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Autore: cleversimo    19/09/2014    1 recensioni
Meruem mi è sembra sembrato un personaggio eccezionale, dal punto di vista artistico, per l'incredibile dualità che esprime e al tempo stesso per il modo in cui dimostra che tutti, in fondo, siamo simili a lui.
Questa fanfic è, o vuole essere, una sorta di manifestazione dello scontro interiore che Meruem vive nella saga...o almeno come me lo immagino io XD
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Meruem
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All'inizio, a Meruem sembrò semplicemente che il cielo in quella buia landa desolata andasse a fuoco, poi comparve un'immagine dai contorni molto sbiaditi: una donna dai lunghi capelli rossi con le mani giunte davanti al petto.

Netero, dall'altra parte della landa, replicava la posizione della donna:
“Piomberanno dal cielo gli araldi della notte,

avranno il colore dell'oscurità,

avranno le armi dell'inferno,

avranno la voce di quelli che sono morti.

Moriremo, poiché così si vuole.

Il momento è giunto,

mia amata compagna,

infine sarà il vento, infine sarà la luce.”

Meruem guardò quell'anziano con un misto di paura e ammirazione. Che cosa dicevano quelle labbra stanche? Dove volgeva la sua mente? Perchè semplicemente non accettava di morire?
“Ci sarà un tempo, Re Formica, in cui l'uomo perderà la sfida evolutiva, e cederà il suo primato a voi o a qualunque altra specie si presenterà. Ma ciò non succederà prima che l'uomo sarà rinato in una nuova era, un'era in cui infine riuscirà a vivere in armonia con la natura, con ciò che è stato e anche con ciò che sarà. Allora, solo allora potrà anche finire la vita dell'uomo su questo pianeta.”

Meruem fissò Netero...la bocce si spalancò, e un brivido gli percorse la schiena.

Paura? Era quella la paura? Così si era sentito Peggy poco prima di morire?

Ma un re non poteva avere paura, non lui, non lui che era nato per dominare tutte le specie, primo e ultimo di una lunga storia che non sarebbe stata più.

Komugi...la sua mente, in quel mare ignoto, sussurrava la parola Komugi. Komugi...Komugi...Komugi...

“Ne...Netero-san, quale sarà l'effetto di quella donna che vedo in cielo?”
Netero abbassò il volto e sorrise: “Moriremo, Meruem. Moriremo qui.”
“Ma moriremo solo noi due?”
Netero non capì...che cosa significava?
“Certo...moriremo noi due, e sarà la fine di questa guerra.”
Meruem alzò la mano e strinse il pugno. “Allora sia, Netero. Sei stato un valido avversario, non ho rimpianti in questo duello.”
Netero digrignò i denti, e urlò: “CENTO VIE PER LA BEATITUDINE!”

Fu solo una grande luce, poi un grande buio. Poi nulla.

 

Sentiva il tocco dell'acqua sulle sue forti gambe nude, sentiva il sussurrare degli uccellini nelle orecchie, e il magico tocco del vento sul torace e sulle braccia.

Voleva aprire gli occhi, ma qualcosa gli diceva di aspettare, di godersi quei momenti, poiché sono rari come le formiche regine nella sua specie.

Infine li aprì, e fu sorpreso di notare che si trovava in una valle, sulle dolci rive di un fiume. Non poteva dire molto di più: era lì, certamente, ma era come se non fosse lì. Come se quello fosse un pezzo di mondo fuori dallo spazio e fuori dal tempo.

Infine una mano gentile gli toccò le spalle: “Meruem-sama, che cosa vi porta qui?”
Il cuore accelerò, la gola come si bloccò, e la pelle sul volto cominciò a pulsare...”Ko...Komugi?”

Si, era lei, era lì di fianco a lui, seduta sulla leggera erba con le gambe in acqua. Stava sorridendo.

“Komugi, dove siamo?”
“Non lo so, Meruem-sama. Non so molte cose. Nulla, in realtà.”
Preso da un'improvvisa angoscia, Meruem si alzò, ponendo la giovane dietro le sue gambe e toccandola con una mano, come se avesse paura che potesse scappare via come l'acqua del fiume.

