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Autore: Mikaori    24/09/2014    3 recensioni
"Fu un abbraccio dolce, senza urgenza, senza fretta, un abbraccio in cui esistevano solo loro, Klaus e Caroline, e attraverso il quale, forse, sbocciava la promessa di un nuovo inizio."
Piccola OS Klaroline senza pretese, ambientata in un ipotetico futuro in cui Caroline si decide, finalmente, a bussare alla porta di Klaus. Insomma, il momento che vorrei vedere e che la Plec mi negherà.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Se ne stavano lì, occhi negli occhi, a guardarsi l’un l’altra, senza che nessuno dei due avesse la forza di parlare.
La porta, alle spalle di Caroline, era rimasta aperta. Troppo era stato lo stupore di Klaus nel trovarsela davanti, bella, se possibile, più di quanto ricordasse, così bella da fargli dimenticare come si facessero gli onori di casa.
Si scrutavano a vicenda, si fiutavano da lontano, come due animali che non si sono mai incontrati prima, curiosi, desiderosi di scoprirsi, ma allo stesso tempo timorosi di fare la prima mossa. Solo che quello non era il loro caso.

O forse sì?

In fondo, era la prima volta che si guardavano realmente, anima contro anima, senza né maschere né difese.
Tutto questo, però, nemmeno stavolta era abbastanza per fare quel passo in più, quello decisivo.
Klaus per paura di essersi sbagliato: aveva osato sperare, e questo lusso non poteva concederselo da secoli.
Caroline, invece, per il semplice motivo che vederlo lì, davanti a lei, in carne ed ossa, aveva scatenato con più forza la sua perigliosa tempesta interiore. Ma non erano dubbi, quelli di Caroline.
I dubbi si erano sopiti, offuscati dal passare del tempo e dall’emergere prepotente di quel sentimento che aveva invano combattuto, che le era fiorito nel cuore suo malgrado e vi aveva messo radici così profonde che le era stato impossibile estirparlo.
Non erano dubbi (non si era pentita nemmeno per un secondo della scelta fatta, anche se per arrivare a quella decisione era passata per mille tentennamenti e tormenti devastanti) ma il cuore le scoppiava, incapace di contenere le sue paure, i suoi timori, le sue speranze, i suoi scrupoli. Era troppo, forse, per la sua giovane età.
Ma erano passati i giorni, e poi i mesi, e poi gli anni, e le fattezze del viso di Klaus, invece di sbiadire, erano diventate sempre più nitide nella sua memoria, fino al punto in cui era arrivata a vederlo dappertutto: aveva giurato di scorgere il suo volto tra gli invitati della sua festa di laurea, di averlo visto in palestra, al supermercato, al cinema.
Perfino quando si metteva a letto, le sembrava di sentire il suo sguardo blu oltremare su di sé.
Era stato allora che Caroline si era decisa a raggiungerlo a New Orleans, esattamente sei anni dopo quella promessa solenne, la sera del suo diploma, che le rimbombava nel cervello come un mantra.

I intend to be your last. However long it takes.

E così, Caroline, come lui le aveva predetto tempo prima, si era ritrovata a bussare alla porta di Klaus, vestita di verde smeraldo e di un inconsueto imbarazzo che non le era mai appartenuto.
Lei, spavalda Cheerleader dalla parlantina fluente, si scopriva timida come solo lui era in grado di farla sentire.
Lui, l’essere più potente della Terra, invulnerabile, invincibile, eppure in qualche modo vinto da lei, da quella ragazzetta di provincia dal cuore forse troppo tenero e i capelli d’oro lucente.
Eccoli, Klaus e Caroline, impalati e un po’ nervosi, al centro dell’ampio ingresso della villa dei Mikaelson.
Tutto ciò che un tempo avevano condiviso, quel feeling, quella connessione, quell’attrazione sottilmente perversa, eppure innegabile, si ergeva maestosa tra loro, dando a Caroline una muta conferma che avesse fatto bene a decidersi ad andare, finalmente, da lui. Si attiravano come calamite, inesorabilmente, e sarebbe bastato un passo, uno soltanto, di uno dei due per finire bocca contro bocca, a respirarsi, ad amarsi, a viversi.
Ma quello era il tempo delle parole, lo sapevano entrambi, nonostante nessuno dei due si decidesse a ad affrontare la questione. C’era troppo, in sospeso, tra di loro.

