Lo stava osservando da un po’ e si era reso conto che qualcosa non andava in Nitori. Non era lo stesso, era sempre serio, distaccato, con quell’aria triste – anche se cercava di nasconderla, ma a Momotarou non era sfuggito quanto false suonassero le sue risate – se ne andava sempre presto dopo gli allenamenti e, in generale, sembrava evitare di restare intorno agli altri troppo a lungo.
Aveva cercato di avvicinarlo già un paio di volte per cercare di chiedergli se andasse tutto bene, ma l’altro si era sempre defilato con una qualche scusa, e una volta gli aveva anche quasi urlato contro di lasciarlo in pace.
Per questo aveva rinunciato, o almeno così sperava Nitori, ma tempo dopo, dato che la situazione persisteva, e che Momotarou non ce la faceva più a vederlo così, fece un altro tentativo.
Ogni volta che era solo, o almeno credeva di esserlo, Nitori sembrava ancora più triste.
Anche quel giorno, quando entrò in camera, aveva quella stessa espressione. Espressione che naturalmente ebbe premura di cambiare immediatamente non appena si rese conto della presenza dell’altro.
Momotarou dovette chiederglielo, fu più forte di lui.
«Ehi,
Nitori-senpai, c’è
qualcosa che non va?»
«Eh?
No, no. Cosa te lo fa
pensare?» rispose l’altro con una risatina e un
sorriso un po’ forzati.
«Beh…»
cominciò Mikoshiba, «Sembri
un po’ giù di morale
ultimamente…» provò a spiegare,
avvicinandosi al suo
senpai di qualche passo, mentre l’altro
indietreggiò appena.
«Di’
un po’, non è che ti sei
ammalato? E’ così? Stai male?»
insistette, facendo per appoggiare una mano
sulla fronte di Nitori, che però, imbarazzato e leggermente
rosso in volto, lo
scansò prontamente, non appena gli ebbe spostato i capelli.
«Sto
bene. Davvero, sto bene.»
cercò di rassicurarlo con tono più
tranquillizzante possibile, anche per farsi
perdonare del gesto così brusco di pochi istanti prima.
Momotarou
non sembrava
convinto e lo fissò per alcuni secondi, indeciso se
credergli o meno. Del resto
non era la prima volta che Aiichiro cercava di sviare
l’argomento e di negare.
Ci pensò su un attimo. Forse la salute non era il problema,
e quindi?
«Allora
hai avuto problemi, è
successo qualcosa agli allenamenti? Hai forse litigato con qualcuno?
Con
Rin-senpai, forse?» azzardò a domandare,
abbastanza sicuro che quest’opzione
fosse probabile e avesse anche un senso.
Nitori
si sentiva sempre più
a disagio, sentendosi tempestare con tutte quelle domande. Avrebbe
voluto
semplicemente essere lasciato in pace, ma non sapeva come fare a farlo
capire
all’altro con cortesia. Non voleva gridargli di lasciarlo in
pace o fare una
scenata o altre cose del genere. Capiva che Momotarou era solo
preoccupato per
lui e se questo da una parte gli scaldava il cuore,
dall’altra lo metteva
ancora più in imbarazzo.
Scosse
forte la testa.
«No,
non c’entra questo.»
«Ma
allora…» cominciò
Mikoshiba, in parte deluso di non aver ancora scovato la causa del
malessere
dell’altro. Si fece pensieroso e fece ancora qualche passo,
avvicinandosi
ancora di più a Nitori e arrivandogli davanti. Poi il suo
viso si illuminò: sta
volta era convinto di aver fatto centro.
«Saranno
mica… problemi di
cuore, senpai?»
Dall’espressione
esterrefatta
e dalle gote paonazze dell’altro capì di aver
indovinato, finalmente.
Sghignazzò
tra sé per la
soddisfazione. Quel suo gongolare infastidì un po’
Aiichiro, che si vide
completamente colto in fallo e ora non sapeva davvero più
come uscire da quella
situazione.
Sarebbe
stato inutile
negarlo. Si rendeva conto di essere arrossito perché sentiva
la propria faccia
andare a fuoco e sapeva anche di essersi lasciato sfuggire
un’espressione
stupita, ma non aveva potuto farci nulla: era stato colto di sorpresa,
non
aveva avuto tempo di trattenersi.
