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Autore: CreepyGirl97    30/09/2014    0 recensioni
"Ormai se n'è andato da due anni. Dovrei mettermelo in testa."
Dal testo:
"Prima se c’era il nome di Dae, c’era anche il mio. Sapere che non ci eravamo esplicitamente lasciati, mi faceva ancora credere che tu mi amassi ancora."
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mia vera casa

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Il vento tiepido che s’innalza dal mare mi scalda le guance; il rumore delle onde che s’infrange sugli scogli, come sogni lontani, mi libera la mente dai pensieri e dai dubbi; la sabbia fine tra le mie dita.

Vengo sempre qui, quando sono triste, mi rilassa. Non la conosce nessuno, questa spiaggia.

Beh, quasi nessuno…

Caccio via dalla mia testa la figura di quella persona. Ormai sono passati quasi due anni da quando se n’è andato, sarei dovuta già passarci sopra da un po’, ormai.

- Dae! – Mi sento chiamare da dietro da una voce maschile. Subito m’irrigidisco, riconoscendo l’appartenenza di quel timbro.

Non posso crederci.

Avverto il rumore dei suoi passi ovattati sulla sabbia, mentre si avvicina velocemente a me.

- Ero sicuro che ti avrei trovato qui! – Continua allegramente il ragazzo, posandomi una mano sulla spalla che mi fa scendere una scossa per tutta la lunghezza della mia spina dorsale.

Mi volto, faccia a faccia con lui.

-Hey! – Mi saluta, cambiando subito, però, il tono della sua voce, notando l’espressione sul mio viso.

- Tutto ok? – Mi chiede preoccupato. – Non sei felice di vedermi?

No, non sono affatto felice. Sei l’ultima persona sulla terra che volevo incontrare in questo momento.

- È tutto ok. – Mento, guardando i suoi occhi scuri.

Quegli occhi scuri…

- No, non è tutto ok. – Mi contraddice, iniziando ad arrabbiarsi.

- Lasciami in pace, Jimin. – Gli rispondo, girandomi. Non riuscivo a vederlo, ma so che sul suo viso l’espressione di felicità di alcuni secondi prima è stata rimpiazzata da un’espressione scioccata.

Non sono mai stata così sgarbata con le persone, soprattutto con lui.

Non so cosa mi sia preso, so solo che non voglio stare con Jimin, adesso.

Anzi no. So perfettamente cosa mi è preso. Mi ha lasciato qui da sola, per due lunghi anni, senza mai chiamarmi o darmi sue notizie. Niente di niente. E tutto questo solo perché voleva fare l’Idol. E ci è riuscito, poi. Ma non credete che questo cambi le cose. Affatto, le peggiora soltanto.

- Dimmi cosa c’è, Dae. Sai che puoi dirmi tutto quello che vuoi. – Cerca di persuadermi, provando ad allungare un braccio verso di me con l’intento di calmarmi.

- Invece no, non lo so. Non avevo idea che ti interessassero minimamente le mie condizioni. – Scanso il suo braccio, lasciandolo ancora più depresso.

- Oh, avanti! Sono venuto qui per te, proprio ora! Sei stata la prima persona che sono venuto a cercare: sono andato dai tuoi genitori, ancora prima della mia famiglia. Loro pensano che arrivi domani… e tutto ciò solo perché pensavo che saresti stata felice di trovarmi qui, dopo tanto tempo. Ma a quanto pare mi sbagliavo.

Non rispondo, sentendo rimbombare nella mia mente le sue parole.

- Allora vai dai tuoi genitori. Sono sicura che saranno felici di vederti in anticipo. Dopotutto sono loro quelli che chiami spesso. – Ribatto acida.

- È davvero questo il problema, Dae? Pensi davvero che non ti abbia chiamato perché non ti consideravo più mia amica?

- Amica? Tsk, ora sono solo una “amica”. – Non posso crederci che mi avesse solo etichettato come un’amica qualunque, dopo tutto quello che era successo fra di noi.

- Dae, smettila. Non è che non ti abbia chiamato perché non volessi più avere a che fare con te. Solo che sono stato davvero impegnato ed il fatto che io sia qui ora è davvero un miracolo.

- Davvero? Sei stato impegnato per due anni? E non sto parlando come se mi avessi fatto qualche squillo o mi avessi mandato qualche messaggio. No, niente di niente per due fottuttissimi anni, Jimin! – Sento le lacrime sgomitare per uscire.

- Dae… Lasciami spiegare, per favore…

- Non c’è niente da spiegare. E ora vai, Jimin. La tua famiglia sarà impaziente di vederti. – Continuo a guardare l’orizzonte, sentendo strepitare il ragazzo dietro di me. Improvvisamente, dopo alcuni minuti di silenzio, ricomincia a parlare, con la sua voce dolce e rassegnata.

