaccare qualcun altro che metteva a rischio la sua vita.
Quando i ragazzi si fermarono la raggiunsi e le porsi la boccetta.
Bevve tutto d’uno sorso ed io rimasi a fissarla, speranzosa.
“E’ identica, Az!” mi disse, stupita.
Sorrisi e la abbracciai.
“GRANDIOSO!” gridò Vee.
Eravamo tutti impegnati a sorriderci quando Rev tossì, attirando l’attenzione su di sé.
Tutti si voltarono ed io fissai il pavimento.
Alice si accorse del mio strano comportamento ma non disse niente.
“Siamo pronti?” domandò Rev.
Tutti annuimmo.
“Qual è il piano?” domandò Alice.
“Abbordare la nave e non lasciare nessun superstite.” Annunciò, freddo, Rev.
“Dovete metterci in guardia su qualcosa?” domandò Matt.
“Le guardie di mio padre sono quelle che avete visto, pericolose in gruppo, ma non sono così ottimi a combattere. Mio padre invece è più pericoloso. Sa combattere a mani nude ed è molto più piazzato di Matt, sa combattere con ogni tipo di lama, sa difendersi, è agile e non ha pietà.” Dissi, deglutendo silenziosamente.
Il solo pensiero di mio padre mi faceva perdere un po’ di tutta la sicurezza che avevo avuto fino a quel momento.
Alice descrisse suo padre che era, probabilmente, molto più pericoloso del mio.
Un uomo ben piazzato, un pirata re, agile, scattante, sveglio, pericoloso.
Quando fummo pronti, partimmo.
Quando avvistammo l’ammiraglia, tutto accadde troppo in fretta.
Gates aveva affiancato Al e le teneva la mano, Matt lanciò un’occhiata a JC dall’altra parte della nave e in quell’occhiata vidi tutta la paura che l’uno aveva di perdere l’altro e viceversa, Vee si rigirava un coltello tra le mani, lo sguardo fisso sull’ammiraglia.
Mi voltai a cercare l’unica persona che non avevo ancora guardato.
Rev era in piedi, fermo e sicuro e mi fissava.
Per la prima volta in tutti quei giorni, nei suoi occhi vidi di nuovo vita.
Vidi la paura ma non seppi dire se aveva paura per me o per altro.
Avrei voluto dirgli qualcosa, avrei voluto dirgli che tutto quel che gli avevo detto non lo pensavo, che non avrei mai potuto odiarlo ma il tempo scarseggiava.
Poi avvenne.
Abbordammo l’ammiraglia e si scatenò l’inferno.
Al aveva l’ordine di recuperare tutte le carte che si trovavano nel laboratorio, io invece avrei dovuto recuperare le carte di mio padre, i suoi stupidi piani mentre Vee si dirigeva nella cabina del padre di Al e doveva fare lo stesso che dovevo fare io.
Dovevamo sapere a cos’altro andavamo incontro.
Quando mettemmo piede sulla nave cominciai a sentire grida arrivare da ogni parte della nave.
Ma fu quando vidi Gates e Al sparire in un corridoio che capii di dovermi muovere.
Sfrecciavo tra i marinai ad una velocità che non avrei mai pensato di poter avere.
Schivavo colpi, spingevo gente giù dal parapetto e continuavo a correre.
Alice mi aveva descritto alla perfezione l’ammiraglia quindi sapevo bene dove avrei trovato la cabina di mio padre.
Ero certa che mio padre si trovasse sul ponte.
Sicuramente, al primo grido che aveva potuto udire, si era lanciato nella battaglia.
La cabina di tuo padre è in fondo a quel corridoio, una grande porta in mogano, la riconosci, c’è incisa su la fenice” le parole di Alice mi rimbombarono nella testa non appena fui davanti quella porta.
Spalancai la porta senza pensare, conoscevo mio padre e avrei sicuramente saputo dove cercare.
