Erano
le dieci del mattino, circa, Gaspare rientrò in casa dopo un breve salto in
città per comperare un regalino a Giuditta. L’aveva vista un po’ troppo
interessata alla faccenda di Stefano e, nonostante avesse sviato la sua
attenzione, aveva voluto fare qualcosa per dimostrare che ci teneva a lei, ma
al tempo stesso ribadire la propria autorità.
Aprì
la porta dello studiolo dove, in quel momento, si trovava la ragazza e si fermò
qualche momento ad osservarla: gli piaceva e parecchio, apprezzava la sua
cultura, la sua istruzione e la sua forma mentis, anche se aveva dovuto tenerlo
nascosto; ora, che aveva mitigato il suo carattere rendendola docile,
obbediente, dolce e premurosa, la considerava veramente una compagna ideale e
aveva intenzione di tenersela ben stretta.
“Giudittina!” la salutò.
La
ragazza si voltò verso di lui, sorridente e gli chiese: “Sei già di ritorno?”
“Sì,
è stata una questione breve. Tu, cosa stai facendo?”
“Niente
di speciale, leggevo.”
“Leggere
è sempre speciale. Che volume hai scelto?”
“Uno
studio sul culto di Mitra, dalle attestazioni vediche,
fino ai misteri di epoca imperiale.”
“Brava;
brava che hai capito che non devi mai smettere di studiare.”
“Gaspare
…” disse lei, timidamente.
“Sì?”
“Io
vorrei uscire di qua, qualche volta, e riprendere a fare qualcosa, dedicarmi a
qualche attività … se non ti dispiace.”
“Perché
dovrebbe dispiacermi? Certo che puoi; a che cosa pensavi?”
“Non
lo so di preciso. Non voglio riprendere quello che facevo prima, non ne sono
degna.”
Gaspare
sapeva bene che quella’affermazione era frutto della sua mortificazione,
tuttavia domandò: “Come mai? Che facevi?”
“Guidavo
verso la Verità massoni, buddisti e mistici di ogni tipo, o almeno credevo. Tu
mi hai fatto capire quanto sono distante e, quindi, non mi sembra giusto
continuare.”
“Oh,
carina! Non ti preoccupare, vedrai che ti verrà in mente qualcosa da fare. Ti
aiuterò a pensare e ti darò qualche suggerimento. Intanto, però, ho un regalino
per te.”
“Davvero?!”
si meravigliò Giuditta, emozionatissima, le batteva il cuore forte per la
contentezza.
“Certo.
È un piccolo premio per i progressi che hai fatto ultimamente ed è un
incoraggiamento a proseguire in questa direzione.”
“Oh,
Gaspare! Grazie, grazie!” la ragazza era contentissima.
“Aspetta
almeno di vedere che cos’è.” la richiamò lui.
“Il
semplice fatto che tu mi abbia fatto un regalo, mi rende felice,
indipendentemente da quello di cui si tratta.”
Il
giovane le porse una scatolina rettangolare, alta due dita e mezzo, chiusa
nella carta regalo di una gioielleria. Questo rallegrò e stupì maggiormente la
donna. Scartò il pacchetto, sollevò il coperchio e trovò una catenina d’argento
a cui era attaccata, come ciondolo, un campanello di discrete dimensioni.
Giuditta
rimase perplessa solo qualche istante, poi fu di nuovo vinta dalla gratitudine
e dalla felicità.
“Ti
piace, allora?”
“Sì,
è molto bella.”
Gaspare
prese la catenina e la mise al collo della ragazza, dicendole: “Promettimi che
la porterai sempre.”
“Certo,
non me ne separerò mai.” rispose lei, in fondo orgogliosa di poterla indossare.
L’uomo
con l’indice colpì il campanello facendolo tintinnare e disse: “Così saprò
sempre quanto mi sei vicina ... adesso, per esempio, non è abbastanza.”
Lei
gli si accostò e chiese: “Così va bene?”
“Perfetto.”
rispose lui, cingendola con le braccia, e poi la baciò.