“Potrebbe essere un effetto della tecnica del vecchio, questa specie di illusione!”

“No, Meruem-sama, io non credo. Mi sembra tutto così reale.”
Quando si girò, ciò che vide fu la ragazza con una mano tesa alla loro destra, e un possente cervo dalle lunghe corna che affettuosamente le leccava la mano.

“Non penso che lui sia un'illusione, Meruem-sama. Mi sembra così reale:”
Un...un cervo? Non ne aveva mai visto uno, se non in forma leggermente modificata di formichimera. Ma era bello, aveva il fascino della pesante foresta e al tempo stesso la leggiadria dell'acqua del mare.
“Potete toccarlo, Meruem-sama. Potete toccarlo anche voi.”
Meruem allungò la mano. Il cervo si alzò da quella di Komugi e porse l'umido muso verso la sua, ma d'un tratto l'acqua di tramutò in fuoco, il canticchiare degli uccellini divenne l'urlare di tanti uomini dilaniati dalle catene del torturatore. Sembrò che il cielo cadesse giù e la terra volasse verso l'alto, come se loro fossero destinati a rimanere schiacciati. Ma fu il cervo a indurre in Meruem il terrore, poiché cadde a terra e si rigirò, come se tutto il suo corpo fosse in preda a tremiti che non poteva fermare. Con un orrendo rumore, la pelle dal pelo perfetto si ruppe, lasciando intravedere i muscoli, ma sgorgò il sangue, che bagnò l'erba alimentando il fuoco. E l'odore...l'odore, Meruem non lo poteva descrivere.

E lì, dove prima si chinava la maestosa creatura, dagli orrori della sua mente, comparve la Regina, il fuoco al posto degli occhi, il sangue che colava dalle orrende fauci. Il sangue del cervo.

“Meruem, figlio mio...ti ho creato col dolore di una madre perchè tu fosti il signore delle creature.”
Meruem cominciò a tremare...era stata paura quella che aveva provato duellando contro Netero? Forse, ma questo era vero terrore. Neanche lui sapeva perchè, ma le mani rifiutavano di muoversi, e il volto era imperlato da un velo di sudore.

“M...ma...madre!”
“Madre? Vittima? Che cosa importa?”
“Fu tuo compito generarmi, fu tuo compito morire per me, poiché così era necessario.”
“Era necessario? Si, lo era. E fui ben contenta di farlo, poiché sapevo che tu saresti diventato la luce del mondo. Ma non è così.”
Dov'era Komugi? Dov'era Komugi in quell'inferno di fuoco e sangue?
“Cerchi quell'inutile e stupida bambina, o figlio mio che saresti destinato a essere grande tra i grandi?”
Voleva correre, Meruem. Voleva correre per cercare Komugi, ovunque ella fosse. Voleva abbracciarla e dirle che andava tutto bene. Voleva proteggerla. Proteggerla come le madri proteggono i cuccioli? No, forse no. Lei non era una sua cucciola.

“Dov'è Komugi, madre?””
“Dov'è Komugi? Potrebbe essere ovunque, non importa. Quel che importa è perchè la terra non sia già caduta ai tuoi piedi.”
Meruem riuscì a stringere i pugni...i muscoli che si ingrossavano e le vene che pompavano il sangue gli davano una specie di coraggio.

“Gli umani...gli umani non sono così semplici come pensavi all'inizio.”
“Semplici? Non importa se siano semplici o difficili. Quel che importa è che sono deboli, figlio mio, e potrebbero cadere in poche ore.”
“Non è così madre.”
“Sei talmente accecato dal dubbio, e non so neanche quale, che hai trasferito il dubbio dalla tua mente alla realtà. Gli esseri umani sono deboli. Gli esseri umani sono sempre morti davanti a noi, e continueranno a morire.”
Il sangue continuava a pulsare, e nella mente di Meruem l'immagine di Komugi si alternò a quella di Netero. Erano davvero due deboli? No...non erano deboli. Ma la voce di sua madre gli rimbombava dentro...deboli, deboli, deboli...

