Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nat_Matryoshka    23/09/2014    4 recensioni
Dal testo;
"Fin dalla prima volta in cui l’aveva incontrata, Lyanna era sempre stata una ragazza forte, una guerriera più che una lady del Nord. Vinceva tornei (sotto mentite spoglie, è vero, ma un torneo l’aveva vinto), si batteva come un ragazzo, cavalcava, tirava con l’arco… non aveva mai visto né incertezza né paura tenderle i lineamenti, anzi sembrava non esserci posto per quei sentimenti in lei, almeno quando erano insieme. Era la sua lady di Ghiaccio: forte, pura, indomabile.
Fino a quando non aveva scoperto di essere incinta del suo terzo erede."

[What if: e se la Battaglia del Tridente avesse avuto un esito completamente diverso? Se Rhaegar e Lyanna fossero sopravvissuti e avessero avuto la possibilità di incontrarsi di nuovo, insieme ad Aegon e a Jon?]
Storia completamente revisionata!
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XV
 
 




“You run away
you hide away
to the other side of the universe
where you’re safe from all that hunts you down.”
[Within Temptation – Fire and Ice]

 
 
 
 
 


Grande Inverno
Dieci anni dopo
 
 



“Sono Aegon I Targaryen, il Conquistatore! Inchinati al mio cospetto, Tohrren della casa Stark, se non vuoi che i miei draghi brucino la tua dimora fino alle fondamenta!”
“Nessuno qui ha paura dei tuoi strani animali, re che viene da lontano… noi Stark abbiamo un esercito di metalupi e i Giganti sorvegliano il nostro territorio da anni. Credi di essere veramente così potente?”
“Non credo di esserlo… lo sono. E ora avrai un assaggio della mia forza!”

Un ragazzino dai capelli argentei, sudato e spettinato, si era appena lanciato all’attacco contro l’altro, brandendo una spada di legno e lanciando quelle che, secondo lui, dovevano sembrare spaventose grida di guerra. Tohrren Stark, ovvero il suo compagno di giochi, era scartato di lato appena in tempo, evitando un colpo secco all’altezza della spalla: era un ragazzetto dai capelli scuri e ricci, un paio di occhi grigio-azzurri accesi dall’indignazione appena nascosti dalla celata dell’elmo ammaccato che portava sulla testa. Il sedicente Aegon Targaryen, però, non sembrava volersi dare per vinto: continuava a farsi avanti a colpi di spada, ridendo ogni volta che il suo avversario lo respingeva.

“Tutta qui la vostra forza, Lord Stark? Mi sembrate fuori allenamento!”

Il ragazzo lo respinse con un fendente particolarmente ben piazzato. “Parlate voi, che vi fate difendere da tre lucertole giganti? Pensavo che i Targaryen avessero più onore!”

Una delle tre lucertole giganti aveva afferrato un bastone e si era infilata nella disputa, iniziando a distribuire colpi un po’ ovunque, sia al suo “padrone” che allo sfidante. Quella più alta, con tanto di cappuccio di stoffa verde che gli copriva il volto si stava dando da fare per interpretare al meglio il ruolo del drago, sbuffando e minacciando Lord Stark con la sua presenza. La terza, invece, sembrava averne abbastanza di quella guerra interminabile: si era tolta il cappuccio con fastidio, rivelando una bella chioma rossa e uno sguardo da principessina che si è piegata a quei giochi soltanto per far felici gli altri, tremendamente adulto per appartenere ad una bambina di soli otto anni.

“Non voglio più fare il drago, mi sono stufata. Perché non posso fare la principessa, invece?”

Il drago più piccolo le si era piazzato davanti a gambe larghe, le mani sui fianchi e l’espressione probabilmente accigliata sotto al cappuccio nero: l’idea che qualcuno potesse abbandonare il gioco di punto in bianco non le stava bene, non ora che avevano conquistato quasi tutto il Continente Occidentale.

