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Autore: DirceMichelaRivetti    24/09/2014    3 recensioni
Isaia non vuole uccidere Gabriel, ma non può neppure correre il rischio che la profezia si realizzi. Deve trovare un'altra strada...dovrà, però, scendere a patti proprio con Serventi.
Gabriel, intanto, prosegue la sua vita con Claudia e a Capo del Direttorio. Una gran noia la burocrazia della Congregazione, finché a smuovere la routine interviene l'eccentrica sorella di Isaia, che cerca il fratello.
Caso strano, Stefano riceverà l'incarico di fare una verifica proprio su di lei.
Presto tutti quanti i personaggi dovranno riunirsi per vedere se è possibile trovare una soluzione pacifica a tutte le divergenze.
Gabriel non sarà affatto felice di rivedere Isaia, che afflitto dal dolore deve costantemente ricordarsi di Dio, per potersi concentrare sulla sua missione.
Serventi non si fiderà delle proposte.
Il resto .... ve lo lascio leggere. Ho accennato qui ad alcuni dei punti di maggior rilievo di questa storia, ma non ci sarà solo questo.
Il tutto sarà condito da speculazioni esoteriche-filosofiche-teologiche. Probabilmente anche un po' di romanticismo, ma non sarà il tema centrale.
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gabriel Antinori, Nuovo personaggio, Padre Isaia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano le dieci del mattino, circa, Gaspare rientrò in casa dopo un breve salto in città per comperare un regalino a Giuditta. L’aveva vista un po’ troppo interessata alla faccenda di Stefano e, nonostante avesse sviato la sua attenzione, aveva voluto fare qualcosa per dimostrare che ci teneva a lei, ma al tempo stesso ribadire la propria autorità.

Aprì la porta dello studiolo dove, in quel momento, si trovava la ragazza e si fermò qualche momento ad osservarla: gli piaceva e parecchio, apprezzava la sua cultura, la sua istruzione e la sua forma mentis, anche se aveva dovuto tenerlo nascosto; ora, che aveva mitigato il suo carattere rendendola docile, obbediente, dolce e premurosa, la considerava veramente una compagna ideale e aveva intenzione di tenersela ben stretta.

Giudittina!” la salutò.

La ragazza si voltò verso di lui, sorridente e gli chiese: “Sei già di ritorno?”

“Sì, è stata una questione breve. Tu, cosa stai facendo?”

“Niente di speciale, leggevo.”

“Leggere è sempre speciale. Che volume hai scelto?”

“Uno studio sul culto di Mitra, dalle attestazioni vediche, fino ai misteri di epoca imperiale.”

“Brava; brava che hai capito che non devi mai smettere di studiare.”

“Gaspare …” disse lei, timidamente.

“Sì?”

“Io vorrei uscire di qua, qualche volta, e riprendere a fare qualcosa, dedicarmi a qualche attività … se non ti dispiace.”

“Perché dovrebbe dispiacermi? Certo che puoi; a che cosa pensavi?”

“Non lo so di preciso. Non voglio riprendere quello che facevo prima, non ne sono degna.”

Gaspare sapeva bene che quella’affermazione era frutto della sua mortificazione, tuttavia domandò: “Come mai? Che facevi?”

“Guidavo verso la Verità massoni, buddisti e mistici di ogni tipo, o almeno credevo. Tu mi hai fatto capire quanto sono distante e, quindi, non mi sembra giusto continuare.”

“Oh, carina! Non ti preoccupare, vedrai che ti verrà in mente qualcosa da fare. Ti aiuterò a pensare e ti darò qualche suggerimento. Intanto, però, ho un regalino per te.”

“Davvero?!” si meravigliò Giuditta, emozionatissima, le batteva il cuore forte per la contentezza.

“Certo. È un piccolo premio per i progressi che hai fatto ultimamente ed è un incoraggiamento a proseguire in questa direzione.”

“Oh, Gaspare! Grazie, grazie!” la ragazza era contentissima.

“Aspetta almeno di vedere che cos’è.” la richiamò lui.

