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Autore: alix katlice    24/09/2014    1 recensioni
( Emma/Killian ♥ Emma/Neal ) • AU • Modern Days • angst
No. Non era stata colpa loro, non quello: Neal era morto in uno stupidissimo incidente d'auto, e l'unica colpa poteva essere data a quel coglione del tipo ubriaco che gli si era schiantato addosso.
Uno stupido stupidissimo incidente, avrebbe anche potuto salvarsi.
Killian Jones l'aveva fatto, in compenso.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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STILL HERE




 



 

Every night, I dream you're still here.
The ghost by my side, so perfectly clear.
When I awake, you'll disappear,
Back to the shadows
With all I hold dear.
I dream you're still here.


- Digital Daggers (Still Here)

 

 

 

 

Emma quella mattina non aveva voluto saperne di mettersi il vestito che sua madre -ah ah ah, certo, le aveva comprato tre giorni prima: in un primo momento lo squadrò, poi lo afferrò e lo osservò meglio, poi decise che non l'avrebbe indossato nemmeno se fosse servito a far resuscitare Neal.
Ah ah ah, di nuovo. Pessima battuta.

Quando l'aveva pronunciata ad alta voce sua madre non si era incazzata, ne era rimasta scandalizzata: l'aveva solamente guardata con uno sguardo malinconico e un po' colpevole, tipico dei genitori che pensano che tutti i problemi del loro figliolo prediletto accadano a causa loro.
No. Non era stata colpa loro, non quello: Neal era morto in uno stupidissimo incidente d'auto, e l'unica colpa poteva essere data a quel coglione del tipo ubriaco che gli si era schiantato addosso.
Uno stupido stupidissimo incidente, avrebbe anche potuto salvarsi.
C'era chi l'aveva fatto, in compenso.
Killian Jones ne era uscito praticamente morto -l'avevano ritrovato svenuto e che quasi non respirava, poi si era scoperto che aveva solo perso parecchio sangue, ma le ferite non avevano avuto conseguenze gravi: gli avevano amputato una gamba, ridotta ad un colabrodo a causa delle decine di schegge di vetro che si erano conficcate in essa, e si era ritrovato con una ferita piuttosto visibile in pieno viso -sarebbe diventata un evidente cicatrice.
Nulla, in fin dei conti. La sua bellezza leggendaria non ne aveva nemmeno risentito più di tanto: se la sciagurata malcapitata non fosse stata troppo schizzinosa sarebbe riuscito persino a scopare come si deve.
Emma spalancò l'armadio e tirò fuori con furia una gonna nera, un paio di calze trasparenti ed una camicia a maniche corte del medesimo colore: si precipitò in bagno e in una decina scarsa di minuti fu pronta per uscire.

La giornata era bella, una schifosa giornata dei primi giorni di primavera, quelle in cui si possono osservare le rondini volare e il sole ti illumina il viso, riscaldandolo, facendoti agognare l'estate.
Emma pensava che dovesse essere davvero uno stramaledetto scherzo del destino: il mondo celebrava la vita e lei ne stava per piangere una ormai andata.
Non fece in tempo a rendersi conto di ciò che le capitava attorno per molto, per fortuna: le fu accanto la figura minuta di Mary Margaret quasi subito, appena arrivò, affiancata da Ruby che aveva abbandonato i provocanti pantaloncini attillati e le canottiere scollate per concedersi ad un vestito scuro che le arrivava fin sotto il ginocchio.
Fu poca cosa, ma riscaldò il cuore di Emma in un modo che pensava di aver dimenticato: sorrise alle sue migliori amiche, le uniche forse con cui poteva lasciarsi andare e condividere il suo dolore.
La Chiesa era davvero un luogo opprimente, pensò, prima di entrare.