“Qui non ci sono principesse, c’è un regno da prendere! E tu devi fare il drago” aveva concluso, con un tono che non ammetteva repliche. Ma l’altra non aveva nessuna intenzione di obbedirle: aveva gettato il cappuccio a terra, allontanandosi sdegnata dai compagni di gioco con la bambina più piccola alle calcagna, ancora impegnata a darle dei piccoli colpi sulla schiena con la sua arma.

“Mamma! Mamma! Arya mi sta infastidendo con il suo bastone!”
“Sei tu che non vuoi collaborare alla conquista del Continente! Giochi con noi soltanto perché speri di fare la principessa per Aegon” l’aveva stuzzicata la piccola, togliendosi il cappuccio e rivelando finalmente il suo aspetto, quello di una bambinetta spettinata e sdentata di sei anni, con i capelli divisi in due trecce ormai arruffate e le mani piene di tagli, poco consoni ad una futura lady di Grande Inverno. Ma Arya era fatta così: tanto quanto Sansa era delicata e aggraziata, lei era irruenta, vivace, sempre pronta a giocare e ad azzuffarsi con i cugini e il fratello maggiore. Inutile dire che adorava quelle recite, specie quando poteva interpretare il ruolo del drago o del cavaliere.

Catelyn Stark, la madre di entrambe e signora di Grande Inverno, era arrivata in un attimo, rapida come un uccello da preda e altrettanto accigliata, pronta a sedare un qualunque accenno di litigata tra la figlia maggiore e la minore. Per quanto amasse i suoi ragazzi tutti allo stesso modo le riusciva molto più facile rapportarsi con Sansa, così docile e simile a se stessa quando era piccola, rispetto a quella piccola peste irrefrenabile della terzogenita. C’era molto del sangue degli Stark in Arya… molto più di quanto ne scorresse nelle vene di Robb e di Sansa, entrambi eleganti e posati, due piccoli lord e lady pronti ad ereditare il castello e le buone maniere della loro madre e dei Tully in generale. Più la guardava, più a Catelyn ricordava l’irruenza della cognata, che infatti aveva un debole per la nipotina.

L’arrivo di Lady Stark aveva distolto i ragazzini dai loro giochi: si erano radunati a frotte intorno a lei, posando spade e bastoni e togliendosi di dosso i cappucci da drago, ridiventando un gruppetto di bambini stravolti dai loro giochi. Quello che sembrava il capo del gruppo, il biondo dagli occhi viola, si affrettò a inchinarsi prima di rivolgersi gentilmente alla donna: “Dobbiamo già salire per il pranzo, Lady Catelyn?”

“No Aegon, non è ancora ora. Ma sono dell’idea che la vostra razione di battaglie sanguinose sia sufficiente, almeno per stamattina” aveva risposto, cercando di non mostrare l’accenno di sorriso che la cortesia del ragazzino le aveva fatto nascere sulle labbra. Non era molto di più di un nipote acquisito per lei, ma la affascinava per buone maniere ed eleganza, tutte ereditate dal principe Targaryen suo padre: quando erano arrivati entrambi al castello dieci anni prima, coperti di polvere e stremati da un viaggio lunghissimo, non avrebbe mai pensato di vederli rinascere, Rhaegar finalmente riunito alla compagna, Aegon come figlio adottivo di Grande Inverno, un piccolo drago in una tana di lupi. Eppure era lì, un ragazzo di undici anni vivace come pochi e altrettanto cortese e bello come suo padre. Un erede perfetto per il Trono… se i Targaryen avessero regnato ancora, come ai tempi di suo nonno Aerys.

Tohrren Stark, ossia Jon, l’unico figlio di Lyanna, si era avvicinato al fratellastro togliendosi il mantello che indossava e depositando ai suoi piedi la spada di legno. Si asciugò il sudore dalla fronte e gli si rivolse un sorriso sicuro, luminoso, che aveva tantissimo sia della madre che del padre.

“Con questa siamo pari, principe Aegon. Una vittoria ciascuno!”

