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Autore: NienorDur    22/09/2014    1 recensioni
l'universo rapisce la mente e il cuore, ma forse anche qualcosa di "terrestre" può causare lo stesso effetto.
"Quella notte il cielo era così limpido che sembrava ci si potesse immergere, perdersi e non tornare più nel mondo reale, quasi si poteva udire la voce dello spazio che ti sussurrava i segreti incomprensibili della vita."
La storia di due persone che senza accorgersene si trovano più vicino di quanto non si aspettassero.
Genere: Fluff, Science-fiction, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prima che iniziate a leggere la storia, voglio che sappiate che ho inserito negli avvertimenti i tre tipi di coppia poiché il sesso dei due protagonisti non è specificato. Potete interpretare la coppia nel modo che preferite.
Ho scritto al maschile per convenzione.
La “ magnitudine apparente” è la luminosità di un corpo celeste.
Spero vi piaccia anche se inusuale ;w;
 
 
 
 
 
 
 
-Magnitudine Apparente
 
 
Quella notte il cielo era così limpido che sembrava ci si potesse immergere, perdersi e non tornare più nel mondo reale, quasi si poteva udire la voce dello spazio che ti sussurrava i segreti incomprensibili della vita.
Entrambi erano sdraiati sull’erba, bassa, soffice e profumata, circondati dalle foglie bioluminescenti dell’albero lanterna posto in cima alla collina dove si trovavano, la loro collina, quella che si erano tacitamente divisi la prima volta che si erano visti: uno dal lato destro e uno dal lato sinistro, rivolti verso le rispettive case.
Ma, man mano che i cicli stellari si succedevano, quella divisione si faceva sempre più sottile, fino a quando, proprio in quella sera particolare, si ritrovarono sdraiati spalla a spalla, sentivano il calore dell’altro, il respiro e il battito, le uniche cose che gli ricordavano che erano li, sulla collina, nel loro pianeta e non nel vuoto freddo, ma così luminoso da sembrare caldo.
Non si erano mai parlati, entrambi erano sempre sul punto di dirsi qualcosa, ma nessuno dei due si faceva avanti, forse non volevano rovinare il rapporto che si era creato, forse avevano paura o semplicemente non sapevano come iniziare un discorso.
Forse quella era la notte giusta, la notte speciale, la notte in cui si sarebbero parlati per la prima volta.
Il fruscio dell’erba li riportò alla realtà: stava passando una manta-falco, con le sue possenti ali di membrana aveva alzato il vento e stava oscurando la collina.
I due si guardarono, senza volerlo, come volessero vedere la reazione dell’altro.
Si guardarono, non sapevano cosa dire e in quei minuti interminabili si sentivano solo il battito lento e regolare delle ali della creatura celeste.
Lentamente la luce stellare si riversò di nuovo sulla collina, mostrando il culmine della bellezza della via lattea, lontana anni luce, sottile e scintillante, ma nessuno dei due la stava guardando: avevano trovato un nuovo cielo da ammirare.
Forse quello era il momento giusto per parlare.
“Io mi chiamo Aslan.”
“Moon.”
Rimasero a guardarsi, senza imbarazzo, solo curiosità che si era innescata nei confronti dell’altro.
Aslan osservava Moon, i suoi occhi grandi, quasi a mandorla dal colore violaceo, pelle chiara, color cenere poteva quasi azzardare, labbra sottili e il naso erano due semplici fessure allungate, capelli come il latte, soffici, mossi, lunghi, il tutto gli conferiva un aria quasi eterea, ma contemporaneamente qualcosa di così fragile da scomparire in un battito di ciglia.
Moon ricambiava lo sguardo, studiando gli occhi color smeraldo, incorniciati da macchie rosse, come il resto del suo viso ad eccezione del naso leggermente a punta, ma non stonava con le narici sottili, e delle labbra soffici, i folti capelli castani, corti e lisci gli coprivano la fronte ma gli lasciavano scoperte le orecchie arricchite da orecchini perlacei, si chiedeva come facesse ad essere del suo stesso pianeta, dove il giorno era semplicemente scandito da un crepuscolo di poche ore, mentre lui sembrava un raggio di sole che aveva smarrito la strada.
“Finalmente so il tuo nome, è strano.”
Aslan tornò a guardare il cielo, non sapeva se aspettarsi una risposta o meno.
“Significa Luna, è un termine terreste, mi trovavo li quando sono nato.”
Moon avvicinò lentamente la sua mano verso quella dell’altro.
“Wow .. il mio è un nome comune, nella zona dove abito ce ne sono altri tre col mio stesso nome.”
“Mi piace comunque, io non lo avevo mai sentito.”
Dopo quella sera cominciarono a parlare sempre di più, di cose banali o dello spazio.
Le foglie dell’albero iniziarono a perdere la loro luminosità, di li a poco sarebbe arrivato il crepuscolo, si era fatto più tardi del previsto. I due si alzarono e con un cenno della mano si salutarono e scesero dai sue lati opposti della collina, mentre la fievole luce illuminava i fiori Andromeda sul punto di sbocciare.
Entrambi non vedevano l’ora della sera successiva.
La sera seguente si sdraiarono di nuovo sotto le stelle, l’uno accanto all’altro e parlarono, di qualsiasi cosa, mentre i cicli stellari si succedevano, le mante-falco iniziarono a migrare, dapprima erano poche, piccole e volavano alto, poi arrivarono in massa, insieme alle più vecchie e possenti, si diceva che quella più vecchia avesse 34 cicli lunari, una sera oscurarono tutto il cielo e fu anche una delle sere più emozionanti.
 