Si
sentì il campanello di casa suonare. Gaspare si stupì, poiché non si aspettavano
ospiti, si affacciò alla finestra per vedere di chi si trattasse e vide Isaia
fermo davanti all’uscio di casa.
“È
tuo fratello … aspetta, non andare subito da lui: prima io e mio padre sentiamo
che cosa vuole, poi, tra una ventina di minuti, puoi scendere. Intanto,
continua a studiare … che poi interrogo.” aggiunse con un tono malizioso.
La
giovane fece cenno di sì con la testa, così tintinnò la campanella e questo
fece ridere Gaspare che, poi, uscì dalla stanza e scese al piano di sotto.
Arrivato in salotto, trovò di già il padre a colloquio con Isaia.
“Gaspare, giungi a proposito.” esordì
Bonifacio, facendogli cenno di accomodarsi “Il nostro buon Isaia mi stava
raccontando cose molto interessanti sui suoi vecchi compagni di giochi.”
“Ah, i templarucci!”
esclamò il giovane “Cosa stanno combinando, adesso?”
Il gesuita, con fare solenne, ma senza
nascondere la preoccupazione, spiegò: “So per certo che hanno deciso di
intraprendere una nuova crociata contro i nemici della Chiesa e intendono
avvalersi di armi come l’Arca dell’Alleanza, l’anello di Salomone e la verga di
Mosè.”
“La cosa ti turba?” domandò, serafico,
Serventi.
“Voi no?”
“Assolutamente, eravamo consapevoli che,
presto o tardi, ciò sarebbe accaduto.”
“Siete dunque preparati ad affrontare una
situazione del genere?”
“Siamo preparati alla fine di questo
mondo, ricordi?”
“Sì, ma … Se loro useranno quelle armi,
allora bisognerà affidarsi totalmente a Dio, poiché solo lui potrebbe rimediare
alla situazione! Sono reliquie potentissime, potrebbero distruggere tutto
quanto e non ci sarà più nessun mondo dove si possa realizzare il nuovo regno.”
“Che radano pure tutto al suolo, la cosa
non mi tange.” replicò il Candelaio, con un tono di sufficienza, forse
leggermente tediato.
“Non capisco … e poi, insomma, con
quelle armi potrebbero riuscire ad uccidere Gabriel, ve ne rendete conto? Che
fine farà il nostro progetto?!” Isaia era incredulo, non riusciva a capacitarsi
del perché Bonifacio non fosse affatto preoccupato.
“Ascoltami, tu hai preso coscienza che
l’anticristo deve arrivare?”
“Sì certo.”
“Allora lascia che i templari agiscano
come stanno progettando.”
Isaia non sembrava ancora convinto del
tutto.
Bonifacio alzò leggermente lo sguardo,
come divertito dall’incredulità del gesuita, a cui disse: “C’è un’altra cosa di
cui devi renderti conto: vuoi arrivare da solo alla soluzione, oppure vuoi che
te lo dica io?”
“Preferirei comprendere autonomamente.”
“Va bene, scelta giusta. Mi limito solo
a consigliarti di concentrarti sull’esorcismo di Leone XIII, sul vangelo di
Giuda, sui testi di Giacomo e, se vuoi rimanere nel canonico, poni attenzione a
quando nei vangeli vengono usati i nomi di Pietro e Simone.” concluse Serventi.
Parlarono ancora qualche minuto, finché
Gaspare non interruppe la conversazione: “Shhh,
sentite?”
Un tintinnio in avvicinamento.
“Sì, sembra un campanello.” rispose
Isaia, tendendo le orecchie.
“Già e significa che tua sorella sta
arrivando.”
Il gesuita rimase stupito, ma poco dopo capì,
vedendo entrare Giuditta con indosso il recentissimo regalo.
“Che cosa ti dicevo?” sogghignò il
giovane.
Isaia non era affatto contento, ma non
disse nulla, si limitò a ricambiare calorosamente il saluto della sorella, la
quale, però, subito dopo, andò a sedersi accanto a Gaspare.
