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Autore: lawlietismine    22/09/2014    2 recensioni
INTERROTTA
Dire che Kim è depressa è un eufemismo: la quarta stagione di teen wolf è giunta al termine e la sua amata Sterek non si è ancora realizzata.
Una volta vista la puntata, si fionda a casa come una furia e l'unica cosa che le viene di fare per consolarsi, è iniziare una fan fiction sulla sua grande otp per eccellenza.
Ma qualcosa va storto: qualcuno si intrufola nella sua camera, la colpisce e lei sviene.
Quando si risveglia, capisce subito per vari motivi che qualcosa decisamente non torna.
Il dubbio si conferma quando davanti a lei trova Tyler Hoechlin, peccato però che lui le si presenti come Derek: le cose le sono decisamente sfuggite di mano e qualsiasi cosa le abbiano fatto, è una cosa seria.
Kim non può fare altro che accettare la nuova vita in cui si è risvegliata, ma niente potrà fermare i suoi tentativi di rendere finalmente reale l'amore fra Derek e Stiles.
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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SOLO POCHI GIORNI PER REALIZZARE LA SHIP DI UNA VITA
 



“Oh santissimo…” il giovane e bel ragazzo che aveva parlato si interruppe lasciando la frase a metà, mentre – con una ragazza al suo fianco – usciva dall’edificio e si immergeva nel buio già calato della sera abbastanza inoltrata.
Sembrava altamente scioccato e decisamente senza parole, mentre immergeva le mani nelle tasche del cappotto e si stringeva nelle spalle, affondando il collo nella sciarpa: era ancora fine estate, sì, eppure pareva d’essere in pieno inverno.
Quella al suo fianco – una giovane di probabilmente diciotto anni circa – aveva in volto un’espressione burbera, seria e vuota, come prosciugata di qualsiasi emozione positiva, mentre proseguiva imperterrita lungo l’umido marciapiede, fissando avanti a sé con un che di inquietante, con l’altro che continuava a balbettare congetture, placando pian piano l’incredulità che lo aveva assalito nell’ultima ora.
“Dai…” tentò a un certo punto, quasi a volerla consolare “Guardala da un altro punto di vista: hai avuto qualche scena Sterek dopo un’intera stagione!” scherzò titubante, spintonandola con una gomitata in modo giocoso, e per la prima volta da quando erano usciti, anzi, da quando avevano finito, lei si voltò.
Lo fulminò letteralmente con lo sguardo, piantando i suoi occhi chiari e gelidi in quelli scuri dell’altro, che si ammutolì subito, abbandonando ogni futile tentativo: sapeva che – se avesse potuto – l’amica si sarebbe messa a gridare lì, in mezzo alla strada, sfogando la sua immensa furia repressa.
“…H-Hanno trasformato il m-mio D-Derek” parlò d’un tratto con voce bassa, in un lieve e sinistro sibilo che sorprese l’altro, che subito tornò a guardarla.
Ma lei fissava dritto avanti a sé con i denti stretti, e “…In un fottuto Pokémon?!” sbottò improvvisamente inferocita, stringendo le mani a pugno, come a volersi trattenere dallo spaccare tutto ciò che li circondava.
Chris – il ragazzo – dovette trattenersi con tutte le sue forze dal riderle in faccia: Kim – lei – non stava affatto scherzando, se dunque non l’avesse appoggiata, si sarebbe ritrovato a terra con il naso sanguinante, e – per esperienza –  non era piacevole.
Erano reduci da una serata a casa di London, la loro migliore amica, per vedere tutti e tre insieme l’ultima puntata della quarta stagione di Teen Wolf: la cosa era risultata tragica già dai primi cinque minuti, soprattutto per la Sterek!Shipper Kimberly Johnson, nerd alla più elevata potenza.
Non che si fosse aspettata qualcosa di meglio, naturalmente, visto l’andamento generale della stagione in sé, ma a un certo punto aveva desiderato alzarsi e andarsene in bagno per vomitare la pizza ai quattro formaggi che aveva mangiato poco prima sul letto della padrona di casa: no, decisamente no.
Una completa delusione, ecco cosa aveva prodotto quell’ultima puntata. Niente di più, niente di meno.
Jeff Davis – come al solito – si era limitato a buttare lì a casaccio qualche scenetta potenzialmente – non concretamente – Sterek o Stydia, tanto per accontentare quella parte del fandom: questa cosa la faceva incazzare da morire, tanto che avrebbe voluto strangolarlo con le sue mani.
Ora, forse la sua era un’ossessione, ma – per il bene della sua sanità mentale – quei due dannati figlioli avrebbero davvero dovuto mettersi insieme, che cavolo!
Dalle sue labbra strette uscirono dei preoccupanti ringhi furiosi, mentre il suo corpo si irrigidiva visibilmente, ma quando invece a quei versi si alternarono dei piagnucolii, Chris capì che la situazione era seriamente disperata: Jeff Davis aveva rovinato la sua migliore amica, dando il ‘la’ per una ship nelle prime stagioni, senza poi realizzarla in quelle seguenti.
Le passò affettuosamente un braccio sulle spalle, accarezzandola pian piano, mentre la scortava fino alla porta di casa sua, e rimase poi a fissarla un po’ preoccupato mentre tentava di far entrare la chiave nella serratura, sbottando contro di essa come se avesse avuto tutte le colpe del mondo.
Alla fine però le sorrise dolcemente quando, riuscendo finalmente ad aprire, si voltò indispettita verso di lui e gli borbottò un risentito “Notte Chrì” che, nonostante la sua altezza fuori dalla norma secondo la media per le ragazze e i suoi modi di fare palesemente da vero e puro maschiaccio, le concesse un aspetto da cucciolo ferito che lo intenerì.
“Notte Kim” le rispose, alzando a mezz’aria la mano destra a mo’ di saluto, prima di ricacciarla nella tasca e andarsene.