“Il semplice fatto che tu mi abbia fatto un regalo, mi rende felice, indipendentemente da quello di cui si tratta.”

Il giovane le porse una scatolina rettangolare, alta due dita e mezzo, chiusa nella carta regalo di una gioielleria. Questo rallegrò e stupì maggiormente la donna. Scartò il pacchetto, sollevò il coperchio e trovò una catenina d’argento a cui era attaccata, come ciondolo, un campanello di discrete dimensioni.

Giuditta rimase perplessa solo qualche istante, poi fu di nuovo vinta dalla gratitudine e dalla felicità.

“Ti piace, allora?”

“Sì, è molto bella.”

Gaspare prese la catenina e la mise al collo della ragazza, dicendole: “Promettimi che la porterai sempre.”

“Certo, non me ne separerò mai.” rispose lei, in fondo orgogliosa di poterla indossare.

L’uomo con l’indice colpì il campanello facendolo tintinnare e disse: “Così saprò sempre quanto mi sei vicina ... adesso, per esempio, non è abbastanza.”

Lei gli si accostò e chiese: “Così va bene?”

“Perfetto.” rispose lui, cingendola con le braccia, e poi la baciò.

Si sentì il campanello di casa suonare. Gaspare si stupì, poiché non si aspettavano ospiti, si affacciò alla finestra per vedere di chi si trattasse e vide Isaia fermo davanti all’uscio di casa.

“È tuo fratello … aspetta, non andare subito da lui: prima io e mio padre sentiamo che cosa vuole, poi, tra una ventina di minuti, puoi scendere. Intanto, continua a studiare … che poi interrogo.” aggiunse con un tono malizioso.

La giovane fece cenno di sì con la testa, così tintinnò la campanella e questo fece ridere Gaspare che, poi, uscì dalla stanza e scese al piano di sotto. Arrivato in salotto, trovò di già il padre a colloquio con Isaia.

“Gaspare, giungi a proposito.” esordì Bonifacio, facendogli cenno di accomodarsi “Il nostro buon Isaia mi stava raccontando cose molto interessanti sui suoi vecchi compagni di giochi.”

“Ah, i templarucci!” esclamò il giovane “Cosa stanno combinando, adesso?”

Il gesuita, con fare solenne, ma senza nascondere la preoccupazione, spiegò: “So per certo che hanno deciso di intraprendere una nuova crociata contro i nemici della Chiesa e intendono avvalersi di armi come l’Arca dell’Alleanza, l’anello di Salomone e la verga di Mosè.”

“La cosa ti turba?” domandò, serafico, Serventi.

“Voi no?”

“Assolutamente, eravamo consapevoli che, presto o tardi, ciò sarebbe accaduto.”

“Siete dunque preparati ad affrontare una situazione del genere?”

“Siamo preparati alla fine di questo mondo, ricordi?”

“Sì, ma … Se loro useranno quelle armi, allora bisognerà affidarsi totalmente a Dio, poiché solo lui potrebbe rimediare alla situazione! Sono reliquie potentissime, potrebbero distruggere tutto quanto e non ci sarà più nessun mondo dove si possa realizzare il nuovo regno.”

“Che radano pure tutto al suolo, la cosa non mi tange.” replicò il Candelaio, con un tono di sufficienza, forse leggermente tediato.

“Non capisco … e poi, insomma, con quelle armi potrebbero riuscire ad uccidere Gabriel, ve ne rendete conto? Che fine farà il nostro progetto?!” Isaia era incredulo, non riusciva a capacitarsi del perché Bonifacio non fosse affatto preoccupato.

“Ascoltami, tu hai preso coscienza che l’anticristo deve arrivare?”

“Sì certo.”

“Allora lascia che i templari agiscano come stanno progettando.”

Isaia non sembrava ancora convinto del tutto.

Bonifacio alzò leggermente lo sguardo, come divertito dall’incredulità del gesuita, a cui disse: “C’è un’altra cosa di cui devi renderti conto: vuoi arrivare da solo alla soluzione, oppure vuoi che te lo dica io?”

“Preferirei comprendere autonomamente.”

