Fanfic su artisti musicali > VIXX
Ricorda la storia  |      
Autore: Siraka    24/09/2014    3 recensioni
Due mondi diversi, due ragazzi diversi, un'unica domanda che li lega. Una domanda a cui non trovano risposta da soli, ma se fossero insieme?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: N, Ravi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'amore. Cos'è l'amore?
Questa era la domanda che mi proponevo ogni mattina mentre passeggiavo tranquillo per il parco.
Non è che non sapessi cos'era, solo che in questo mondo tutti sono buoni, dannatamente buoni, tutti hanno una parola buona per tutti. Sono ormai millenni che non si sente parlare di incidenti o di omicidi poiché tutti rispettano le regole, tutti sono diligenti e saggi.
Tutti tranne io.
No, io ero anticoncezionale, io infrangevo tutte le regole.
Io ero diverso.
Rispetto agli altri io non credevo che la parola amore volesse dire "sorridere sempre, avere una buona parola per tutti e rispettare le regole"
Per me non era così, ma allora cosa significava?
Mentre camminavo incontravo persone che, come me, si svegliavano all'alba e che mi salutavano con un sorriso stampato sulla faccia. Li guardavo con aria seria e cappuccio della felpa sulla testa. Non salutavo. Mi davano un tale fastidio le persone così, mi sembravano finte, tutte uguali, tutte maledettamente dolci e finte. Proseguivo sulla mia strada senza dar retta a chi mi stava intorno, cappuccio della felpa alzato e cuffie nelle orecchie. Camminavo per la mia strada e non mi voltavo mai indietro, andavo verso il buio della notte che pian piano spariva per lasciare spazio al sole, quel sole che ogni giorno illuminava questo mondo e i suoi abitanti, vestiti d'amore e pace e lasciava all'oscuro me, vestito di odio e rancore. 
Ma poco m'importava perché sapevo che quello non era il mio mondo e non lo sarebbe mai stato.
Avrei mai trovato il posto giusto per me?


Amore. Cos'è l'amore?
Di certo non esisteva qui. Qui erano l'odio e il gusto dell'orrore a fare da padrone. 
Anche stamattina ero stato svegliato dalle urla delle persone che venivano picchiate a sangue sotto casa mia. Erano la mia sveglia personale. Come se la sveglia servisse a qualcosa dato che nessuno sarebbe andato a scuola, neanche i professori. Nessuno rispettava le regole, nessuno sapeva cos'era la bontà, nessuno. 
Nessuno tranne io.
Io rispettavo le regole, che esistevano anche se nessuno le rispettava, a me non piaceva il sangue, non provavo odio come gli altri.
 Per questo ero un emarginato, un pazzo.
 Ma le persone di questo mondo non mi piacevano, mi sembravano finte. Sembrava che facessero le stesse cose degli altri perché avevano paura. 
No, io non ero come loro.
Non volevo esserlo.
Scendevo le scale, ancora sporche di sangue che non sarebbe mai andato via. Poggiavo la mano su una ringhiera in legno vecchia e ammuffita. Alla fine entravo in cucina dove mia madre mi aspettava con un coltello in mano, pronta ad accoltellarmi se avessi sbagliato qualcosa. Come al solito tutto era un pretesto per farmi del male e anche quella mattina la mia schiena si riempì di tagli. Io non mi ribellavo perché sapevo che se l'avessi fatto sarei stato come loro e non volevo.
Alla fine usciva di casa lasciandomi lì, da solo e sanguinante. Diceva di volermi bene ma se questo è amore, allora non voglio amare. Mi alzavo dolorante e andavo in soffitta a soffrire in silenzio. 
Quello non era il mio mondo, non poteva esserlo. Avrei mai trovato il posto giusto per me?
Lo speravo. 
Rimasi lì, sperando di morire, almeno così non avrei più sofferto.


