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Autore: Delirious Rose    22/09/2014    1 recensioni
Sbatté le palpebre un paio di volte e poi aggiunse, forse più a se stesso: “Non sapevo che tu fossi una Podestaria. Questo cambia molte cose.”
Lei lo guardò confusa, come se stesse parlando una lingua che suonava familiare ma che non riusciva a capire. “Pode-che?”
“Magus, strega o qualsiasi altro termine comune per indicare una persona iscritta nel Registro: Podestarius – o Podestaria, al femminile – è il termine più corretto.”

Virginia Bergman è una ragazza come tante: le piacciono i dolci di sua madre, la Matematica e, come il 15% della popolazione, ha dei poteri che considera come un'accessorio fuori moda. Tuttavia, quando al suo penultimo anno di scuola una supplente mette in pericolo la sua media, IContiNonTornano l'aiuterà a superare le sue difficoltà: chi si cela dietro questo username, un geek grassoccio e brufoloso o... un ragioniere azzurro? E di certo ignora ciò che questo incontro porterà nella sua semplice vita.
Svegliati, bambina, e guardati dall'Uomo dalle Mille Vite.
{Nuova versione estesa de "RPN"}
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
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Podestaria

 

 

— Capitolo 2 —

 

 

 

La sala dello Scarlett’s Cafè era occupata da una dozzina di tavoli circondati da sedie spaiate e con delle tovaglie gialle e blu; un fregio a fiori con gli stessi colori correva lungo il perimetro della stanza a un’ottantina di centimetri dal pavimento in quercia, la parte inferiore delle pareti era tinteggiata di blu e quella superiore di bianco, ornata a sua volta da una serie di acquerelli astratti. Una vetrina girevole fra la cassa e la porta della cucina metteva in bella mostra i dolci della casa e dietro il bancone c’era un’enorme piattaia con la collezione di tazze vintage dell’omonima proprietaria. Uno schermo al plasma nell’angolo più in vista del locale era sintonizzato sul canale musicale: il volume era abbastanza alto da farsi sentire senza tuttavia rendere impossibile la conversazione fra i pochi clienti.

Orla, una delle part-timer del caffè, rivolse lo sguardo scuro e vivace su Virginia e scosse la testa. “Il tuo ragioniere azzurro non è ancora arrivato,” le disse prendendola bonariamente in giro, quindi la scrutò e aggiunse: “Ma come ti sei conciata?”

“Orla, quel tizio viene per darmi ripetizioni di matematica non per un appuntamento galante: voglio solo che abbia le cose chiare fin dal principio!” ribatté lei, poggiando i pugni chiusi sulle anche.

Dopo essere uscita da scuola, Virginia si era fermata a casa di un’amica per cambiarsi: aveva indossato una vecchia felpa deforme con Brontolorso; i capelli biondo tiziano erano raccolti in uno chignon disordinato e aveva coperto con un po’ di correttore e fondotinta la couperose sul viso. Aveva esitato sul sostituire le lenti a contatto con gli occhiali ma poi si era detta che, nonostante l’avesse soprannomina Operazione Arracchiamento, aveva pur sempre un’immagine da salvaguardare: conciata in quel modo si trovava sufficientemente sciatta e poco sexy da considerarsi al sicuro da un possibile approccio sessuale senza passare per una quattrocchi. Sempre che, ovviamente, IContiNonTornano non avesse avuto gusti discutibili in fatto di donne.