“Padre, mi permetti una dimostrazione
del mio lavoro con Giuditta?”
“Oh, certamente!” si compiacque
Bonifacio che, con occhi che brillavano, si rivolse all’ospite: “Ti preoccupi
per il fatto che i templari potrebbero distruggere ogni cosa; ora ti mostreremo
come mai la cosa non ci preoccupa. Vieni, andiamo in giardino: c’è bisogno di
spazio.”
Tutti e quattro uscirono all’aperto e
raggiunsero una zona del grande parco che circondava la villa, poi Gaspare e
Giuditta si allontanarono di qualche metro.
“Che cosa fanno? In che cosa hai
coinvolto mia sorella?” chiese Isaia, senza riuscire a nascondere del tutto la
preoccupazione.
“Oh, lo vedrai presto.”
Il gesuita guardò e vide la sorella e
l’uomo fissarsi negli occhi, poi, d’improvviso, tutto divenne desertico.
“Ecco, ora hanno il loro foglio bianco
su cui disegnare.” commentò Bonifacio.
Cominciò a rispuntare l’erba, poi dei
germogli che in un batter di ciglia divennero arbusti e poi alberi, ma non
quelli che c’erano prima, bensì piante di vario genere che in Italia non si
trovavano, spuntarono anche alberi da frutto carichi di papaie, manghi e
avocadi. Si andò poi componendo anche una piccola capanna e poi uscirono,
chissà da dove, conigli, volpi, procioni e molti altri animali.
Isaia osservava incredulo: non capiva
come ciò fosse possibile, ma era estasiato.
Quand’ebbero finito, Gaspare e Giuditta
tornarono dagli altri due, tenendosi per mano.
“Allora, hai visto che cosa possono
generare loro due, assieme?” chiese Serventi “Finché loro saranno uniti, io non
mi preoccuperò della distruzione del mondo.”
Al gesuita sembrava strana la
famigliarità tra la sorella e il figlio di Serventi, per cui chiese: “Giuditta,
posso parlarti a quattr’occhi, un momento?”
La ragazza gli si avvicinò, lui guardò
gli altri e si scusò, poi, voltate le spalle, chiese: “Ti hanno fatto
qualcosa?”
“No. In che senso?”
“Beh, trovo improbabile la tua
confidenza con Gaspare, non ti era simpatico e, anche l’ultima volta che ti ho
vista, non mi era parso che le cose fossero molto migliorate.”
Giuditta si intenerì per la
preoccupazione del fratello e gli disse: “Sbagli, già allora avevo cambiato
opinione su di lui, poi abbiamo avuto modo di conoscerci meglio e, adesso,
stiamo splendidamente assieme. Non pensi anche tu che sia una buona cosa?”
“Certo; ho avuto modo di conversare con
Gaspare, durante il mio soggiorno qui, e certamente lo stimo. Volevo
semplicemente essere certo che il tuo fosse stato un cambiamento spontaneo e
non forzato, chessò, da quelle invasioni psicologiche.”
“Oh, no, no.” lo rassicurò lei “Se mai,
l’unica cosa che mi hanno causato, è stato l’essere sincera, nulla di più.”
“D’accordo, allora va bene così, sono
contento per te.”
“Grazie!” gli sorrise lei “Devi andare
subito oppure puoi fermarti un poco?”
“Mi sono preso l’intera mattina libera,
per cui se mi vuoi qua, resto molto volentieri.”
“Certo che ti voglio qui: passi così di
rado!”
“Eh, lo so, scusami, ma in Congregazione
stiamo dando la caccia a parecchie succubi e, poi, forse avremo anche da lavorare
sull’inspiegabile fuga di notizie.”
“Sì, ho letto. Capisco che sei molto
impegnato, per cui godiamoci questo momento.” si voltò verso i padroni di casa
e chiese: “Gaspare, possiamo offrire un tè a mio fratello?”
“Per me non c’è problema; padre?”