Come ogni mattina, dato che saltavo scuola, andavo nella foresta proibita, l'unico luogo dove non mi avrebbero cercato. Era l'unica zona dove ritrovavo me stesso dato che non aveva subito il cambiamenti nel corso dei millenni. C'era la nebbia, gli alberi erano spogli anche se eravamo in primavera e tutto il paesaggio era grigio. Il posto adatto a me. 
Camminavo tranquillo tra gli alberi quando la nebbia si fece più fitta e non vidi più niente. Camminai alla cieca sperando di non essermi perso ma purtroppo la speranza morì subito dato che non trovavo più la strada. Inciampai su qualcosa e caddi strappandomi la felpa e tagliandomi il braccio. Mi rialzai e, tenendomi il braccio ferito, iniziai a correre. Non sapevo dove stavo andando ma correvo fino a quando tutto davanti a me si fece buio e caddi in una specie di oblio. Pensai di essere morto dissanguato ma non era così. Appena riuscì a riprendere i sensi mi resi conto di trovarmi in una specie di soggiorno vuoto, con le pareti bianche e ricoperte di...... Sangue? Oh diavolo, dov'ero finito? 
Cercai di alzarmi ma solo in quel momento mi resi conto di avere un'abrasione al ginocchio aperta e sanguinante. Cosa potevo fare? 
Sentii dei passi e capii di non essere solo. Cominciai ad avere paura e mi guardai intorno. Vidi delle scale e pensai che colui o colei che abitava in quel posto doveva essere di sopra. Cercai di nascondermi dietro quei vecchi mobili ammuffiti ma non feci in tempo e, girato lo sguardo, vidi un ragazzo dai capelli neri che mi guardava. Non sembrava avere cattive intenzioni. Si avvicinò a me ma indietreggiai. Allora si chinò e allungò la mano verso di me. 
<< Non ti voglio fare del male>>
Non capivo perché ma sentivo di potermi fidare di lui. 
Allungai il braccio sanguinante. Lui lo guardò e, avvicinatosi alla spalla, strappò la manica. Poi prese una benda e mi medicò. Non capivo perché si stesse prendendo cura di me e la cosa che mi stupiva di più era il fatto che sentivo di potermi fidare.
<< Come ti chiami?>> mi chiese.
<< Sono Wonshik>> risposi.
<< Io sono Hakyeon. Come sei arrivato qui? Da dove vieni?>>
Ma mi stava sottoponendo ad un interrogatorio? Dovrei essere io a fare le domande non lui.
<< Dove mi trovo?>>
<< Sei in casa mia >>
Ok ora almeno sapevo dove mi trovavo. Non sapevo se sentirmi sollevato o impaurito. 
<< Cosa ci faccio qui?>> 
<< Se non lo sai tu, io non posso certo saperlo>> mi rispose ridendo.
<< Non sei di queste parti, vero?>>
<< No>> 
<< Da dove arrivi?>>
Gli raccontai tutto, del mio mondo, dei suoi abitanti e di come mi ero ritrovato a casa sua.
<< Il tuo mondo dev'essere meraviglioso>> 
<< Dipende dai punti di vista>>
<< Un giorno posso venire a vederlo?>>
<< Non so come sono arrivato qui, figurati se so come tornarci>>
<< Già, hai ragione>>
Si mise a ridere e io con lui. 
Mi aiutò a rialzarmi e mi portò di sopra, in soffitta, dicendomi di stare nascosto qui. Mi chiesi perché ma non osai fare domande. Rimase ancora un po' insieme a me e mi raccontò del suo mondo. Francamente a me piaceva di più il suo che il mio.
Alla fine disse che doveva andare e che ci saremmo visti più tardi. 
Che strano individuo, pensai prima di addormentarmi.


Non potevo credere a quello che stava succedendo: un ragazzo proveniente da un altro mondo era in casa mia e per la prima volta avevo trovato qualcuno con cui parlare. Ero felice e terrorizzato allo stesso tempo. Se l'avessero scoperto i miei chissà cosa mi avrebbero fatto, o meglio, cosa gli avrebbero fatto. Dovevo tenerlo segreto. Volevo aiutarlo a tornare a casa ma cosa potevo fare? 
Tornarono i miei e anche quella sera, come di routine, mio padre mi massacrò e mia madre stette a guardare. Non gridai, non piansi. 
Semplicemente salii in camera mia a prendere una coperta e la portai di sopra al "ragazzo del mondo più bello" 
Notai che era ancora sveglio.
<< Pensavo non venissi più!>> mi disse.
<< E invece eccomi qua. Ti ho portato una coperta>>
Gliela porsi e mi sedetti vicino a lui.
Parlammo per un po' di tutto quello che ci passava per la testa come i nostri interessi, le nostre vite e di come ci sentissimo insoddisfatti dei nostri mondi.
Dopo un attimo di silenzio chiesi a Wonshik l'unica cosa a cui non avevo mai trovato risposta.
<< Hey Wonshik posso farti una domanda?>> 
<< Certo>>
<< Per te.... Cos'è l'amore?>>
Mi guardò un po' confuso poi sorrise e disse:
<< Non ho ancora una risposta a questa domanda ma quando la troverò sarai il primo a cui la dirò>> 
Gli sorrisi. Ero felice che anche lui come me cercava una risposta a questo quesito. 
Mi prese la mano. Sentii un brivido percorrermi la schiena. 
<< Sono felice di averti incontrato. Certo, le circostanze sono strane, ma non sono mai stato così bene con qualcuno se non con te>>
Diventai rosso a quelle parole e cercai di nascondermi il viso girandomi dall'altra parte. 
<< Anche io>>
Lo guardai negli occhi: era come se mi dicessero "io non ho paura di ciò che mi circonda e non seguo il flusso, seguimi e mi prenderò cura di te"
Quel momento venne rovinato dalle urla dei ragazzi fuori che venivano rincorsi dai carabinieri. Questo mi fece capire che erano le 21:00 e che dovevo andare a dormire. 
<< Scusa ma devo andare. Ci vediamo domani>>
<< Ci conto>>
Corsi in camera e m'infilai sotto le coperte. Impiegai un bel po' ad addormentarmi. Cercavo un modo per riportare Wonshik nel suo mondo perché sapevo che qui sarebbe stato in serio pericolo. Ma perché mi preoccupavo così tanto per lui? 


