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Autore: unleashedliebe    19/09/2014    4 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(c)ADL

Capitolo XXI 

Quando aspetti qualcosa con ansia il tempo sembra non passare mai, quasi le lancette rallentassero per farti un dispetto, succede il contrario se ciò che attendi è spiacevole e non vorresti arrivasse, tutto accelera. Aggiungiamo il fatto che, è cosa nota, se sei felice succede qualcosa che ribalta la situazione facendoti ripiombare nel dolore; se le cose vanno male, è certo peggiorino ulteriormente.
Ho sempre pensato questo e niente mi aveva mai distolto dalla mia teoria, in quanto si era sempre rilevata esatta.
Maggio si era concluso ed erano passati dieci giorni dal mio ultimo incontro con Bill.

Guardavo la stanza in cui alloggiava il cantante. Era svuotata. Come me.
Ero arrivata tardi, ecco cosa succedeva a rimuginare troppo senza ascoltare l’istinto. Ed ora..?
Mi sedetti sul letto prendendo il viso fra le mani, sentivo le lacrime pulsare desiderose di uscire, le ricacciai all’interno.
-Mel?- scoprì la faccia e rimasi sbigottita vedendo il cantante di fronte a me, stupito anch’egli dalla mia presenza.
-Avevo dimenticato la matita in bagno..- si giustificò abbassando lo sguardo.
-Io.. sono venuta per parlarti, è troppo tardi?- confessai tentennante.
-T-ti ascolto- si sedette cautamente al mio fianco, evitando ogni contatto. Eravamo entrambi a disagio.
-In realtà non so cosa dire- non avevo preparato alcun discorso, le parole alla fine uscirono da sole; -Ho reagito male, non dovevo scappare così ma in quel momento mi sono sentita tradita, ho pensato solo a me stessa e mi ci è voluta una ramanzina da parte di tuo fratello per mettermi nei tuoi panni e capire perché non me l’hai detto..- la voce aveva iniziato a tremare, -sapevamo sarebbe finita così, l’ho messo in chiaro fin dall’inizio- continuai, -e non ho cambiato idea-
Accanto a me il moro respirava lentamente, torturandosi le mani perfettamente curate in modo nervoso.
-Fa male..- sussurrò con voce carica di tristezza.
-Lo so. Però è la cosa migliore-
-Saperlo non rende le cose più facili- ribatté, non seppi che rispondere.
-E quelli..?- domandò dopo qualche istante di silenzio, indicando i fiori posati sulla mensola.
-Camelia, ciclamino, rosa canina e tulipano – nei linguaggio dei fiori indicavano rispettivamente: sacrificio, inteso come un impegno ad affrontare ogni sacrificio in nome dell’amore, rassegnazione e addio, piacere ma anche sofferenza e dolore e infine un tulipano rosso, il vero fiore simbolo dell’amore, era una dichiarazione silenziosa.
-Lo so questo- sorrise lievemente, -intendevo dire, cosa significano?- sapevo me l’avrebbe chiesto.
-Affetto, tristezza, mancanza, speranza- mentì, non sembrò credere alla mia frettolosa risposa, ma non aggiunse altro.
-Devo andare- rimasi zitta, se avessi parlato sarebbe uscito un rantolo. Impercettibilmente si alzò dal letto e si piazzò davanti a me, per poi baciarmi dolcemente sulla fronte. Pensavo il mio cuore sarebbe esploso in quell’istante.
Si diresse verso la porta con passi incerti. Si fermò davanti alla porta, voltandosi nella mia direzione.
- Il vero amore dura per sempre, supera ogni ostacolo e tempo. Ci amiamo e niente potrà impedirci di stare assieme, un giorno-
Volevo trovare una risposta adeguata a quella affermazione, ogni parola che mi veniva in mente mi sembrava banale.
Perciò ricambiai con un sorriso che era un misto di tante cose: rassegnazione, tristezza, amore, speranza, addio.
Abbassò gli occhi e notai un luccichio che nascose prontamente coprendosi con gli occhiali da sole. Stava piangendo. A causa mia.
-Addio..-  riuscì a mormorare talmente piano che temetti non m’avesse sentito.
-Arrivederci- rispose invece lui, dolcemente, per poi uscire dalla mia stanza. 
…e dalla mia vita.

