And
if I open my heart to you
And
show you my weak side,
What
would you do?
CAPITOLO II
Non
è nei vasti
campi o nei grandi giardini che vedo giungere la primavera.
È
nei rari alberi
di una piccola piazza della città.
Lì
il verde spicca
come un dono ed è allegro come una dolce tristezza.
-
Fernando Pessoa
Il sole pallido
illuminava il cielo in quel tiepido mattino, quando Katniss si
svegliò di
soprassalto, nel panico per l’incubo appena avuto, in cui la
ragazza era sdraiata
in una fosse profonda e tutti i morti che conosceva per nome sfilavano
davanti
a lei gettandole una palata di cenere a testa, mentre il grattare della
pala
dei morti continuava a rimbombarle nelle orecchie.
Fu così che, ancora
mezza addormentata, corse fuori di casa, per capire da dove venisse il
grattare
di una pala che l’aveva svegliata, proseguo
dell’incubo che l’aveva torturata
per tutta la notte.
Arrivò quasi di
corsa e si bloccò con la bocca leggermente aperta, come se
fosse l’ultima cosa
che si aspettava vedere Peeta Mellark con in mano una pala, mentre
zappava il
terriccio sotto la finestra di casa sua.
Il viso del ragazzo
era arrossato per lo sforzo a cui non era più abituato,
mentre alle sue spalle
c’era una carriola con cinque arbusti, con le radici ben in
evidenza.
-Sei tornato.-
Affermò spaesata,
continuando ad osservare il ragazzo di fronte a lei, come a controllare
se
fosse reale.
-Fino a ieri il
dottor Aurelius non mi ha permesso di lasciare Capitol City.-
Spiegò lui
tranquillo, aggiungendo poi, come se si fosse ricordato solo in quel
momento:
-Tra l’altro, mi ha
detto di dirti che non può continuare a fare solo finta di
curarti. Devi rispondere
al telefono.-
Concluse con un
mezzo sorriso.
La ragazza non
ascoltò con attenzione il tutto, in quanto troppo presa a
valutare l’aspetto
del amico, cercando di riconoscere il Peeta dei suoi ricordi in quella
figura
di fronte a lei.
Il biondo si accigliò
leggermente osservando l’amica, confuso nel vederla
così trasandata.
Prima che potesse
chiedere il perché però Katniss
sbottò, sulla difensiva:
-Cosa stai
facendo?-
Peeta lanciò una
rapida occhiata alla pala e agli arbusti, stupendosi che non fosse una
cosa
ovvia, e spiegò paziente:
-Sono stato nei
boschi, stamattina, e ho sradicato questi.-
Gli occhi di
Katniss si spostarono sugli arbusti, per poi tornare alla figura di
fronte a
lei.
-Per lei..-
Proseguì il
ragazzo, vedendo un guizzo negli occhi della vicina di casa, ben
sapendo che
lei avrebbe capito immediatamente per chi fossero.
-Pensavo che
potremmo piantarli lungo il lato della casa.-
L’attenzione di
Katniss venne nuovamente attirata dagli arbusti e si
soffermò un attimo a
studiarli, mentre una consapevolezza si faceva largo in lei.
Rose.
I nervi fragili di
Katniss stavano per cedere, quando invece si accorse che non si
trattava di
quella pianta ma di una “primrose”,
ossia una primula, si bloccò un momento.
Annuì a disagio,
non aspettandosi una tale sorpresa, quindi tornò di fretta
in casa, senza
nemmeno salutare.
Peeta rimase a guardarla
per qualche attimo, finché non sparì dietro
all’angolo.
Il ragazzo sorrise
divertito, tornando a concentrarsi sul suo terriccio.
Vedere Katniss era
stato semplice tutto sommato, non c’erano stati contatti
fisici o occasioni
particolarmente private, ma comunque non aveva avuto particolari
cedimenti.
Lei sembrava
essersi dimenticata che viva solo per colpa sua e non sembrava
serbargli
particolare rancore per quel fatto e questo lo faceva sentire parecchio
sollevato.
Impiegò
un’altra
oretta per riuscire a piantare i suoi arbusti, ma Katniss non
riapparve. La
sentì agitarsi dentro casa, ma non la disturbò
ulteriormente.