Sono passati 3 giorni da quando sono arrivato qui. In ogni momento che passo con Hakyeon mi rendo conto di quanto siamo simili. 
Mi sento triste quando non c'è, come se tornassi ad essere vuoto e solo e ho paura per lui, paura che gli succeda qualcosa. Ma perché mi preoccupavo così tanto? Forse perché nei suoi occhi  vedevo una persona vera e sincera. 
Lo aspettavo sempre con impazienza. 
Ma non sarà che......
<< Sono tornato!>>
<< Finalmente! Era ora che ti facessi vivo. Che mi racconti?>>
<< Mah, le solite cose, un tizio per poco non mi investiva, una bambina mi ha lanciato un sasso in faccia e un vecchietto mi ha preso a bastonate>>
<< Che bella giornata! In realtà speravo capitassero a me queste cose. Nel mio mondo non succedono>>
<< Già, il tuo mondo dev'essere bellissimo>>
<< Guarda che casualità! Io sto bene nel tuo mondo e tu nel mio. Coincidenze?>>
<< Forse era destino che ci incontrassimo>>
<< Forse>>
Mentre parlavamo mi accorsi che non appoggiava la schiena al muro come facevo io.
<< Cos'hai alla schiena?>>
<< No....niente>>
<< Dal tuo tono intuisco che menti. Avanti dimmi cos'hai. Se non me lo dirai lo scoprirò da solo>>
Si allontanò da me continuando a dire che non aveva niente ma non ci potevo credere così, prima che scappasse, gli tirai su la maglia e vidi qualcosa di orribile: lividi, tagli mai curati e frustate. 
Rimasi inerme a quello spettacolo.
Hakyeon si ricoprì subito e si nascose il viso fra le mani. 
Mi avvicinai a lui e scostai le sue mani prendendole tra le mie.
<< Perché non me lo hai mai detto? Chi è stato a farti questo?>>
Non riusciva a guardarmi in faccia, voleva piangere, liberarsi delle lacrime trattenute per tutto questo tempo. 
Lo avvolsi tra le mie braccia, tenendolo stretto a me ma con delicatezza.
<< Non devi avere paura, come tu aiutasti me quel giorno adesso sono io che aiuto te. Lascia andare le lacrime>>
A quelle parole si mise a piangere. 
Lo tenevo stretto a me. Forse ora capivo il significato della parola amore.
Quando smise di piangere mi guardò e mi disse grazie. Gli sorrisi e gli chiesi se potevo medicarlo. Annuì. 
Gli levai la maglia e, con molta delicatezza, gli passai il disinfettante.
Alcune volte rabbrividiva. Gli chiedevo se aveva freddo ma lui rispondeva sempre di no. 
Qualcosa mi diceva che ero io a procurarglieli, come lui li procurava a me. Finito il lavoro si rimise la maglia e mi disse che doveva andare. Mi dispiacque tanto ma non lo potevo trattenere. Così lo salutai e lo vidi sparire dietro la porta.


