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Autore: Little Redbird    25/09/2014    1 recensioni
Poco tempo dopo l'atterraggio di ciò che rimane dell'Arca, Clarke fa una scoperta che la porta a scappare nella foresta, e indovinate un po' chi le correrà dietro?
La fissò intensamente, com’era solito fare quando voleva comunicarle quello che succedeva nella sua testa ma che non era in grado di dire. Clarke lo guardò ferita. In qualche modo, lo sguardo di Bellamy riusciva sempre a ferirla.
 [I] Walking out into the dark  
 [II] It matters all the heart 
 [III] The night was all you had 
[IV] You ran into the night; you can't be found
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[I] Walking out into the dark



Qualcuno correva come un fulmine fuori dalla sua tenda e Bellamy uscì all’istante, preoccupato che ci fosse qualcosa che non andava. La piccola figura di Clarke si allontanava verso la barriera, ignorando tutti quelli che le bloccavano la strada.
“Che succede?” domandò ai presenti.
A rispondergli fu Octavia, che gli si avvicinò con sguardo triste e gli sussurrò all’orecchio: “Raven è incinta. È di Finn.”
Bellamy la guardò con i suoi occhi scuri, così simili a quelli di lei, e cercò di non dare di matto. Raven era incinta di Finn?
“Devo andare a riprenderla” rispose a sua sorella.
“Ha chiesto di restare sola.”
“È pericoloso lì fuori, Octavia” le ricordò. “Vado a riprenderla.”
Octavia sorrise per la determinazione che leggeva nello sguardo di suo fratello. Lo abbracciò forte, sperando che la trovasse presto. “È tutta tua” mormorò col sorriso sulle labbra.
Bellamy non capì ma non si lasciò distrarre. Iniziò a correre in direzione di Clarke, sfrecciava tra gli alberi come se ne valesse della propria vita. Sentiva il cuore accelerare ad ogni suo passo, il sangue che pompava nelle sue vene, lungo le braccia forti, ed il suo rimbombo nelle orecchie, coperto dai suoni delle foglie che calpestava e degli animali notturni. Era buio pesto, tutto ciò che poteva vedere erano gli alberi a pochi centimetri da sé e le poche cose che la luna, coi suoi raggi tenui, riusciva ad illuminare attraverso le fitte chiome della foresta. Accelerò la corsa, ansioso di trovare al più presto Clarke, probabilmente disarmata e scossa dalla scoperta.
Ma se c’era una cosa che la principessa gli aveva insegnato, era avere speranza. Ed eccola lì, a pochi metri da lui, coi capelli biondi che luccicavano alla luce delle stesse.
Finalmente, col fiato corto e le cosce doloranti, poté rallentare il passo, non voleva spaventarla.
Si avvicinò silenzioso a lei, ma prima che potesse avvicinarsi abbastanza da chiamarla, vide il giubbotto a terra, poco distante da lui. Erano a pochi gradi sopra lo zero e lei si spogliava nel bel mezzo della foresta?
Clarke si tuffò nella pozza buia sotto di sé - probabilmente il fiumiciattolo che sfociava nel mare, poco distante da loro.
“Ma che fai, Clarke?”
Clarke riemerse dall’acqua scura e lo fissò infastidita.
“Che ci fai qui?” chiese stringendo le braccia tremanti al petto.
Già. Che cosa ci faceva lì? Perché l’aveva seguita? Cosa diamine poteva mai dirle lui per convincerla a tornare al campo?
La fissò senza dire nulla, imbarazzato dal suo stesso silenzio. Scollò le spalle.
Clarke scosse la testa. “Vattene, Bellamy.”
“Va bene” acconsentì allargando le braccia in segno di resa. “Ti accendo un fuoco e vado via.”
Si chinò per raccattare qualche ramo, ma la sua voce lo distrasse.
“Posso farlo da sola.”
“Congelerai mentre ci provi” le rispose, poi tornò al suo proposito.
Quando ebbe raccolto sufficiente legna per scaldarla, Bellamy strofinò forte i rami con cui l’avrebbe accesa, e solo allora capì. Riuscì finalmente a capire perché era lì: per lo stesso motivo di Clarke. Quel bambino avrebbe potuto sconvolgere la sua vita, avrebbe potuto essere suo.
Bellamy soffiò furioso sulla scintilla, che diede finalmente fuoco alla legna.
“Che c’è?”
La voce di Clarke era vicina, proprio dietro di lui.
“Niente.”
“Come vuoi.”
Si voltò a guardarla. Addosso aveva solo la biancheria ed una canotta. Si sfregava le mani davanti al piccolo fuoco che li divideva. Aveva un’espressione stranamente serena, considerando che aveva appena rischiato di morire congelata. Il bagno aveva dovuto farle bene.
“Credevo tu fossi un po’ fuori di testa, ma è evidente che mi sbagliavo: sei completamente pazza.”
Clarke scosse la testa, alzando gli occhi al cielo, nella sua tipica espressione che voleva dire “Sto parlando con Bellamy, ovvio che senta stupidaggini”. Espressione che riservava soltanto a lui - e non era sicuro se doverne essere fiero.
“Come ti viene in mente di fare il bagno nuda con queste temperature? E, soprattutto, c’è una legge, al campo, che dice che devo essere invitato a tutti i bagni nudi.”
Clarke, suo malgrado, sorrise. “I vestiti si sarebbero bagnati e sarei congelata fuori dall’acqua. E no, non sei invitato neanche al prossimo bagno.”
“Ce ne sarà un altro?” chiese con divertito stupore. “Devo tenerti d’occhio un po’ di più, Principessa.”