“Va bene, scelta giusta. Mi limito solo a consigliarti di concentrarti sull’esorcismo di Leone XIII, sul vangelo di Giuda, sui testi di Giacomo e, se vuoi rimanere nel canonico, poni attenzione a quando nei vangeli vengono usati i nomi di Pietro e Simone.” concluse Serventi.

Parlarono ancora qualche minuto, finché Gaspare non interruppe la conversazione: “Shhh, sentite?”

Un tintinnio in avvicinamento.

“Sì, sembra un campanello.” rispose Isaia, tendendo le orecchie.

“Già e significa che tua sorella sta arrivando.”

Il gesuita rimase stupito, ma poco dopo capì, vedendo entrare Giuditta con indosso il recentissimo regalo.

“Che cosa ti dicevo?” sogghignò il giovane.

Isaia non era affatto contento, ma non disse nulla, si limitò a ricambiare calorosamente il saluto della sorella, la quale, però, subito dopo, andò a sedersi accanto a Gaspare.

“Padre, mi permetti una dimostrazione del mio lavoro con Giuditta?”

“Oh, certamente!” si compiacque Bonifacio che, con occhi che brillavano, si rivolse all’ospite: “Ti preoccupi per il fatto che i templari potrebbero distruggere ogni cosa; ora ti mostreremo come mai la cosa non ci preoccupa. Vieni, andiamo in giardino: c’è bisogno di spazio.”

Tutti e quattro uscirono all’aperto e raggiunsero una zona del grande parco che circondava la villa, poi Gaspare e Giuditta si allontanarono di qualche metro.

“Che cosa fanno? In che cosa hai coinvolto mia sorella?” chiese Isaia, senza riuscire a nascondere del tutto la preoccupazione.

“Oh, lo vedrai presto.”

Il gesuita guardò e vide la sorella e l’uomo fissarsi negli occhi, poi, d’improvviso, tutto divenne desertico.

“Ecco, ora hanno il loro foglio bianco su cui disegnare.” commentò Bonifacio.

Cominciò a rispuntare l’erba, poi dei germogli che in un batter di ciglia divennero arbusti e poi alberi, ma non quelli che c’erano prima, bensì piante di vario genere che in Italia non si trovavano, spuntarono anche alberi da frutto carichi di papaie, manghi e avocadi. Si andò poi componendo anche una piccola capanna e poi uscirono, chissà da dove, conigli, volpi, procioni e molti altri animali.

Isaia osservava incredulo: non capiva come ciò fosse possibile, ma era estasiato.

Quand’ebbero finito, Gaspare e Giuditta tornarono dagli altri due, tenendosi per mano.

“Allora, hai visto che cosa possono generare loro due, assieme?” chiese Serventi “Finché loro saranno uniti, io non mi preoccuperò della distruzione del mondo.”

Al gesuita sembrava strana la famigliarità tra la sorella e il figlio di Serventi, per cui chiese: “Giuditta, posso parlarti a quattr’occhi, un momento?”

La ragazza gli si avvicinò, lui guardò gli altri e si scusò, poi, voltate le spalle, chiese: “Ti hanno fatto qualcosa?”

“No. In che senso?”

“Beh, trovo improbabile la tua confidenza con Gaspare, non ti era simpatico e, anche l’ultima volta che ti ho vista, non mi era parso che le cose fossero molto migliorate.”

Giuditta si intenerì per la preoccupazione del fratello e gli disse: “Sbagli, già allora avevo cambiato opinione su di lui, poi abbiamo avuto modo di conoscerci meglio e, adesso, stiamo splendidamente assieme. Non pensi anche tu che sia una buona cosa?”

“Certo; ho avuto modo di conversare con Gaspare, durante il mio soggiorno qui, e certamente lo stimo. Volevo semplicemente essere certo che il tuo fosse stato un cambiamento spontaneo e non forzato, chessò, da quelle invasioni psicologiche.”

“Oh, no, no.” lo rassicurò lei “Se mai, l’unica cosa che mi hanno causato, è stato l’essere sincera, nulla di più.”