Strinsi i pugni, non dovevo pensare a lui. In quei mesi era diventato come una droga e ora mi sentivo in piena crisi di astinenza; la cosa inoltre si riflesse anche nella mia salute: tutti i miglioramenti fatti dal suo arrivo erano stati velocemente spazzati via in seguito alla sua partenza.
Non mi sentivo affatto bene, eppure continuavo a mentire ai medici, per un unico motivo: la promessa fatta a Julia un mese prima: dovevo andare con lei al concerto dei Tokio Hotel. Era il minimo potessi fare per sdebitarmi da tutto quello che faceva per me in quel periodo.
A parte il fatto che fossi tornata del mio colorito giallognolo accompagnato da mancanza d’appetito e da una leggera febbre – il tutto nascosto ai miei medici grazie a fondotinta/cestino dell’immondizia per il cibo/acqua fredda per ingannare il termometro, mi ero obbligata di pensare a lui il meno possibile, il che era inutile perché era sempre nella mia testa. Col tempo magari sarei riuscita a rimuoverlo dalla testa.
Balle, non ce l’avrei fatta, mai. Il suo nome pronunciato da qualcuno, oppure solo sentire le prime note di una canzone del gruppo mi provocavano brividi e lacrime che faticavo a controllare. 
La verità era che Bill aveva lasciato una cicatrice troppo grande sul mio cuore che mai si sarebbe rimarginata. L’avrei portato con me per sempre. Non avrei mai amato nessuno come lui, e questa consapevolezza mi distruggeva.
Stare male non mi impedì però di partire con Julia alla volta di Dorthmund per il concerto del tredici giugno.
Avevo ingannato i dottori, se avessero saputo le reali condizioni in cui versavo non mi avrebbero lasciata uscire. Io dovevo vederli, ne avevo bisogno. Da lì avrei ricominciato a vivere, almeno ci avrei provato. Di certo non potevo immaginare le cose sarebbero andate in maniera totalmente diversa…
Così la mattina del dodici ero partita insieme alla mia amica alla volta dell’arena, armate di zaino, tenda, cose da mangiare, vitamine, libri da leggere, parole crociate, bottiglie d’acqua, ombrello e asciugamano.
-Non posso credere domani vedrò i Tokio Hotel dal vivo.. grazie Mel, è un sogno che si realizza!- esclamò sistemandosi la parrucca bionda per poi sistemare un ciuffo fuori posto dalla mia.
-Mi fa strano vederti coi capelli- ridacchiò.
Era una precauzione: di comune accordo avevamo scelto di fare la notte: guadagnare la prima fila significava poter poggiare sulla transenna e avere un minimo spazio per respirare, senza scordare la vicinanza al palco.. non potevamo però rischiare di farci riconoscere dai ragazzi, avevamo optato perciò in una sorta di “travestimento”.
-Che facciamo?- domandai davanti al parcheggio dell’arena, ancora vuoto.
-Cerchiamo se ci sono altre fan in giro- l’idea non mi alettava, passare due giorni vicino a delle ragazze che parlavano costantemente di loro poteva risultare fastidioso, soprattutto se erano fissati coi gemelli o su Bill, avrei sopportato le battutine su di lui? No.
Tuttavia seguì Julia e vagammo un po’ a vuoto, finché non individuammo una tenda piantata di fronte all’entrata della location.
-Andiamo verso di loro, probabilmente la fila inizia da lì- suggerì io, mentre lei era già partita sparata.
Ci avvicinammo e udimmo un chiacchiericcio fisso provenire dalla tenta, non capivo la lingua. Appena appoggiammo le nostre cose a terra il parlare si interruppe e due ragazze fecero la loro comparsa, probabilmente attratte dal rumore.
-Hallo!- esclamò la più bassa, -Io sono Ludovica, preferisco Ludo, e lei è Anna- presentò l’altra.
-Mel e Julia, piacere!- sorridemmo, avevano l’aria simpatica.
-Da quanto siete qui?- domandò la mia amica curiosa.
-Oh, ieri pomeriggio- ridacchiò Anna, quella alta e riccia.
-Cosa, così tanto?- ero stupita.
-Già! Però vogliamo la prima fila e questo è l’unico modo! Poi ci siamo accaparrate un posto all’ombra, non penso riusciremo a resistere sotto al sole ad aspettare, inoltre siamo venute in Germania solo per questo- spiegò Ludo.