Clarke sbuffò, raccogliendo i vestiti ed infilandoli in tutta fretta.
“Odio quando mi chiamate così.”
“Lo so. È per questo che è divertente.” Le fece l’occhiolino.
Si stava infilando le scarpe e fece finta di non sentirlo. Si alzò, pronta a tornare indietro e fare finta che nulla fosse successo.
“Ehi.” Bellamy le afferrò un braccio e la tirò di nuovo giù, vicino a lui. “Senti, non starci troppo male, ok?”
“E questo cosa dovrebbe significare?”
“Per la storia del bambino” rispose scrollando le spalle.
Clarke deglutì nervosa. “È complicato.”
“No, Clarke” disse accentuando il suo nome. “Non lo è. Non lo è affatto.”
“Tu non capisci.”
La fissò intensamente, com’era solito fare quando voleva comunicarle quello che succedeva nella sua testa ma che non era in grado di dire. Clarke lo guardò ferita. In qualche modo, lo sguardo di Bellamy riusciva sempre a ferirla.
“Raven aspetta un bambino. Un bambino che sta per nascere in un mondo in guerra, Clarke. Un bambino che ha bisogno di un padre senza casini nella testa. Se Raven dice che è di Finn devi metterci una pietra sopra, non sei costretta ad aiutarla a crescerlo.”
Clarke sospirò e abbassò lo sguardo. Com’era finita a stringere la mano a Bellamy? Chiuse gli occhi e la strinse forte.
“Non è il bambino” disse.
Bellamy stava guardando le loro mani.
“Non posso odiare il bambino. È il primo umano proveniente dall’Arca che nasce sulla Terra, sarà una speranza per tutti. Non posso odiarlo, e mi lascerò coinvolgere. Non voglio complicare le cose tra Raven e Finn. Non voglio che mi spezzi il cuore ancora una volta.”
Bellamy ammutolì di fronte a quella confessione sussurrata. Si portò al petto le loro mani ancora intrecciate e rifletté un attimo prima di parlare ancora.
Prese l’altra mano di Clarke e la poggiò delicatamente tra i suoi seni, provocandole dei brividi lungo il polso e l’avambraccio.
“Lo senti, Clarke?” domandò in un sussurro soffocato dalle fiamme. “Potrà essersi spezzato, ma è ancora lì. Il tuo cuore è lì che batte; lo senti, principessa?”
Clarke annuì lentamente. Sentiva il cuore che batteva lento contro la sua gabbia toracica e rimbombava contro le loro mani. Ma sentiva anche il cuore di Bellamy, contro l’altra sua mano, e le sembrava che seguisse il ritmo del suo. Sollevò lo sguardo e incontrò quello di lui, nero ed intenso come una notte senza stelle. Stava davvero ricevendo consigli sui ragazzi da Bellamy Blake?
In una notte fredda ed assurda come quella, con il crepitare del fuoco in sottofondo ed i battiti sincronizzati sotto i palmi delle sue mani, Clarke credette che il primo miracolo di quel bambino fosse già avvenuto.
Sorrise a Bellamy, di quel sorriso che lui sapeva interpretare e ricambiare, ma Bellamy non sorrise, la stava guardando intensamente, ed iniziava a spaventarla.
“Mi dispiace” le disse, prima che lei potesse chiedere cosa non andava.
“Cosa?” domandò confusa.
Bellamy le accarezzò una spalla, spezzando il ritmo dei loro battiti.
Era riuscito a far ragionare Clarke, l’aveva forse convinta a tornare a testa alta, ma ora toccava a lui evitare il suo sguardo e vergognarsi di quello che avrebbe pensato di lui. C’era la possibilità, seppur vaga, che il bambino fosse suo, e quando Clarke l’avrebbe saputo tutto quello che avevano costruito in quei mesi si sarebbe sgretolato in un secondo.
Non glielo avrebbe detto, decise. Raven non avrebbe rischiato di perdere Finn confessando di essere stata con lui.
Scosse la testa, sorridendo malizioso. “Mi dispiace che tu ti perda lo spettacolo di me nudo che faccio il bagno.”
Clarke sorrise di nuovo. “Tu sei più fuori di me, Bellamy.”
Bellamy sorrise a sua volta, di un sorriso sincero stavolta. “Mi piace come lo dici.”
“Cosa?” domandò.
“Il mio nome” rispose. “Lo pronunci proprio da principessa.”
Clarke si alzò sospirando, subito seguita da Bellamy.
“Ed io ho mentito” disse, mentre l’altro spegneva il fuoco.
“Riguardo cosa?”
“Mi piace il modo in cui mi chiami principessa. Gli altri lo fanno sembrare molto più malizioso ed antipatico. Tu lo pronunci con dolcezza, mi piace.”
Bellamy le sorrise ancora. “Come ti pare, principessa.”
“Non approfittarne, Bellamy.”
Lasciò che la prendesse per un polso - prenderla per mano era troppo mainstream per il re del campo - e tornarono indietro, con tutta la calma del mondo, entrambi a testa alta.
 




 



Hello, people!
Che v’avevo detto? Mi odierete, troverete una fic al giorno. Vi sommergerò di Bellarke. Dio, quanto li shippo!
Il titolo viene da Laura Palmer, dei Bastille, che ha fatto da sottofondo alla stesura di questo delirio. Se non la conoscete avete vissuto sull’Arca fino ad ora.
Insomma, se Raven fosse incinta ci sarebbe davvero una possibilità che sia di Bellamy, no? Preservativi non ne ho visti in quell’episodio. Anyway, se mi va, domani mi metto all’opera per scrivere un altro piccolo capitolo, tanto per non lasciarla così.
Grazie alle dolcissime due recenstrici(?) che hanno, appunto, recensito la mia prima OS su questi due patati. È tutta colpa vostra se sono tornata.
 
A presto,
Red.
   
 
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