“D’accordo, allora va bene così, sono contento per te.”

“Grazie!” gli sorrise lei “Devi andare subito oppure puoi fermarti un poco?”

“Mi sono preso l’intera mattina libera, per cui se mi vuoi qua, resto molto volentieri.”

“Certo che ti voglio qui: passi così di rado!”

“Eh, lo so, scusami, ma in Congregazione stiamo dando la caccia a parecchie succubi e, poi, forse avremo anche da lavorare sull’inspiegabile fuga di notizie.”

“Sì, ho letto. Capisco che sei molto impegnato, per cui godiamoci questo momento.” si voltò verso i padroni di casa e chiese: “Gaspare, possiamo offrire un tè a mio fratello?”

“Per me non c’è problema; padre?”

“Non vedo perché no: è uno di noi, ormai. Venite, rientriamo, io do ordine di preparare.”

Detto ciò, Serventi rientrò assieme agli altri tre.

 

In Congregazione, Stefano e Alonso stavano continuando a vagliare le ultime segnalazioni arrivate. Verso le dieci e mezza o poco più, arrivò Claudia. Aveva un’aria a metà tra il seccato e il preoccupato, si avvicinò a passi svelti ai due che conosceva e chiese: “Dov’è Gabriel?”

“Non saprei.” rispose Alonso, sorpreso.

“Ah, non lo avete visto, questa mattina?” chiese la psicologa, senza variare umore.

“No; porché?”

“Mi ha telefonato, più volte. Lì per lì non gli ho risposto perché sono ancora furiosa con lui, ma poi  mi è venuto il dubbio che potesse avere qualche problema serio, per cui sono venuta a cercarlo.”

“Me spiace ma non poso aiutarte, segnorita.”

“Aspetta.” intervenne Stefano “Perché dici che sei ancora furiosa con lui? Non stavate risolvendo?”

“No, io è da quando l’ho cacciato fuori di casa che non gli parlo. Scusa, che cosa vi ha raccontato?”

“Beh, che vi siete visti, che avete parlato e che lo stavi mettendo alla prova.”

“Si è inventato tutto! Io non lo vedo da parecchi giorni!” Claudia era ancora più arrabbiata per il fatto che Gabriel andasse in giro a raccontare certe bugie.

“No, questo è impossibile.” la contraddisse il ragazzo.

“Stefano, penso di sapere perfettamente cosa ho fatto e cosa no.”

“Io stesso vi ho visti parlare assieme, non più tardi di una settimana fa!” esclamò il seminarista.

Claudia tacque e lo guardò sorpresa e incredula, lui ricambiò quello sguardo. Alonso osservò: “Potrebe tratarse de qualcosa de male. Io provo a cercare ne i libri, voi andate da Isaia e spiegategli cosa sta acadendo.”

“Perché non ne parliamo direttamente con Gabriel?” propose Stefano.

“Non ho voglia di vederlo, per il momento, non sono pronta.” ribatté Claudia.

“E poi Gabriel non sapiamo donde sta, per Isaia invece avemo un indicio: ha deto che andava da su sorela.”

“Ah, questo semplifica le cose.” commentò la psicologa, ironica; non aveva nemmeno molta voglia di vedere Morganti.

“Io so dov’è.” annunciò Stefano “Ti faccio strada.”

La psicologa e il seminarista uscirono e presero l’auto della donna.

 

Gabriel e Claudia arrivarono di fronte alla villa di Serventi.

“Visto? Che ti avevo detto?” disse subito la donna “Quella è l’auto di Isaia, quindi lui è qui.”

Antinori era parecchio rattristato per quello, però cercò di farsi forza: “Il fatto che lui sia qui, non implica che lui stia confabulando qualcosa.”

“Cos’altro sarebbe potuto venire a fare, qua?”

“Magari lo sta combattendo …” ipotizzò Gabriel, poco convinto.

“Quando la finirai di difenderlo, che cosa dovrà farti per convincerti che è una pessima persona? Sei proprio uno smidollato!” lo rimproverò malamente lei.