“Non vedo perché no: è uno di noi,
ormai. Venite, rientriamo, io do ordine di preparare.”
Detto ciò, Serventi rientrò assieme agli
altri tre.
In Congregazione, Stefano e Alonso
stavano continuando a vagliare le ultime segnalazioni arrivate. Verso le dieci
e mezza o poco più, arrivò Claudia. Aveva un’aria a metà tra il seccato e il
preoccupato, si avvicinò a passi svelti ai due che conosceva e chiese: “Dov’è
Gabriel?”
“Non saprei.” rispose Alonso, sorpreso.
“Ah, non lo avete visto, questa
mattina?” chiese la psicologa, senza variare umore.
“No; porché?”
“Mi ha telefonato, più volte. Lì per lì
non gli ho risposto perché sono ancora furiosa con lui, ma poi mi è venuto il dubbio che potesse avere
qualche problema serio, per cui sono venuta a cercarlo.”
“Me spiace ma non poso aiutarte, segnorita.”
“Aspetta.” intervenne Stefano “Perché
dici che sei ancora furiosa con lui? Non stavate risolvendo?”
“No, io è da quando l’ho cacciato fuori
di casa che non gli parlo. Scusa, che cosa vi ha raccontato?”
“Beh, che vi siete visti, che avete
parlato e che lo stavi mettendo alla prova.”
“Si è inventato tutto! Io non lo vedo da
parecchi giorni!” Claudia era ancora più arrabbiata per il fatto che Gabriel
andasse in giro a raccontare certe bugie.
“No, questo è impossibile.” la contraddisse
il ragazzo.
“Stefano, penso di sapere perfettamente
cosa ho fatto e cosa no.”
“Io stesso vi ho visti parlare assieme,
non più tardi di una settimana fa!” esclamò il seminarista.
Claudia tacque e lo guardò sorpresa e
incredula, lui ricambiò quello sguardo. Alonso osservò: “Potrebe
tratarse de qualcosa de male. Io provo a cercare ne i
libri, voi andate da Isaia e spiegategli cosa sta acadendo.”
“Perché non ne parliamo direttamente con
Gabriel?” propose Stefano.
“Non ho voglia di vederlo, per il momento,
non sono pronta.” ribatté Claudia.
“E poi Gabriel non sapiamo
donde sta, per Isaia invece avemo un indicio: ha deto che andava da su
sorela.”
“Ah, questo semplifica le cose.”
commentò la psicologa, ironica; non aveva nemmeno molta voglia di vedere Morganti.
“Io so dov’è.” annunciò Stefano “Ti
faccio strada.”
La psicologa e il seminarista uscirono e
presero l’auto della donna.
Gabriel e Claudia arrivarono di fronte
alla villa di Serventi.
“Visto? Che ti avevo detto?” disse
subito la donna “Quella è l’auto di Isaia, quindi lui è qui.”
Antinori era parecchio rattristato per
quello, però cercò di farsi forza: “Il fatto che lui sia qui, non implica che
lui stia confabulando qualcosa.”
“Cos’altro sarebbe potuto venire a fare,
qua?”
“Magari lo sta combattendo …” ipotizzò
Gabriel, poco convinto.
“Quando la finirai di difenderlo, che
cosa dovrà farti per convincerti che è una pessima persona? Sei proprio uno
smidollato!” lo rimproverò malamente lei.
“Ma io …”
“Allora, Gabriel, te lo dico chiaro e
tondo, visto che ti stai facendo così tanti problemi. Vuoi sapere come mai so
che Morganti è da Serventi? Perché, per fortuna, mi
sono trovata nello stesso bar in cui ieri sera Isaia stava bevendo un caffè e
ho accidentalmente sentito la conversazione che stava avendo al telefono
proprio col Candelaio. Vogliono uccidermi, Gabriel!”
Bastarono queste parole, senza ulteriori
spiegazioni, per vincere in un attimo ogni titubanza dell’uomo.