Sedette al tavolo prestabilito, incerta se tirare fuori libri e quaderni per dare l’impressione di essere una secchiona ma la fifa ebbe la meglio e, afferrato lo zaino, andò a rifugiarsi nella cucina della sala da tè: sua madre la guardò rapidamente, inarcando un sopracciglio, e fatto un grosso sospiro riprese a mescolare la ganache. Udirono la campanella della porta tintinnare un paio di volte ma, dagli ordini urlati da Orla verso la cucina, dovevano essere dei clienti fissi. Nessuno si era seduto al tavolo previsto per le ripetizioni, posto in un punto strategico proprio accanto alla vetrina girevole che era possibile tenerlo d’occhio grazie alla porta a specchio. Per un buon quarto d’ora non ci furono nuovi arrivi e l’ora dell’appuntamento era già passata da almeno cinque minuti: la campanella tintinnò di nuovo e Virginia si sentì le budella torcersi nell’udire la voce della cameriera farsi un po’ più acuta. Con loro sommo disappunto, il nuovo arrivato non sedette dove stabilito e la madre di Virginia lanciò un’occhiataccia alla dipendente, quando tornò in cucina per recuperare il vassoio con gli ordini e lasciarne di nuovi.

“Mrs Scarlett, non aveva che da mettere un cartellone sul tavolo! In ogni caso gli ho detto di andarsi a scegliere il dolce dalla vetrina e…” Sorrise maliziosa e fece l’occhiolino. “Se quello è un geek, allora io sono Ugly Betty. Dimenticavo, ha ordinato un caffè nero con la panna a parte.”

Madre e figlia si lanciarono un’occhiata curiosa, quindi la prima pose la ciotola sul piano di lavoro, fece il giro dell’isola e si piazzò accanto alla seconda, che deglutì torturando un lembo della felpa: dopo un po’ videro riflesso nella porta a specchio un ragazzo di circa vent’anni.

Virginia non avrebbe saputo dire perché, ma guardandolo ebbe l’’impressione che la sua figura stridesse con l’ambiente circostante quanto un gesso nuovo su una lavagna pulita. Non poteva essere il gessato blu scuro che indossava, poiché non era insolito vedere allo Scarlett’s Cafè dei ragazzi con ancora indosso la loro uniforme scolastica; né tanto meno il suo essere un bel ragazzo – la Langlane non mancava di attraenti esemplari di sesso maschile e, in una classifica immaginaria, quel ragazzo poteva sfidare un meritevole Ian Lloyd per il terzo posto. Forse, si disse Virginia, era a causa dell’aura di eleganza che lo circondava, qualcosa d’imprecisato nei tratti fini del viso e nell’atteggiamento che lo facevano sembrare più il principe di una fiaba in incognito che un fan dei numeri.

Il ragazzo si dondolò leggermente sui talloni, sporgendo le labbra in una buffa espressione. “Vorrei una porzione di torta di mele, per cortesia,” disse quando Orla gli passò accanto. “E non è necessario servirla subito: sto aspettando qualcuno.”

Sentendo quelle parole, Virginia sentì la sua tensione evaporare come una pozzanghera in pieno deserto: aveva sempre creduto che quella sua mania per un linguaggio corretto fosse solo una facciata, ma adesso sapeva che era semplicemente parte del suo modo di essere e, per quanto potesse sembrare strano, questo la rassicurò.

La cameriera annuì, aprì la vetrina, prese due torte e filò in cucina: non appena fu entrata, Virginia la afferrò per una manica e la guardò supplichevole.

“Prestami una maglia decente e una spazzola, ti prego ti prego ti prego!”

“Ma credevo che quel tizio fosse venuto per darti ripetizioni di matematica non per un appuntamento galante, Vir’!” la canzonò Orla, tagliando una porzione di dolce e sistemandola in un piatto, poi aggiunse: “Dai, sono buona: sai dove sono le mie cose, ma non toccare il mio lucidalabbra.”

Virginia mimò un grazie con le labbra e corse nello stanzino accanto. Gettò in malo modo la felpa su una sedia e prese da un armadietto una camicetta in satin malva, storcendo un po’ la bocca mentre lottava con i bottoncini, quindi diede un paio di colpi di spazzola ai capelli, che raccolse in una rapida treccia asimmetrica e diede un piccolo tocco di mascara marrone alle sue ciglia lunghe ma troppo chiare.

Indugiò un attimo allo specchio e, trovandosi decente, fece per andare direttamente nella sala ma sua madre la ridiresse verso la porta di servizio.