“Ma io …”

“Allora, Gabriel, te lo dico chiaro e tondo, visto che ti stai facendo così tanti problemi. Vuoi sapere come mai so che Morganti è da Serventi? Perché, per fortuna, mi sono trovata nello stesso bar in cui ieri sera Isaia stava bevendo un caffè e ho accidentalmente sentito la conversazione che stava avendo al telefono proprio col Candelaio. Vogliono uccidermi, Gabriel!”

Bastarono queste parole, senza ulteriori spiegazioni, per vincere in un attimo ogni titubanza dell’uomo.

Anzi, Gabriel fu preso dalla rabbia, i suoi occhi divennero rossi, le sue mani crepitarono.

Scagliò una saetta di fuoco contro il cancello principale, poi si precipitò come una furia verso la villa e, alla stessa maniera, fece saltare per aria il portone di casa ed entrò, gridando: “ISAIA!!! Traditore!”

Piombò nella sala principale, dove i Serventi e i Morganti stavano prendendo il tè. Tutti quanti furono piuttosto sorpresi.

“Gabriel!” esclamò Isaia, alzandosi in piedi.

Non ci fu tempo di aggiungere altre parole, che Antinori formò una sfera di fuoco e la scagliò contro il gesuita, che fu sbalzato di qualche metro, ma subito si alzò in piedi e chiese: “Che cosa ti prende, fratello?”

“So che cosa volete fare! Non vi permetterò di fare del male a Claudia! Vi ucciderò tutti, a partire da te!”

“Sei completamente impazzito!” gli urlò di rimando Isaia, spazientito “Devi smetterla di lasciarti comandare dalla Munari, cerca di ragionare!”

“Taci, traditore!”

Isaia –rimbombò la voce di Serventi nella testa del gesuita- Attaccalo.

-Cosa?

-Ti sta aggredendo: reagisci.

-Io non posso, non ho mai …

-Isaia, prova la tua lealtà a me e attacca Gabriel; ti ricordo che, nonostante tutto, tua sorella è nostro ostaggio e tu non vuoi che venga lasciata qualche ora con Jacopo. So quel che dico, non deludermi.

Il gesuita si fece forza: effettivamente lo irritava parecchio che l’amico fosse piombato lì, in quel modo, accusandolo senza prove. Intravide la Munari in fondo alla stanza e si ripeté che era stata lei ad aizzare Antinori. Provò rabbia.

Un altro guizzo di fulmine attraversò la stanza, questa volta, però, non era uscito dalle mani di Gabriel, ma di quelle di Isaia e si abbatté contro l’ex gesuita.

Serventi sorrise: era estremamente compiaciuto nel vedere i due arcangeli combattersi l’un, l’altro.

Giuditta era spaventata, mosse un paio di passi verso il fratello, ma Gaspare l’afferrò, la tenne stretta, con la schiena di lei attaccata al suo torace e le disse: “Ferma, è pericoloso per te. Tra di loro, invece, non possono farsi nulla; nulla di serio, almeno. Mio padre vuole che prendano maggiore coscienza dei loro poteri.”

“Ha organizzato lui, questo?”

“No. Ne sa quanto noi, ma lui coglie sempre tutte le occasioni che capitano.”

Gabriel e Isaia, per lo più, stavano continuando a scagliarsi fulmini. Fu allora che sopraggiunsero anche Stefano e una seconda Claudia. Il giovane, vedendo i due uomini combattere tra di loro, senza pensarci un momento, agendo di puro istinto, si frappose fra i due, tendendo una mano da un lato e una dall’altro, assorbendo i fulmini di entrambi.

I due amici rimasero alquanto sorpresi. Stefano esclamò: “Fermatevi! Gabriel, perché stavate combattendo?!”

“Lui e questi infami vogliono uccidere Claudia!” ringhiò Antinori, ancora furioso.

“È una menzogna!” ribatté Isaia.

“Claudia non mi mentirebbe mai!”

Stefano cercò di spiegargli: “Tu hai parlato con una finta Claudia … oppure io. C’è qualcuno che si sta fingendo lei!”

“Sono io quella vera!” si sentì una duplice voce esclamare, dal fondo della stanza.