Sul viso del piccolo Targaryen comparve un altro sorriso, più astuto di quello del fratellastro, come se la sapesse lunga e desiderasse batterlo in furbizia. “Sono lieto che abbiate accettato la vostra sconfitta, Lord Stark… questo significa che accetterete anche il fatto che sono destinato a diventare il vostro re.”
“Questo è tutto da vedere, principe. Intanto i vostri draghi sono scappati.”

Aegon si girò per constatare la situazione e rispondere a tono, ma si accorse che il fratello non aveva torto: a parte Sansa che aveva abbandonato volontariamente il gioco, Arya era stata costretta a seguire la sorella per la lezione di cucito nonostante le proteste e Robb li affiancava ormai privo del cappuccio da drago, nelle vesti serie di primogenito di Eddard Stark pronto ad obbedire alla propria madre. Ma Aegon non voleva darsi comunque per vinto.
“Non dubitate delle mie risorse, Tohrren della casa Stark. Come ben sapete…”
“… i principi Targaryen sono noti per la loro saggezza e sapienza, acquistata dopo aver trascorso anni sui libri. Per cui, vorrete scusarmi se ora mi recherò a studiare e inviterò anche voi a seguirmi. Che ne dite?”

Rhaegar Targaryen aveva appena fatto il suo ingresso nel cortile, portando l’attenzione di tutti i presenti a focalizzarsi su di lui. Gli anni erano passati per tutti, ma sull’uomo sembravano aver sortito tutto un altro effetto: bello ed elegante, aveva superato i trent’anni con la solita grazia che l’aveva accompagnato in tutta la sua esistenza, trasmettendola anche ai figli. Dietro di lui avanzava la giovane moglie, Lyanna, anche lei bellissima ma in maniera più selvaggia, piena della vivacità che aveva portato il marito a perdere la testa per lei. Entrambi amavano guardare Aegon e Jon giocare con i nipoti della ragazza e riempire il cortile di grida e risate, ma quando si trattava di studiare diventavano decisamente inflessibili.

“Padre! Lyanna!” Aegon si era voltato ed era corso ad abbracciare il principe, che l’aveva accolto senza esitazione: non rifiutava mai il contatto coi figli, non voleva abituarli alla stessa educazione rigida che suo padre aveva riservato a lui e a suo fratello. “Stavo discutendo con Jon riguardo alla conquista del Nord, ma non vuole ammettere la mia vittoria. Posso rimandare ancora lo studio? Maestro Luwin non si offenderà se ritardiamo ancora un po’…”
Volse la testa verso Lyanna, cercando di conquistarla con uno sguardo da cucciolo, ma la donna lo conosceva fin troppo bene per cedere ancora. Anche Jon, nel frattempo, si era unito alla richiesta:
“Dai madre, ancora un po’! Possiamo giocare ancora?”
Lyanna lo guardò, soffermandosi sul viso di quel figlio che aveva tanto desiderato e protetto con tutta se stessa per tanti anni, attraversando pericoli che ancora la facevano tremare durante le notti insonni, nonostante fossero passati ormai dieci anni dalla sua nascita. Gli sfiorò i capelli con una carezza, rendendosi conto una volta di più quanto fosse importante per lei e quanto la rendesse felice anche solo il fatto di essere chiamata madre… anche quando si trattava di convincerla a permettere qualcosa che non approvava.

Cercò di assumere un’espressione severa senza riuscirci.

“Per giocare c’è sempre tempo, nessuno vi porterà via il cortile… mentre Maestro Luwin ha altri impegni da sbrigare, se è stato così gentile da dedicarvi parte della sua giornata dovreste ringraziarlo e sbrigarvi a raggiungerlo nella torre. Su, da bravi.”
“Ma l’araldica è noiosa! Impareremmo molto di più giocando ai re del passato e…”
“Aegon, non ti azzardare a rispondere così a…” lo ammonì Rhaegar, ma Lyanna lo blandì con un altro sorriso, poggiando una mano sulla spalla del figlio acquisito e una su quella di Jon, facendoli voltare con un gesto gentile ma deciso verso il castello.
“Anche lo studio fa parte dei compiti di un principe. E poi, non vi interessano le vite dei re che interpretate ogni giorno? Potreste trarre spunto per nuovi giochi… forza, dentro. Parlerò io con Maestro Luwin per chiedergli di dedicare un po’ di tempo all’araldica e un po’ alla storia dei grandi personaggi del passato” li incoraggiò, facendo segno al marito di seguirla. Lui scosse la testa, ammirato: la sua Lupa del Nord riusciva sempre a farsi obbedire dai figli, per quanto scatenati o desiderosi di giocare potessero essere, un talento naturale che anche Catelyn le invidiava.

