Storie originali > Horror
Segui la storia  |       
Autore: Arepo Pantagrifus    18/09/2014    0 recensioni
"Così la vista dei loro occhi è stata adattata a questa luce, e la luce del cielo è oscurità per loro. Quindi non vedono più nulla quando escono dai loro antri. [...] Vi sono anche dei deserti dove tutto è sterile e sabbioso; anche qui vi sono caverne nelle rocce e capanne."
E. Swedenborg, De coelo et inferno, 584-586, 1758
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Vivevo in quell’incubo aspettando solo il momento di dormire. A volte dormivo soltanto, tutto il tempo, sperando di conoscere la mia vita. Era l’unica maniera per trovare sollievo dalla crudeltà di quei invisibili orizzonti. Anche le tenebre diventavano più sopportabili, se si potevano eluderle con i sogni. In mondi così irreali, ma per me ben più reali, vicini e veri della realtà contingente, diabolica e inumana. «Sono entrato per sbaglio nei giardini degli Dei. Presso Esseri così potenti da non necessitare dei sensi.».

Mi capitò di sognare una volta stellata, piena di stelle lucidissime e tremolanti, fissate nel cielo per osservare e spiare le vite degli uomini. Mille occhi che ti scrutano nei tuoi movimenti, e ti ragguagliano minacciose che la tua esistenza è breve, che loro ti hanno visto nascere, e con maggior gioia ti vedranno morire. Nel sogno ero preoccupato da questi pensieri, sdraiato in un prato, vicino ad una foresta di abeti e pini di montagna, quando mi sentii preso per mano. Mi girai per vedere, ma era notte, e nell’oscurità riuscivo solo a distinguere la sagoma di una ragazza distesa di fianco a me. Ancora una volta ero vicinissimo a scoprire qualcosa, che mi avrebbe svelato qualcosa di me, ma era come se un ostacolo me lo impedisse di farlo. Ed io rimanevo impotente.

Dopo molto tempo, in seguito a molti sogni, sognai per la prima volta un ambiente casalingo: era una bella e grande casa, molto ben arredata, e dava su un cortile luminoso e arieggiato. Sembrava che non ci fosse nessuno, e quindi cominciai a guardare un po’ in giro, nelle stanze e nelle camere. Nella sala osservai attentamente delle cornici con foto di una famiglia felice: in una dei volti sorridenti mi salutavano, un uomo, una donna e tre bambini, uno dei quali ancora piccolino. Certamente avevano un’aria familiare: li riconoscevo! Con un tuffo al cuore, lontani ricordi riaffioravano dall’oblio. Quell’uomo dall’aria spensierata, con una bellissima moglie e dei magnifici figli ero io! Cominciai a riconoscere tutto: oggetti, cose, momenti, persone, fatti ricordi. Improvvisamente quella casa, anonima e sconosciuta, si stava trasformando nella mia casa! Le foto, i libri, i tavoli, i tappeti, i quadri. Ora ricordavo (e sognai di ricordare) finalmente chi ero! Correvo freneticamente da una stanza all’altra a cercare cose che so, mi ricordavo, di tenere lì. Pazzo di gioia, entravo nelle camere, e abbracciavo giocattoli, annusavo lenzuola, riconoscendo i miei bambini! Le memorie di tutta la mia vita finalmente ritornavano al loro posto.

Subito, però, non mi resi conto che in casa non c’era nessuno. Quello che rendeva ancora più inquietante la scena era il silenzio assoluto di quelle mura, quasi immobili e spettrali al ripensarci. Mi diressi inquieto verso l’ultima camera: quella mia e di mia moglie. Arrivato alla porta l’aprii lentamente. Da quel momento tutto assunse un aspetto sinistro. Cominciai a preoccuparmi per qualcosa che, sentivo, stesse per accadere. E l’attesa dell’evento poneva la mia anima in apprensione, verso una dimensione metafisica della realtà, che si sarebbe infranta soltanto dopo aver varcato quella soglia. E la porta si aprì. Dentro la stanza, dominata dal letto, la luce entrava dalla finestra, aperta, facendo entrare anche dell’aria che faceva ondeggiare lievemente le tende. Arrivato al centro della stanza mi bloccai angosciato: non c’era un alito di vento in quella stanza, ed i raggi del sole non mi scaldavano minimamente. Sempre più angosciato, mi guardai intorno, cercando un conforto, una speranza, una fine a quell’incubo. Mi sentivo soffocare: i sensi si stavano lentamente sciogliendo alla pazzia, quando nell’angolo della stanza vidi una donna.  Era di spalle, rivolta verso la specchiera di mia moglie. Si stava pettinando, o truccando, e si guardava allo specchio, come incantata. Mi avvicinai e potei riconoscere i suoi vestiti e il colore dei suoi capelli, il suo profumo aleggiava nell’aria, come una fresca fragranza lontana portata dal vento. Eppure il mondo taceva inanimato. Mi avvicinai ancora, fino al punto in cui non mi accorsi con sommo orrore che la sua immagine, il suo bel viso, non era riflesso dal vetro! Incredulo e terrorizzato, rimanevo pietrificato alle sue spalle osservando quelle mani che si affaccendavano su quei capelli, ignare, in modo del tutto naturale. Con il cuore in gola, il sudore in fronte e le mani tremanti, mi azzardai a pronunciare il suo nome. Lei si fermò, come per mettersi in ascolto. Allora, con la voce rotta dalla disperazione lo ripetei. Dopo un secondo si voltò. Due profondissimi baratri neri mi osservavano, mentre il resto (ciò che rimaneva della sua bellezza) sorrideva in un ghigno orribilmente e mostruosamente deformato. Non era lei! Non era lei! Era il mostro che mi perseguitava, la bestia che mi torturava, l’essere che godeva e si divertiva nel tormentarmi e nel seviziarmi, come aveva fatto fino ad ora con quei sogni illusori ed ingannatori! Ero io il suo giocattolo, il suo burattino, la sua marionetta. Come noi tutti, esseri umani, non siamo che fantocci, nelle mani del destino!   

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Arepo Pantagrifus