Entrai e chiusi la porta, sperando che la cabina chiusa non avrebbe attirato attenzione ma fu, come mio solito, un errore.
Non appena mi voltai capii di aver sbagliato tutto.
Non avevo calcolato un bel niente, non sapevo nulla, ero solo una stupida ragazzina che correva nella speranza di sopravvivere.
Mio padre, i capelli e la barba entrambi rossi, gli occhi neri come la pece, se ne stava in piedi dietro la sua scrivania, un ghigno malvagio stampato in faccia.
“Azriel, bentornata.” Mi disse, sempre sorridendo.
Ero paralizzata, come una perfetta idiota, la schiena attaccata alla porta e gli occhi sgranati.
“Non ti aspettavi di trovarmi qui ?” domandò.
Non potevo lasciarlo fare, non di nuovo.
Non potevo permettergli di terrorizzarmi tanto.
Io non ero più una bambina.
Feci un passo avanti.
“Cosa vuoi fare, bimba mia? Attaccare tuo padre?” disse ancora, sempre senza smettere di ridere.
Ciò che accadde poi non era nei piani perché, in realtà, io di piani non ne avevo.
Avevo ordini da rispettare, ovvero raccogliere tutte le carte di mio padre e tornare dai ragazzi, uccidendo chiunque mi si sarebbe parato davanti.
Estrassi il coltello e deglutii, riuscendo a mantenermi il più calma possibile.
“Hai tradito tuo padre, hai tradito il tuo regno, sei salita a bordo di una nave pirata entrando a far parte della sua ciurma e ora ti permetti di venire qui a sfidarmi?” smise di sorridere e capii che non sarebbe finita bene.
“MORIRAI PIETOSAMENTE, COSì COME TUTTA QUELLA CIURMA DI DANNATI PIRATI CHE TI SEI PORTATA DIETRO!” gridò e, ribaltando la scrivania, mi fu davanti, il coltello tra le mani.
Schivai il primo colpo e passai al di la della scrivania.
Mio padre urlava insulti, furioso e affondava senza pietà.
Schivavo i colpi, mi difendevo e nel frattempo raccoglievo tutti i fogli che sembravano potermi interessare.
Quando fui sicura di aver raccolto tutto ciò che poteva interessarci e aver infilato il tutto nella sacca che avevo legata in vita sgusciai verso la porta, spalancandola e raggiungendo il corridoio.
Dal ponte sentivo gridare.
Le voci dei soldati erano poche, mentre riconobbi distintamente Alice, Vee e Gates che, dal corridoio di fianco, correvano e si dirigevano verso il ponte.
Mio padre mi fu vicino in un istante, afferrandomi per la maglietta e gettandomi a terra.
Caddi di schiena ma in un istante fui in piedi, mio padre al centro del corridoio mi bloccava la strada, puntandomi il coltello contro, gli occhi iniettati di sangue.
“DOV’E’ AZRIEL?” gridò Rev dal ponte.
“DOVEVA GIA’ ESSERE DI RITORNO!” gridò quello che riconobbi essere Matt.
“IL PADRE DI AZRIEL NON SI E’ FATTO VEDERE SUL PONTE!” gridò JC.
Mio padre affondò di nuovo e stavolta, distratta dalle voci dei ragazzi, non fui abbastanza veloce.
Il coltello di mio padre finì nella mia gamba, procurandomi un enorme squarcio.
Gridai a pieni polmoni per il dolore che quell’attacco mi causò.
Ma ero decisa a non morire lí.
Ero decisa a non morire per mano sua.
“AZRIEL!” era Rev a gridare, lo sentivo correre verso di noi.
Non doveva raggiungerci, avrebbe trovato mio padre a bloccargli la strada ed io non potevo permettere che quel mostro facesse del male a Rev.
Mio padre si volto in direzione della voce di Rev e a quel punto mi alzai, mi gettai verso di lui, gridando e mi aggrappai alla sua enorme schiena.