Subito
dopo, la situazione si
ripeté, e fu di nuovo colto di sorpresa dalle parole del
compagno di stanza.
«Io
posso aiutarti! Posso
darti qualche consiglio, anzi, ti prego, dimmi qual è il
problema, così forse
potrò aiutarti!» esclamò con fare
entusiasta, stringendo i pugni davanti al
petto.
Nitori
si rese conto di stare
sudando freddo in quel momento, ma cercò di mantenere la
calma. Si schiarì la
voce e recuperò un po’ di compostezza –
anche perché era ormai stato messo al
muro, sia letteralmente che figurativamente, e quindi era appoggiato
con le
spalle alla parete come se cercasse di scappare attraverso di
essa… insomma,
non la trovava una posizione dignitosa.
«Ti
ringrazio, ma non mi
serve aiuto.» proclamò solennemente, sperando di
risultare almeno vagamente
convincente.
Naturalmente,
l’altro non si
scompose minimamente ed era lontano più che mai
dall’abbandonare il suo
proposito di liberare il suo senpai da quella tristezza che
evidentemente lo
attanagliava a causa di questioni amorose.
Come
se Nitori non avesse
detto nulla, continuò.
«Andiamo,
Nitori-senpai! Non
c’è da vergognarsi a chiedere aiuto per queste
cose!» esclamò con una risata.
A
quel punto Nitori cedette
ed ogni suo tentativo di risultare educato e distaccato
crollò definitivamente.
Spintonò
Momotarou quel che
bastò ad allontanarlo a sufficienza per farsi spazio e si
affrettò a
raggiungere la porta, gridando a denti stressi qualcosa che alle
orecchie
dell’altro suonò come “adesso
basta”.
Momotarou
non ebbe tempo di
pensare, sapeva solo che proprio ora che aveva fatto dei progressi ed
era
riuscito a far aprire il senpai, l’opportunità
stava scemando e lui stava per
uscire dalla stanza e probabilmente correre via, quindi doveva fermarlo.
Repentinamente
lo afferrò per
un braccio con un movimento brusco, cogliendolo completamente di
sorpresa, e
tirandolo indietro per poi farlo sbattere con la schiena contro il muro
e
tornare nella posizione iniziale.
Ancora
confuso su cosa fosse
successo, Nitori ci mise qualche frazione di secondo a capire come
fosse
tornato lì e fissò l’altro negli occhi
dorati con la bocca ancora semiaperta per
la sorpresa e per il leggerissimo dolore per la botta subita.
Momotarou
stesso si ritrovò
sorpreso da quel suo gesto e per un momento non seppe spiegarselo
neanche lui.
Dato che non aveva avuto tempo di pensare, non aveva neanche avuto
tempo di
trovare qualcosa da dire dopo – cioè ora
– e l’altro continuava a fissarlo
aspettando una risposta che gli spettava di diritto a quel punto.
Si
riprese e scosse Nitori
per una spalla, mentre con l’altra mano gli stringeva ancora
il polso.
«Nitori-senpai!
Non posso
permetterti di scappare via, ho bisogno che tu mi dica qual
è il problema! Io
voglio aiutarti, non ce la faccio più a vederti sempre
così giù, perciò ti
prego. Se c’è qualcosa che posso fare, chiedimi
pure ciò che vuoi!» si ritrovò
a gridare praticamente tutto d’un fiato, tanto che alla fine
dovette anche
riprendere un bel respiro.
Dentro
di sé, o almeno in
qualche parte nella sua testa, Nitori era combattuto se ridere di cuore
per
quella reazione o arrabbiarsi ancora di più.
Per
prima cosa, decise,
doveva ristabilire il controllo, quindi strattonò il
braccio, liberandosi dalla
presa. Poi si rilassò un po’, o almeno ci
provò, e rise brevemente,
massaggiandosi il polso che era stato stretto fino a poco prima.
«Apprezzo
molto la tua
gentilezza, Momo, ma…» non fece in tempo a
cominciare a parlare che si sentì di
nuovo afferrato e trascinato.
Momotarou
sedette sul letto e
lo fece sedere accanto a lui. Gli appoggiò una mano sul
ginocchio e lo fissò
negli occhi, annuendo leggermente per incoraggiarlo a parlare.