Tutti si voltarono e videro che c’erano, vicino alla porta, due dottoresse Munari, esattamente uguali l’una all’altra, anche nei vestiti. La Claudia che era andata con Gabriel aveva mutato i propri abiti in quelli della vera: ora chi poteva distinguerle?

“Gabriel, ti prego, credimi, sono io!” implorò una.

“Chiedimi quello che vuoi, ti dimostrerò che sono la vera!” propose l’altra.

Isaia era certamente sorpreso, ma non più adirato.

Gabriel era estremamente confuso, si avvicinò ad entrambe, senza capire cosa fare; loro, intanto, continuavano a pregarlo di credere che erano loro la vera Claudia.

Stefano si accostò al suo maestro, gli mise una mano sulla spalla e gli sussurrò: “So che puoi capire quale sia la vera: l’amore ti guiderà.”

Il seminarista percepì un’energia emanare dal proprio palmo ed entrare in Gabriel: in quanto Raffaele, stava facendo emergere la forza dell’amore vero.

Gabriel guardò entrambe negli occhi e non ebbe più dubbi; presse per mano quella di sinistra e la tirò verso di sé, poi guardò torvamente l’altra e chiese: “Chi sei?!”

Quella, di rimando, sogghignò e disse: “Un'altra figlia di Malpas, peccato che tu te ne sia accorto.”

“Perché volevi farmi uccidere Isaia?”

“Chi di noi non lo vorrebbe morto? Dal momento che per noi è impossibile aggredirlo, Malpas aveva sperato di potersi servire di te.”

“Perché mi stai raccontando tutto?”

“Devo rispondere, non posso oppormi ai tuoi ordini.”

Gabriel la guardò ancora un attimo e poi disse: “Isaia, pensaci tu.”

“Con piacere.”

Il gesuita si accostò alla donna, pronunciò una formula di esorcismo e le fece una croce sulla fronte. La succube iniziò e sfrigolare, a fumare e si dissolse.

Gabriel si voltò subito verso l’amata e sospirò: “Claudia …”

“Non parlare, Gabriel, come hai potuto credere che quella fossi io?” lo rimproverò la donna.

“Beh, aveva assunto il tuo aspetto …”

“Ti ha istigato lei contro Isaia?”

“Sì.”

“Pensi davvero ch’io potrei chiederti di uccidere qualcuno?”

“No, ma … quando era nelle mani di Serventi, mi avevi consigliato di lasciarlo morire, non è in fondo la stessa cosa?”

“Se pensi davvero questo di me, allora non mi conosci affatto e mi conferma che è meglio che tra di noi sia finita.” si voltò di scatto e andò verso la porta.

Gabriel provò a seguirla e a dire: “Ma io ero così felice di riaverti che non volevo pensare che …”

Inutile, la donna si allontanava a passo svelto.

L’uomo ritornò in salotto, sconsolato. Isaia gli mise una mano sulla spalla e gli disse: “Fatti coraggio, fratello, vedrai che capirà.”

Si aggiunse Stefano: “Dalle tempo, la conosco, si calmerà. Se vuoi le parlerò anch’io o chiederò a mio padre.”

Gabriel preferì pensare ad altro e gli balenò nella mente un’osservazione, guardò Isaia e disse: “La succube, però, aveva ragione su una cosa, almeno: tu sei qui! Perché?” la voce era macchiata di rabbia “Che cosa fai con Serventi, alle mie spalle?”

“Questo è presto detto, fratellino.” Gaspare rispose immediatamente, togliendo dall’imbarazzo il gesuita “Siccome io e Giuditta siamo diventati molto intimi, ultimamente.” mise un braccio attorno alla vita della giovane e la strinse a sé “E dal momento che Isaia non aveva un buon ricordo di me e mio padre, dopo la sua permanenza qui, lo avevamo invitato a bere un tè per riconciliarci. Una delle prossime sere dovremmo uscire assieme io, lei, tu e suo fratello.”

“Ah, capisco.”

