Due bicchieri di rum
 
Era entrato nel bar scalciando la porta, un po’ scazzato. Si era seduto al bancone e stava sorseggiando dal bicchiere in vetro raffinato un po’ della sua bevanda preferita: del vecchio e sano rum.
Hook rimuginava ogni sera quella notte, la notte in cui non era riuscito ad uccidere quel dannato Coccodrillo. Che per giunta gli aveva anche amputato una mano. Per fortuna, se vogliamo vedere il lato positivo, quella sinistra.
Le luci di quel bar psichedelico gli stavano facendo venire la nausea, restava lì solo perché quel rum era davvero ottimo. Se lo stava assaporando di gusto, una cosa bella ogni tanto. Finito il primo bicchiere ne ordina un altro, ripromettendosi che dopo quello sarebbe uscito da quello schifoso bar che sapeva riempirgli le orecchie solo di confusione e chiacchiericci vari.
«Ehi, qualcosa non va, straniero?» Gli si era avvicinata una ragazza, giovane, carina, bionda. E dal fatto che era stata lei a cominciare la conversazione doveva essere anche estroversa. Oppure non aveva semplicemente paura di ciò che gli altri potessero pensare di lei, perché non le importava, perché in quei poveri giovani occhi riconosceva il suo stesso malinconico sguardo, di qualcuno alla disperata ricerca di qualcosa. O di qualcuno.
Hook sorride. «Sono alla ricerca del Coccodrillo cattivo.»
La biondina fa altrettanto. La bocca fina e meravigliosa. Si scosta i capelli dal viso e lo guarda. «In un bar?»
Sorride di nuovo anche lui. In qualche modo quella ragazza sapeva farlo distrarre dai pensieri che ogni sera, dopo i due soliti bicchierini di rum, lo facevano addormentare bramando la vendetta.
Si volta tenendo stretto il bicchiere. «Tu? Dove sei diretta?»
«Sto cercando qualcuno.» ammette lei abbassando lo sguardo. «Un dottore.»
Hook non capisce. Ma voleva esserle d’aiuto. Le si mette accanto, prendendola alle spalle con il braccio destro e con il sinistro, con l’uncino, le indica un uomo non molto vecchio, occhialuto, con uno strano ma simpatico berretto in testa che si agita tra la folla, che se fosse stato al concorso dei balli pop più strambi avrebbe vinto di sicuro.
«Quello è Doc. È un nano delle miniere, ma il suo nome dice tutto.» le dice.
Le scappa una risata, forse perché lui era l’ennesimo a portarla da un vero dottore o forse perché quel Doc era davvero buffo. Ma no. Lei non voleva un dottore vero con la specializzazione, lei voleva il suo Dottore.
«Scusami, forse mi sono spiegata male. Io cerco il Dottore. Viaggia per il tempo e lo spazio all’interno di una cabina blu della polizia.»
Hook la guarda. Una cabina telefonica che vola? Beh, non poteva sorprendersi più di tanto dato che la sua barca viaggia tra i mondi.
«Non ne ho viste di cabine blu da queste parti. Non ne ho nemmeno mai vista una della polizia. E comunque, nient’altro di blu.» le riferisce. È un po’ dispiaciuto per non poterla aiutare più di così.
«Non fa niente, grazie.» gli da in risposta sorridendo, che, pensa, quel Dottore doveva essere proprio stato un pazzo a lasciare una ragazza con un sorriso così stupendo.
«Almeno non mi hai dato della matta. Mi succede quando chiedo se qualcuno ha visto un dottore al comando di una cabina telefonica.» aggiunge con ironia.
«Spero che lo troverai, il tuo Dottore.» le augura il pirata bevendo e gustando l’ultimo goccio di rum nel bicchiere.
«Grazie. Spero anch’io che troverai quel coccodrillo.» gli da in risposta.
Detto ciò si salutano. Non con un abbraccio, non con una stretta di mano, ma con uno sguardo d’intesa attraverso gli occhi, lui cerulei e cupi, lei nocciola e infiniti, come per dire “Grazie per stasera, in qualche modo mi hai dato la speranza di raggiungere il mio obiettivo, il mio qualcuno”. E non importava se uno bramava vendetta e l’altra voleva l’amore, sapevano solo che dovevano realizzare i loro desideri.
Hook è uscito dal locale. Si ferma. Si è ricordato che non le aveva nemmeno chiesto il nome. Si volta, con l’intenzione di rientrare. La raggiunge, è ancora al bancone, ha appena ordinato un drink. Le picchietta sulla la spalla con l’uncino e lei si gira.
«Ehi, dimenticato qualcosa?» gli domanda gentilmente.
«Sì, il tuo nome.»
Lei arrossisce, sorride, e poi risponde: « Mi chiamo Rose. Rose Tyler. Tu, straniero?»
«Hook. Capitano Hook.»
Dopo essersi salutati per la seconda volta esce nuovamente dal bar, e da una certa distanza si gira per vedere il nome del locale, magari un giorno si sarebbero potuti ritrovare lì a bere qualcosa insieme.
Legge: “Tana del Bianconiglio”.
E poi la vede. Una struttura dalla forma parallelepipedoidale di colore blu era “parcheggiata” sopra il tetto del bar. E lui capisce, è la nave del Dottore di cui parlava la ragazza.
Corre dentro per cercarla, ma non è più al bancone. Si gira intorno, ma Rose non c’è più, è sparita.
E in quel momento si ripromette che, non appena completerà la sua missione, aiuterà con tutte le sue forze quella ragazza dal dolce sorriso. E forse darà anche un pugno a quello sciagurato Dottore che l’ha lasciata sola.


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Angolino dell’autrice
Hook sopra nominato è Capitan Uncino, ho voluto tenere il nome inglese perché…boh, mi piace di più in inglese. Il Doc che balla strambo è il nano Dotto. E come avrete capito è un Cross-over tra OUAT e Doctor Who :)
Inizialmente l’avevo scritta come prima One Shot di una Raccolta, ma dato che non sono più andata avanti la ripropongo come unica One Shot.
Spero vi piaccia, prima OS in assoluto, datemi pareri, se posso migliorare, cosa cambiereste, come vi sembra :)
Bye!