Nitori
si rese conto che non
aveva molte speranze di tornare indietro. Si disse che tanto valeva
parlare,
anche perché ormai iniziava a vacillare e non sapeva se
avrebbe resistito se
non si fosse sfogato subito con qualcuno. Certo, Momo era decisamente
l’ultima
persona con cui avrebbe voluto affrontare l’argomento, ma
pensò che se fosse
rimasto sul vago non avrebbe fatto troppi danni.
Col
cuore che gli batteva
all’impazzata e le mani lievemente tremanti, fece alcuni
respiri e si preparò a
parlare.
Mikoshiba
intanto continuava
a guardarlo e si illuminò quando capì che
l’altro aveva smesso di resistere e
che avrebbe parlato.
«C’è
questa persona che mi
piace… siamo molto vicini, ma lei è innamorata di
un’altra persona…» cominciò
con voce leggermente tremante, completamente sopraffatto da tutte le
emozioni
che provava.
Paura,
innanzi tutto. Tanta
paura. Poi una sorta di irrazionale euforia, imbarazzo, e perfino un
po’ di
sollievo, senza contare, ovviamente, il tremendo groppo al cuore.
Momotarou
osservò le sue
guance rosse e i suoi occhi azzurri lievemente lucidi che sembravano
ancora più
brillanti del solito, e sentì di provare una sincera pena
per il suo senpai.
Ora come non mai non poteva non capire esattamente cosa
l’altro stesse
provando. Ignorò i battiti accelerati del proprio cuore e
sorridendo
leggermente annuì ancora, per invitare l’altro a
rivelare altri dettagli.
Ora
che aveva cominciato a
parlare, Nitori si sentiva più sicuro. Non è che
non avesse più paura, ma era
come se quella strana euforia avesse preso il sopravvento sulle altre
emozioni
ed ora si sentiva perfettamente in controllo sulla situazione e sentiva
di
poter fare di tutto. Il che, ovviamente, vuol dire che non aveva la
più pallida
idea di cosa stesse facendo, perché il suo cuore batteva
così forte che lo
sentiva rimbombare nella testa, era come se potesse sentire il sangue
pompare
nelle vene dentro il suo cervello e non capiva più nulla.
Sudava freddo ancora
peggio di prima e le mani e le gambe gli tremavano così
tanto che non riusciva
a tenerle ferme e si preoccupò che l’alto potesse
notarlo. Per dissimulare un
po’ provò a cambiare posizione, accavallando una
gamba.
Avrebbe
voluto continuare e
dire qualunque cosa, ma sapeva di dover misurare le parole e non sapeva
come
fare ad aprire di nuovo bocca senza dire troppo.
Momotarou
attese un po’ e poi
capì che l’altro non avrebbe detto più
nulla al momento, quindi decise di
parlare.
«Di’
Nitori-senpai, questa
persona è per caso Rin-senpai?»
Nitori
fu molto sorpreso da
quelle parole, principalmente perché non si aspettava che
l’altro parlasse, e
poi perché di tutte le cose che avrebbe potuto sentirsi
dire, a quella non
sapeva come rispondere.
Mikoshiba
notò l’esitazione
dell’altro e colse l’occasione per spiegarsi meglio.
«Perché
so che ha una
relazione con Sousuke-senpai… oppure con Nanase
dell’Iwatobi, non è così? Forse
entrambi? Mi fa confusione--»
«Rin-senpai
non c’entra
niente!» esclamò improvvisamente Nitori,
interrompendo l’altro. Parlare della
complicata vita sentimentale di Rin-senpai in quel momento era
l’ultima delle
sue preoccupazioni – e poi quell’insistenza gli
aveva fatto prendere la
decisione di essere sincero. Era stato in dubbio se mentire dicendo di
essere
innamorato di Rin, oppure dire che non era lui, ma non rivelare
comunque il
nome, il che nella sua testa sembrava ancora un po’ come
mentire, ma non fu
sicuro del perché gli sembrò comunque la
decisione migliore. Preferiva restare
sul vago che far credere a Momo di amare Rin-senpai.
Momotarou
rimase sorpreso da
quella reazione improvvisa e rimase in silenzio. Non era sicuro del
perché, ma
credeva di aver offeso o ferito Nitori e questo lo
pietrificò per alcuni
istanti.
Nitori,
a disagio per
l’improvviso mutismo dell’altro, si
sentì in dovere di spiegarsi meglio.
