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Autore: Punkie Vampire    05/10/2008    4 recensioni
Do you remember when we met?
Una ragazza, di nome Jamia, viene violentata.
Un ragazzo, di nome Frank, la salva.
E poi, anni dopo, si amano.
DISCLAIMER: personaggi di questa storia non mi appartengono e ciò che fanno è solo una mia invenzione!!!
The Ne è tornata!!!
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Frank Iero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Please, love me. », and To The End.

Ricordo alla perfezione ogni piccolo, insignificante, minuscolo particolare di quel giorno, dall’ora, alla sfumatura rossa del cielo, a quella accesa che aveva il viso di mio padre, al colore del sangue di mia madre, al sapore della paura sulla mia lingua. Amaro, salato, insopportabile.
Era il 13 ottobre.
Mio padre era ubriaco, come sempre ultimamente: era stato licenziato e ogni giorno usciva di casa alle 16.00 per tornare a casa alle 23.30, pronto per picchiare mia madre e spesso anche me. Ovviamente non era un orologio che scattava alla tal ora, logico. Però si era abituato così, e più o meno gli orari erano quelli. Mai ritardi o anticipi di più di mezz’ora.
Dopo che mio padre iniziò a frequentare i pub, io dovetti trovarmi un lavoro. Mamma lavorava già come segretaria di un ufficio legale. Una famiglia mi assunse il martedì, il giovedì e il venerdì per badare ai bambini. Un’altra il mercoledì per i bambini e il sabato per la spesa. Ogni mattina mi svegliavo alle 5 per andare a distribuire i giornali prima di scuola. Il lunedì e la domenica studiavo come una matta per tutta la settimana.
Il 12 ottobre a mezzanotte passata, papà non era ancora tornato. Non sapevamo cosa aspettarci, e non riuscimmo a dormire.
La mattina dopo non si era ancora fatto sentire.
Io feci il mio solito giro coi giornali, andai a scuola, e mia madre andò normalmente al lavoro.
Ma quando tornò, anche lui era tornato, stava aspettando davanti alla porta dell’appartamento.
Le prese bruscamente le chiavi dalla mano e aprì la porta, non senza difficoltà. Trascinò in casa mia madre e, dopo averla picchiata a sangue, la violentò sul pavimento dell’entrata.
Quando, alle 19.15, tornai a casa, aprii la porta e vidi la scena. Mia madre sotto a mio padre, in una pozza di sangue denso, rosso scuro, il colore che secondo me ha la morte, gli occhi di mamma chiusi, quelli di lui velati di pazzia.
Mi guardò, si alzò e lasciò mia mamma a gemere nuda nel sangue.
Chiuse la porta dietro di me e mi strappò la giacca. Mi spinse a terra, senza trovare resistenza, e si mise a cavalcioni su di me.
Non mi spogliò nemmeno. Forse era un qualche istinto paterno. Mah, a me piace pensarla così…
Mi tirava schiaffi. Poi mi alzò, e scorsi l’orologio: 20.17. Mi tirò un pugno facendomi cadere. Mi rialzò, facendomi volare. Un altro pugno. Un altro. Ancora uno. Di nuovo. 21.23, diceva l’orologio quando, disperata, cercai di scappare. Ma dove? Ero imprigionata in casa mia.
Mi fermò con un pugno nello stomaco davanti alla grande finestra della sala. Era una di quelle che occupano un’intera parete. -Lurida sgualdrina!-, gridò, e mi spinse verso la finestra, che si ruppe. Caddi.
Abitavamo al 30° piano di un grattacielo a Belleville.
I piani pari e il piano terra avevano sul lato est una finestra che occupava l’intera parete di una stanza. Nel mio caso, la sala. Dal lato ovest c’era una terrazza.
I piani dispari avevano la finestra a ovest e la terrazza a est.
Prima di lui sbattei contro molte terrazze.
Lui abitava all’11° piano, e alle 21.25 stava appoggiato alla ringhiera. Mi sentì urlare.
Guardò su, e vedendomi cadere, si preparò.
Io, in seguito alle botte, avevo quasi perso i sensi, ma ogni nuovo colpo mi risvegliava, sempre. Lui mi afferrò per un braccio, miracolosamente; sentii che la spalla mi si era slogata.
Gridai.
-No, no, ti prego, non gridare.-, disse lui.
lo guardai. Aveva i capelli castani, spettinati e occhi fra il verde e il nocciola, come di un albero, con un’espressione decisamente preoccupata.
Mi alzò, e urlai e urlai, compiacendomi dei suoi “Shhh” di protesta. Poi mi appoggiò a terra, la schiena alla ringhiera, lasciandomi sola a tremare, con lo schifoso sapore di bile in bocca. Simile a quello della paura.
Tornò dopo del tempo indeterminato assieme ad una donna molto simile a lui.
-Oh cielo!-, strillò quando sollevai gli occhi per vederla. –Frank, vai immediatamente a chiamare un’ambulanza!!
Si avvicinò. –Ehi, ehi, mi senti?-. mi accarezzò la spalla slogata. Lanciai un urlo. –Mi dispiace…-, mormorò, continuando a pungolarmi, per tenermi sveglia.
-Mamma, che fai?!-, disse la sua voce dopo un poco.
-Hai chiamato?
-Sì, saranno qui a secondi. Spostati.
Finalmente, la mano smettè di torturarmi, sostituita quasi simultaneamente da un tocco leggero, e fresco, e delicato, e piacevole. Aprii gli occhi, e li alzai a guardare il suo volto, di quel ragazzo che mi aveva salvato la vita. Tutta la vita. Un sorriso preoccupato gli sollevò gli angoli della bocca.
Mi sussurrò parole che non sentii, o semplicemente non ascoltai, troppo presa dal suono di una voce preoccupata, per me. E dal dolore, ovvio.
Poco dopo, almeno così mi dissero, a me era parso un tempo interminabile, arrivò l’ambulanza e io ebbi finalmente il diritto di addormentarmi.