-Caroline. A cosa devo l’onore?- Klaus si decise a rompere il silenzio. D’un tratto l’impazienza di sapere, di capire, era diventata più forte della paura di una delusione. Della paura di ripetere il loro rendez-vous e non aggiungervi nient’altro.
-Io… Io… ero di passaggio, e così… - farfugliò lei, distogliendo lo sguardo dal suo. Era palesemente una menzogna, una bugia bella e buona, e Klaus ne era consapevole, così come Caroline era certa che lui non se la fosse bevuta. La bionda si tormentava le mani, alla ricerca delle parole giuste da utilizzare per spiegargli, per spiegarsi, mentre lui la osservava con un sopracciglio alzato ed un’espressione di divertimento misto ad apprensione che piegava le sue labbra leggermente all’insù. Si disse, però, che per una volta non le avrebbe reso le cose facili: si era esposto con lei, era stato rifiutato e, nonostante questo, si era esposto ancora.
Aveva fatto fin troppo, secondo i suoi standard. Incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla parete alla sua destra, invitandola con lo sguardo a proseguire. Si aspettava altre piccole frottole e borbottii, che però, lo sapeva, non erano altro che l’estremo tentativo di difesa della ragazza da lui.
O meglio, da se stessa.
La reazione di Caroline, invece, fu del tutto inaspettata e lo colse alla sprovvista, facendogli scomparire subito quell’espressione tronfia dal viso.
La ragazza, dopo aver guardato in ogni direzione tranne che in quella dell’Originale, si convinse a piantare i suoi occhioni di cristallo in quelli di Klaus, e si sentì investita da tutte quelle sensazioni che aveva ostinatamente nascosto sotto la sabbia per tutto quel tempo. Gli argini, già crepati, crollarono definitivamente, e venne travolta da uno tsunami di emozioni. Si appoggiò anch’essa alla parete color ghiaccio, ma con tutta la schiena, e si lasciò scivolare lentamente verso il basso, fino a raggiungere il pavimento, mentre calde lacrime iniziarono a rigarle il viso, destando in Klaus una preoccupazione viva e pungente, che lo spinse a correre al suo fianco.
Appariva sopraffatta, Caroline, rassegnata, eppure non sconfitta. Perduta, ma in un certo qual modo anche ritrovata, e Klaus proprio non riusciva ad afferrare il perché di quel miscuglio di sentimenti che avevano preso la forma di piccole gocce salate e brillanti, che rendevano il suo sguardo lucido e sofferente, ma sempre fiero.
L’ibrido guardò Caroline confuso, non sapendo come gestire quella situazione, non sapendo come gestire lei, lei che come sempre si dimostrava unica nel suo genere, e la sola cosa che si sentì di fare fu quella di allungare una mano verso la bionda, per cercare una delle sue che giaceva abbandonata sul grembo della ragazza.
Aveva quasi raggiunto il dorso della mano sinistra di Caroline e stava per sfiorare la pelle candida e liscia, quando la sua intenzione fu bloccata sul nascere da un gemito strozzato.
-No..- gli disse Caroline, semplicemente, tra i singhiozzi –Non farlo. Se mi tocchi adesso, non sono sicura di riuscire a parlare. Ti prego…- lo implorò, con voce spezzata, accennando un timido sorriso tra le lacrime trasparenti.
Si mise meglio a sedere, accoccolandosi contro la parete alle sue spalle, e lisciò una piega inesistente del vestito con insistenza, quasi come se in quel futile gesto potesse essere racchiusa la fonte di ogni forza, di ogni coraggio, che le avrebbe finalmente consentito di iniziare quel discorso. Prese fiato, e tenendo gli occhi bassi, cominciò a parlare.
-Ho provato a dimenticarti, ad andare avanti con la mia vita, con i miei progetti, con gli obiettivi che mi ero prefissata e che mi ero imposta di raggiungere ad ogni costo. Mi sono laureata, qualche settimana fa. Col massimo dei voti e con un semestre di anticipo. –gli confessò, esibendo una punta di orgoglio nella voce, ancora tremante. Era rimasta la stessa, logorroica e nevrastenica, pensò Klaus sorridendo, mentre la sua mente andava ad un altro monologo di Caroline, col bosco frondoso a circondarli.