La Cerimonia era stata lunga e noiosa, e non ne ricordava nulla: aveva voglia di piangere perchè li dentro non si era commossa per niente, anzi, aveva solamente avuto voglia di dormire; in più, era arrabbiata con se stessa perché non riusciva a piangere, anche se ne aveva voglia, ed era bloccata su una scomodissima sedia da un lato del giardino in cui si stava tenendo un ricevimento in onore di Neal.
Neal Gold. La maggior parte di quelle teste di cazzo -poteva scommetterci, non sapevano assolutamente nulla di Neal, a malapena forse il suo cognome. A scuola non si erano mai interessati a lui, ed ora vantavano le sue lodi come dei genitori orgogliosi per il loro figlioletto che ha appena preso una A ad un compito molto difficile di matematica di prima elementare.
Stessi ipocriti.
Mary Margaret si era un secondo appartata con David, li vide ad un angolo del giardino mentre parlottavano animatamente; Ruby si era dileguata dopo la Cerimonia in
Chiesa -la spiegazione era stata così ridicola che Emma aveva quasi pensato di dirglielo che capiva, che non voleva restare nemmeno lei a quel supplizio, che non aveva bisogno di inventarsi storie, glielo perdonava quel momento di debolezza.

Belle, che era arrivata leggermente in ritardo, era accanto a Robert Gold, il padre del defunto: Emma si augurò che almeno lo stesse aiutando a superare il tragico evento, ma probabilmente Robert Gold l'aveva superato nello stesso modo con cui si schiaccia una zanzara.
Velocemente e senza rimorsi.
Il suo sguardo vagò sul resto degli invitati: Peter -il fratellino di Neal, stava parlando con Wendy Darling, seduto accanto a Felix. Emma osservò il modo in cui quest'ultimo muoveva le sue dita sulla schiena del ragazzo, come un lento massaggio, e improvvisamente si sentì sola.
Sola ad affrontare la perdita, sola a piangere -o a non piangere, non ci era ancora riuscita con sua grande frustrazione, sola e basta.
Regina, Zelena, Robin, Marian, Jefferson, August e Graham erano seduti tutti ad un tavolo, mangiando: potè osservare come qualcuno ogni tanto provava a fare una qualche battuta ma che poi ricadeva nel silenzio.
Era arrabbiata.
Le sembrò infantile il modo in cui si alterò, guardando il loro dolore: non ne avevano il diritto? Neal era pur sempre un loro amico.
No, non ne avevano il diritto, era questa la risposta.
Lei era stata la sua ragazza, l'unica che aveva avuto il privilegio di amarlo: e lui l'aveva amata, profondamente, completamente, fin dal primo momento, due anni prima, in cui era arrivata in quella dannata Storybrooke High School dopo il suo ennesimo trasferimento, per finire con quell'ancor più dannato incidente d'auto.
Solo lei aveva il diritto di sentirsi ferita.
« Tutto bene, Swan? »
La voce, leggermente roca e familiare, l'aveva colta di sorpresa: riconoscendo immediatamente a chi appartenesse sobbalzò leggermente sulla sedia, spostandosi di qualche centimetro, lontana dal punto da cui aveva pensato provenisse la voce.
E, invece, quando si voltò, si ritrovò fin troppo vicina al viso di Killian Jones.
« Mai stata meglio » mormorò, digrignando i denti e scansandosi, allontanandosi.
Killian non sorrideva, non con quel suo solito sorrisetto accattivante: la scrutava con attenzione, come se fosse concentrato nel capire un qualcosa di fondamentale importanza, soppesando le sue mani e i suoi occhi.
« Non è un qualcosa di carino da dire ad un funerale » replicò lui, senza accusarla di nulla ma nemmeno giustificandola.
Emma si sentì in colpa, giusto un poco, giusto per un secondo: poi si ricordò con chi stava parlando.
« Che ci fai tu qui? » domandò, un tono inquisitorio.
Lui non la guardava più, guardava il resto degli invitati che si muovevano per il giardino come fantasmi.
« Neal era anche mio amico. »
Non riuscì a trattenersi dal ridere, sarcastica.
« Certo, come no. Grandi amici. »
Killian continuava a non rivolgerle neppure uno sguardo, e, sorprendentemente, ne era parecchio infastidita: il loro rapporto era sempre stato piuttosto teso, fatto di sguardi sfuggenti, battutine, litigate urlate e silenziosi ringraziamenti: si erano amati ed odiati come solo i nemici-amici sanno fare.
Ora, mentre i suoi occhi azzurri scrutavano la folla, lo odiava e basta.
« Ci hai conosciuti in un momento di tensione. Puoi anche non crederci, amore, ma gli volevo bene, e lo conoscevo da molto più tempo di te. »
Le parole la colpirono come uno schiaffo. Stava insinuando che la sua sofferenza fosse cosa da poco, in confronto a quella di lui? Lui che in più aveva rubato la vita a Neal con la facilità con cui si ruba una borsa ad una vecchietta indifesa. Lui che non aveva poi così tanto il diritto di sentirsi dispiaciuto.
« Vattene » sibilò.
Killian non obbidì all'ordine. Si mise comodo sulla sua sedia e incrociò le braccia al petto, la ferita ricominciata a rimarginarsi che sfigurava il suo viso e che allo stesso tempo lo rendeva più interessante, la gamba simile ad una barra di metallo, innaturalmente tesa.
Emma sospirò in silenzio, posando il suo sguardo sul giardino.

