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Autore: Elizabeth7    29/09/2014    0 recensioni
Una professoressa morta, una commemorazione, un ragazzo poco rispettoso
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Ancora me lo ricordo il 10 dicembre 2013, non che sia successo nulla di particolare, ma lo ricordo come fosse ieri. Era morta una professoressa, esattamente un anno prima e i suoi ex studenti erano riuniti nell'aula magna, a leggere e ascoltare banalissimi aforismi sulla morte, la perdita, l'insegnamento. Nella penultima fila c'ero io, assieme alla mia classe, che per quanto superficialmente consideravo se la mia felpa fosse abbastanza abbinata con le scarpe, ammetto di essere un pochino fissata con l'abbigliamento e la prima impressione.

 

“Ehi! Guarda l'impaginazione!” L. mi aveva passato il suo telefono dalla fila davanti, facendomi vedere un file PDF, in cui era rappresentato l'articolo che avevo scritto per quell'uscita del giornalino della scuola, nella mia immancabile sezione “scuola”, per la festa d'istituto di questa mia medesima scuola. Era proprio carino, ho pensato, con quel mio linguaggio un po' desueto in contrasto con l'effettiva natura ben poco intellettuale e parecchio animalesca dell'evento. Era arrivato il mio momento per avvicinarmi al tavolo dove era posizionato il microfono, così mi sono alzata, portando con me il foglietto consegnatomi dall'altra rappresentante di classe, da leggere davanti a tutti. Ho letto quelle due righe scarse in maniera davvero penosa, non son proprio in grado dia alzare la voce.

 

Tornata al mio posto quasi strisciando ho notato che accanto a Laura c'era il nostro neo eletto rappresentante d'istituto, e il nuovo capo redattore del giornalino, che chicchieravano della nuova uscita. Non si dev'essere davvero cafoni per sghignazzare al cospetto di una professoressa che piange la morte della sua migliore amica? Bah!

 

L'anno era iniziato un po' in quinta per i miei standard, ero stata messa in mezzo a troppi progetti, fingevo di non esserne felice, ma ero interessata davvero a ciò che facevo. Ero rappresentante di classe, facevo danza quattro volte a settimana, segretaria del collettivo studentesco, e parte integrante del giornalino della scuola. Non mi sono annoiata, lo ammetto. Avevo poca fiducia nei rappresentanti, disinteressati, restii al farsi dare una mano, e troppo, troppo sicuri di essere quanto di meglio potesse essere capitato alla scuola. Solo P. tra di loro vedevo come una persona seria. Il collettivo cominciava a prendermi sempre più, con il passare del tempo io, G., A., L. e altri coinvolti abbiamo cominciato a collaborare con il comitato, la rappresentanza e consolidare la basi per un anno produttivo.

 

A dicembre cominciavo ad essere integrata, e mi hanno chiamata a casa di C. (responsabile del collettivo) per organizzare la prima assemblea. Ho indossato una mantellina di lana blu e sono andata a portare il mio modesto contributo alla raccolta del materiale per quell'assemblea. Ero taciturna, timida, e chiusa, parlavo poco, mi esprimevo se interpellata, sempre puntuale, come dev'essere una segretaria, per quello mi avevano scelta, no? La prima cosa che mi aveva stupita era quella di aver visto A. a quell'incontro di nicchia, pensavo si ritenesse troppo bravo per scegliere del banale materiale per un'assemblea, e in effetti in quell'occasione era stato piuttosto taciturno pure lui.

 

Con le vacanze di natale avevo preso del tempo per far nulla, me lo ero meritata, ed ero un po' stanca di quella mia classe così superficiale, chiacchieravano, non facevano altro, di tutto e tutti. Ero sola, e mi crogiolavo nella mia solitudine. Era però strano come fare qualcosa per la scuola, i miei coetanei cominciava a tirarmi fuori dalla mia bolla. Se la prima settimana ero stata in ascetica riflessione, la seconda ho cominciato ad essere introdotta dalle mie fedeli compari A. e G. (mia omonima) nell'organizzazione di una cosa troppo grande per 4 rappresentanti, e troppo sottovalutata per richiedere partecipazione: la settimana flessibile della mia scuola. 5 giorni, 1200 persone da controllare, iscrivere a corsi, ascoltare, tenendo conto delle loro preferenze, parlare con professori, organizzare corsi e tutto il resto.

 

Quando mancavano pochi giorni alla fine delle vacanze, G. mi disse di andare da lei, con A. e i rappresentanti, per mettere a posto alcuni file delle iscrizioni. Dei rappresentanti c'era solo A., e io mi sentivo a disagio con quel suo alone di saccenza. Abbiamo giocato a cranium, solo noi quattro, con A. che si lamentava di dover giocare ad uno stupido gioco da tavolo con delle bambine del terzo, quando lui faceva il quinto e doveva studiare (non ci credeva nessuno). Arrivato P. hanno cominciato a lavorare ai computer, e mi sentivo un po' fuori luogo, dato che non avevo il mio file. I due rappresentanti quella sera avevano detto a G. che me la tiravo, non so cosa intendessero, ma ci ero rimasta un po' male, ricordo, volevo sembrare intelligente e aperta, ma non rientrava nelle mie capacità, quella di sembrare ciò che volevo. Potevo sembrare qualcosa che non ero senza alcun problema, ma non ero in grado di fare bella figura. Quei giorni sono evoluti così, tra partite a giochi da tavolo stupidi, battutine tra rappresentanti e componenti del collettivo, piccole liti, arrabbiature più legate all'assenza di sonno che ad altro, e tante, troppe cose da fare.

   
 
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