-Non siete tedesche?-
-No! Siamo italiane!- ridacchiarono, -I biglietti per le date in Italia erano esaurite così abbiamo convinto i nostri genitori a mandarci per l’estate qua, con la scusa di fare le ragazze alla pari, anche se lo scopo vero è partecipare a questo concerto!-
-Siete pazze!- affermò Ju allegra, non potei che trovarmi d’accordo.
-Ma no, okay forse un po’- rise la riccia, -Però.. per i Tokio Hotel questo ed altro! Siamo fan dal 2005, dai loro esordi e aspettiamo di vederli dal vivo da.. tanto, troppo tempo!- continuò l’altra, -E voi da quando siete fan?-
-Io dagli inizi,- prese parola la mia compare, -poi ho convertito lei-
-Oh! Che bella cosa convertire qualcuno! Benvenuta nel fantastico mondo dei Tokio Hotel quindi!- mi sorrisero, io ricambiai imbarazzata.
-Canzone preferita?- domandai.
-An deiner Seite- rispose Anna, -Non so neanche il perché, è qualcosa di troppo.. troppo! Ogni volta che l’ascolto mi viene in magone, praticamente mi manda a puttane lo stomaco!-
-Io invece adoro “1000 Meere”, per lo stesso motivo di An!- si scambiarono un’occhiata di intesa, -voi?-
-Spring nicht, mi ha tirato fuori da un momento difficile- ammise la – momentanea – bionda.
-Io amo Heilig, perché.. mi ricorda tante cose- e perché me l’aveva dedicata lui.
 -Avete un preferito?-
-Tom è un gran figo- esordì la mia amica,  scossi la testa, era la solita! –Peccato sia uno spaccone, secondo me- mi fece l’occhiolino.
-Se proprio devo scegliere direi Bill- annuì Ludo.
-Anche io, mi piace Bill- convenne Anna.
-In che senso, ti piace?- mi venne spontaneo chiedere.
-Non intendo dire di esserne innamorata, quello mai!- arricciò il naso, -Non so neanche io come spiegarlo, la prima volta che li ho visti sono rimasta colpita, abbigliata da Bill! Dal suo modo di fare, il suo stile androgino, la sua bellissima voce! Poi ha un bellissimo sorriso. Quando esce una foto mi viene spontaneo cercare lui, ho il computer pieno di sue foto ed è pure lo sfondo del mio cellulare! Adoro la sua risata, adoro tutto. Però “amore” è una parola troppo esagerata, non mi sento di etichettare così. Più che altro è un’ossessione-  
-Decisamente ossessionata!- l’amica le diede una pacca scherzosa sulla spalla, -Dovreste leggere quello che scrivere su di lui!- esalò con occhi sognanti.
-No, lasciatela perdere, stanotte ha dormito poco e spara cazzate- la prese in giro, -A te invece Mel?-  cambiò velocemente discorso.
-Ahm..- dissi in difficoltà, -Mh, Bill. Così- scossi le spalle, mentre sentivo la mano di Julia prendere la mia per infondermi sicurezza. Ricambiai la stretta.
-Piuttosto, datemi le mani- porgemmo il palmo e con un indelebile vi segnarono i numeri 3 e 4 sopra.
-E’ per tenere l’ordine, così abbiamo la prima fila assicurata- illustrarono.
-Quindi, appena aprono i cancelli, domani sera.. oddio non voglio pensare a quanto tempo manca ancora!- sbuffò la castana, -Beh, appena aprono si corre! Facciamo in modo di trovarci vicine, okay?-
-Certo!-
-Quindi, che facciamo ora?- chiese Julia perplessa.
-Io andrei a dormire, in questi giorni non ho chiuso occhi per l’ansia!- e perché cercavo di immaginare come avrei reagito di fronte a Bill…
-Va bene- brontolò la bionda, -Vedi di non fare il ghiro fino- mi ammonì.
-Buonanotte allora!- mi augurarono prima di vedermi sparire nella tenda appena piantata. Frugai nello zaino e tirai fuori la scatolina con tutte le varie medicine, estraendo un sonnifero. Dal giorno dello spettacolo non ero più riuscita a dormire serena ed ero costretta a prendere delle pillole, altrimenti avrei passato la notte insonne. Passai una mano sul viso sudato, la testa pulsava dalla mattina, probabilmente avevo qualche linea di febbre, però dovevo tenere duro: per me, per Julia, per rivederlo. Ingoia la pasticca e caddi in un sonno indotto.