Se n'era andata quando avevano cominciato a parlare i parenti e i conoscenti.
Le parole erano false, coloro che le pronunciavano ancor di più: Emma non ci era proprio riuscita a rimanere lì, mentre quegli stronzi infangavano la memoria di Neal.
Quanto era buono, quanto era bravo...
Ipocriti.
Sì, Neal era buono, ma di cazzate anche lui ne aveva fatte.
L'aveva abbandonata, una volta. Aveva pianto per giorni, lei che non piangeva spesso. Aveva pianto e aveva gridato e aveva pregato chissà chi, perché lui l'aveva abbandonata e non riusciva a rintracciarlo e tutto il suo mondo le era caduto addosso.
Poi era tornato, e c'era voluto un po', ma c'era riuscita a perdonarlo (è così che fanno le persone che si amano.)
Insomma, se n'era andata senza avvertire nessuno.
Camminava lungo il marciapiede, senza sapere bene dove andare -Neal l'avrebbe saputo, uscivano sempre, andavano sempre in posti bellissim-...
Una voce, poi. Quella roca e familiare.
Emma non si voltò, ne smise di camminare; neppure quando Killian riuscì a raggiungerla, correndo a fatica per la gamba, affaticato, fece nulla che poteva fargli capire che lei avesse notato la sua presenza.
« Swan! » la chiamò, richiamando la sua attenzione.
Emma continuò a camminare, fin quando lui non le si parò davanti, costringendola ad arrestarsi.
« Sei andata via senza avvertire » dichiarò lui, una sorta di malinconica nota nella voce.
« Non ti devo assolutamente nulla, Jones » rispose lei, facendo segno si scansarsi e di lasciarla passare.
Non si mosse.
« Perché fai così? »
Uno sguardo infastidito, irritato, incuriosito.
« Così come? »
« Così la stronza insensibile. »
Il colpo risuonò secco, nel silenzio. Killian si massaggiò la guancia -sarebbe diventata rossa, in seguito, ma non importava. Pensò Emma con fastidio che aveva avuto persino l'accortezza di non colpirlo sulla parte straziata dalla ferita, per non fargli troppo male.
« La verità fa male, tesoro, comincia ad abituarti » disse lui con tono amaro.
« Tu non sai nulla di cosa provo io! » urlò lei, senza curarsi delle parole appena pronunciate dal ragazzo.
« No, giusto! Povera, piccola, incompresa Emma, senza più il suo cavaliere dall'armatura scintillante. Nessuno può capire cosa stai provando, giusto, nessuno lo amava quanto lo amavi tu » rispose lui, con una cattiveria che Emma non aveva mai sentito nel suo tono di voce.
Non disse nulla, e forse fu per questo che lui continuò a parlare.
« Sei così ottusa da credere di essere la sola a soffrire, vero? » le domandò, il respiro affannato, come se avesse corso.
Un sentimento freddo avvolse la ragazza, forse perché già sapeva cosa stava per dire, forse perché lui le si era avvicinato di un passo in più.
« Sì, lo sei. Sei così egoista e stupida, Swan, che non me ne capacito nemmeno. Non esisti solo tu in questo schifo di mondo, lo sai, vero? » un altra domanda a cui lei non rispose, osservandolo, stringendo i pugni, occhi di fuoco.
Si stava arrabbiando. E tanto. Ma Killian non ci faceva caso, le parole che ormai uscivano come un fiume in piena.
« Perché tu i genitori non li hai mai avuti, non davvero, e non sai cosa stanno provando quelli di Neal, adesso. Ho visto piangere Robert Gold, sì, Robert Gold, come un ragazzino di cinque anni, con questi miei stessi occhi. Milah » e alla pronuncia di quel nome tremò, gli occhi lucidi « si è suicidata tre giorni dopo l'incidente. »
Osservò come quella notizia fece vacillare la ragazza, se ne compiacque, sorrise senza coinvolgere gli occhi.
« Ma tu non lo sapevi, no? Tu eri troppo concentrata sul tuo dolore per capire che anche altre persone soffrono, piangono, urlano. Io ero con lui. Ho gridato aiuto, bloccato, mentre gli tenevo la mano e lui moriva. L'ho guardato mentre mormorava parole confuse e mi pregava di non lasciarti sola. Ho guardato il bastardo che ci ha tamponato mentre se ne andava e ho continuato a gridare finché non sono svenuto. I soccorsi sono arrivati parecchio dopo, ed io avevo ancora la mano di Neal stretta nella mia. Sei stato il suo ultimo pensiero, cazzo, e tu piagnucoli come una ragazzina viziata perché solo tu lo amavi e cazzate varie. Peter è caduto in depressione e non ne uscirà presto, te lo assicuro -sì, Peter, il fratellino minore di Neal che fino a qualche tempo fa era uno stronzetto di prima categoria ed ora sembra morto. Tutte queste cose non le sapevi, vero? »
Emma lo guardava, in silenzio, le unghie conficcate nella stessa carne dei suoi pugni. Si accorse dopo qualche secondo che aveva le guance umide.
Stava piangendo. Stava finalmente piangendo.
Le sue labbra, poi, sputarono veleno.
« Saresti dovuto morire tu al posto suo, almeno non avrebbe sofferto nessuno. »

