Vivevo in quell’incubo aspettando solo il momento di dormire. A volte dormivo soltanto, tutto il tempo, sperando di conoscere la mia vita. Era l’unica maniera per trovare sollievo dalla crudeltà di quei invisibili orizzonti. Anche le tenebre diventavano più sopportabili, se si potevano eluderle con i sogni. In mondi così irreali, ma per me ben più reali, vicini e veri della realtà contingente, diabolica e inumana. «Sono entrato per sbaglio nei giardini degli Dei. Presso Esseri così potenti da non necessitare dei sensi.».
Mi capitò di sognare una volta stellata, piena di stelle lucidissime e tremolanti, fissate nel cielo per osservare e spiare le vite degli uomini. Mille occhi che ti scrutano nei tuoi movimenti, e ti ragguagliano minacciose che la tua esistenza è breve, che loro ti hanno visto nascere, e con maggior gioia ti vedranno morire. Nel sogno ero preoccupato da questi pensieri, sdraiato in un prato, vicino ad una foresta di abeti e pini di montagna, quando mi sentii preso per mano. Mi girai per vedere, ma era notte, e nell’oscurità riuscivo solo a distinguere la sagoma di una ragazza distesa di fianco a me. Ancora una volta ero vicinissimo a scoprire qualcosa, che mi avrebbe svelato qualcosa di me, ma era come se un ostacolo me lo impedisse di farlo. Ed io rimanevo impotente.
Dopo molto tempo, in seguito a molti sogni, sognai per la prima volta un ambiente casalingo: era una bella e grande casa, molto ben arredata, e dava su un cortile luminoso e arieggiato. Sembrava che non ci fosse nessuno, e quindi cominciai a guardare un po’ in giro, nelle stanze e nelle camere. Nella sala osservai attentamente delle cornici con foto di una famiglia felice: in una dei volti sorridenti mi salutavano, un uomo, una donna e tre bambini, uno dei quali ancora piccolino. Certamente avevano un’aria familiare: li riconoscevo! Con un tuffo al cuore, lontani ricordi riaffioravano dall’oblio. Quell’uomo dall’aria spensierata, con una bellissima moglie e dei magnifici figli ero io! Cominciai a riconoscere tutto: oggetti, cose, momenti, persone, fatti ricordi. Improvvisamente quella casa, anonima e sconosciuta, si stava trasformando nella mia casa! Le foto, i libri, i tavoli, i tappeti, i quadri. Ora ricordavo (e sognai di ricordare) finalmente chi ero! Correvo freneticamente da una stanza all’altra a cercare cose che so, mi ricordavo, di tenere lì. Pazzo di gioia, entravo nelle camere, e abbracciavo giocattoli, annusavo lenzuola, riconoscendo i miei bambini! Le memorie di tutta la mia vita finalmente ritornavano al loro posto. Subito, però, non mi resi conto che in casa non c’era nessuno. Quello che rendeva ancora più inquietante la scena era il silenzio assoluto di quelle mura, quasi immobili e spettrali al ripensarci. Mi diressi inquieto verso l’ultima camera: quella mia e di mia moglie. Arrivato alla porta l’aprii lentamente.