Anzi, Gabriel fu preso dalla rabbia, i
suoi occhi divennero rossi, le sue mani crepitarono.
Scagliò una saetta di fuoco contro il
cancello principale, poi si precipitò come una furia verso la villa e, alla
stessa maniera, fece saltare per aria il portone di casa ed entrò, gridando:
“ISAIA!!! Traditore!”
Piombò nella sala principale, dove i
Serventi e i Morganti stavano prendendo il tè. Tutti
quanti furono piuttosto sorpresi.
“Gabriel!” esclamò Isaia, alzandosi in
piedi.
Non ci fu tempo di aggiungere altre
parole, che Antinori formò una sfera di fuoco e la scagliò contro il gesuita,
che fu sbalzato di qualche metro, ma subito si alzò in piedi e chiese: “Che
cosa ti prende, fratello?”
“So che cosa volete fare! Non vi
permetterò di fare del male a Claudia! Vi ucciderò tutti, a partire da te!”
“Sei completamente impazzito!” gli urlò
di rimando Isaia, spazientito “Devi smetterla di lasciarti comandare dalla
Munari, cerca di ragionare!”
“Taci, traditore!”
Isaia –rimbombò la voce di Serventi
nella testa del gesuita- Attaccalo.
-Cosa?
-Ti sta aggredendo: reagisci.
-Io non posso, non ho mai …
-Isaia, prova la tua
lealtà a me e attacca Gabriel; ti ricordo che, nonostante tutto, tua sorella è
nostro ostaggio e tu non vuoi che venga lasciata qualche ora con Jacopo. So
quel che dico, non deludermi.
Il gesuita si fece forza: effettivamente
lo irritava parecchio che l’amico fosse piombato lì, in quel modo, accusandolo
senza prove. Intravide la Munari in fondo alla stanza e si ripeté che era stata
lei ad aizzare Antinori. Provò rabbia.
Un altro guizzo di fulmine attraversò la
stanza, questa volta, però, non era uscito dalle mani di Gabriel, ma di quelle
di Isaia e si abbatté contro l’ex gesuita.
Serventi sorrise: era estremamente
compiaciuto nel vedere i due arcangeli combattersi l’un, l’altro.
Giuditta era spaventata, mosse un paio
di passi verso il fratello, ma Gaspare l’afferrò, la tenne stretta, con la
schiena di lei attaccata al suo torace e le disse: “Ferma, è pericoloso per te.
Tra di loro, invece, non possono farsi nulla; nulla di serio, almeno. Mio padre
vuole che prendano maggiore coscienza dei loro poteri.”
“Ha organizzato lui, questo?”
“No. Ne sa quanto noi, ma lui coglie
sempre tutte le occasioni che capitano.”
Gabriel e Isaia, per lo più, stavano
continuando a scagliarsi fulmini. Fu allora che sopraggiunsero anche Stefano e
una seconda Claudia. Il giovane, vedendo i due uomini combattere tra di loro,
senza pensarci un momento, agendo di puro istinto, si frappose fra i due,
tendendo una mano da un lato e una dall’altro, assorbendo i fulmini di
entrambi.
I due amici rimasero alquanto sorpresi.
Stefano esclamò: “Fermatevi! Gabriel, perché stavate combattendo?!”
“Lui e questi infami vogliono uccidere
Claudia!” ringhiò Antinori, ancora furioso.
“È una menzogna!” ribatté Isaia.
“Claudia non mi mentirebbe mai!”
Stefano cercò di spiegargli: “Tu hai
parlato con una finta Claudia … oppure io. C’è qualcuno che si sta fingendo
lei!”
“Sono io quella vera!” si sentì una
duplice voce esclamare, dal fondo della stanza.
Tutti si voltarono e videro che c’erano,
vicino alla porta, due dottoresse Munari, esattamente uguali l’una all’altra,
anche nei vestiti. La Claudia che era andata con Gabriel aveva mutato i propri
abiti in quelli della vera: ora chi poteva distinguerle?
“Gabriel, ti prego, credimi, sono io!”
implorò una.