Non appena concluse
il suo lavoretto caricò la zappa nella carriola e le
lasciò davanti a casa,
entrando per buttarsi sotto la doccia.
Si sentiva bene
mentre l’acqua fresca lavava via il sudore, ma soprattutto si
sentiva
finalmente utile a qualcosa, dopo mesi e mesi in cui
l’avevano costretto a far
nulla o comunque nulla di utile, era stranamente appagato da
quell’azione
appena compiuta.
Non appena tornò in
cucina, rendendosi conto di avere una fame incredibile
perché era dalla
colazione del giorno prima che non mangiava, decise di uscire a
comprare qualcosa.
Uscì di casa
leggermente a disagio, perché sapeva cosa
l’aspettava nel distretto, e non
aveva idea di come avrebbe potuto reagire. Si accodò subito
ad un gruppo di
uomini che seppellivano i cadaveri emersi dalla neve, dirigendosi verso
la
vecchia panetteria.
Nessuno diede un
particolare peso alla sua presenza, dopo le prime occhiate curiose al
nuovo
arrivato.
Peeta si avventurò
quindi nella panetteria, pronto a quello che si sarebbe trovato davanti.
Ringraziò
mentalmente che qualcuno avesse già rimosso i corpi dei suoi
famigliari, perché
dentro i resti dell’abitazione vi era la desolazione.
Passò in tutte le stanze
non crollate, stando ben attendo a non causare danni e tirò
fuori qualche
oggetto che poteva ricordargli la sua infanzia, per conservarlo nella
sua nuova
casa.
Restò
all’interno
del forno per almeno un’ora, immerso nei ricordi e nel vuoto
che quella casa
stava lasciando nel suo cuore.
Non appena tornò
sotto la luce del sole venne fermato da un ragazzo che lavorava nelle
miniere,
con cui qualche volta aveva scambiato qualche parola fuori dalla
panetteria,
che si fermò davanti a Peeta.
-Mellark! Sei
tornato quindi?-
Domandò il
più
grande dei due, quindi Peeta rispose:
-Hey Khan! Sono
atterrato con un hovercraft ieri sera.-
Tra i due cadde un
attimo di silenzio, dovuto al disagio della situazione.
Era strano
incontrare i vecchi conoscenti in quello che sembrava l’ombra
del distretto in
cui si erano conosciuti.
-Un po’ traumatico
eh..?-
Domandò allusivo
Thom Khan, gettando un’occhiata alla vecchia panetteria.
-Eh già.. Ma mi ero
già preparato all’idea e i corpi non
c’erano già più, quindi è
stato meno
peggio del previsto.-
Spiegò il biondo
con un mezzo sorriso, mentre negli occhi dell’amico vedeva
passare un’ombra e
capiva che lui non era stato così fortunato.
In quel momento lo
stomaco di Peeta emise un gorgoglio sinistro e il più
vecchio dei due scoppiò a
ridere divertito, mentre il ragazzo del pane diventava rosso.
-Vieni a mangiare
qualcosa Mellark! Hai fatto colazione?-
Chiese allegro
Thom, felice di poter cambiare discorso, avviandosi poi verso il prato.
-Sinceramente no,
non avevo idea di dove comprare qualcosa.-
Spiegò a disagio
Peeta seguendo il ragazzo.
I due arrivarono in
un’abitazione relativamente integra, dove Peeta venne
invitato ad entrare e
dove consumarono un modesto pranzo.
-Mellark tu sai
fare il pane, no?-
Domandò Thom
improvvisamente, come se avesse collegato solo in quel momento che
essendo il
figlio del fornaio doveva aver imparato il mestiere del padre.
Peeta annuì mentre
masticava di gusto il pane raffermo che consisteva nel suo pranzo e
l’altro
propose:
-Se riuscissimo a
tirare fuori il forno dalle macerie potresti quindi preparare del pane?-
-Se avessi la
farina necessaria si.-
Rispose quello
semplicemente e quando vide il volto dell’amico illuminarsi
capì che la materia
prima c’era.
-Un attimo solo.-
Thom uscì di corsa
dalla casa e tornò dopo una decina di minuti con un piccolo
gruppo di uomini,
che Peeta riconobbe come vecchi abitanti del 12.