«Avevo
una cotta per lui… ma
ora non più…» disse a mezza bocca,
distogliendo lo sguardo dal volto dell’altro
e grattandosi nervosamente la nuca.
«Capisco…»
biascicò quasi
sovrappensiero l’altro.
La
parte delle emozioni
negative tornò a farsi sentire, e con esse anche la
sensazione di oppressione
che provava nel petto. Tutto il coraggio che aveva creduto di avere
fino a
pochi istanti prima venne come risucchiato all’interno di una
massa indistinta
di ansia, paura, e rabbia, e al suo posto apparve una gran voglia di
piangere.
Non
era sicuro del perché,
del resto quella conversazione sembrava star andando abbastanza bene
fino a
quel momento, eppure ora sentiva di aver commesso un grave errore ad
aprirsi
così di fronte a Momo. Questo principalmente
perché ora si sentiva scoperto ed
indifeso, ma anche perché era cosciente che probabilmente
ora non sarebbe
riuscito a fermarsi, avrebbe parlato, e avrebbe finito per rovinare
tutto.
Aveva paura che sarebbe successo, e anche se al momento non sembrava
una
prospettiva probabile, dato che non riusciva neanche a spiccicare
parola, il
semplice pensiero di minare l’amicizia tra lui e Momo lo
travolse come un
uragano.
«Che
sia il mio destino?
Innamorarmi sempre di persone che amano già altre persone?
E’ la mia
maledizione, non è vero?» riuscì a dire
sull’orlo del pianto, più a se stesso
che all’altro, con voce talmente flebile e tremante che
l’altro riuscì a malapena
a capire cosa avesse detto.
«N-Nitori-senpai…»
mormorò
Momotarou, completamente colto alla sprovvista
dall’improvviso crollo emotivo
dell’altro. Non sapeva cosa fare, era come paralizzato. Non
riusciva a pensare,
sapeva solo che vederlo in quelle condizioni gli faceva un male folle
al centro
del petto e che avrebbe voluto piangere anche lui e che sentiva che era
tutta
colpa sua se era successo. Si maledisse per aver insistito tanto ed
aver
costretto il suo senpai a parlare di quell’argomento
così delicato e doloroso.
Le
parole che Nitori aveva
pronunciato, furono le ultime che riuscì a dire prima di
scoppiare
definitivamente a piangere.
Senza
alcun preavviso, come
se qualcuno avesse improvvisamente aperto una diga e fatto fuoriuscire
un’impetuosa cascata, Nitori cominciò a tremare e
singhiozzare rumorosamente,
mentre grosse lacrime gli rigavano il viso arrossato e ad ogni
singhiozzo le
sue spalle erano scosse così violentemente che era come se
il suo intero corpo
piangesse.
«E
poi non fa altro che
parlare sempre di lei! Sempre e soltanto lei! Gou-chan Gou-chan
Gou-chan
Gou-chan! Non ne posso più!» gridò in
un impeto di rabbia, anche se la sua voce
uscì più acuta del previsto e la frase
decisamente più frammentata, ma l’altro
riuscì a capire comunque ciò che aveva detto.
I
suoi singhiozzi diventarono velocemente sempre più
frequenti, tanto che
sembrava che non avesse neanche il tempo di respirare e la sua faccia
era un
pasticcio: completamente bagnata dalle lacrime, coperta
alla bell’e meglio da entrambe le mani, a
loro volta bagnate, i capelli sudati appiccicati alla fronte.
Momotarou
non si era ancora ripreso dalla sua paralisi, quando
all’improvviso vide l’altro
fiondarglisi addosso e andare ad appoggiare il volto ancora ben coperto
dalle
mani sulla sua spalla, con la fronte nell’incavo del suo
collo, mentre le sue
spalle erano ancora scosse da quei violenti singhiozzi.
Solo ora si riprese un po’ e si mosse, appoggiando molto delicatamente le mani sulla sua schiena.
