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Autore: olobersyko    29/09/2014    2 recensioni
«Dove vai?» gli chiese, desiderosa di poter stare ancora con lui.
Alzò le spalle, proprio come faceva lei. «A casa», il che poteva significare ovunque, e da nessuna parte. «Sei la donna della mia vita, Charity.»
«E allora perché te ne vai?» domandò ancora, osservando i suoi piedi muoversi in una direzione diversa.
«Perché ti ho trovata» rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Non è importante ciò che trovi, ma il percorso. Ti ritroverò, Charity. È segnato, ormai.»
«Mi sento stupida» urlò, quando ormai era lontano. «Perché sto già sentendo la tua mancanza» continuò poi, e vide che si fermò, girandosi verso di lei, e per un attimo, ma solo per quel piccolo infinito attimo, sperò che corresse verso di lei, ma non lo fece.
«Non preoccuparti» urlò attraverso la piazza. «Tu sei meglio di tutta questa merda!»
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Il rating è giallo solo per un paio di parolacce, nulla di che.
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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35 gradazioni di blu.


Inizio dicendo che questa storia non c'entra nulla con la trilogia di 
50 sfumature di grigio/nero/rosso di E. L. James anche se il titolo lo ricorda.
Ci vediamo più giù.
 

 
Il vento gelido le accarezzava le gote, segnate dal gelo e dalle lacrime da esse imbevute. Si chiese quanto ci volesse prima che una persona muoia disidratata per colpa delle troppe lacrime spese per persone che non contavano.
Che poi, ormai, per lei nulla contava.
Gli amici non c'erano più, il ragazzo, figuriamoci, era sparito come gli animali notturni spariscono all'alba, e sarebbe stata felice di non vederlo mai più, inghiottito dalle ombre mentre lei restava alla luce.
O forse era il contrario.
Forse era lei che era stata inghiottita dalle ombre, dall'oscuro, dall'ignoto, da un buco nero che fine sembra non avere. Si portò la mano tremolante alle labbra, inspirando ancora dalla sigaretta, e socchiuse gli occhi, cercando di annullare il freddo pungente che le trapassava il maglione bianco a fiori rosa. Forse sono come l'estate, pensò mentre osservava lo schermo illuminarsi segnalando una chiamata da Noemi, una delle persone che l'aveva abbandonata. Nessuno mi apprezza quando ci sono, ma quando me ne vado, non fanno che sentire la mia mancanza.
Si strinse nelle spalle, cercando di reprimere il freddo, ma senza riuscirci, dato che continuava a penetrarle nelle ossa. Alzò il viso, soffiando fuori il fumo dal suo corpo, e anche quel lieve tepore venne spazzato via dal gelo pungente.
«Che gran merda, vero?» Girò lo sguardo, incontrando il profilo di un ragazzo mai visto prima, che le parlava, ma senza fissarla.
«A cosa ti riferisci?» gli domandò lei, ravvivandosi i capelli mori, cercando di contenere i singhiozzi. L'hai fatto fino ad adesso, Charity si rimproverò, Non cedere ora.
Sospirò e sorrise, osservando la nuvoletta di vapore dissolversi nell'aria, mentre la sigaretta si consumava tra le dita della ragazza, senza che ne inspirasse il veleno. «Non ci sono lacrime sul tuo viso» constatò, guardando il cielo stellato di Sydney e le poche persone che erano ancora in giro alle due e mezza di quella notte solitaria, solo un'altra delle molte che avrebbero vissuto. «Ma è chiaro che hai pianto» aggiunse, indicando un punto imprecisato tra le stelle. «Guarda» disse, con voce pacata ma ferma, «Se segui quelle stelle puoi riuscire a disegnare una barca.» Lei guardò, cercando di seguire il suo dito, e vide la barca.
«È una costellazione?» domandò, inclinando la testa verso destra.
«No.» Rise. Una risata semplice, ma bellissima. Si accarezzò il piercing nero che gli ornava il labbro con la lingua, e lei lo trovò estremamente affascinante, provando un insano desiderio di poter essere quel gioiello, in modo da poter vivere sulle sue labbra ed essere accarezzata dalla sua lingua.
Il silenzio calò di nuovo su di loro, mentre l'aria li accarezzava, ma non sembrava più così tanto fredda. «Vedi blu o vedi nero?» domandò lei, osservando il cielo scuro.
«Vedo l'azzurro di questo pomeriggio» ammise lui. «E tu?»
«Vedo nero» disse lui. «Vedo solo il nero, e quella barca che scorre sul cielo come fosse l'oceano stesso.»
«Magari è così.» Volse la testa verso di lei, guardandola davvero solo per la prima volta. «Magari il cielo è solo il riflesso di ciò che è sulla Terra» continuò, pensando per la prima volta a voce alta con qualcuno di totalmente sconosciuto.
«E dove siamo noi?» chiese lei, osservando il cielo sopra di sé. Nero.