“Meglio se fai finta d’essere in ritardo, piuttosto che dire d’essere stata in bagno,” le suggerì Mrs Bergman con un sorriso complice.

 Virginia fece il giro dell’edificio, rientrò nel locale dall’ingresso principale e si avvicinò al ragazzo delle ripetizioni sotto gli sguardi divertiti di Orla e sua madre che si erano affacciate dalla porta della cucina: lui era assorto nella lettura di alcuni appunti, con una mano si lisciava una ciocca di capelli castani mentre l’altra era posata sull’ansa della tazza che portò alle labbra dopo aver messo da parte il foglio appena letto.

“Ehm… IContiNonTornano?”

Il caffè gli andò quasi di traverso quando Virginia gli rivolse la parola: il ragazzo si terse le labbra rapidamente, si alzò con un movimento fluido e le piantò addosso due profondi occhi indaco.

“Virginia novantaquattro, suppongo.” Sbatté le palpebre un paio di volte e poi aggiunse, forse più a se stesso: “Non sapevo che tu fossi una Podestaria. Questo cambia molte cose.”

Lei lo guardò confusa, come se stesse parlando una lingua che suonava familiare ma che non riusciva a capire.Pode-che?”

Magus, strega o qualsiasi altro termine comune per indicare una persona iscritta nel Registro: Podestarius – o Podestaria, al femminile – è il termine più corretto.”

Di primo acchito, Virginia ebbe un moto di paura – in fondo, non era quello il motivo per cui la supplente non la sopportava? – ma fu solo un attimo perché, se IContiNonTornano l’aveva riconosciuta come tale, significava solo che anche lui lo era.

“Ah, mi sono appena resa conto che non ci siamo ancora presentati come si deve.” Gli tese la destra e gli scoccò il suo miglior sorriso. “Virginia Ragna Bergman. E non ridere del mio secondo nome!”

Rag-na? Se non erro, significa aiuto in norreno, ma nel nostro caso sei tu ad aver bisogno di un aiutino! Biagio Tricano, incantato,” rispose lui con una franca stretta di mano.

Un gesto così normale, banale, eppure senza sapere perché Virginia si sentì messa a soqquadro: quando le loro mani si separarono, pensò che forse era perché le sue mani erano callose, qualcosa che si sarebbe aspettata dalle mani di suo padre – le mani di un contadino. Cercò di ignorare la sensazione che ci fosse ben altro nel suo tocco, qualcosa cui non sapeva e non voleva dare un nome.

Sorrise nervosa, grattandosi la nuca. “Ehm… spero che non sia stato troppo difficile arrivare,” azzardò dopo un silenzio imbarazzante.

“No, conosco la zona e in ogni caso mi hanno dato delle ottime indicazioni.” Quindi Biagio batté le mani, arricciando le labbra in un sorriso e con gli occhi che gli brillavano. “Allora, pronta a sgozzare polinomi e funzioni sull’altare del capriccioso dio della Matematica?”

Virginia rise e annuì. “Anche se detto fra noi preferirei sacrificargli la supplente.”

Biagio la fece accomodare ridendo e, sedutosi non proprio accanto a lei ma neanche di fronte, disse ammiccando: “Per prima cosa, dato che abbiamo a che fare con un dio alquanto permaloso, non possiamo iniziare senza invocare su di noi la sua benevolenza.” Quindi si schiarì la voce e, assunta un’aria ridicolmente solenne, inspirò. “’Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbando--’ no, mi son rivolto alla divinità sbagliata. Aspetta, aspetta… Santi numi, ho dimenticato la preghiera a Ermete Trimegisto! Sono imperdonabile, nevvero?” sospirò lui con fare melodrammatico.

Virginia trattenne a stento una risata e scosse la testa. “Non c’è bisogno di fare tutti questi giri per delle ripetizioni.”