-Non è che ha i tappi per le orecchie?- sentì parlare qualcuno vicino a me.
-Insomma, ha preso sonno stamattina alle nove, e sta tirando avanti da dieci ore, è normale?-
-Per lei sì!- risero.
-Mel, su svegliati!-
Ignorai le voci e mi girai dall’altra parte, alimentando ulteriori risate.
-Fanculo- borbottai aprendo gli occhi, -Rompipalle- le apostrofai guardandole male.
-Dai, volevamo farti vedere una cosa- mi trascinarono fuori e subito fui avvolta dall’aria tiepida, per poi spalancare la bocca incredula di fronte a ciò che avevo davanti. Il parcheggio si era riempito di persone, erano spuntate altre tende e l’atmosfera era effervescente.
-Wow..- soffiai.
-Già! Guarda, siamo una famiglia. Tutte qua per vedere i Tokio Hotel, noi dall’Italia e tanta gente da diverse parti della Germania. Osserva, tutte diverse, eppure unite dalla passione verso il gruppo- mormorò con un groppo alla gola Anna.
-Chissà se i ragazzi si rendono conto di quello che stanno scatenando- aggiunse Ludovica.
Fu in quel momento che riuscì a comprendere a pieno le parole di Bill quando parlava della sua vita da star, degli orari difficili e della mancanza di privacy, aggiungendo che ne valeva la pena, veniva ripagato in pieno durante i concerti, vedendo le ragazze urlare con lui, saltare, piangere.
Per una fan avere il biglietto per il concerto del proprio idolo rappresentava la via per la felicità.
-Andiamo a fare conoscenze!- esclamarono le due italiane trascinandoci con loro attraverso le varie tende.
-Siete pazze!- ridemmo spensierate, -Però avete ragione, la serata è ancora lunga!-
Non ho mai parlato tanto quanto quella notte, girovagammo per ore, finché non decidemmo di ritornare alla base alle cinque di mattina, dopo aver conosciuto molte ragazze, condiviso storie e cantato tutte assieme.
Stanca e con i piedi doloranti mi buttai sull’asciugamano augurando la buonanotte a Ju. Aspettai che s’addormentasse per prendere un altro sonnifero, non volevo capisse mi sentissi poco bene.
Mi svegliai sentendo il sole scaldare attraverso la tenda, faceva dannatamente caldo. Mi misi a sedere e, a causa del movimento troppo veloce, vidi nero per qualche istante mentre la testa girava.
La mia amica era ancora placidamente addormentata, con un sorriso stampato in volto. Frugai nella mia borsa e ne estrassi il badge, per poi rigirarlo fra le badge fra le mani. Il badge era un tesserino che Tom aveva fatto avere a Julia poco prima di partire, non era come un normale biglietto: essendo rilasciato dalla Universal, lasciava la possibilità di accedere al backstage e valeva per tutti gli show del tour estivo. Ne erano disponibili pochi, inoltre costavano moltissimo.
E noi lo avevamo.
Guardai l’orologio: era già l’una. Cinque ore e avrebbero aperto i cancelli, una strana adrenalina mi pervase il corpo.
-SVEGLIA!- urlai catapultandomi addosso alla bionda, ridendo vedendola sobbalzare spaventata.
-Idiota!- mi insultò massaggiandosi l’orecchio, -Non posso perdere l’udito prima del concerto!-
-Fra cinque ore aprono i cancelli, penso sia meglio mangiare qualcosa, sennò come rimaniamo in piedi dopo?- domandai sarcastica.
-Cinque ore? Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Non sono pronta! Oddio!- si alzò e si mise a saltellare.
-Va a vedere se le altre si sono svegliate, io devo cambiarmi- 