Non riusciva ancora a metabolizzare il significato di ciò che aveva sentito. L’unico senso che riuscì a dare a quella frase sconnessa era che Nitori, il suo adorato senpai, fosse innamorato di suo fratello Seijurou. Chi altri conosceva che parlasse così tanto e spesso di Gou da far impazzire Nitori? Cercò di pensarci, ma non ci riusciva. Questa era l’unica risposta che avesse trovato ed ora la sua mente si era cristallizzata lì e si rifiutava di elaborarne altre. Sentì il proprio cuore perdere qualche battito e i suoi occhi diventare più lucidi. Il suo labbro tremolò, ma si trattenne dal piangere. Almeno uno dei due doveva essere forte in quel momento, e se adesso era Nitori che aveva bisogno di piangere sulla sua spalla, lui sarebbe stato lì, immobile come una roccia, e lo avrebbe lasciato sfogare.
Non voleva rischiare di peggiorare la situazione iniziando a piangere anche lui.
In quel momento, dopo un tempo interminabile in cui erano stati così, Nitori parlò ancora.
La sua voce era ancora spezzata dal pianto, ma questa volta Momotarou capì benissimo ogni parola, perché l’altro era vicinissimo al suo orecchio.
«Sono
così stupido… a te neanche piacciono gli
uomini!» a Momotarou non sfuggì una
punta di amarezza in quelle parole, accentuata dalla breve, disillusa
risata
che le seguì.
Passò
qualche secondo prima che Mikoshiba capisse le implicazioni di quella
frase -
era talmente paralizzato che non sentì neanche le mani di
Nitori che
stringevano la stoffa della sua maglietta e le lacrime che ora, non
più
bloccate dall’impedimento delle mani, gli cadevano sulla
spalla, bagnandogli la
maglietta - poi il suo significato lo colpì in pieno, come
un fulmine.
Si
chiese se avesse capito bene, se avesse potuto fraintendere in
qualunque modo,
se potesse esserci qualche altro significato che non aveva tenuto in
considerazione, ma giunse presto alla conclusione che non poteva
esserci altra
interpretazione.
Tutto
d’un colpo si sentì il cuore più
leggero e dovette trattenersi dallo scoppiare
a ridere dalla gioia, anche se una leggera risatina, più
nervosa che altro, gli
sfuggì comunque, e attirò l’attenzione
di Nitori che intanto si era calmato e
aveva almeno smesso di singhiozzare.
«Ma
a me piacciono gli uomini!» esclamò Momotarou.
L’altro,
senza smettere di stringere la stoffa, e con una lacrima che ancora gli
stava
scendendo lungo una guancia, alzò la testa, sorpreso, e
incontrò il suo
sguardo.
Momotarou
intuì la confusione dell’altro, quindi
preferì specificare:
«Mi
piacciono sia le ragazze che i ragazzi» disse con un sorriso,
mentre allungava
una mano per andare ad asciugare quella lacrima con il pollice. Poi
passò
entrambi i pollici sulle palpebre dell’altro, per asciugargli
le ciglia.
Nitori
rimase immobile mentre l’altro compiva questo gesto, e
lentamente lasciò andare
la presa sulla stoffa e si rilassò un po’. Tutto
quel piangere e quella
tensione lo avevano sfiancato più di un qualsiasi
allenamento di nuoto: solo
ora sentì i muscoli delle spalle e gli addominali dolergli.
«Ma…
ma Gou? Non ti piace Gou?» domandò ancora incerto,
una volta aperti gli occhi
azzurri, ancora arrossati dal pianto, e puntatili nelle iridi dorate
dell’altro.
Momotarou
rise spontaneamente – gesto che riempì il cuore di
Nitori, ma in parte instillò
anche il vago dubbio che potesse star ridendo di lui -
poi scosse la testa e finalmente rispose.
«Sì,
è carina… ma tu mi piaci di
più.»
Queste
semplici parole sfatarono ogni dubbio dalla mente di Nitori, che
finalmente si
concesse di sorridere, nonostante gli dolessero un pochino perfino i
muscoli
facciali.
Il
suo sorriso però fu subito accompagnato da una smorfia che
rese l’altro molto
confuso.
Infatti
Nitori strizzò forte gli occhi e tirò su col naso
e Momotarou vide ancora
alcune lacrime scendere lungo quel bel visino che andò
nuovamente a sparire
contro la sua spalla, mentre le spalle dell’altro venivano
ancora leggermente
scosse.
«Oh,
no… perché stai piangendo, adesso?»
domandò Momotarou, confuso e sinceramente
dispiaciuto.
Allora
Nitori emise un verso strano. Era difficile capire cosa stesse facendo
o se
stesse cercando di parlare, dato che la sua faccia era completamente
schiacciata contro il suo petto.