“Lo so, ma dai tuoi post sul forum ho avuto l’impressione che tu non riuscissi più ad affrontare la materia con la necessaria serenità di spirito, per questo ho ritenuto opportuno sdrammatizzare prima di iniziare,” rispose Biagio ridendo a sua volta. Poi riprese con un tono meno scherzoso: “Immagino che ieri tu abbia chiesto a Mister Google che cosa sia la notazione postfissa: ti sono rimasti dei dubbi o preferisci provare a risolvere il polinomio con cui eri in difficoltà?”

“Oddio, non dico che non ho capito ma le pile mi hanno lasciata un po’… confusa,” ammise lei con un altro, piccolo sorriso imbarazzato.

Lui annuì e prese un foglio vergine, vi scrisse una semplice equazione e iniziò a spiegarle in cosa consisteva la notazione polacca inversa e qual era la funzione delle pile. Virginia ascoltava con interesse, annuendo ogni volta che lui le chiedeva se fosse stato chiaro, poi lo guardò rapidamente di sottecchi. E sei venuto fin qua per spiegarmi una cavolata del genere? Uhm, gatta ci cova…

Poi Biagio le chiese di indicargli il problema che il giorno prima l’aveva messa in difficoltà e, usandolo come esempio, lo usò sia per spiegare come risolvere quel tipo di funzione sia per farle un’altra dimostrazione dell’utilizzo della notazione postfissa.

“… e come puoi vedere, la notazione polacca inversa ti permette di eliminare gli errori dovuti alle parentesi dimenticate. I suoi problemi principali sono la difficoltà nell’impararla e il rischio di confusione quando la si usa a mano nel caso in cui non si abbia una calligrafia ordinata, ma la cosa si può risolvere con un separatore. Oh, a questo proposito…” Si chinò per prendere una portadocumenti e ne estrasse una calcolatrice scientifica. “La mia vecchia HP quarantotto: io non ne ho più bisogno da quando ho installato l’applicazione sullo smartphone e mia sorella va ancora alla scuola secondaria, per cui ho pensato ti potesse essere utile.”

“Grazie!” disse Virginia toccata e, impaziente di provare, si lanciò nella risoluzione di alcune equazioni, sbagliando spesso nella trascrizione o nell’inserimento di operandi e operatori. Ogni volta Biagio la rassicurava dicendole che non doveva fare altro che prenderci la mano e, prima che se ne rendessero conto, avevano trascorso un’ora e mezza fra funzioni e grafici.

“Mi spiace,” Biagio si scusò, guardando l'orologio. “Il tempo è volato via! Se vuoi, potremmo ritrovarci per un'altra sessione quando siamo liberi entrambi.”

“Beh, non vorrei darti troppo disturbo… e poi due ore di bus per delle ripetizioni non sono un po’ troppe?” tentennò Virginia

“A dire il vero non è neanche un’ora di auto e non te lo suggerirei se non avessi degli impegni da queste parti,” confessò lui con fare complice, poi aggiunse: “Facciamo così: ti lascio il mio numero di cellulare e se tu hai bisogno di una mano e se io sono da queste parti, ci si vede.”

Biagio frugò le tasche della propria giacca, prese un biglietto da visita, scosse la testa sospirando, barrò qualcosa sul recto, scrisse qualcosa sul verso e lo porse alla ragazza. Si alzò per infilare il caban e prese le sue cose. “Ti auguro una piacevole giornata,” la salutò mentre pagava il conto alla cassa. Virginia lo seguì con lo sguardo mentre correva verso il parcheggio sotto la pioggia, scosse la testa e prese il suo cellulare dalla tasca: osservò per un lungo istante la serie di cifre allineate e scritte con grafia ordinata sul verso, prima di girare il biglietto notando come si scrivessero il nome e cognome di Biagio e stupita di vedere parte del testo bassato con tanta insistenza che il cartoncino si era quasi strappato.

 

— • —

 

Virginia raccolse in fretta i piatti sporchi dal tavolo e corse a riporle nella lavastoviglie.