Appena uscì ingerì una pasticca e subito mi sentì meglio: mi ero svegliata con un atroce mal di testa e senso di nausea, senza contare la fronte calda e i brividi di freddo nonostante l’afa. Poi mi svestì per indossare la t-shirt del gruppo – l’unica cosa che non era finita rilegata nell’angolo dell’armadio, in fondo era regalo di tutta la band, non solamente suo – e un paio di shorts. Accarezzai la collana con l’anello, non avevo il coraggio di toglierla. Sistemati i “capelli” raggiunsi la mia amica nella tenda delle italiane, impegnate a emettere una serie di urletti eccitati e facce di tutti i tipi.
-Mi fate paura!- esordì sedendomi fra loro.
-Zitta, l’ansia ci sta distruggendo! Hai dato un’occhiata fuori?-
Tutto pieno, peggio della sera precedente. Tutte attaccate, non era rimasto spazio neanche per camminare. Qualche migliaia di fan, cose di poco conto, insomma.
-E’ spaventoso. Se penso non si esibiscono live da marzo impazzisco!- esclamò Ludo.
-Già, ammetto di.. ehm.. essermi messa a piangere quando ho scoperto di Bill- confessò imbarazzata.
-Mh, non sei l’unica. Siamo legate ai Tokio Hotel, vedere il loro sogno infrangersi sarebbe come vedere il nostro distruggersi-
Quelle due erano una continua sorpresa, mi stavano molto simpatiche senza contare fossero molto alla mano e disponibili. Decisi di proporre l’idea che m’era venuta in mente appena svegliata.
-Sapete,- chiamai l’attenzione, -Io e Julia abbiamo i badge-
Le due spalancarono la bocca in modo terribilmente comico, infatti sia io che la mia amica non riuscimmo a trattenere una risata, aveva capito dove volessi arrivare.
-Solo che fra due giorni partiamo per l’America per un viaggio studio- mentì, -quindi non potremmo usarli-
-Cioè, no un attimo- mi interruppe la riccia, -Come avete ottenuto i badge? Per quel che so ce ne sono pochissimi, un paio per un contest e gli altri costano.. un sacco!-
-Ce li ha dati ehm, David Jost!- si inventò Julia.
-Sì, e io sono Tom Kaulitz- rispose sarcastica Ludovica.
-In effetti il livello intellettivo è quello…- commentai ricevendo un’occhiataccia.
-Non l’ha dato proprio a noi in persona- continuò, -Mia mamma lavora nella clinica in cui è stato ricoverato Bill e grazie a ciò ha conosciuto il manager. Hanno fatto amicizia e alla fine, quando ha scoperto la figlia fosse fan, le ha dato questi due badge- era talmente brava a dire bugie che quasi ci cascai anche io.
-Fate schifo, ma davvero! Se non fossi una persona civile vi ammazzerei per rubarveli- 
-Non servirà, come ho già detto quest’estate non ci saremo. Perciò..- lasciai finesse Ju.
-..perciò possiamo fare uno scambio: voi ci date quelli di questa data e noi il badge-
-Voi siete fuori di testa, state scherzando, spero!-
-No, non abbiamo la possibilità di usarli, sono sicura nelle vostre mani saranno valorizzati al giusto- spiegai.
Era quello che pensavo, avevano organizzato un viaggio in Germania solo per vedere il gruppo – senza dirlo ai genitori, ci avevano trattato benissimo e si vedeva lontano un miglio quanto amassero la band. Meritavano quel badge più di me, avevo già avuto la mia occasione di incontrarli e, comunque, mai sarei entrata nel backstage. Non avrei sopportato un incontro con Bill.
-E stasera, voi perdereste l’opportunità di accedere al backstage??!??-
-Mia mamma ha ancora il numero di Jost- fece l’occhiolino alle italiane, -Quindi avremo altre occasioni, voi no. Quindi tacete e accettate-
E dall’abbraccio in cui fummo accolte capì la richiesta fosse stata accolta.