La sua prima volta era stata con Neal.
A distanza di un anno e mezzo, Emma se la ricordava ancora alla perfezione, come se avesse potuto averla proprio sotto il suo sguardo: in realtà, non ricordava movimenti e azioni, ma tocchi, sensazioni, emozioni.
Era stato uno dei momenti più belli della sua vita -uno dei pochi: si era sentita amata, lui era stato cauto, gentile.
Aveva fatto male, questo sì. Parecchio male. Ma non contava, non aveva contato, in quel momento.
Dopo la prima ne erano seguite altre -parecchie altre, ed erano sempre state così... così, così com'era Neal, protettivo. Neal era un amante dalle dita soffici che sfioravano la sua pelle come fosse porcellana.
Killian, invece, la stava stringendo come se avesse voluto inglobarla in lui.
Dopo che lei aveva pronunciato quelle parole "saresti dovuto morire tu al suo posto" l'aveva afferrata per il polso e aveva cominciato a camminare a passo spedito verso la sua macchina: poi l'aveva aperta, aveva baciato Emma, affondando le dita fra i suoi capelli; lei non aveva protestato.
L'aveva sospinta dentro, continuando a baciarla.
Le sue mani erano ruvide, premevano sulla sua pelle senza preoccuparsi di farle male: l'avrebbe odiato, in seguito, avrebbe ricordato Neal e la sua attenzione e avrebbe ripetuto milioni di volte quanto invece Killian fosse stato brusco, senza curarsi di lei, senza proteggerla.
Ma, in quel momento, lo voleva. Voleva che Killian fosse brusco, voleva che la sbattesse sul sedile della sua macchina, voleva che la baciasse fino a non avere più fiato, che affondasse in lei prepotentemente.
E glielo fece capire, glielo mormorò all'orecchio mentre lui le sbottonava la camicetta, le sfilava la gonna scura e poi le calze, baciando la pelle all'interno della sua coscia: e poi tornava a lei, le sue labbra, i suoi occhi.
Non fu gentile, non fu dolce.
Quel pomeriggio Emma e Killian non si amarono: si fecero del male, si baciarono con violenza.
Emma pianse. Pianse come avrebbe voluto fare da giorni, senza mai esserci riuscita, pianse in silenzio con le lacrime che scorrevano sulle sue guance e Killian che le raccoglieva con le labbra, l'unico gesto gentile che compì in quella macchina.
Non c'era stato posto per la delicatezza, quel pomeriggio, non c'era stato altro posto che per la rabbia di Emma e la sordida disperazione di Killian.
Quando tutto terminò, Emma non si prese nemmeno la briga di rivestirsi, tanto la macchina era parcheggiata in una zona praticamente disabitata. Si sedette sul sedile e reclinò la testa all'indietro, respirando profondamente.
Osservò Killian che infilava i pantaloni, a fatica, la gamba gli era di impedimento, e passava davanti al posto del guidatore: lo osservò mentre afferrava la maglietta dal sedile accanto al suo e la rimetteva, per poi mettere in moto l'auto.
Emma decise che forse era meglio rivestirsi.