-Peeta, che piacere
rivederti.-
Lo salutarono
leggermente a disagio, non sapendo se il depistaggio del ragazzo
potesse
nuocere anche a loro com’era successo a Capital City.
-Buongiorno a
tutti. Cosa sta succedendo?-
Domandò un po’
allarmato il ragazzo, ma Thom, prendendo la parola tra il
chiacchiericcio,
spiegò:
-Hanno mandato un
bel po’ di farina da Capital City, ma nessuno di noi
è in grado di preparare un
buon pane come il tuo. Volevamo quindi proporti di preparare il pane
per tutti,
mentre noi sistemiamo la città. Ovviamente se ti va.-
L’uomo che aveva
parlato guardava apprensivo Peeta, che rispose con un sorriso:
-Certo, sarebbe un
immenso piacere per me.-
Il tono di Peeta
fece immobilizzare molti di loro, che rividero in quel sorriso e in
quegli
occhi azzurri il ragazzo che avevano conosciuto nel distretto, pronto
ad
aiutare chiunque, che possedeva una bontà insolita nel loro
distretto e che
aveva colpito nel profondo l’intera Panem.
Dopo i convenevoli
con i cittadini li presenti Thom riaccompagnò Peeta alla
vecchia panetteria,
mentre discutevano di dove avrebbero potuto collocare il nuovo forno.
-Prima ho visto
Katniss.-
Lanciò li il
più
grande dei due, studiando attentamente la reazione del ragazzo.
-I suoi capelli
com’erano?-
Domandò Peeta
d’impulso, ancora traumatizzato per la visione mattutina.
-I suoi capelli?-
Domandò Khan
visibilmente a disagio, mentre iniziava a pensare che il giovane avesse
veramente dei problemi mentali.
-Si, questa mattina
l’ho incrociata e aveva dei capelli spaventosi. Sembrava
avesse in testa un
nido d’uccello!-
Spiegò Peeta,
facendo ridere l’altro.
-No, erano normali,
aveva fatto la treccia.-
-Per fortuna!-
Osservò Peeta
rilassato, facendo tranquillizzare anche l’altro.
-Ora porto queste
cose nell’altra casa.-
Annunciò il giovane
indicando la carriola riempita dei pochi oggetti recuperati dal forno,
per poi
concludere:
-Poi torno ad
aiutarvi.-
-Stai tranquillo,
forse hai bisogno di riposo.-
Rispose Thom con un
sorriso, seriamente felice di aver ritrovato il figlio del panettiere
ancora in
forma.
-No, tranquillo.
Preferisco tenermi occupato il più possibile!-
Si giustificò Peeta,
avviandosi verso il villaggio dei vincitori dopo aver salutato con un
gesto del
capo l’amico.
La giornata
trascorse tranquilla e quando tutti convennero che fosse arrivata
l’ora di
tornare a casa per cenare Peeta decise che era giunto il momento di
andare a
trovare il suo mentore.
La casa da fuori
pareva disabitata dalla situazione di degrado in cui versava, ma la
fioca luce
del camino acceso filtrava dalle pesanti tende tirate.
Peeta bussò quindi
alla porta e non ricevendo risposta aprì ed entrò
nella casa. Venne subito
investito da un prepotente odore di alcool e di chiuso, quindi si
diresse a
colpo sicuro in salotto dove vide Haymitch stravaccato su una sedia
mentre
canticchiava una canzone, palesemente ubriaco.
-Hey Haymitch!-
Salutò allegro
Peeta avvicinandosi all’uomo, che non lo degnò di
considerazione.
-Ti trovo.. Bene,
tutto sommato! Sei ancora vivo per lo meno!-
Scherzò il ragazzo
del pane accomodandosi sul divano dopo aver scostato un po’
di bottiglie, nella
speranza di attirare l’attenzione dell’uomo, ma non
ottenendo successo
aggiunse:
-Si sentiva proprio
la mia mancanza! Tra te e Katniss penso siano mesi che non vi
pettinate!-
Scherzò ancora il
giovane, quando finalmente Haymitch si informò:
-E’ ancora intera?-
-Si, questa mattina
l’ho vista e non ho neanche cercato di ucciderla!-
Scherzò nuovamente
il biondo, riuscendo finalmente a catturare l’attenzione di
Haymitch.