 

Spingevano. Avevo caldo ma anche freddo. Mi girava la testa. Spingevano. Alzavo la testa in cerca di ossigeno. Spingevano.
-Julia, mi sento tanto la fettina di formaggio in mezzo ai due pezzi di carne dell’hamburger- commentai stringendole le mano.
-Noi non ci sentiamo proprio invece- esclamarono con voce strozzata le italiane. Eravamo spappolate contro il cancello, ancora poco e avrebbero aperto.
-WIR WOLLEN TOKIO HOTEL!- iniziarono i cori da dietro e in poco tempo la piazza risuonava di quell’unica richiesta.
Wir wollen Tokio Hotel, non riuscivo a connettere, sia perché versavo in pessime condizioni fisiche, sia perché l’adrenalina mi annebbiava il cervello.
Rumore di passi, porte che piano si aprono. Sguardi di intesa con le mie compagne.
-Uno, due, tre- sussurrammo all’unisono. E corremmo.
Le gambe andavano per conto loro, passo dopo passo sempre più veloce, respiro affannato, polvere alzata, sole che scotta. Mani intrecciate con le ragazze. Il palco che si fa sempre più grande, sempre più vicino.
Un sospiro, un’esclamazione generale.
-Ce l’abbiamo fatta- la prima fila era nostra. Il parterre si riempì, sentivo i chiacchiericci della fan, io però ero zitta e immobile.
Prima fila, centrale. Ancora poche ore e Bill sarebbe stato di fronte a me. Zeit l
äuft.
-
Non ci posso credere- esclamò Ludovica stringendo il badge al petto.
-E.. è.. il mio sogno che si realizza- seguì Julia con lo sguardo puntato al palco. Arricciai le labbra all’insù, aveva conosciuto i Tokio Hotel eppure i suoi occhi avevano quell’espressione trasognata che leggevo in tutti i visi delle persone attorno a noi.
-La serata più bella della nostra vita sta per iniziare!- e non potei che sorridere d’accordo. Ancora non sapevo quanto quella frase fosse sbagliata..