Momotarou
si preoccupò e accarezzò la schiena
dell’altro nel tentativo di convincerlo ad
alzarsi, per poterlo finalmente vedere in faccia.
Poi
un dubbio fece capolino nella mente del ramato.
«Aspetta…
ma stai piangendo o stai ridendo?» chiese allora, con in
volto l’espressione
più perplessa che si fosse mai vista comporre ad un essere
umano.
Solo
allora Nitori si scansò e tornò a guardarlo
direttamente faccia a faccia, con
un enorme sorriso stampato sulle labbra, e le guance arrossate e ancora
umide.
«E’
perché sono felice, scemo!» esclamò,
rispondendo alla precedente domanda
dell’altro e ignorando l’ultima.
Finalmente
liberato della sua perplessità, e decisamente sollevato,
anche Momotarou
sorrise.
Cogliendolo
di sorpresa, Nitori allungò la mano e gli
accarezzò teneramente la guancia con
il pollice.
Positivamente
sorpreso da quel gesto, Momotarou sentì il petto diventare
ancora più leggero,
come se tutta la tensione di prima, non solo fosse sparita, ma non
fosse mai
esistita. Si sporse in avanti, raggiungendo il volto
dell’altro e fece
congiungere le loro labbra, chiudendo gli occhi e imitato da Nitori, in
un
casto e lunghissimo bacio.
Quando
finalmente si staccarono, non si allontanarono né aprirono
gli occhi. Restarono
coi volti vicini, con il naso l’uno sulla guancia
dell’altro, ad inalare il
profumo dell’altro e sentire il respiro caldo
dell’altro sulla pelle.
Solo
Momotarou aprì gli occhi, dopo un po’, per poter
guardare l’espressione serena
dell’altro.
Vedendolo
così non si sarebbe detto che fino a pochi minuti prima
stesse piangendo
disperatamente.
Si
fece un promemoria di fare in modo di non doverlo mai più
vedere in quello
stato, però maledisse anche il momento in cui aveva pensato
di essersi pentito
di aver costretto Nitori ad aprirsi con lui.
In
fondo, urlarsi contro e piangere come due imbecilli non poteva essere
stata
un’idea tanto malsana, se era ciò che ci voleva
per farli arrivare a questo
punto, giusto?
Note:
Non
posso credere di averla scritta davvero! Principalmente
perché dovete sapere
che è da tanto che non scrivo una cosa seria, anche se in
effetti è da un po’
che sto lavorando ad una long per un altro fandom, ma non
l’ho finita, quindi
questa è ufficialmente la prima roba seria (?) che scrivo.
WOW.
Che
poi, tralasciando la mia recente ossessione per Free, ci sono tante
coppie che
mi piacciono e su cui vorrei scrivere, prima tra tutte
ReiGisa… e invece me ne
esco con una MomoTori.
Vai
un po’ a capirla, l’ispirazione!
Ulteriori
spiegazioni, che sono dovute, sennò mi prendete per matta
che dico le cose
campate per aria… ovviamente sempre sperando che dopo aver
spiegato non peggiori
la situazione, LOL.
Quando
Momo dice che non sa se Rin sta con Haruka o con Sousuke,
c’è un perché, perché
nel MIO HEADCANON (yeaaah) Rin è in una relazione
poliamorosa, nel senso che ha
una relazione sia con Haru che con Sou, ed entrambi sanno
dell’altro e gli sta
bene così. Ho scritto che a Momo fa confusione
perché:
- non
è che Rin vada in giro a sbandierare ai quattro venti la sua
vita sentimentale,
- “poliamory”
è un concetto che in effetti crea confusione a molti, quindi
aveva senso.
Non
odiatemi se non siete d’accordo, ma dovevo metterci
quest’accenno perché è una
cosa importante per me. Oltre, ovviamente, tutti gli altri miliardi
headcanon
sulle relazioni e le sessualità dei vari personaggi che
però magari esplorerò
un’altra volta, se e mai e quando scriverò altro
in questo fandom.
Spero
la apprezziate, e di non avervi annoiato con queste note più
lunghe della fic
stessa ROTFL
Ps: non è betata, quindi scusate se trovate errori grammaticali/di battitura. Mi fa piacere se me li fate notare, così se mi ricordo esiste addirittura la possibilità che li corregga :’)