“Ehi, guarda che io non ho ancora finito!” protestò suo fratello, cercando di recuperare il proprio piatto per fare la scarpetta.

“Dovresti evitare d’ingozzarti come un maiale, Finn: un altro po’ e diventerai più largo che alto. E poi vado di fretta: non ho ancora finito la relazione di Storia e domani c’è un’interrogazione di Letteratura, per cui… scusa mamma, ma per il resto dovrai farti aiutare da questo gentiluomo,” concluse indicando col naso Finn e caricando di sarcasmo l’ultima parola.

“Disse la fogna che si serve almeno due volte ogni portata: io passo tutto il giorno ad aiutare papà in fattoria e ho bisogno di molte energie! Mentre tu non fai altro che startene seduta con la testa china sui libri.”

“Basta pizzicarvi, voi due, lo sapete bene che ognuno deve fare la propria parte,” intervenne Mr Bergman. “Vir’, sei stata tutto il pomeriggio al caffè e visto il tempaccio che fa, dubito che fosse così pieno di clienti da impedirti di studiare.”

Virginia storse la bocca e lanciò un’occhiata a sua madre che roteò gli occhi: Mr Bergman non aveva una grande opinione sugli incontri che si potevano fare su internet e di certo non avrebbe apprezzato che la sua principessina avesse avuto una specie di appuntamento con qualcuno conosciuto in un forum.

Vedendo sua figlia in difficoltà, Mrs Bergman intervenne. “Marcus, lo sai che, da quando è arrivata la professoressa Herbert, Virginia sta avendo molti problemi: sarà rimasta almeno un’ora su quei benedetti compiti di Matematica.”

“Davvero? Eppure un uccellino mi ha detto che si è vista con un ragazzo nel tuo caffè, mamma.”

Madre e figlia guardarono con aria truce Finn, che rispose con una delle più infantili linguacce di cui fosse capace.

“Scarlett, cos’è questa storia?” tuonò Marcus, “E tu, signorinella, mi avevi promesso che…”

“Non c’è bisogno di farti venire il sangue marcio, tesoro: Vir’ ha bisogno di una mano e quel giovanotto si è semplicemente offerto di aiutarla. Credi davvero che lascerei mia figlia da sola con uno sconosciuto? E comunque mi è sembrato un ragazzo a modo, anche se un po’ bacchettone: ha ordinato un caffè nero con la panna a parte e un’apple pie.”

Gli altri tre membri della famiglia rotearono gli occhi: in tutti quegli anni non erano ancora riusciti a capire perché Mrs Bergman si facesse un’opinione delle persone in base a quello che le ordinavano. Alla fin della fiera, non solo Virginia non ebbe il permesso di saltare la sua parte di faccende domestiche, ma dovette sopportare una noiosa ramanzina di suo padre su quanto potessero essere pericolose le persone conosciute su internet.

 

 

Solo alle nove passate poté finalmente andare in camera per finire i compiti: le ci volle più di un’ora per scrivere la relazione e, dopo averla riletta due volte, aprì il proprio laptop per controllare che alcune date e alcuni nomi fossero esatti. Non sapeva neanche perché era passata da Wikipedia al forum in cui aveva conosciuto Biagio, forse il suo era stato un gesto meccanico, tuttavia sentì una punta di delusione quando non vide il suo nickname nella lista degli utenti in linea. Cercò di trovare una risposta a quella sensazione ripensando al pomeriggio trascorso insieme: la sua amica Chantal avrebbe definito Biagio troppo pulito – e non sempre la cosa era intesa come un complimento – eppure Virginia trovò che, in quel caso specifico, avere a che fare con un ragazzo che conoscesse le buone maniere era stata una boccata d’aria fresca. Si era anche divertita, anche se non tanto quanto con le sue amiche.

“Forse è perché è da tanto che non ti divertivi con un ragazzo che non fosse Bob?” chiese al proprio riflesso. “O forse sei semplicemente curiosa, considerando che non è proprio il tipo di ragazzo che frequenteresti in condizioni normali?”