Kimberly era fuori di sé, si sentiva dannatamente frustrata: la scena in cui Stiles aveva guardato sconvolto Derek colpito e fin troppo morente, per poi accettare titubante la sua supplica, prima di girarsi di nuovo verso di lui, incerto sul da farsi, l’aveva fatta sciogliere.
Santi Dei, quello era vero amore! Perché girarci tanto intorno?
Era così palese, solo un cieco avrebbe potuto avere dei dubbi.
Le fan fiction, le fan art e le conversazioni con le altre sterek!shipper non erano abbastanza, Kim voleva di più per placare la sua fame incontrollata, oppure sarebbe impazzita.
Partì come un fulmine verso camera sua, ignorò sua madre sul divano, accoccolata contro suo padre, che la salutò, e sua sorella in mezzo alle scale, che le mandò un accidenti quando per poco non la fece cadere giù: nessuno le disse altro, la conoscevano ormai abbastanza bene per capire che non era il momento adatto. Proprio no.
Si fiondò in camera e sbatté forte la porta alle sue spalle, prima di gettarsi sulla sua sedia girevole alla scrivania e accendere di volata il portatile, mentre cercava di districarsi dai vestiti per indossare la maglietta-pigiama e i leggins neri che aveva abbandonato lì sopra quella mattina, con lo sguardo fisso sul desktop: fan fiction, aveva bisogno di scrivere qualcosa, subito.

Neanche il tempo di caricare il collegamento a internet o cose del genere, che la pagina bianca di word si aprì di fronte ai suoi occhi e le sue mani scattarono veloci sulla tastiera.

Sterek.
Sì. Sicuramente.
Quello era il punto di partenza.

Jeff non voleva rendere vero quel che già era palese? Che andasse a farsi fottere, ci avrebbe pensato da sola.

 
Beacon Hills era il posto più assurdo del mondo, Stiles ne era certo: da fuori – e anche da dentro, se non eri nel giro giusto – poteva sembrare così tranquilla come cittadina, ma in realtà era una catastrofe naturale.
Licantropi, kanima, nogitsune, kitsune, banshee e chi più ne ha, più ne metta.
Poi c’era lui… L’umano del gruppo.
Ma in un certo senso – ripensandoci – gli sembrava impossibile adesso vivere una vita senza tutto ciò, tanto che spesso si chiedeva seriamente cosa fossero soliti fare lui e Scott prima che il secondo venisse trasformato in quella bizzarra nottata.
Tipo quell’angosciante momento in cui arrivi a chiederti cosa facevi prima di immergerti nel mondo della lettura, o in quello dei telefilm, oppure in quello dei fandom in generale: qualsiasi cosa fosse, doveva essere noiosa.
Spesso avrebbe voluto essere qualcosa anche lui, ma da quando aveva sperimentato la possessione-da-nogitsune, che lo aveva quasi portato a compiere una strage, aveva capito che al contrario gli andava bene così: era tutto apposto.
L’apice invece era giunto quando – finalmente, e in un modo che neanche avrebbe mai saputo spiegare – lui e Derek si erano… Messi insieme? 
Sì, qualcosa del genere.
Già, proprio lui, Derek se-mi-tocchi-ti-strappo-la-gola-con-i-miei-denti Hale.