La prima volta che aveva assaggiato le sue labbra.
La prima e l’ultima volta che l’aveva avuta.
Sua, solamente sua, contro quell’albero verdeggiante.
-Ma non è certo per darti i confetti che sono qui.- Caroline si decise a rialzare lo sguardo, in un impeto di orgoglio, e proseguì il suo soliloquio un po’ sconnesso, ma decisamente sentito. –Ti ho già detto che non sono riuscita a dimenticare le cose orribili che hai fatto, per quanto, credimi, lo abbia desiderato intensamente.- Lo sguardo di Klaus si incupì, un occhio attento avrebbe addirittura potuto scorgere un lampo di dolore attraversargli le iridi color topazio. Ma Caroline continuò, e le parole che seguirono ebbero il potere di scacciare via quel turbamento, per rendere gli occhi di Klaus più simili ad un sereno cielo invernale, che non ad un oceano in tempesta.
-Ma più passavano i giorni, più mi capitava di pensare a te… e più mi trovavo a riflettere sulla tua vita, sulla tua famiglia, sul tuo dolore. Ho provato a figurarmi i tuoi mille anni di esistenza, tra sotterfugi e tradimenti, piani macchinosi e solitudine. E sai a quale conclusione sono arrivata?-
Gli chiese Caroline, con una certa stizza nella voce, addolcita, però, dalle lacrime. Era palesemente una domanda retorica, per cui Klaus rimase in silenzio, gli occhi ancorati ai suoi e Caroline, d’altro canto, non attese una risposta; proseguì nel veleggiare in quel mare sconosciuto che erano i suoi turbolenti sentimenti.
-Ho provato a vederti come un mostro, come il nemico, come un abominio. Ma non ci sono riuscita, non del tutto almeno. Ho capito che le tenebre ti avvolgono, in un abbraccio mortale, da cui tu non hai più la forza, o la voglia, di liberarti. Ho sognato tante notti di venire qui, di abbracciarti fino a farti male e di guarire le tue ferite con il mio…- Caroline si morse il labbro, e proseguì cauta -…affetto. Ma non l’ho mai fatto, fino a che l’intensità di questo maledetto sentimento mi ha travolto; è tanto sbagliato quanto forte, e io non ho più le energie per combatterlo. Non ce la faccio più. Mi ha investito come una marea, sommergendomi completamente, e mi ha lasciato due scelte: affogare o provare a nuotare…- prese un respiro profondo, per calmarsi -Te lo dico ancora una volta, non ho dimenticato tutto il dolore e lo scompiglio che hai portato nella mia vita ed arrecato alle persone che più amo, ma il mio cuore mi ha costretto ad andare oltre, a capire perché tu ti comportassi così. Perché fossi così. –lo scrutò dolcemente in viso, per carpire la reazione di Klaus a quel fiume di parole che strabordava dalle sue labbra color ciliegia, ma lui la fissava attonito, i muscoli del viso in tensione, ma immobili. - Ho deciso che, se è vero che sono piena di luce come mi hai detto tu tempo fa, voglio provare ad entrare nella tua oscurità, per renderla meno buia.
Si asciugò le ultime lacrime col dorso della mano e restò in silenzio, a guardarlo negli occhi, per la prima volta, dopo anni, sentendo il cuore davvero leggero. 
Era quello, forse, il premio per la sincerità? 
Non riuscì a rispondersi, perché dopo un tempo lunghissimo, difficile da quantificare, Klaus si sollevò in piedi e le tese una mano per aiutarla a fare altrettanto. Adesso che aveva parlato, Caroline poteva concedersi di toccare la sua pelle, così afferrò la sua mano gentile e si alzò, ponendosi di fronte a lui.
Klaus la fissava, disorientato, ma i suoi occhi erano luminosi, inequivocabili testimoni di quanto quell’ammissione confusa -ma sincera- gli fosse risultata gradita, così Caroline si sporse verso di lui e, istintivamente, lo abbracciò.
Fu un abbraccio dolce, senza urgenza, senza fretta, un abbraccio in cui esistevano solo loro, Klaus e Caroline, e attraverso il quale, forse, sbocciava la promessa di un nuovo inizio.