Enunciata l’ipotesi, Virginia si rese conto che probabilmente era proprio quello il motivo della sua delusione. Era curiosa di sapere quali fossero gli interessi di un ragazzo come Biagio, che cosa facesse oltre a risolvere equazioni, dimostrare teoremi e moderare un forum: l’unica cosa di cui aveva certezza, era che Biagio amava i numeri tanto quanto lei. E poi era curiosa anche di sapere che cosa lui avesse bassato con tanta insistenza sul suo biglietto da visita, come se quella o quelle parole fossero la chiave per accedere a un giardino segreto. Chiuse gli occhi, rievocando nella mente l’immagine di lui, eppure questa non era vivida ma sempre più sfocata, come se Biagio fosse avvolto da una nebbia sempre più fitta – come se si trovasse davanti a un paesaggio nebbioso che sapeva essere splendido e che desiderava esplorare – solo il ricordo della sua voce era ancora terso.

Ti ricordo che hai deciso di non impelagarti in un’altra relazione prima della fine del liceo, le disse una vocina nella sua testa.

Virginia sospirò, chiudendo la finestra del forum e tornando su Wikipedia alla ricerca di nuove informazioni per la probabile interrogazione di Letteratura, rimpiangendo ancora una volta che lui non fosse in linea per ringraziarlo di nuovo e magari chiedergli di scambiarsi il contatto Skype per poter fare due chiacchiere quasi faccia a faccia ogni tanto. Sentire Biagio… un brivido le corse lungo la schiena ripensando alla sua voce: Virginia scosse la testa ma non riuscendo più a concentrarsi sulla Lettera Scarlatta, si buttò sul letto e lanciò un ultimo sguardo alla calcolatrice che le aveva regalato o prestato – non era stato molto chiaro in proposito – prima di infilarsi sotto le coperte.

E si addormentò chiedendosi se fosse possibile fare cose indicibili a una voce.

 

— • —

 

L’inutile angolo dell’autrice

 

Avevo deciso di non inserire note finali, poi ho cambiato idea per cui eccomi qua. Inizio con un enorme ringraziamento a Entreri, gentilmente offertasi di betare la storia che avete appena letto e di sopportare i miei scleri: fate un salto alla sua pagina, è anche un'autrice di fantasy coi controfiocchi(non so se si possa parlare di amykettismo, dato che ci siamo incrociate in un paio di contest come rivali e/o compagne di squadra per un mero scherzo del destino).

Forse a qualcuno la storia sembrerà famigliare, ma la ragione è semplice: ho voluto dare a "RPN - Reverse Polish Notation" e ai suoi personaggi le lettres de noblesse che meritano e un cambiamento di titolo era più che necessario. Al momento la precedente versione è ancora pubblicata, ma non per molto: aspetto solo i risultati dell'ultimo contest cui l'avevo iscritta per eliminarla dal sito, per questo non la linko :P

Questa versione è ancora in fase di stesura, ma essendo piuttosto avanti e contando di aggiornare ogni 15 giorni, queste dovrebbero essere regolari. La storia, inoltre, è anche tradotta in inglese e pubblicata principalmente su DeviantART: anche qui non linko, dato che la EV ha qualcosa come 3 o 4 capitoli di vantaggio rispetto alla OV e non vorrei che vi spoileraste chissà cosa nei commenti :P

Inoltre ho creato una pagina FB per i “contenuti extra”, dalle illustrazioni alle informazioni varie ed eventuali riguardanti i personaggi e l’ambientazione, senza contare un eventuale contatto con i lettori che vogliano dir la loro o vorrebbero togliersi delle curiosità – al momento ho solo inserito il profilo di Virginia, il resto arriverà man mano che i capitoli sono pubblicati e i testi trascritti senza contare la possibilità di fangrlare in tutta serenità.

Grazie a chi, non solo ha letto queste righe, ma lascerà anche un commento.

 

Kindest regards,

D. Rose

   
 
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