 
Quella era la prima sera dove riuscirono a vedere di nuovo il cielo, cosa se li rallegrò molto.
“Ehi, Moon, com’è la Luna? La luna dove sei nato, non è come la nostra, vero ?”
Aslan indicò il loro satellite ramato, pieno di crateri e dal profilo irregolare.
“Sai, non ricordo molto, ci sono rimasto per pochi cicli solari, ma mi hanno detto che è molto luminosa, chiara, tonda e che cambia in base alla fase solare, è interessante e sai …”
Moon non finì la frase che Aslan prese la mano liscia che lo stava sfiorando e la portò in alto, la osservò  con attenzione, fece passare tra le sue quattro dita quelle dell’altro.
“Hai lo stesso colore della Luna.”
“Ma tu non hai mai visto la luna, non si riesce a vedere da qui.”
“Beh, se ti hanno chiamato ‘Luna’ ci sarà un motivo, no ? E in ogni caso ho la Luna qui di fianco a me e se volessi potrei anche toccarla.”
Si guardarono, forse più intensamente della  prima volta che avevano incrociato i loro occhi
“Allora perché non ne approfitti ? Si dice che un tempo solo pochissimi avessero l’onore di farlo.”
Aslan lasciò che la sua mano scivolasse sul volto candido.
Moon abbozzò un sorriso, mentre portava la sua mano sul viso dell’altro.
 
 
 
 
Passarono altri cicli stellari, si avvicinava la fine del ciclo lunare e quella notte il cielo era invaso dalla luce del loro piccolo satellite che si avvicinava al periodo buio e come una candela che prima di spegnersi brilla ancora di più come in un ultimo tentativo di sopravvivenza, la luce del satellite oscurava tutte le altre stelle.
Ma nonostante tutto i due erano li, a guardare l’avvicinarsi del letargo dietro l’orizzonte del pianeta, non avrebbero rivisto il satellite prima di un altro ciclo.
“Un giorno ti porterò sulla Luna, così avrò la conferma che siete uguali.”
Erano entrambi sdraiati, sempre sulla stessa collina, ma questa volta ancora più vicini, mano nella mano, l’uno nelle braccia dell’altro, mentre le loro chiome, latte e castano, si univano dando vita ai colori del cielo.
Moon sbuffò lievemente.
“È troppo lontana, e poi, perché rischiare che tu ti possa innamorare della vera Luna ?”
Aslan gli strinse la mano e si voltò verso Moon sorridendo.
“Per me tu sarai e resterai per sempre la Mia vera Luna.”
   
 
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