Ogni volta che Aegon si ritirava dai giochi lo faceva in buona compagnia: sia Robb che Jon si accodarono al ragazzo, diretti verso le stanze dell’anziano Maestro. Mentre attraversavano il castello passarono davanti alla stanza della septa, dalla quale provenivano i mugugni di protesta di Arya e i rimproveri della donna, che si sforzava ogni giorno di insegnarle qualche attività femminile senza riuscire nei suoi intenti. Lyanna non poté fare a meno di sorridere: a volte la vita era ironica, soprattutto quando decideva di trasmettere alcuni tratti del carattere da una generazione all’altra. Ventisei anni prima il Nord aveva visto nascere una bambina bella ma indomabile, un cucciolo di lupo infilato a forza in un vestito da donna e costretto a imparare le buone maniere; era passata una generazione ed ecco che un’altra ragazzina lupo correva per i cortili di Grande Inverno, pronta a far tribolare la propria madre e a divertire i fratelli con la sua irruenza.

A Rhaegar non sfuggì l’incresparsi delle labbra della moglie.
“Stavi pensando a quanto Arya ti assomigli, vero? “

Lyanna annuì.
“A volte il sangue fa degli strani scherzi. Sansa e Robb sono più Tully che Stark, in Arya c’è lo stesso sangue di lupo che scorreva in me e nei miei fratelli. Ma Jon…” si tirò leggermente indietro, così che suo marito restasse l’unico interlocutore di quanto stava dicendo “Jon è speciale, è un lupo ma anche un drago. Ha meno sangue Targaryen rispetto ad Aegon, ma basta guardarlo negli occhi per capire quanto abbia preso da te. E sono legatissimi.”
Arrivato di fronte alla stanza che Ned gli aveva ceduto come studio, Rhaegar si congedò dalla moglie baciandola appena sulle labbra, come faceva sempre quando non c’era nessuno in giro: non avevano necessità di nascondersi, ma il solo fatto di rubare quel bacio li faceva ridere entrambi come ragazzini alle prese col primo amore. Si chiuse la porta alle spalle e sedette davanti al tavolo, la mente di nuovo invasa dai pensieri che avevano continuato ad accompagnarlo per anni. Jon ed Aegon erano ormai adulti e per quanto il Trono ancora appartenesse ai Baratheon la possibilità che uno dei due lo reclamasse diventava sempre più concreta.

E se fossi tu a metterti alla testa delle truppe per riprenderti ciò che ti spetta?

Cercò di zittire quella voce. Non era mai stato un guerriero, e di certo non lo sarebbe diventato alla sua età.  
 
 


***
 


Eddard Stark era sempre stato un uomo giusto, questo lo sapevano tutti: non gli piacevano le punizioni crudeli, né le sentenze dettate dal capriccio. Da quando aveva sostituito suo padre come signore di Grande Inverno aveva ordinato delle esecuzioni, ma si era trattato di Guardiani della Notte disertori e criminali che scorrazzavano liberi per le sue terre, uomini che avrebbero comunque ricevuto una punizione da parte della Corona, di certo meno mite di un’esecuzione diretta. Non che avesse piacere nell’uccidere la gente: si trattava semplicemente di mantenere l’ordine e in quel caso preferiva seguire l’insegnamento di suo padre e di tutti gli Stark prima di lui, eseguendo personalmente quelle condanne.

Il caso di Jorah Mormont, però, lo lasciava ancora perplesso.