Tempo tre minuti e l’idea si era già formata nella sua testa.
Scansò malamente un boccolo invadente di capelli biondo opaco, soffiando forte così da non interrompersi, e subito dopo sbadigliò apertamente: diamine, erano due notti che non chiudeva occhio, fra la trilogia del labirinto, le puntate di Doctor Who da recuperare e quella dannata fan fiction Drarry di quaranta capitoli che aveva trovato per caso, non aveva avuto tempo di fare un sonnellino, ma in fondo erano i rischi del mestiere.
In effetti sembrava più una drogata in quel momento, con quelle grosse occhiaie agli occhi sgranati, il volto pallido illuminato solo dalla luce del pc, le mani che si muovevano veloci, quella maglietta messa a casaccio…
Faceva paura, , decisamente paura.
Ma in qualche modo doveva pur sfogare tutti quei suoi poveri sentimenti, malamente calpestati senza pietà da quell’idiota di Jeff, giusto? , giusto.

Chissà quanto tempo dopo, l’improvviso coinvolgimento di tutta la sua attenzione le fece captare a scoppio ritardato un rumore alle sue spalle: strano, la porta era chiusa a chiave.
Ed era certa che Chris fosse andato a casa, non poteva essere lui, per quanto fosse solito arrampicarsi fino alla sua finestra.
Forse era perfino il sonno a renderla paranoica, visto l’effettivo casino che stava facendo lei pigiando sui tasti.
Ma capì che si era sbagliata, perché poco dopo – quando scioccamente era tornata a concentrarsi sulla sua nuova opera – sentì vagamente un improvviso scatto alle sue spalle, e poi – prima di potersi voltare a controllare – un formicolio fastidioso si sprigionò sulla sua nuca.
Qualcosa l’aveva colpita.

Le parole sullo schermo iniziarono velocemente a diventare un cumulo di roba sfuocata, il nero iniziò a confondersi con lo sfondo bianco e tutto il resto prese delle sembianze confuse: un secondo dopo, era tutto buio.

L’ultima cosa che sentì, fu un pressione sulla schiena, come se qualcuno l’avesse appena afferrata per trascinarla via.


Non avrebbe saputo dire quanto tempo dopo, ma quando Kim riprese i sensi, si sentì tutta intorpidita e dolorante, poggiata con tutto il corpo su una superficie strana e dura che a malapena la conteneva ai bordi – sicuramente non la sua scrivania, tanto meno il suo letto – e il vago ricordo di quello che era successo, riemerse pian piano nella sua testa.
Aveva finalmente dormito e per quanto fosse stata una cosa movimentata, si sentiva energica.
Poi però il panico l’avvolse come un tornado e lei si mosse con uno scatto sul posto, per drizzarsi in piedi e capirci qualcosa: che sbaglio, tempo due secondi e scivolò giù da quella superficie, iniziando a precipitare nel vuoto.
Kim gridò, gridò con tutto il fiato che aveva in gola, spalancando gli occhi senza però riuscire a vedere granché se non che era giorno, e che quella non era decisamente casa sua.
Stava precipitando velocemente, e dalla partenza fino allo schianto al suolo incontrò dolorosamente tre ostacoli, su cui sbatté con violenza, rischiando un maledetto trauma cranico: come minimo niente le avrebbe risparmiato una costola incrinata, ma – quando si scontrò a terra in un tonfo da perdere i sensi –  ringraziò di essere ancora viva.
Mai – in tutti i casini che aveva combinato in diciotto anni – aveva provato un dolore simile.
E il che era tutto dire, viste le cadute che avevano caratterizzato tutti quegli anni!
Mugugnò dolorante mentre tentava di rigirarsi a pancia in su e dovette soffiare via le foglie che le si erano appiccicate al volto quando si era schiantata, strizzando gli occhi, si ripulì le mani sui leggins, così da togliere la terra, poi si bloccò…
Foglie? Terra? Ma che…
Spalancò di nuovo gli occhi grigi, balzando su a sedere – e per un attimo si odiò, vista la fitta che la percorse – così da guardarsi intorno, e… “Oh porc–” sibilò, incredula.
Era in una foresta.
Lei.
Foresta.