“Chiedimi quello che vuoi, ti dimostrerò
che sono la vera!” propose l’altra.
Isaia era certamente sorpreso, ma non
più adirato.
Gabriel era estremamente confuso, si
avvicinò ad entrambe, senza capire cosa fare; loro, intanto, continuavano a
pregarlo di credere che erano loro la vera Claudia.
Stefano si accostò al suo maestro, gli
mise una mano sulla spalla e gli sussurrò: “So che puoi capire quale sia la
vera: l’amore ti guiderà.”
Il seminarista percepì un’energia
emanare dal proprio palmo ed entrare in Gabriel: in quanto Raffaele, stava
facendo emergere la forza dell’amore vero.
Gabriel guardò entrambe negli occhi e
non ebbe più dubbi; presse per mano quella di sinistra e la tirò verso di sé,
poi guardò torvamente l’altra e chiese: “Chi sei?!”
Quella, di rimando, sogghignò e disse:
“Un'altra figlia di Malpas, peccato che tu te ne sia
accorto.”
“Perché volevi farmi uccidere Isaia?”
“Chi di noi non lo vorrebbe morto? Dal
momento che per noi è impossibile aggredirlo, Malpas
aveva sperato di potersi servire di te.”
“Perché mi stai raccontando tutto?”
“Devo rispondere, non posso oppormi ai
tuoi ordini.”
Gabriel la guardò ancora un attimo e poi
disse: “Isaia, pensaci tu.”
“Con piacere.”
Il gesuita si accostò alla donna,
pronunciò una formula di esorcismo e le fece una croce sulla fronte. La succube
iniziò e sfrigolare, a fumare e si dissolse.
Gabriel si voltò subito verso l’amata e
sospirò: “Claudia …”
“Non parlare, Gabriel, come hai potuto
credere che quella fossi io?” lo rimproverò la donna.
“Beh, aveva assunto il tuo aspetto …”
“Ti ha istigato lei contro Isaia?”
“Sì.”
“Pensi davvero ch’io potrei chiederti di
uccidere qualcuno?”
“No, ma … quando era nelle mani di
Serventi, mi avevi consigliato di lasciarlo morire, non è in fondo la stessa
cosa?”
“Se pensi davvero questo di me, allora
non mi conosci affatto e mi conferma che è meglio che tra di noi sia finita.”
si voltò di scatto e andò verso la porta.
Gabriel provò a seguirla e a dire: “Ma
io ero così felice di riaverti che non volevo pensare che …”
Inutile, la donna si allontanava a passo
svelto.
L’uomo ritornò in salotto, sconsolato.
Isaia gli mise una mano sulla spalla e gli disse: “Fatti coraggio, fratello,
vedrai che capirà.”
Si aggiunse Stefano: “Dalle tempo, la
conosco, si calmerà. Se vuoi le parlerò anch’io o chiederò a mio padre.”
Gabriel preferì pensare ad altro e gli
balenò nella mente un’osservazione, guardò Isaia e disse: “La succube, però,
aveva ragione su una cosa, almeno: tu sei qui! Perché?” la voce era macchiata
di rabbia “Che cosa fai con Serventi, alle mie spalle?”
“Questo è presto detto, fratellino.”
Gaspare rispose immediatamente, togliendo dall’imbarazzo il gesuita “Siccome io
e Giuditta siamo diventati molto intimi, ultimamente.” mise un braccio attorno
alla vita della giovane e la strinse a sé “E dal momento che Isaia non aveva un
buon ricordo di me e mio padre, dopo la sua permanenza qui, lo avevamo invitato
a bere un tè per riconciliarci. Una delle prossime sere dovremmo uscire assieme
io, lei, tu e suo fratello.”
“Ah, capisco.”
“Io, invece, no.” si intromise Stefano
“Che cosa vuol dire che tu e Giuditta siete diventati piuttosto intimi?”