-Quindi ti sei
ripreso?-
Domandò quello
scettico, mentre lo osservava con gli occhi appannati per colpa del
troppo
alcool.
-Bene o male.. Ma a
quanto vedo ci si riprendeva meglio a Capital City che non qui nel
Dodici!-
Concluse il biondo
scoppiando in una risata, a cui si aggiunse dopo qualche istante anche
Haymitch.
Il mentore non
sapeva come mai stesse ridendo, in fondo cosa poteva esserci di
divertente in
quella situazione?
Eppure Peeta aveva
portato una ventata fresca con la sua presenza: era
arrivata la primavera.
***
Gli occhi di
Katniss si dilatarono leggermente nel vedere entrare in casa sua quel
ragazzo
la mattina seguente.
Si presentò con una
pagnotta ancora calda in mano e un sorriso incoraggiante stampato sulle
labbra.
-Buongiorno
Katniss.-
Annunciò allegro,
accomodandosi al tavolo di fronte alla ragazza.
Lei rispose con un
semplice “Ciao” e si lasciò cadere sulla
sedia.
Gli occhi della
ragazza erano spenti, avevano perso quella lucentezza che la
determinazione
aveva sempre illuminato.
Le guance erano
piuttosto scavate e anche le curve che avevano sempre contraddistinto
Katniss
sembravano sparite.
Sae La Zozza servì
su entrambi i piatti delle fette di pancetta e della frittata. Subito
Peeta
divise in due la pagnotta e ne porse alla ragazza metà, che
la prese
biascicando un grazie.
Un sorriso
divertito apparve sul volto del ragazzo quando notò che
stava passando la
pancetta a Ranuncolo anziché mangiarla, ma non le disse
nulla.
Il telefono squillò
in quel momento e, vedendo che la padrona di casa non sembrava
intenzionata a
rispondere, Peeta si alzò e prese il ricevitore, rispondendo.
-Peeta, sei tu?-
Chiese una voce
nota dall’altro capo, quindi il ragazzo con un sorriso
ribatté:
-Buongiorno
dottore! Sono a far colazione da Katniss!-
-Ecco perché ha
risposto qualcuno, ormai pensavo che non avrebbe mai risposto nessuno a
questo
numero.-
Osservò il dottor
Aurelius con tono ironico, facendo sorridere il suo interlocutore.
-Le passo Katniss
se vuole!-
Dopo la conferma
dall’altro capo Peeta trascinò la padrona di casa
alla cornetta e gliela
posizionò in mano, annunciando poi:
-Katniss io vado a
distribuire il pane. Ci vediamo nel pomeriggio se ti va.-
Quella annuì con
sguardo ancora un po’ assente, quindi si concentrò
sulla pedante voce del
dottor Aurelius.
-Allora Katniss,
come procede? Ho saputo che sei uscita dal tuo bozzolo di letargo.-
Domandò quello
allegro, ritenendo di essere molto simpatico.
-A quanto pare. Ma
penso che ci tornerò presto.-
Lo informò lei
glaciale, irritata da tutta quella ilarità.
-Su, non demordere
ora. Potresti iniziare a fare le cose in modo meccanico, tipo mangiare,
andare
a caccia, magari prendere un po’ di sole.-
Propose l’uomo
moderando il tono, nella speranza che la ragazza non riattaccasse la
cornetta
senza un’altra parola.
-Ci proverò.-
Promise Katniss
prima di riattaccare. Sospirò profondamente, per poi andare
a prendere il suo
arco per andare a caccia, quindi dopo pochi minuti uscì di
casa diligentemente
e si avviò verso il prato.
Passando per la
città sentì una risata, che riconobbe
immediatamente, presto seguita da altre
simili.
A quanto pareva
Peeta era riuscito a portare un po’ di gioia con il suo
arrivo.
Katniss ispirò a
fondo l’aria fresca e proseguì verso il prato, con
una nuova consapevolezza.
La
primavera del Distretto 12 era veramente arrivata.
-
To be continued.