- La compagnia mi ha costretto a non avere contatti con le ragazze, per non danneggiare la mia immagine di Idol… E controlla il mio cellulare: l’hanno collegato ai loro server e vedono ogni singolo messaggio che invio e ogni chiamata che faccio.

Chiudo gli occhi, chiedendomi se quello che stava dicendo fosse vero.

- So che può sembrare strano e falso, ma ti giuro che è la verità. – Continua, quasi come se mi avesse letto nella mente. – Possono sentire tutto ciò che dico e se avessero scoperto che avevo una ragazza, qui a Busan, sarei passato nei guai, per via del contratto. Mi dispiace se ti ho fatto soffrire, e credo anche io che avrei dovuto avvertirti e chiudere con te, ma in qualche modo non mi piaceva l’idea dei nostri nomi non associati, di noi due separati. Prima se c’era il nome di Dae, c’era anche il mio. Sapere che non ci eravamo esplicitamente lasciati, mi faceva ancora credere che tu mi amassi ancora, anche se potevi benissimo uscire con altri ragazzi a mia insaputa.

Mi siedo di nuovo, cercando di scacciare le sue parole che stanno riuscendo a persuadermi dall’odio che provavo pochi minuti prima.

Come se potessi davvero vedermi con altri ragazzi.

Sospira, sedendosi accanto a me, molto, forse troppo, vicino. Mi scosto facendomi notare, quasi a dire che odio la sua presenza. Mi lascia fare, nonostante tutto.

Passano dei minuti, in cui semplicemente restammo in silenzio, fino a quando esso non viene interrotto dai miei singhiozzi. Le lacrime che prima sgomitavano e basta, si sono davvero spinte troppo in là: fiumi escono dai miei occhi, giù per le guancie, fino a morire sulle mie labbra.

 Mi passa un braccio sulle spalle, facendomi appoggiare a lui.

Lo lascio fare, sentendomi confortata da quell’abbraccio che mi mancava da anni, ormai.

Mi accarezza il viso, cercando di cancellare le mie lacrime. Mi sento così in colpa per quello che ho fatto, anche se, in fin dei conti, qui, il colpevole è solo lui.

- Perché piangi adesso? – Sussurra al nulla, quasi a se stesso.

- Perché te ne sei andato, Jimin? – Pronunciare il suo nome mi fa quasi male.

- Sono qui, ora.

- Vorrei che tu fossi qui sempre…

- Anch’io, Dae.

- Però, alla fine, te ne vai ogni volta. – Mormoro a mia volta, non volendo affrontare la realtà.

- Non me ne andrò più, Dae. Non dal tuo cuore almeno.

- Vedo che la tua sdolcinatezza non è cambiata. – Dico, cercando di smorzare la tensione, ottenendo una sua risata.

- Solo per te.

In qualche modo, solo sentirlo parlare ora mi calma, mi fa quasi ridere.

- Quando sei arrivato?

- Poche ore fa. Sei stata il mio primo pensiero appena sono sceso dall’aereo.

Gli sorrido, finalmente realizzando quanto mi sia davvero mancato.

- Ehi, ti ho fatto questo. – Dice porgendomi un pacco regalo rosso.

- Cos’è?

- Aprilo, no?

Subito faccio quello che mi è stato detto e ci trovo un album dentro. Un album con le nostre iniziali sulla copertina. E dentro tutte le foto che abbiamo scattato insieme.

Le lacrime, questa volta di gioia, sono incontrollabili, mentre abbraccio Jimin.

- E’ ancora incompleto, così potrai aggiungerci tutte le altre foto che ci faremo insieme. – Mi spiega, prendendo dal suo zaino una Polaroid per scattarci una foto.

Ci mettiamo in posa, ma all’ultimo secondo mi avvicino di più a lui e poso un bacio sulle sue labbra. Prontamente lascia cadere la macchina fotografica, dopo averla fatta scattare, e mi poggia le mani sui fianchi, sorridendo, e facendomi sdraiare sulla spiaggia.

- Ti amo, Dae. – Sussurra dolcemente, facendomi rabbrividire e sorridere allo stesso tempo.

- Ti amo anch’io, Pabo.

- Non mettertici anche tu, adesso. Taehyung mi basta e avanza.

- Oh, come sta, a proposito? – Jimin mette su un broncio adorabile.

- Davvero? Ti manco da due anni e la prima cosa che mi chiedi riguarda quel cretino? – Ridiamo insieme, abbracciandoci come se stessimo per andare in guerra.

Finalmente, dopo due anni, mi ero ritrovata fra le braccia della mia vera casa, pensai, guardando il cielo limpido.

   
 
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