“TI SBAGLI MADRE, NON SONO DEBOLI. Non sono deboli perchè alcuni di loro hanno meritato la mia ammirazione.”
La madre arretrò, portandosi una della gambe all'altezza del cuore. “Ammirazione? Ma tu sei..”
“...il re delle formichimere, e ho stima di alcuni di loro, madre.”
La regina smise di arretrare...lo guardò con tenerezza, forse, per qualche istante soltanto.

“Meruem, meruem...che ti è successo?”
Le fiamme si alzarono dalla terra ancor di più, e la terra tremò, e il sangue fuoriuscì dalle crepe. Era il sangue delle molte vite a cui lui, il re, aveva posto fine?
“Non ci sarà un domani, Meruem. Nè per te, né per la nostra stirpe.”
Lampi di fuoco accesero la notte, e le urla sovrastarono anche il rombare della terra e degli incendi. Erano le mogli che perdevano i mariti? I padri che perdevano le figlie? Gli amanti staccati dalla forza della natura?
Ma in quell'inferno di fuoco, infine, risuonò una voce familiare: “Meruem, vieni di qua.”
Era la voce di Komugi, Meruem lo sapeva. E voleva seguirla, voleva andare là dove lei gli diceva di andare. Eppure non ci riusciva. Il dolore del fuoco gli sembrava una giusta punizione. Punizione per cosa? Per il tradimento della sua stirpe...sua madre aveva ragione: lui aveva fallito.

Quando il fuoco cominciò a bruciargli le mani e i piedi, sua madre ricomparve in quelle tenebre infuocate. Stava piangendo, ma alzò uno degli arti verso il cielo, e con forza lo abbassò verso di lui.

Successe tutto in un attimo: Meruem si scansò e cadde a terra, e la madre tornò nelle fiamme da cui era comparsa.

Ma quando Meruem aprì gli occhi, Komugi gli cingeva la vita. Era stata lei a salvarlo, lui era disposto a morire.

“Komugi, io...”
A tentoni, la giovane portò le sue mani alla bocca di lui. “Non dovete, Meruem-sama. Non ho pensato, ma l'istinto mi ha detto che voi dovevate vivere. E voi vivrete.”
La ragazza si alzò poggiandosi al braccio. Quindi aprì gli occhi e lo fissò...non stavano giocando al gungi, eppure aprì gli occhi.

“Finalmente vi vedo, Meruem-sama.”
“Co...com'è possibile che tu mi veda?”
“Non importa.”
Sorrise, e infine le loro bocche si incontrarono.

Non fu un bacio lungo, né nulla di speciale, forse. Ma le fiamme scomparvero, e la regina, con un ultimo urlo, tornò nelle tenebre da cui era venuta. L'acqua ricominciò a scorrere, e il vento ricominciò a soffiare. Ricomparve il possente cervo, sicuro sulle sue zampe. Ma quandi vide una tale immagine di tale amore, piegò le gambe e abbassò le corna, quindi se ne andò.

 

Meruem sapeva di non riuscire a muovere il suo corpo, le gambe erano ferme, le braccia pure, ma a differenza di quelle, queste pulsavano in maniera spaventosa.

Pouf e Youpi singhiozzavano la loro disperazione, imprecando il nome di Netero, giurando vendetta alla razza umana. Eppure erano distanti, Meruem lo sapeva: a molti passi da lui.

Una mano gli accarezzava dolcemente il volto.

“Komugi, sei tu?”
“Si, Meruem-sama...”
“Niente più titoli, Komugi. Solo Meruem.”
“Certo, Meruem.”
“Cosa...cosa è successo?”
“Non importa, Meruem, ora riposa.”
Meruem sentiva il calore delle piccole dita di lei, e di nuovo risuonò il cinguettare degli ucceli, e ricomparve l'immagine del cervo.

“Komugi...io, io ricordo.”

“Anch'io Meruem.”
Poi, di nuovo, fu il nulla.

 

  
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