Conosceva la sua casata da anni: Jeor Mormont era da poco diventato il Lord Comandante dei Guardiani della Notte, sua sorella Maege era una guerriera e una donna di valore, le sue figlie non si tiravano mai indietro quando si trattava di dare manforte agli Stark, di cui erano alfieri. Non si sarebbe mai aspettato che proprio il figlio di Lord Mormont venisse catturato mentre tentava di vendere come schiavi alcuni bracconieri trovati a smerciare pellicce e carne nei loro territori, ma le voci che passavano di bocca in bocca tra gli uomini che lo avevano portato a Grande Inverno perché venisse giudicato gli avevano fatto capire chiaramente che dietro a quell’azione improvvisa c’era una questione di donne e amori sofferti che ancora non gli era completamente chiara.
A quanto pareva, l’uomo era caduto in disgrazia e aveva cercato di risollevare la sua situazione indebitandosi fino al collo, fino a trasgredire la legge. A sentire la sua scorta la colpa era da attribuire alla seconda moglie, Lady Lynesse Hightower, ma Ned non sapeva se dar loro credito oppure no: l’unica cosa che sapeva era che Jorah si trovava nelle sue segrete da un paio di giorni, legato e in attesa di giudizio, e che lui non sapeva assolutamente come pronunciarsi in merito.
Secondo le leggi degli Stark, quell’uomo meritava la morte. Quelle della Corona lo avrebbero destinato ai Confratelli in Nero nel migliore dei casi. Un uomo che condannava dei suoi simili alla schiavitù doveva essere giudicato severamente, ma se fosse stata la disperazione a spingerlo a quel gesto?

Si strofinò le tempie, un moto di stanchezza che gli venne naturale: aveva riflettuto su quella questione molto più a lungo di quando avrebbe voluto, mettendola davanti a tante altre forse più importanti. Quando si trattava della vita di un uomo ogni attimo diventava prezioso, ogni minuto speso a riflettere era un passo indietro o in avanti che faceva compiere al suo destino. Come avrebbe potuto starsene tranquillo mentre pronunciava una condanna tanto a cuor leggero?  
Pensò a Lyanna e al marito, alle voci che erano girate su di lei quando entrambi pensavano che Rhaegar fosse morto, a quanto avesse sofferto nel sentirsi chiamare sgualdrina dei Targaryen, donna di malaffare, solo perché amava con tutta se stessa un uomo già sposato, per quanto lui la ricambiasse con lo stesso amore matto e testardo. Si rendeva conto di non essere esattamente imparziale, ma quando il cuore si metteva in mezzo a quel genere di questioni era sempre difficile giudicarle in maniera fredda e razionale. Non poteva non pensare agli atti assurdi che si compiono per amore, alla pazzia e alla leggerezza che leggeva negli occhi di sua sorella, che le aveva visto in viso il giorno in cui aveva riportato l’arpa di Rhaegar da Approdo del Re… forse l’unica colpa di Mormont era stata quella di non essersi affidato abbastanza al buon senso, non più di quanto ci si fosse affidata Lyanna.

Sospirò e si rimise a lavorare su quanto stava facendo in precedenza, tentando di portare la mente a riflettere su qualcos’altro. Sapeva benissimo che quella questione lo avrebbe tormentato tutta la notte, ma valeva la pena di provare.

 








Noticine di Nat
Della serie “a volte ritornano, come gli zombie”: eccomi qui! Questo aggiornamento ci ha messo anni a vedere la luce, ma tra studio, contest in corso, contest da preparare e compleanno non riuscivo mai a trovare un momento buono per mettermi tranquilla a scrivere… fino ad oggi pomeriggio. Che dire, spero che siate ancora interessati a leggere gli sviluppi della storia, ora che siamo entrati ufficialmente nella seconda fase!
Jorah Mormont è uno di quei personaggi che volevo inserire da tempo, ma solo da poco sono riuscita a combinarlo con gli sviluppi della storia e a dargli un ruolo in questo What If. Quale ruolo? Beh… lo scoprirete a tempo debito! :P
Non vi dico altro per non rovinarvi la sorpresa: spero di ritrovarvi anche coi prossimi capitoli, e… alla prossima!
Nat
   
 
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