La terrazza dell'appartamento del settimo e ultimo piano di Killian offriva una vista spettacolare.
Emma, seduta con le gambe incrociate, osservava la città sotto di lei: luci, negozi, gente che parlava e camminava e rideva. Provò una sensazione come di completezza, come se quel qualcosa che le mancava fosse tornato al suo posto.
Sentì Killian sedersi accanto a lei e offrirle un bicchiere di latte caldo.
« Ti facevo più tipo da rum, Jones » disse lei, senza nemmeno una punta di aggressività.
« Lo sono, infatti. È che avevo solo questo. Sai, sono stato in ospedale per un po' di tempo negli ultimi giorni. »
Emma accettò la tazza e bevve, tutto d'un fiato. Il rumore che fece essa quando la ragazza la poggiò sul pavimento le ricordò il suono di un forte schiaffo.
« Scusa se ti ho colpito, prima » mormorò, come se in realtà non lo volesse dire.
Killian sollevò leggermente le spalle, sorrise. I due non si guardavano, non ancora.
« Non importa, non mi hai fatto male. »
Rimasero in silenzio per un'altra manciata di minuti. Poi, Killian cominciò a parlare. Era quello più bravo, con le parole.
« Ero andato da Neal quella sera per parlargli di una cosa importante. Sai com'era fatto, non si preoccupò del fatto che fosse tardi: uscimmo, prendemmo la sua auto; lui guidava, io parlavo. »
Si fermò per qualche secondo, bevendo qualche sorso dalla sua tazza.
« Amavo Milah » mormorò a tono più basso, tanto che Emma quasi non lo sentì: non si trattenne dal voltarsi verso di lui con espressione perplessa, ma lui non ci fece caso.
« Amavo Milah e lei amava me. Eravamo... amanti. Neal l'aveva scoperto per caso, avevamo litigato, ti ricordi che non siamo stati molto amici durante questi ultimi due anni? Avevamo litigato, Milah e Robert avevano litigato, e così pensava fosse colpa mia: non era così, volevo farglielo capire. Gli dissi che amavo davvero sua madre, che consideravo lui un fratello, che non volevo distruggere la sua famiglia ma solo renderla più felice. Mi perdonò, Neal. Fu proprio in quel momento che l'altra auto ci colpì. La notte mi sveglio... » Emma lo osservò mentre si interrompeva un secondo per riprendere fiato « ...e mi ripeto che se non l'avessi distratto io non sarebbe successo nulla. »
Emma si sentì in colpa. Non sapeva nulla, era vero, così vero che ora lo stomaco le si stringeva in una morsa di ferro che non la faceva respirare.
Di quella storia conosceva solo il proprio dolore, e la cosa peggiore era che non si era nemmeno preoccupata di andare oltre, di guardarsi attorno.
Poggiò una mano sulla sua spalla, avvicinandosi.
« Non è stata colpa tua » disse, anche se lo fece solo perché era la cosa giusta da fare, e di cazzate ne aveva fatte abbastanza per un giorno solo.
« Non è quello che pensi » disse lui, leggendola come se fosse un libro aperto.
« No, hai ragione, ma so che in verità non è stata colpa tua. »
Altri minuti di silenzio, in cui Emma non tolse la sua mano dalla spalla di Killian: era un contatto stupido, ingenuo, ma le trasmetteva un calore di cui aveva bisogno.
« Ciò che pensi è quello che hai detto? » domandò il ragazzo.
Emma ci mise qualche secondo a capire di cosa stesse parlando.
" Saresti dovuto morire tu al posto suo, almeno non avrebbe sofferto nessuno. "
« Sì » disse stavolta, sapendo bene di non potergli mentire.
Si era aggrappata a lui mentre stava per precipitare, e lui l'aveva sorretta e riportata su nel momento del bisogno: la rabbia -che in quei giorni era stata sempre presente, le era scivolata via di dosso, spazzata via dai tocchi e dalle parole di Killian.
Era stato d'aiuto, certo. Ma quell'aiuto non sarebbe servito se Neal fosse stato ancora vivo.
« Se il tuo cuore è rotto significa che funziona ancora, e puoi aggiustarlo » mormorò lui, malinconico.
« Neal vorrebbe questo, per te » concluse.
Emma non disse nulla. Poggiò solamente la testa contro la spalla di Killian e chiuse gli occhi.
Neal non vorrebbe questo, per me. Neal vorrebbe stare con me.
Ma non glielo disse.
« Grazie » mormorò, mentre guardava le luci e le persone vive che camminavano allegre.