Mio padre si dimenava, cercando di tirarmi giù e di accoltellarmi ma io fui più svelta.
Il mio obbiettivo era la gola ma riuscii appena a passare il coltello dalla spalla sinistra, tutto il petto e la spalla destra.
Mio padre cadde in ginocchio, gridando ed io lo superai, diretta verso Rev che sentivo sempre più vicino.
Quando stavo per superare mio padre, però, quest’ultimo mi afferrò per la caviglia e caddi a terra, battendo la faccia e facendo scivolare il coltello a parecchi metri da me.
Mio padre mi tirava verso di se con una mano mentre con l’altra brandiva il coltello ed io, con tutte le mie forze, cercavo di alzarmi e liberarmi.
Riuscii a staccare mio padre da me prendendolo a calci in faccia, raccolsi il coltello e cominciai a correre finché non mi schiantai in pieno contro qualcuno.
Alzai gli occhi terrorizzata ma davanti a me trovai Rev.
Sporco di sangue, non seppi dire se suo o di altri, che mi prese per le spalle e mi fissò, gli occhi sgranati.
“Stai bene?” domandò.
“Sì non importa, muoviamoci, dobbiamo andare via da qui!” gridai e Rev annuì, prendendomi per mano.
Ricominciammo a correre.
Trattenevo le grida che il taglio sulla gamba mi scatenava.
Stavamo per raggiungere il ponte quando la nave si inclinò di lato e Rev si tenne appena in piedi mentre io mi schiantai contro il muro del corridoio.
Rev mi rialzò notando solo allora la mia gamba e, senza dire nulla, mi prese in braccio.
“METTIMI GIU’, REV, TI SONO D’IMPICCIO COSì” gridai.
“STAI ZITTA!” la sua risposta, urlata in quel modo, mi distrusse e mi terrorizzò.
C’erano rabbia e terrore nella sua voce.
Raggiungemmo il ponte dove non c’era più quasi nessuno.
I ragazzi erano tutti presenti, tranne Alice e Gates che ci raggiunsero dopo tre secondi.
“COS’E’ STATO?” gridò Rev.
“SONO STATA IO, ANDIAMO VIA DA QUESTA NAVE IMMEDIATAMENTE!” gridò Al.
Nessuno fece domande e, in fretta, tornammo sulla Sevenfold, allontanandoci in fretta mentre l’ammiraglia di si piegava da un lato, andando a fondo lentamente.
Rev mi aveva lasciata poggiata a terra ed era corso al timone.
Al si avvicinò a me.
“AZRIEL MA TU SANGUINI!” gridò, preoccupata.
Le feci cenno di lasciar stare e le diedi la sacca con dentro tutti i fogli di mio padre.
“Mio padre era ancora vivo..” sussurrai, cominciando a sentirmi stanca.
“Anche il mio. Ma dubito che rimarranno ad affondare con la nave, c’è una terza nave, quella di supporto alla Grace, da qualche parte e di certo si salveranno e verranno a cercarci. Dobbiamo solo capire i loro piani e- AZRIEL, AZRIEL APRI GLI OCCHI!” le mani di Al si poggiarono sulla mia faccia.
Cercavo di parlare ma non riuscivo.
“HAI UNA FERITA ANCHE SULLA SCHIENA!” gridò ancora Al, ed io la sentivo sempre più lontana.
Quindi mio padre era riuscito a colpirmi dietro la schiena mentre lo tenevo fermo.
Beh, l’adrenalina aveva giocato il suo ruolo nel non farmi sentire eccessivamente il dolore.
Ma probabilmente avevo perso troppo sangue, per quello mi sentivo così debole.
Sentii Rev gridare qualcosa, anche Matt gridò poi non sentii più nulla.



Note: leggermente in ritardo, ma con l'inizio delle lezioni é il caos. Scusate cc
Grazie a chi ci legge :3
See ya,

Marinaia Al (e capitano Sah).

  
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