Indicò due stelle poco spostate rispetto alla loro posizione, non esattamente perpendicolari alle loro teste. «Quelle due stelle lì, le più luminose.» La mora scosse la testa, lasciando ondeggiare i propri capelli davanti agli occhi.
«Io sono il nero, sono un buco nero tra le meraviglie dell'universo.» Lanciò il mozzicone a terra, calpestandolo con la suola di uno degli anfibi neri che indossava.
Scoppiò in una fragorosa risata, sistemandosi poi il ciuffo biondo, pettinato in modo ordinato nonostante lui fosse un completo caos. «Ragazza, i buchi neri sono la prima meraviglia dell'universo» ammise lui, appoggiando una scarpa alla panchina. «In prossimità di un buco nero, infatti, la velocità della luce aumenta di circa il 3%, quindi va più veloce. Senza contare che il nero è il miscuglio di tutti i colori, mentre il bianco non è nessuno di loro.» Si morse il labbro, giocando con il piercing, mentre lei rifletteva sulle sue parole.
Per una volta era riuscita a vedere le cose come stavano.
«Ti piace la matematica?» le domandò, dopo svariati attimi di silenzio.
Pensò per un attimo a cosa rispondergli. Era certamente brava nei calcoli, amava quasi tutti gli argomenti di aritmetica ma non la geometria.
«In genere sì.»
«E da cosa dipende questo tuo amore?» le domandò, volgendo di nuovo lo sguardo verso il cielo prima di concentrarsi su di lei.
Studiò i suoi occhi. Erano azzurri, chiari, con qualche venatura più sul grigio, ed erano davvero meravigliosi. «Amo il fatto che non cambia mai. Il risultato di due più due sarà sempre quattro.» Rifletté per un attimo. «Ma odio le regole di geometria, tutte le formule da memorizzare, sono qualcosa che detesto ardentemente.» Ardente il mio odio come il desiderio di baciare quelle tue labbra scarlattepensò, spostando lo sguardo dai suoi occhi, appunto, alle sue labbra.
«È un controsenso, ciò che hai detto» le fece notare, sghignazzando.
«Lo so.» Abbassò lo sguardo verso i suoi anfibi, ripensando alla scenata dei suoi genitori quando li videro. Sembrava avesse ucciso qualcuno, perché per loro aveva ucciso il buon gusto. «Ma è così. A te, invece?»
«Amo la matematica. Algebra, aritmetica, geometria.» Con la coda dell'occhio, Charity vide che la guardava, e abbassò di nuovo lo sguardo sulle mattonelle di quella piazza ormai deserta. Erano due anime solitarie che si erano ritrovate ad essere sole, insieme.
«Perché?» domandò lei, ingenuamente, alzando lo sguardo in un atto di codardo coraggio.
Alzò le spalle con noncuranza. «Sono un maniaco dell'ordine» ammise, come se fosse una cosa totalmente normale. Forse lo era. Ma forse non per lui. «Amo che qualsiasi cosa sia al proprio posto, amo avere il controllo sul mio corpo. Per questo non mi drogo, non fumo e non bevo, perché diventerei dipendente da qualcosa.» Fece una paura, sospirando ed osservando il fiato condensato disperdersi nell'aria. «Capisci cosa intendo?» domandò, forse retoricamente, dato che una risposta non arrivò.
Charity stava semplicemente pensando alle sue parole. Era un maniaco del controllo, dell'ordine, qualsiasi cosa doveva essere a posto, ed ogni cosa aveva il proprio posto, tranne il suo disordine. «Larry Brown disse che, dopo un anno di terapia, il suo psichiatra gli aveva detto che forse la vita non è per tutti.» Il collegamento logico con il discorso precedente era totalmente assente, e lei lo adorò per questo.
Rimasero in silenzio, senza sapere cosa dire, forse perché non c'era bisogno di dire altro. Quel silenzio assordante gli riempiva la mente ed il cuore, e nessuno dei due si era mai sentito più libero prima d'ora. «Non torni a casa?» domandò lei, incastrando i due sguardi vuoti e desiderosi l'uno dell'altro.
Rise, di nuovo, ma non capiva cosa c'era da ridere. «Io non ce l'ho, la casa.» Alzò le spalle. «Vivo in giro per il mondo, il mondo è la mia casa.» Si stravaccò sulla panchina, appoggiando la schiena dove era seduto prima e lasciando le gambe a penzoloni, appoggiando l'avambraccio sulla fronte e osservando il cielo stellato.
Non lo capiva, eppure non aveva nulla di sbagliato. Un paio di occhi azzurri ed un piercing nero erano la sua più grande bellezza. «E come ti chiami?»
«Non ho nemmeno un nome.» Prima che potesse chiedere altro, continuò. «I miei genitori mi battezzarono con il nome di Lucas Robert Hemmings, ma non mi si addice. Non ti dà l'idea di qualcosa di sofisticato, incredibilmente noioso?» Annuì. «Io non sono così. Io sono corto, breve, veloce, come una canzone dei Ramones. Chiamami Luke, se preferisci.»