 

[ 3'265 parole ]



 


 

Note:
Sono ben cosciente che un funerale si celebra circa due/tre giorni dopo la morte del defunto, ma in questo caso avevo bisogno di aumentare i giorni per alcuni dettagli della one-shot, e ho pensato che dopotutto siamo a Storybrooke e anche se è una Modern!AU possiamo inventarci un po' quello che ci pare (?).

Note autrice:
Salve a tutti! Era da un po' che non pubblicavo qualcosa sui miei Captain Swan, eh? Parecchio, sì (anche se devo ammettere che questa one-shot sembra più Swanfire che CaptainSwan ma who cares.)
Allora... cosa dire? I personaggi sono OOC, sì, ma ho cercato di renderli più simili agli originali (per quanto le differenti circostanze lo permettevano, ovviamente :3)
Poi... ah, sì! è segnata come one-shot, ma se mi viene l'ispirazione potrebbe diventare anche una raccolta. Parlerei di diversi personaggi e relazioni che si sviluppano dopo la morte di Neal, e mi piacerebbe scrivere anche di alcuni flashback allegri che riguardano il periodo in cui Neal era vivo, sempre con i nostri amati personaggi ritratti come adolescenti e persone normali :3 Boh, devo decidere xD Sappiate sicuramente che se quest'idea va in porto la prima cosa di cui scriverò sara una Pan/Felix + Wendy, e la seconda una Rumbelle. Di sicuro.
Uhm... basta, penso di aver finito le idee geniali xD Spero vi sia piaciuta e vi saluto con un bacione :*
p.s: lasciatemi un piccolo parere, se ne avete voglia, fa sempre piacere :D
p.s.p2: per chi segue F.L.E.S.H - Cruel Game (la mia prima originale romantica): non disperate, sto scrivendo il capitolo xD



Alice.

  
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