-WIR WOLLEN TOKIO HOTEL!- urla.
-TOKIO HOTEL, TOKIO HOTEL!- isteria collettiva.
Luci che si spengono.
Silenzio
Un colpo. Batteria.
Ecco basso e chitarra.
LUCE.
E fu il chaos.

Attorno a me c’era confusione, mi sentivo schiacciata contro la transenna, le mie mani erano stritolate da Anna e Julia.
La mia mente era in crisi. Il mio cuore? Sembrava d’aver un martello pneumatico nella cassa toracica. Bum bum.
Occhi spalancati e bocca socchiusa, senza parole di fronte a lui, Bill Kaulitz.
Pantaloni stretti, scarpe nere, t-shirt gotica, occhi perfettamente truccati, unghie smaltate, collane e anelli che probabilmente pesavano più di lui, capelli sparati in aria.
Una visione talmente perfetta da far star male. Non era bello, di più. Stringeva il microfono con sicurezza, appena la sua voce si mischiò con la musica le urla che si alzarono fecero tremare la terra e anche Bill, avevo imparato a conoscerlo, vedevo la mano libera muoversi a scatti mentre il piede batteva furiosamente a terra.
Era nervoso.

Ich hab heut 'n anderen Plan,
und der geht dich gar nichts an..”

Seguivo ogni suo movimento con maniacale attenzione, non volevo perdermi nulla di lui. Guardava la folla con aria commossa mentre si muoveva sul palco con fare sicuro ed elegante. La sua vita era quella, la musica. Vederlo così, sul suo habitat naturale, non poté che farmi capire la scelta avessimo fatto fosse stata la più giusta, anche se averlo a pochi passi da me e sapere di non poterlo toccare faceva sanguinare il cuore. Mi sentivo così debole.. ogni canzone scivolava su di me lasciandomi addosso un sapore amaro che rispecchiava quello delle lacrime che avevano iniziato a bagnarmi il viso.

Jetzt sind wir wieder hier,
Bei dir oben auf´m Dach..”

Die Strassen leer - ich stell' mich um
Die Nacht hat mich verlor'n..“

„Ab heute sind die Tage nur noch halb so lang..“

„Ich halt den Brief, in meiner kalten Hand..“

 

E arrivò anche quella canzone. Mi sentì mancare, come se l’energia fosse scivolata fuori dal corpo appena capito che Bill stava per annunciare la traccia successiva.
-Questa canzone è per le persone che amiamo, perché alcune di loro hanno un ruolo fondamentale nella propria vita..- si interruppe e lo vidi deglutire, mentre i suoi occhi si fecero più lucidi, -E saranno per sempre sacre. Ecco.. Heilig!-
La terra mancò sotto ai miei piedi, sentire la sua voce così vicina, tremare leggermente dall’emozione che io potevo capire.. fu come se tutte le persone attorno a noi svanissero, eravamo io e lui, come la prima volta che me la cantò.

“Ich halt mich wach - für dich
Wir schaffens nicht beide - Du weisst es nicht..“

E come era iniziata terminò. La band sparì per un momento dietro alle quinte, c’era la pausa. Bene, anche io avevo bisogno di riprendermi.
-Ehi, tutto bene?- domandò Julia, vedendomi impalata da un po’ di minuti.
-Sono.. scombussolata- ammisi, -Non hai idea di come mi senta in questo momento. Tutto così confuso.. Hai visto.. quanto bello è? Sono così orgogliosa di lui- mi asciugò una lacrima, abbracciandomi.
-E io sono orgogliosa di te. Ricordati poi che se si è ripreso è anche grazie a te. Ora bevi un po’, sei pallida- mi allungò una bottiglia d’acqua.
Non avevo sete, le uniche cose che percepivo era il battito del mio cuore e il respiro affannato, per il resto era tutto annullato.
Avrebbero potuto spararmi, non me ne sarei accorta.
-Si ricomincia!- urlò Anna al mio fianco, con gli occhi terribilmente lucidi.
Schrei, Schwarz, Stich ins Glück, Übers Ende der Welt, Reden, Wir sterben niemals aus, Spring nicht – in quella canzone Julia pianse tutte le lacrime che aveva in corpo, Geh, Ich bin nich‘ ich, Wo sind eure Hände, Durch den Monsun, In die Nacht, Rette mich, Vergessene Kinder.
 
