CAPITOLO
1 – Il Libro e il grigio
Tutti disprezzavano al vecchia casa Worsh che, seppur simile alle altre
quindici villette a schiera di Washington Lane, aveva un'aria molto
più cupa e
misteriosa, come d'altronde cupe e misteriosa era la sua
reputazione. Bastava osservarne la struttura, molto
più rovinata delle
altre case, tutte precise e perfetta, con i muri ben dipinti e il
giardino
sempre verde, ricco di fiori e la cui erba non era mai incolta, frutto
del
continuo lavoro dei proprietari. Ciò la rendeva una magione
alquanto
raccapricciante, seppure di raccapricciante in quella casa ci fosse
solo un
alto strato di polvere.
Era dal 1968 che nessuno abitava in quella casa, un tempo, si dice, la
casa più
bella di tutto il quartiere. Ora non si direbbe, o almeno questo non
verrebbe
detto da tutti gli abitanti della via, che da più di sei
anni propongono alla
riunione di quartiere due scelte: o l'abbattimento del rudere oppure la
ristrutturazione. Per loro quella "casa", se così poteva
essere
chiamata, rovinava l'immagine del quartiere, cose che, a mio parere. Ma
adesso
non voglio stancarvi con tutte le lamentele del vicinato, che, devo
dire,
riempirebbero un libro intero.
Fatto sta che, con lo stupore di tutti, la casa venne comprata in un
mite
giorno di Agosto, ma solo in uno dei più cupi giorni di
Novembre arrivarono in
nuovi proprietari, una famiglia composta da una madre insegnante, un
padre
avvocato ed una giovane ragazza di tredici anni. Il fatto
colpì subito
all'occhio, e per tutta la durata del mese di novembre dalle finestre
di casa
Wicckett, opposta al "rudere", spuntava talvolta un binocolo,
seminascosto dalle tendine finemente ricamate. Capitava anche che il
vecchio
signore Topper, bibliotecario, talvolta passava con il cane al
guinzaglio,
sebbene la casa non facesse parte del consueto tragitto casa-giardini
pubblici.
Ma ai nuovi inquilini da casa Worsh, o, sarebbe meglio dire casa
Fabbott, ciò
non importava. Anzi, sarebbe meglio dire che non se ne accorgevano,
impegnati
dai numerosi e necessari lavori di ristrutturazione. Perchè
su una cosa i
vicini avevano purtroppo ragione: la casa era davvero un rudere,
sebbene
riparabile. Ci vollero ben quattro mesi per cambiare da rudere in ville
quella
casa, trascurata da ben trenta anni. Ed oltre ai mesi, ci volle un
enorme
capitale, anche se in fatto di soldi i Fabbot navigavano in acque
tranquille.
A poco a poco quel rudere che all'inizio da tutti era detestato divenne
una
casa discreta, con il vialetto in linoleum, la staccionata bianca, il
giardino
all'inglese e la facciata bianca. La porta e gli infissi erano stato
tinti in
verde e dietro le finestre comparivano delle carinissime tendine
bianche dai
bordi ricamati in pizzo.
Questo bastò per far integrare alla perfezione i Fabbot nel
quartiere. Grazie
al loro l'immagine di Washington Lane era salva. Nel frattempo anche la
figlia
Fabbot si era ambientata e si era abituata all'atmosfera di pace e
armonia del
quartiere, o almeno così fu per i due genitori. La giovane,
Ashley, non riusciva
proprio a capire perchè i genitori l'avessero portata in
quel "covo di
matti" fuori dal mondo, allontanandola dagli amici. Lei non riusciva,
anzi, non voleva ambientarsi, speranzosa che un giorno i suoi si
sarebbero
stancati della perfezione del quartiere, avrebbero salutato tutti, si
sarebbero
scusati con lei e poi l'avrebbero ricondotta casa. Ma ciò
non fu e, arrivato
Luglio,ad anno scolastico finito, i due coniugi Fabbott non davano la
minima
sensazione di voler partire. La giovane fu così costretta a
trovare qualcosa da
fare, non volendo avviare rapporti con i coetanei suoi vicini.
Da qualche tempo aveva deciso di esplorare i dintorni del suo nuovo
indirizzo,
senza però riuscire a trovare niente di particolare. Fu
così che verso la
seconda metà di un Luglio molto piovoso, non essendo andata
in vacanza, la
giovane decise di esplorare quelle quattro mura che tanto detestava.
Per prima
cosa si armò ti torcia elettrica, poi si diresse verso
l'unica stanza in tutta
la casa dove non era mai entrata se non poco dopo essersi trasferita
lì, ma
comunque vi rimase dentro solo il tempo di posare qualche scatolone. La
soffitta, luogo che nei molti libri che leggeva per passare il tempo
era
descritta solitamente come una stanza buia e polverosa, piena di
mistero.
Fu così che verso le quattro del pomeriggio salì le scale che l’avrebbero portata in soffitta. Il ticchettare di una pioggia prepotente, che voleva bagnare una giornata che si presuppone dovrebbe essere calda e afosa, rompeva il silenzio che regnava nella casa, vuota se non per la presenza della giovane, lasciata sola dai genitori per una partita a bridge con i vicini. Ashley era così nervosa che ai suoi orecchi lo scricchiolio del terzo gradino della scala parve un urlo acuto di donna, cosa che la fece rabbrividire e che la bloccò per un intero minuto. Esitò prima di allungare la mano destra verso la maniglia di quella porta, che scricchiolò anch’essa, così come fecero i cardini quando la giovane si convinse ad entrare.
Quella
che vide era una stanza non molto grande, dalle
pareti incrostate, la cui riparazione non doveva essere stata prevista
dai
progetti dei suoi genitori. Sparsi nella stanza, ma per lo
più raggruppati
vicino all’entrata, vi erano gli scatoloni del trasloco che
non erano stati più
aperti, fatto dimostrato dalla già presente polvere. Ma
Ashley non posò la sua
attenzione ai pacchi, ma volle andare più in fondo
nell’esplorazione della
stanza, verso la parte dove erano raggruppate le cianfrusaglie dei
vecchi
proprietari. Vide una vestaglia appesa ad un porta abiti, un vecchio
cappello
appoggiato su una pila di vecchie riviste, un paio di occhiali vecchio
tipo,
dalle lenti rotte, posati con noncuranza sopra ad un grosso libro. E
dire grosso
era dire poco. Era grande, ricolmo di pagine, coperto dalla polvere che
però
non riusciva a nascondere l’aspetto antico del tomo. Eccolo,
quello era il
mistero che Ashley cercava!
Spostò gli occhiali e prese il volume con entrambe le mani
dato il peso di
esso. Soffiò via la polvere e lesse l’incisione
sulla copertina:
Un libro di favole. Niente di speciale, pensò Ashley. Non
sapendo però che
altro fare, si abbandonò alla lettura. Ripercorse le vicende
che fin da bambina
adorava ascoltare da sua nonna. Quanto le mancava. Ripercorse la storia
di
Biancaneve, corse giù per la scalinata con Cenerentola, vide
la Bella Addormentata,
passeggiò nel bosco con Cappuccetto rosso, guardò
giù dalla torre di Raperonzolo,
ebbe paura per Hansel e Gretel. Le storie catturarono così
tanto la sua
attenzione che la giornata passò e la sera si fece vanti.