Mi svegliai parecchio tempo dopo, in una sala bianca, candida, su uno scomodo lettino d’ospedale.
E vidi subito lui, chino su di me.
-Mi hai salvata…-, dissi. E tossii, sorpresa da quanta fatica e quanto male mi era costato farfugliare tre stupide semplici parole.
-Shhh. Non sforzarti di parlare. Mi basta che tu respiri-, sorrise.
Masochista fedele, lo ignorai. –Grazie non è abbastanza. Cosa mai potrò fare?
-Amami.-, disse.
E sul suono dolce di quella parola, scossa, mi addormentai.

Ci amammo allora,
Ci amiamo ancora
E ci ameremo per sempre.


-Jamia, vuoi tu diventare moglie di Frank, amarlo e onorarlo fino a che morte non decida di separvi?-, mi chiede il parroco.
-Sì, lo voglio.-, rispondo sicura.
-E tu, Frank, vuoi essere il marito di Jamia, per amarla e onorarla fino alla morte?-, gli domanda.
-Sì, lo voglio.
-Allora io vi dichiaro marito e moglie! Potete baciarvi.-, sorride, gioviale.
Poi il mio unico amore posa le sue labbra sulle mie.



THE END

*******
Eccomi. Nene è tornata. Eh già… non ero morta.
E’ che l’estate non ha portato con sé grande ispirazione, questa shot è pressoché tutto.
Ditemi che ne pensate!! Vi ringrazio in anticipo!!!!

PS: per le lettrici dell’altra mia fanfic (this song is for you): ho postato parecchio tempo fa il capitolo 12. Per favore, andate a vedere, e rispondete alla domanda all’inizio.. altrimenti non vado più avanti ^^’ Ciau, grazie mille!!
  
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