Il suo sguardo, il suo calore, tutto di lui mi fa impazzire, ma perché?
Non trovavo risposta a questa domanda. 
Sarà forse questo l'amore?
Mentre mi ponevo questi interrogativi un ragazzo per strada mi travolse con la bici. 
Il mio mondo era davvero pericoloso.
Questo mi ricordò che dovevo ancora cercare il modo di riportare il "ragazzo del mondo più bello" a casa. Mi affrettai ad andare in biblioteca e trovai delle notizie interessanti ma solo una mi diede la risposta che cercavo. Corsi a casa per dare la notizia a Wonshik ma ebbi una brutta sorpresa: c'era mio padre. Mi prese per un braccio e mi scaraventò a terra dopodiché cominciò a prendermi a calci.
Questa volta li tirava forti e, non riuscendo a trattenermi, urlai.
Sentii dei passi sulle scale e quando mi voltai vidi Wonshik. 
<< Vattene da lì >> dissi.
Avevo paura che avrebbe fatto del male anche a lui. Mio padre si avvicinò alla scala ma non salì. Stava aspettando che fosse lui a scendere ma Wonshik gli tirò un calcio e lo buttò a terra poi lo riempii di pugni.
<< Ma ti rendi conto di quello che fai passare a tuo figlio? Del dolore che gli procuri? Perché lo fai, per sentirti forte? Allora te la do io una dritta: non sei forte, sei solo un debole che ha paura del mondo fuori e se la prende con chi è inferiore a lui>>
Lo lasciò a terra e per la prima volta vidi negli occhi di mio padre una scintilla, come se all'improvviso fosse diventato umano. Wonshik mi prese per un braccio e mi portò in soffitta chiedendomi se stavo bene.
Io annuii. Mi sembrava impossibile ma era come se lui facesse diventare umane le persone più selvagge.
Ci sedemmo sulla coperta e gli rivelai ciò che avevo scoperto. 
<< I nostri sono due mondi paralleli uniti tra di loro da uno specchio. Devi averlo attraversato senza accorgertene e l'unico modo per tornare nel tuo mondo è trovare lo specchio>>
<< Magnifico! E dove lo troviamo uno specchio-portale?>>
<< Ho pensato anche a questo: si dovrebbe trovare nel parco abbandonato>>
<< Parco abbandonato?>>
<< Si, è un parco mai toccato da mano umana e poco visitato per il troppo sole >>
<< Bene, allora andiamo!>>
<< C'è ancora una cos.....>>
Non mi fece finire la frase che subito mi prese per un braccio e mi trascinò in strada.
<< Wonshik sono le 21:00, c'è il coprifuoco, se ci scoprono siamo fregati>>
<< Non ci scopriranno>>
In effetti per il primo tratto di strada filò tutto liscio ma quando eravamo quasi arrivati un poliziotto ci vide e cominciò ad inseguirci. Ci mettemmo a correre e riuscimmo a seminarlo. Arrivammo al parco e cercammo lo specchio. 
<< Hakyeon l'ho trovato>>
Corsi a vedere: era uno specchio antico attaccato ai rami degli alberi.
<< Finalmente potrò mostrarti il mio mondo>> disse tirandomi per la mano.
Lasciai la sua presa e mi fermai, lui mi guardò perplesso.
<< Era questo che cercavo di dirti: solo una persona può passarci attraverso>>
Abbassai lo sguardo e sentii i suoi passi avvicinarsi. La sua mano mi tirò su il viso.
<< Ma noi siamo una cosa sola>>
Ero perplesso dalla sua frase.
<< Cosa?>>
<< Ti ricordi la domanda che mi facesti? Cos'è l'amore? Finalmente ho la risposta: l'amore è essere se stessi in meglio, significa voler stare con una persona con cui condivideresti tutto, di cui ti fidi, vuol dire che trovi il tuo mondo in lei e senti che non ti serve nient'altro.
Questo è amore>>
Rimasi stupito alla sua risposta. Aveva ragione: io avevo trovato il mio posto ed era insieme a lui.
Mi prese la mano. 
<< Dai andiamo>>
E sorpassammo insieme il portale nello specchio.


<< Wonshik? Ti prego rispondi>>
La voce di Hakyeon mi risvegliò.
<< Ahi la testa>>
Due braccia mi cinsero il collo.
<< Avevi ragione! Siamo nel tuo mondo>>
Quando mi ripresi capii che eravamo riusciti ad attraversare lo specchio e che ci trovavamo nel parco giochi dei bambini. 
L'abbracciai anch'io. 
Ero felice di essere con lui. Avevo trovato il mio posto insieme a lui e non mi serviva nient'altro.
Era l'alba e lo portai sulla strada che percorrevo io ogni mattina. 
C'erano già delle persone al lavoro. 
Appena Hakyeon le salutava queste, per la prima volta, si facevano serie per poi far apparire un sorriso vero sulle loro facce.
Era come se riuscisse a farle diventare persone vere. 
Arrivammo davanti a casa mia. 
Ci fermammo, lo guardai negli occhi, gli accarezzai il viso e infine appoggiai le mie labbra sulle sue. 
Fu un bacio avvolgente e dolce. 
Ora finalmente sapevo il significato dell'amore.







  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > VIXX / Vai alla pagina dell'autore: Siraka