“Io, invece, no.” si intromise Stefano “Che cosa vuol dire che tu e Giuditta siete diventati piuttosto intimi?”

“Oh, non mi stupisco di dovertelo spiegare.” ghignò Gaspare “Si tratta di questioni che ti erano estranee anche prima di entrare in seminario. Tra me e lei c’è intesa, affinità mentale, sintonia; io le do ciò di cui ha bisogno e lei fa quello che voglio: una relazione perfetta.” poi con l’indice sfiorò il campanello, lo fece tintinnare e chiese: “Ti piace il ciondolo che le ho regalato? L’ho fatto fare apposta per lei. Carino, vero?” sapeva di infastidire parecchio il giovane; poi disse alla ragazza: “Bambina, da brava, saluta Isaia e Gabriel e poi vai a fare quattro passi in giardino. Io ti raggiungo a breve.”

Giuditta obbedì subito, baciò sulla guancia l’uomo, abbracciò il fratello e salutò Antinori. Tutto ciò sotto lo sguardo attonito di Stefano che, stupito e rattristato, la seguiva con gli occhi e poi rimase attonito, in silenzio.

Dal canto proprio, però, Gabriel non era ancora convinto e chiese: “Un tè vi avrebbe riconciliati?”

Isaia tentò: “Da una parte, non siamo più in guerra con loro fin dalla grigliata in cui abbiamo preso i nostri accordi; comunque, no, non sarebbe bastato a riconciliarci del tutto, nemmeno se tu non ci avessi interrotti.”

“Perché non me ne hai parlato? Avresti potuto informarmi.” replicò Antinori.

“Mi hanno invitato ieri sera, non vedevo la necessità di telefonarti ed avvisarti, quando avrei potuto raccontarti tutto oggi pomeriggio.”

“Fratellino” intervenne Gaspare “Quella succube voleva che tu uccidessi Isaia, per cui non oso immaginare quali bugie si sarà inventata per persuaderti, ma ti garantisco che lui è qui unicamente per cercare di imparare a non odiare il probabile suo futuro cognato.”

Gabriel ci pensò un attimo e, sapendo quanto quell’essere lo avesse ingannato, trovò altamente probabile che gli avesse mentito anche in quello, per cui disse: “Sì, mi avete convinto.”

“Bene, allora organizzeremo una cena tutti quanti assieme per una delle prossime sere.” poi spostò lo sguardo sul seminarista e gli disse: “Tu no, Pigolo, i bambini non sono ammessi.”

“Pigolo?!” ripeté Stefano in un misto stupore e ribrezzo “Questo da dove salta fuori?”

“Perché pigoli sempre, come un pulcino tedioso!”

Il giovane lo guardò torvamente, ma considerò inutile mettersi a discutere.

Gabriel disse: “D’accordo, va bene, ma prima vorrei un paio di chiarimenti, Isaia: primo, da quando lanci fulmini?”

“Da ora.” rispose il gesuita che, fino ad allora, non si era soffermato a pensare a quel dettaglio “Per essere più preciso, mi capita qualcosa di simile quando esorcizzo, ma non credevo di poter far ciò anche su persone normali.”

“Forse è perché non sono normale e c’è qualcosa di demoniaco in me!” si rabbuiò parecchio Gabriel.

“Non lo pensare nemmeno!” esclamò Stefano, che non voleva vedere triste il proprio maestro “In fondo i suoi fulmini non ti hanno fatto male.”

Quanto avrebbe voluto raccontare  la questione degli arcangeli!, ma ancora non sapeva se poteva, se fosse il momento.

“Perché, allora, i demoni mi considerano l’unico in grado di ucciderlo?”

“Perché sono ignoranti.” si limitò a rispondere Serventi “Ora basta, l’argomento è chiuso: andatevene.”

Bonifacio uscì dalla stanza, senza aggiungere altro. Gaspare fece gli onori di casa accompagnò gli altri alla porta, anche se era stata distrutta e, dopo averli salutati, andò da Giuditta.

Isaia, uscendo dalla villa, sentì la voce di Serventi nella propria testa dirgli: Impara a percepire le presenze demoniache.

   
 
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