“Oh, non mi stupisco di dovertelo
spiegare.” ghignò Gaspare “Si tratta di questioni che ti erano estranee anche
prima di entrare in seminario. Tra me e lei c’è intesa, affinità mentale,
sintonia; io le do ciò di cui ha bisogno e lei fa quello che voglio: una
relazione perfetta.” poi con l’indice sfiorò il campanello, lo fece tintinnare
e chiese: “Ti piace il ciondolo che le ho regalato? L’ho fatto fare apposta per
lei. Carino, vero?” sapeva di infastidire parecchio il giovane; poi disse alla
ragazza: “Bambina, da brava, saluta Isaia e Gabriel e poi vai a fare quattro
passi in giardino. Io ti raggiungo a breve.”
Giuditta obbedì subito, baciò sulla
guancia l’uomo, abbracciò il fratello e salutò Antinori. Tutto ciò sotto lo
sguardo attonito di Stefano che, stupito e rattristato, la seguiva con gli
occhi e poi rimase attonito, in silenzio.
Dal canto proprio, però, Gabriel non era
ancora convinto e chiese: “Un tè vi avrebbe riconciliati?”
Isaia tentò: “Da una parte, non siamo
più in guerra con loro fin dalla grigliata in cui abbiamo preso i nostri
accordi; comunque, no, non sarebbe bastato a riconciliarci del tutto, nemmeno
se tu non ci avessi interrotti.”
“Perché non me ne hai parlato? Avresti
potuto informarmi.” replicò Antinori.
“Mi hanno invitato ieri sera, non vedevo
la necessità di telefonarti ed avvisarti, quando avrei potuto raccontarti tutto
oggi pomeriggio.”
“Fratellino” intervenne Gaspare “Quella
succube voleva che tu uccidessi Isaia, per cui non oso immaginare quali bugie
si sarà inventata per persuaderti, ma ti garantisco che lui è qui unicamente
per cercare di imparare a non odiare il probabile suo futuro cognato.”
Gabriel ci pensò un attimo e, sapendo
quanto quell’essere lo avesse ingannato, trovò altamente probabile che gli
avesse mentito anche in quello, per cui disse: “Sì, mi avete convinto.”
“Bene, allora organizzeremo una cena
tutti quanti assieme per una delle prossime sere.” poi spostò lo sguardo sul
seminarista e gli disse: “Tu no, Pigolo, i bambini non sono ammessi.”
“Pigolo?!” ripeté Stefano in un misto
stupore e ribrezzo “Questo da dove salta fuori?”
“Perché pigoli sempre, come un pulcino
tedioso!”
Il giovane lo guardò torvamente, ma
considerò inutile mettersi a discutere.
Gabriel disse: “D’accordo, va bene, ma
prima vorrei un paio di chiarimenti, Isaia: primo, da quando lanci fulmini?”
“Da ora.” rispose il gesuita che, fino
ad allora, non si era soffermato a pensare a quel dettaglio “Per essere più
preciso, mi capita qualcosa di simile quando esorcizzo, ma non credevo di poter
far ciò anche su persone normali.”
“Forse è perché non sono normale e c’è
qualcosa di demoniaco in me!” si rabbuiò parecchio Gabriel.
“Non lo pensare nemmeno!” esclamò
Stefano, che non voleva vedere triste il proprio maestro “In fondo i suoi fulmini
non ti hanno fatto male.”
Quanto avrebbe voluto raccontare la questione degli arcangeli!, ma ancora non
sapeva se poteva, se fosse il momento.
“Perché, allora, i demoni mi considerano
l’unico in grado di ucciderlo?”
“Perché sono ignoranti.” si limitò a
rispondere Serventi “Ora basta, l’argomento è chiuso: andatevene.”
Bonifacio uscì dalla stanza, senza
aggiungere altro. Gaspare fece gli onori di casa accompagnò gli altri alla
porta, anche se era stata distrutta e, dopo averli salutati, andò da Giuditta.
Isaia, uscendo dalla villa, sentì la
voce di Serventi nella propria testa dirgli: Impara a percepire le presenze
demoniache.