Pregai che il tempo si fermasse in quel momento, la fine stava arrivando troppo in fretta.
-Buonasera!- urlò Bill avvicinandosi al pubblico, -Grazie mille per essere qua- ogni sua frase era accompagnata dalle nostre urla, -Dopo due mesi di attesa sono tornato.. e conto di rimanere ancora per molto!- sorrisi.
-E’ stata un’emozione grandissima stasera- già, Bill, non immagini quanto.
-Questa è l’ultima canzone, per dirvi che, nonostante tutto, noi saremo sempre al vostro fianco!-
Le dolci note di “An deiner Seite” risuonarono per l’arena mentre fummo abbracciate da una pioggia di coriandoli argentati.

..Du bist nicht alleine

Un sussurro dolce e poi furono inghiottiti dall’oscurità. Era finita.

* * *

Dopo aver salutato Anna e Ludovica, raccomandando loro di non dire da chi avevano ricevuto il badge, eravamo tornate alle tende per sistemare tutto e raccogliere le cose abbandonate là al momento della corsa.
Nessuna di noi due parlava, eravamo stordite da quella serata. Sentivo ancora le urla sulle orecchie e la terra vibrare sotto i piedi.
Mi sedetti a terra per un momento, venendo colpita dalla verità: tutto si era concluso. Vedere Bill felice sul palco mi fece comprendere fosse l’ora di rassegnarsi e tornare alla realtà, una realtà senza di lui. Ce la potevo fare?
Improvvisamente tutte le fatiche della giornata pesarono sul mio corpo già debilitato e mi sentì debole. Le mie gambe tremavano, erano sporche di terra e con qualche graffio; la testa aveva ripreso a pulsare e girare, la pancia sussultava ad ogni respiro.
Posai una mano sulla fronte e trattenni a stento un’imprecazione. Scottava. Mi feci i complimenti da sola, tenendo nascosto il mio malessere avevo solamente peggiorato la situazione: ignorare la malattia e i sintomi non mi faceva guarire. Anzi.
Mi alzai a fatica per raggiungere Julia.
-Hey- mormorò piano, ancora sottosopra.
-Mi fai un favore?- domandai a fatica, la gola bruciava.
-Sì-
-Chiama l’ospedale-
-Che..?- mi fissò spaventata.
-Sto male- sussurrai un attimo prima di abbandonarmi sull’asfalto e sbattere la testa a terra.
Brava Mel, ecco cosa succeda quando fai di testa tua. E ora?

 

* * *

C’è movimento nella stanza.
Bip, bip.
Gli occhi sono aperti eppure non riesco a focalizzare le cose intorno a me.
Bip, bip.

Tutto è opaco e offuscato.
Bip, bip.
Sento sto perdendo il controllo del mio corpo.
Bip, bip.
Il respiro rallenta e qualcosa mi viene messo sul viso.
Bip, bip.
L’elettrocardiografo produce suoni più acuti e ravvicinati.
Bip, bip, bip!
-Signorina Bauer, resista!- sento dire da qualcuno.
“Ci provo”, vorrei rispondere. Non ci riesco…
Le gocce di pioggia sbattono rumorosamente sui vetri.
Lentamente inizio a sentirmi meglio, in pace.
Il dolore svanisce. L’ambiente viene inghiottito dal nero.
Silenzio.  Chiudo gli occhi.
È estate. Fuori il cielo è in tempesta.
E il mio ultimo pensiero va a lui.

„Ist das der letzte Regen bei dir oben auf´m Dach?
Ist das der letzte Segen und unsere letzte Nacht?
…Hat unser Ende angefangen!“

Biiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiip.

* * *


Mi domando se qualcuno stia ancora leggendo questa storia ahahah
Mi faccio pena da sola, perché l'ho finita da così tanto tempo..

L'epilogo arriverà a breve!

 

   
 
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