Guardò un attimo su e… Era precipitata da un albero.
Un fottutissimo albero.
E gli ostacoli che l’avevano fatta patire, non erano altro che spessi e dannati rami.
Ma tornò a concentrarsi sul fattore principale: lei e foresta non potevano stare assolutamente nella stessa frase, non dopo che era sicura di essere rientrata a casa e di essersi chiusa in camera sua, al sicuro.
Rimase sbigottita di fronte a quello che aveva davanti: non c’erano dubbi, lei era lì nel mezzo a una foresta e aveva dormito su un albero, per poi precipitare giù… Che poi, come diamine ce l’avevano portata fino in cima?!

Come se il suo grido fosse stato sentito a distanza di chilometri, in poco tempo dei passi dietro di lei la fecero sobbalzare: qualcuno o qualcosa le stava correndo incontro e sperò con il cuore che non fosse colui che l’aveva trascinata fino a quel posto, ma comunque – con tutto quello che aveva visto in Supernatural dalla prima stagione a ora – sarebbe stata pronta per uno scontro diretto.
Certo… Sperò che – chiunque fosse – non fosse armato.

Ma ciò che si ritrovò davanti poco dopo, la sconvolse come niente era mai riuscito a fare in diciotto lunghi anni.
Non poteva essere possibile, era completamente assurdo: stava sognando, quella non poteva essere affatto la realtà, in nessun pianeta, in nessun universo parallelo.
Colui che si ritrovò davanti, colui che la stava guardando serio e inquisitorio, come per studiare la situazione e controllare che non ci fosse un fottuto omicidio in corso, con quel suo cipiglio accentuato, i capelli scuri e gli occhi chiari, la sua giacca di pelle, lei lo conosceva.
Lo conosceva.
Lo conosceva eccome.
Conosceva tanto di lui, motivo per cui era certa, assolutamente certa, che non potesse essere vero.
Lo fissò sconvolta, mentre lui le si avvicinava pian piano per vedere cosa l’avesse portata a gridare lì nel mezzo della foresta, e non riuscì a dirgli niente mentre quello le si chinava davanti, scrutandola attento.
Poi… “T-Tyler…” balbettò incredula, sentendo la gola ormai completamente prosciugata “…Ty-Tyler Hoechlin, okay ora è sicuro che sono morta o mi hanno drogata pesantemente”.
Lui ricambiò lo sguardo ora perplesso, inarcando un sopracciglio come se davanti avesse avuto una pazza nevrotica e “Come, scusa?” chiese accigliato “Hai sbagliato persona” l’avvertì cauto, prima di continuare “Io sono Derek”.

E allora Kimberly ne fu certa: il bel trauma cranico non se l’era affatto risparmiato.
 



 



Ehilààà! Lo so, è una vergogna, non dovrei essere qui. 
O meglio, dovrei essere qui, ma non con una nuova
long... Chiedo venia ma per il nuovo capitolo di Missione Gelosia dovrete aspettare ç_ç 
Questa idea mi stava letteralmente tormentando, non potevo ignrarla! Per questo spero che vi abbia almeno incuriosito ^^ 
Che dire... Kim è la new entry ed è una sterek!shipper di quelle toste (?)
E ora si è trovata davanti proprio Derek (?) omg sì. TAN TAN TAAAAAAN! 

Mistero! 
Ma non aggiungo altro, spiegherò tutto nei prossimi capitoli. 
Comunque spero di ricevere qualche parere, tanto per vedere se continuarla o no. 
Alla prossima gente! 

^^
Vi voglio tanto bene (?)
 ♠ 
Lawlietismine 

p.s v
i lascio una OS che ho pubblicato ieri su Stiles: the guilt never leaves
Nota-post-pubblicazione (me lo sono ricordata dopo^^"): la parte della fanfiction che lei scrive, non me la sono inventata lì per lì... L'ho presa da una OS Sterek che ho pubblicato tempo fa!
(Cioè Hale: istruzioni per l'uso) xoxo ^^

 
  
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