Si tennero stretti, l’un l’altra, a lungo, ma poi Klaus sentì l’esigenza di parlarle, di renderla partecipe dei suoi pensieri, così si staccò lievemente da lei per poterla guardare in viso, e schiuse le labbra per dar voce ai suoi sentimenti. Mentre il suo cervello cercava le parole più adeguate, i suoi occhi si perdevano a contemplare il viso di Caroline, adesso non più solcato dalle lacrime, e nessun discorso gli appariva adatto a lei, a loro.
Richiuse le labbra, seccato, per poi riaprirle un istante dopo in un secondo tentativo, ugualmente infruttuoso.
La strinse a sé possessivamente, arrabbiato con se stesso, perché dopo secoli, per la prima volta, desiderava condividere qualcosa di così intimo come le sue emozioni con un’altra persona, e le parole, traditrici, venivano meno. Ancora una volta, però, la ragazza che teneva tra le braccia lo stupì, riscaldandogli il cuore morto e freddo: gli posò l’indice sulle labbra, sorridendogli dolcemente.
-Non ce n’è bisogno, davvero. Peccherò di presunzione, forse, ma so quello che vuoi dirmi. E credimi, non è necessario parlarne adesso, abbiamo tempo.-
Klaus sorrise, uno di quei sorrisi caldi e sinceri, che riservava solo a lei, e le accarezzò una guancia con estrema delicatezza, quasi temesse di sgualcire quella gota di seta, e poi la prese per mano, conducendola verso il piano di sopra.
-Immagino che tu sia stanca, love, in fondo hai affrontato un lungo viaggio per venire a far visita al lupo cattivo- ghignò –Sarà stato stressante.-
-Non immagini quanto, soprattutto la parte “visita al lupo cattivo”. Ricordami di pensarci almeno un decennio o due, la prossima volta che mi verrà un’idea così balzana.- scherzò lei, stringendogli la mano e facendosi guidare docilmente verso la camera da letto. Soffocò uno sbadiglio, era stanca davvero, e non solo fisicamente. Aveva gettato fuori anni e anni di sentimenti repressi, e adesso si sentiva sicuramente più leggera, ma anche un po’ spossata.
Klaus la scortò fino ad un ampio letto dalla testiera in ottone, le sorrise ancora e poi si voltò per andar via, senza dire una parola, ma una mano piccola e fredda si strinse intorno al suo braccio, costringendolo a fermarsi.
-Resti?- gli chiese lei, con una vocina sottile, quasi da bambina, in una supplica accorata.
Lui annuì, e senza ribattere si tolse le scarpe e si mise a sedere sul letto, fissandola con un sorriso sardonico.
-Non credevo avessi paura del buio, tesoro.- la canzonò lui, facendole cenno di avvicinarsi. Lei si sfilò il giacchino e le ballerine, e si stese al suo fianco.
-Non ho paura del buio.- replicò, mentre lui si stendeva a sua volta – Temo solo la reazione di Rebekah, quando domani mattina si sveglierà e mi troverà qui. Darà di matto. La tua presenza mi eviterà, perlomeno, un brusco risveglio a causa delle sue urla isteriche. –gli disse Caroline, abbracciandolo.
Sarebbe stato sempre così, tra loro, battute al vetriolo e sfide continue.
Mai, probabilmente, avrebbero ammesso apertamente quanto avessero bisogno l’uno dell’altra. Ma in fondo, andava bene così, rifletterono, inconsapevoli che i loro pensieri avessero preso la stessa piega.
Klaus rise, e la strinse forte contro di sé, annusando il profumo dei suoi capelli. Iris? Si domandò, beandosi di quella fragranza delicata, e si ripromise che glielo avrebbe chiesto, l’indomani.
Avevano tutto il tempo del mondo, d’altronde, per conoscersi a vicenda, per confessarsi le proprie paure, per litigare furiosamente e poi sussurrarsi all’orecchio che era meglio azzuffarsi tra loro che fare l'amore con chiunque altro.
Avevano tutto il tempo del mondo, pensarono all’unisono, prima di scivolare nel sonno, per imparare, finalmente, ad amarsi.

E la porta, ancora aperta, che faceva filtrare la luce lunare di quella dolce notte estiva, diede loro, silenziosamente, la propria benedizione.






Nota:
Questa piccola OS scritta di getto è frutto di un sogno che ho fatto l'altra notte (sì, ho qualche problema, credo) ed è dedicata ad una persona speciale, il mio Alphamale.
Auguri tesoro. <3

  
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