Clara corse, perdifiato, sentiva che le gambe, ormai prive di sensibilità, avrebbero ceduto da un momento all’altro, rapportandola quindi con l’idea di una morte imminente. Agitò anche le braccia, in modo d’avere una spinta maggiore e guadagnare qualche minuto di speranza, istanti in cui la certezza che il Dottore venisse a salvarla poteva farsi più concreta.
Riusciva a percepire, come se le stessero respirando dietro al collo, quegli uomini, appartenenti al pianeta in cui erano atterrati. Non sapeva dove correre, non aveva una meta, sperava solo che, la fortuna, la facesse incappare in qualche luogo sicuro.
Il Dottore, celato nella Biblioteca della sua amata cabina,
sfogliava con decisione alcuni libri, molti irrilevanti a detta sua, mentre
altri di maggiore importanza. Tenendone uno stretto tra le mani, aperto alla
pagina ventuno ‘Come aprire una lattina di birra con un tagliaunghie’, brontolò
in merito a discorsi non inerenti al libro.
C’era qualcosa che lo tormentava in quel momento, un vecchio nemico, che sapeva
di dover affrontare ma che, al contrario,
aveva sempre evitato per paura di rapportarsi con vecchi e dolorosi
ricordi.
Chiuse il libro vellutato con un tonfo sordo, nel medesimo istante in cui Clara
fece il suo ingresso nel TARDIS.
“Dottore, puoi atterrare nello sgabuzzino di scuola o nel giardino di casa mia …”
Durante la lunga pausa, che intercedeva il proseguire della frase appartenente alla giovane compagna di viaggio, il Dottore posò il libro su una scrivania, scendendo di corsa le scale che portavano al centro della sala della console.
“Ma vorrei privacy nel bagno del mio appartamento”
Precisò Clara, mentre abbracciò ancora una volta il Dottore.
Lui non li amava ma a lei non importava, bensì continuava a ricordarglielo ogni
singola volta che si vedevano ed ogni volta Il Dottore la riteneva una stupida
usanza umana, atta ad unire due corpi per uno scopo futile, il saluto.
Terminata l’unione lo scanner ricordò, al signore del tempo, l’obiettivo del
loro prossimo viaggio.
Il cilindro centrale iniziò la sua danza, spostandosi così verso le coordinate
che lo stesso Dottore aveva inserito, mentre Clara era ancora impegnata a
gustarsi quello strano saluto.
Lei non conosceva la destinazione ma il Dottore si, sfregandosi i capelli,
bianchi di quella rigenerazione, attese l’arrivo come un paziente attendeva
l’esito di qualche esame importante, dal medico.
Apalapucia, distante ormai secoli dal suo ultimo viaggio, si
ergeva importante nei suoi svariati universi paralleli. Il virus Chen7 ormai
era stato debellato, lasciando spazio ad una vegetazione e popolazione che
cresceva in continuazione, moltiplicandosi.
Nel 3456 quel pianeta sarebbe diventata la meta turista più apprezzata in tutta
la galassia, tranne che a lui.
“Clara, oh ti farò conoscere un pianeta molto antico, pieno di magie e pieno di me. Ci sono già stato con il volto che tu conosci, solo che ero più giovane rispetto ora.”
Il Dottore parlò a Clara mentre, con una mano, prese uno dei
tanti schermi del TARDIS, posizionandolo di fronte agli occhi dell’amica. Non
poteva raccontarle tutto l’accaduto ma, nonostante lei ricordasse vagamente le
rigenerazioni precedenti, doveva darle una mano a portare alla mente proprio
quel preciso ricordo.
Chiuse gli occhi, lasciandosi invadere da quelle sensazioni, I Pond, la prima
coppia sposata nel TARDIS. Pensò a quando Amy aveva pigiato il pulsante
sbagliato, vivendo quasi una vita intera in quel pianeta che non le apparteneva
ma che, da brava ragazza, aveva fatto suo in attesa del salvataggio.
Concentrò quindi i propri pensieri verso Rory, il Centurione, focalizzandosi
maggiormente su quanto lui avesse sofferto nel vedere la propria moglie
invecchiare, senza di lui.
Quando riaprì gli occhi, però, si ritrovò una Clara sognante che lo osservava,
lui ODIAVA sentirsi osservato, soprattutto da quei grandi occhi fuori misura
che possedeva la sua attuale compagna di viaggio.
Le braccia di Clara strinsero il Dottore ancora una volta mentre lui si
divincolava, deciso ad evitare quell’unione, l’ennesima nell’arco di qualche
minuto.
Certo che, i circuiti telepatici, le avesse mostrato più di quanto doveva conoscere fu lui il primo ad aprire le porte, sorridendo con fare quasi seccato, mentre quella porta grigia si palesò davanti a loro.
“Clara, Benvenuta ad Apalapucia …. “