Lo osservò. I lineamenti erano morbidi e sulla mascella c'era un accenno di barba chiara, ed era alto, incredibilmente alto, soprattutto per lei, che era di bassa statura. «Io sono Charity.»
La osservò di sottecchi. «Sei Charity o ti hanno chiamata così?» le chiese, mandandola nel panico per un attimo.
«Io... credo di esserlo» ammise. «Non posso spiegare a te chi sono se nemmeno io l'ho capito.»
Luke sorrise, probabilmente soddisfatto da ciò che aveva appena detto. Forse era lui che la stava facendo riflettere così. «Alla fine è così che funziona: tutto è bellissimo ma nessuno è felice» disse lui, facendola pensare ancora di più. Le tempie le dolevano per lo sforzo, non aveva mai pensato così tanto.
«E poi ti chiedi se devi uccidere te stesso o se devi uccidere tutti gli altri» confessò lei, sospirando.
«Parli di te stessa come se foste due persone diverse.»
Alzò le spalle. «Forse è così.»
Si guardarono di nuovo, e lui tornò seduto, facendo combaciare il suo sterno al suo fianco e guardandole il profilo, memorizzandolo interamente. «Ci dovremmo baciare» disse lui, soffiando leggermente sul suo collo. «Credo tu sia tutto ciò che ho sempre cercato, Charity.» Trasalì quando disse il suo nome, e nessun suono le sembrò mai più dolce.
«Mi piace l'idea...» Deglutì rumorosamente, sistemandosi una ciocca di capelli dietro all'orecchio. «Mi piace l'idea che qualcuno, da qualche parte, è fatto per te.»
«Ho visto lo spazio, Charity.» Le posò un dolce bacio alla base del collo, facendola rabbrividire, ma di certo non per il freddo. «Sembrava il nulla, ed ora lo voglio intorno a noi.» Posò tanti altri piccoli baci sul suo collo, risalendo lungo la mascella, lasciandone un'altra scia morbida sulla guancia, arrivando alle sue labbra. La baciò, anche se la conosceva da mezz'ora o poco meno. Le sue labbra erano così rosee, invitanti, calde, precocemente sensuali come una piccola lolita.
«Non mi hai ancora detto perché sei qui» notò lui, staccando le sue labbra da quelle ormai rosse della ragazza.
«La mia vita fa schifo, ero qui per calmarmi in qualche modo» spiegò, alzando le spalle, ancora. «A volte mi spaventa, il vuoto che vedo nei miei occhi» continuò, incastrando il suo sguardo in quello del ragazzo.
La baciò di nuovo, accarezzandole dolcemente la guancia nivea e fredda.
Si alzò dalla panchina, lasciandola confusa.
«Dove vai?» gli chiese, desiderosa di poter stare ancora con lui.
Alzò le spalle, proprio come faceva lei. «A casa», il che poteva significare ovunque, e da nessuna parte. «Sei la donna della mia vita, Charity.»
«E allora perché te ne vai?» domandò ancora, osservando i suoi piedi muoversi in una direzione diversa.
«Perché ti ho trovata» rispose, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Non è importante ciò che trovi, ma il percorso. Ti ritroverò, Charity. È segnato, ormai.»
«Mi sento stupida» urlò, quando ormai era lontano. «Perché sto già sentendo la tua mancanza» continuò poi, e vide che si fermò, girandosi verso di lei, e per un attimo, ma solo per quel piccolo infinito attimo, sperò che corresse verso di lei, ma non lo fece.
«Non preoccuparti» urlò attraverso la piazza. «Tu sei meglio di tutta questa merda!»
Seduta di nuovo su quella panchina, ripensò a loro due.
Ripensò ai suoi occhi, un azzurro così puro e bello.
Elencò mentalmente tutte le gradazioni di blu:
Acqua
Acquamarina
Avio
Azzurro
Azzurro fiordaliso
Azzurro pastello
Blu
Blu acciaio
Blu alice
Blu Bondi
Blu chiaro
Blu di Persia
Blu Dodger
Blu elettrico
Blu fiordaliso
Blu marino
Blu notte
Blu oltremare
Blu pavone
Blu polvere
Blu reale
Blu Savoia
Blu scuro
Blu Tiffany
Carta da zucchero
Celeste
Ciano
Cobalto
Denim
Grigio cadetto
Indaco
International Klein Blue
Lavanda
Pervinca
Zaffiro
35 gradazioni di blu e, fra tutte queste, continuava a preferire il colore dei suoi occhi.



Buonsalve to you all.
Dovrei fare i compiti ma ieri ho iniziato a scrivere questa cosa, perché era una giornata un po' così, e quindi il risultato finale è questo.
Non credo sia nulla di speciale, anzi, ma sinceramente mi piace. Non troppo perché è un po' un casino, ma è okay.
Non so cosa dire.
Se vi è piaciuta, fatemi sapere il vostro parere.
Se non vi è piaciuta, anche.
Torno a fare spagnolo, un bacio a tutte voi.
- Eom.
  
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