Let Her Go
Only know you
love her when you let her go
And you let her go
Le sei di un venerdì pomeriggio come
tanti altri, non c’è orario peggiore per prendere la metro.
Schiacciata contro un passeggino con un
bambino addormentato Mia conta mentalmente le fermate che le mancano prima
della sua, sono sei e sono maledettamente troppe. Inizia a mancare l’aria in
quella folla piena di odori tutt’altro che gradevoli e ad ogni fermata, quando
le porte si aprono, si può notare tutti cerchino di inspirare tutta l’aria “fresca” che riescono.
Mia è tentata di scendere e di farsi i
restanti tre kilometri circa a piedi, ma
il ricordo della pioggia e del freddo pungente che si stanno impossessando di
Londra la fa desistere l’idea di scendere alla fermata successiva.
Solo più quattro fermate.
***
«Guardati, hai vent’anni e non sai
vivere!» aveva urlato Caspar prima di sbattere la
porta chiudendola dietro di sé.
Mia era rimasta seduta a terra con la
schiena appoggiata al letto e le ginocchia al petto, aveva il viso rigato dal
pianto ma non aveva detto una parola, si era limitata ad incassare tutti quei
pensieri repressi che erano tornati a galla nella mente di Caspar.
Seduta in quel punto immobile fissava la
porta da cui lui se ne era andato. Pregava dentro di sé che lui tornasse, si
chinasse e l’abbracciasse, ma lo conosceva e sapeva che in quel momento aveva
già preso la Piccadilly Line al fondo della via verso
casa sua e che soltanto una volta davanti alla porta di casa si era ricordato
che Joe, l’unico con cui avrebbe voluto parlare, era
a Brighton da sua sorella. Mia sapeva che era sdraiato sul suo letto disfatto
da troppi giorni in quella camera così disordinata e stava chiamando Gabi.
Lui
la chiama sempre.
Gabi era la persona
a cui doveva dire tutto, con cui condivideva tutto, era lei che aveva chiamato
quella volta dopo che lui e Mia avevano fatto l’amore, Caspar
aveva detto che era urgente, allora Mia si era rannicchiata al suo petto e
chiudendo gli occhi si era limitata ad ascoltare il suono della sua risata
mista al battito del suo cuore.
Mia aveva pensato che Gabi fosse migliore di lei – lo pensa anche in questo
momento lasciandosi alle spalle un’altra fermata – perchè
più simile a Caspar, lei lo fa sorridere invece Mia
solo ridere.
Le lacrime scendevano e la
consapevolezza delle parole di Caspar iniziavano a
pesare sullo stomaco come un’enorme pietra.
Mia, vent’anni e incapace di vivere.
Esiste descrizione migliore di quella da
data dalla persona più importante per lei?
Mia ha paura del futuro, dell’altezza,
delle sorprese e che Caspar possa andarsene, al
contrario lui vive in prospettiva di un futuro sconosciuto ma che sa che lo
emozionerà come quella volta che si è buttato con il paracadute e sa che Mia
non se ne andrà.
Quello che non sanno è che si sbagliavano
entrambi.
Caspar non era corso a
casa, se Mia avesse aperto la porta lo avrebbe visto seduto per terra mentre si
torturava le mani. Avrebbe voluto alzarsi e correre da lei ma non ci era
riuscito, non riusciva stare vicino a qualcuno che non avesse la forza di
uscire di casa perché spaventata del mondo e per primo di se stessa. Caspar aveva provato a farla sentire protetta tra le sue
braccia e le sue risate, l’aveva portata a Disneyland a Parigi per mostrarle
che alla fine nessuno dei due era troppo grande per cavalcare un cavallo bianco
sulle giostre per bambini.
Le orecchie di Topolino e Minnie che si
erano comprati erano su una mensola impolverata, Caspar
le aveva notate uscendo. Tutto quello che lui aveva fatto per lei sembrava non
essere mai abbastanza eppure Caspar è corso giù per
le scale per andarle a comprare i suoi cupcakes
preferiti, aveva deciso di provarci ancora una volta.
Era tardi.
***
Caspar è seduto sul
pavimento con lo sguardo rivolto fuori dalla finestra e due cupcakes
rotti vicino a lui. La camera profuma ancora di Chanel Chance, aveva imparato a
riconoscerlo sul collo di Mia e sui suoi vestiti la sera quando li lanciava
sulle ante dell’armadio, e improvvisamente è diventato così insopportabile da
aprire le finestre.
Mia sta scendendo dalla metro
riconquistando il proprio spazio vitale, si volta lanciando un breve sguardo
alle persone dentro alla carrozza che pregano di tornare presto a casa. Si
ferma a pensare a ciò che ha appena fatto lasciando Caspar
seppur ad essersene andato è stato lui uscendo da quella porta gettandole
addosso il mondo.
Soli entrambi per un capriccio di Mia e
una parola di troppo di Caspar. Nessuno dei due ha
sbagliato a compiere quel gesto ma non avevano pensato che si sarebbero
ritrovati soli voltando il viso verso quello che fino a un’ora fa era il posto
dell’altro. O forse non lo è mai stato.
Liverpool Street Station accoglie Mia
con decine di destinazioni diverse, il tabellone degli arrivi e delle partenze
è in costante aggiornamento, ma lei conosce la sua destinazione.
La porta chiusa e la chiave sfilata dal
portachiavi con il cupcake e lasciata nella pianta
vicino all’ingresso, Caspar scende le scale
velocemente e saltando gli ultimi scalini sta componendo un numero sul
cellulare mentre saluta con un sorriso la ragazza che sta salendo al suo
appartamento.
«Joe posso
venire da te?» chiede portandosi l’iPhone all’orecchio.
«No, non sto bene, ho bisogno di cambiare aria». Si ferma sul bordo della
strada. «Ha deciso di vivere senza di me e questa volta non torna indietro». Si
rigira tra le mani le orecchie di Topolino impolverate e accenna un sorriso di
malinconia al ricordo.
Mia sistema lo zaino sul treno, si siede
nel posto vicino al finestrino come sempre, allunga la mano e sorride togliendo
quella leggera polvere dal fiocco delle orecchie di Minnie e sorride.
Vivere forse è questo.
Hellooooo!
Non credo che questa cosa abbia senso.
Mi scuso, non mi piace molto ma era tempo che volevo
scrivere una cosa simile, cioè no, questo è puro nonsense, ma di due persone che
prendono la propria strada, anche se avevo immaginato che alla fine entrambi si
sarebbero ritrovati a Brighton.
Grazie di aver letto o anche solo aver aperto questa piccola
shot.
ladyme