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Autore: NotFadeAway    30/09/2014    8 recensioni
John vuole andare al mare.
Sherlock non vuole andare al mare.
John ha la meglio.
Cosa possono mai fare un consulente investigativo ed un medico militare su una spiaggia inglese?
Genere: Comico, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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    SUL SERIO, JOHN? HAI BISOGNO DI UNA LISTA  PER ISCRITTO
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  • Materassino gonfiabile  NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO
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  • Super santos  VEDI VOCE "MATERASSINO"

NON ANDREMO AL MARE

LA LISTA DI SOPRA E' PRIVA DI SENSO PERCHE'


RESTEREMO ALL'APPARTAMENTO NUMERO 221B DI BAKER STREET TUTTO IL TEMPO!



SUL SERIO, JOHN? HAI BISOGNO DI UNA LISTA  PER ISCRITTO PER RICORDARE UN PAIO DI COSE?
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  • Costume da bagno  NO Non ti facevo il tipo nudista... No aspetta, potresti esserlo... Devo essere preoccupato?
  • Crema solare protezione 50+ per quell’idiota di Sherlock  
  • Crema solare protezione 10+  200   10 per me
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  • Materassino gonfiabile  NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO NO  Oh sì...
  • Piastra per la borsa frigo
  • Due teli mare
  • Borsa del mare 
  • Super santos  VEDI VOCE "MATERASSINO"

NON ANDREMO AL MARE


LA LISTA DI SOPRA E' PRIVA DI SENSO PERCHE' 

RESTEREMO ALL'APPARTAMENTO NUMERO 221B DI BAKER STREET TUTTO IL TEMPO!


I commenti aggiunti in blu sono frutto dei capricci di un bambino di quattro anni ragion per cui verranno completamente ignorati.








-Come pensi che possa leggerla, adesso? – protestò John, mostrando il foglio di carta tutto scarabocchiato.
– Ti prego, spiegamelo -

-Mi hai definito un bambino di quattro anni, per tanto ho agito come tale – rispose Sherlock, incrociando le braccia e voltando la testa, stizzito.

Sherlock e John erano da Tesco, John spingeva un carrello mezzo vuoto, Sherlock lo seguiva con il broncio sulla faccia.

-Vai a prendere doposole e creme solari, io penso alla piastra del ghiaccio – fece John, - E meglio per te che siano quelle indicate sulla lista – senza aspettare una risposta, John spinse il carrello oltre e si lasciò Sherlock alle spalle.
 


John uscì dal supermercato con quattro o cinque buste tra le mani ed uno sguardo di fuoco posato su di Sherlock. Sherlock che era fuori, appoggiato ad un muro, ad aspettare.

-Dimmelo, era davvero un impulso insopprimibile quello di rivelare la relazione clandestina di quei due ragazzi davanti al marito di lei? Vorrei parlare con la voce nella tua testa che ti ha suggerito che fosse una buona idea, mi piacerebbe tanto conoscerla –

Sherlock sbuffò, mentre John gli affidava un paio di buste.
-Detesto andare a fare la spesa. Tu mi hai lasciato solo, quindi era anche noioso e quella donna non faceva che indicare marche di stupide protezioni solari! -

-Ma non si reagisce così, Sherlock! Quando ti perdi in un supermercato, si va alla cassa e si chiede di annunciare il nome dei tuoi genitori! -

-Almeno io non litigo con la cassa automatica! -

John fece un’espressione di oltraggiata sorpresa.
-Quelle macchine sono programmate appositamente per riconoscere il mio genoma e attaccarmi verbalmente!– protestò. – Ah, sappi comunque che ho scelto io il tuo costume, dato che tu non sai nemmeno qual è la tua taglia. E non avresti dovuto lasciarmelo fare… -
Sherlock non smise di camminare – Non vedo quale sia il problema, visto che non andremo al mare.-



 

-Sherlock, ci sono 32° gradi all’ombra, hai già perso metà del tuo peso in sudore, mettiti in costume per amor del cielo! -

Erano in spiaggia da venti minuti, il sole si rifletteva con forza sulla sabbia chiara, facendola sfrigolare come carne in padella; John era sotto l’ombrellone, in piedi, canotta e costume, a cercare di convincere un consulente investigativo a spogliarsi. Detto consulente investigativo era sotto lo stesso ombrellone, al centro della pozza d’ombra, cappotto, sciarpa e pantaloni, bavero alzato e muso nelle pieghe di tessuto, le braccia aggrovigliate attorno alle ginocchia, la testa incastonata tra le spalle.

-Non ha alcun senso, Sherlock! Togliti quella roba e mettiti il costume che ti ho preso! – John gli agitò davanti un costume a pantaloncino, simile al suo, solo che quello di John era rosso, quello di Sherlock…

-E’ rosa! – protestò Sherlock.

-Lilla –

-Glicine –

-E’ del colore che finisci per avere se ti fai sbattere fuori dal supermercato! – concluse John, lanciandoglielo addosso.

Sherlock alzò le sopracciglia e distolse lo sguardo, irritato. John decise di non dagli più corda, con un gesto fluido si sfilò la canotta e rimase a torso nudo. La sua pancia era decisamente vicina alla faccia di Sherlock, che la ritenne un’inappropriata, quanto piacevole, distrazione dal suo mantra di improperi.

Alzò lo sguardo solo per  un attimo, per scrutare il sole che si rifletteva sul petto nudo di John, ricoperto di una leggera peluria bionda che riluceva in più punti, come perline di luce. Furono le perline di luce a farlo indugiare un momento di troppo, John lo notò ed intercettò il suo sguardo, scoppiando a ridere.
Stupide perline di luce! E poi perché aveva anche solo formulato l’espressione “perline di luce”?!

-Mettiti quel coso e porta il tuo culo in acqua. Se ti fa piacere porta anche il resto– gli gridò, già a metà strada verso la riva.


 

Sherlock questa volta lo poté osservare camminare mezzo nudo senza essere disturbato.

Decise che la spiaggia non era poi così male, sotto quell’aspetto. Decise anche che quel costume a pantaloncino era fin troppo coprente per i suoi gusti.

Lui, però, non si sarebbe mai infilato quel ridicolo coso, né sarebbe andato a sguazzare in acqua. Erano milioni di anni che l’evoluzione aveva portato gli essere umani sulla terra ferma, non c’era alcun valido motivo per invertire tale processo.

Rimase immobile, seduto a riccio, nell’oscurità dell’ombrellone.

Che senso aveva andare in spiaggia? Esporre la propria cute a raggi ultravioletti per aumentare la produzione di melanina era l’elevazione al massimo esponente della vanità umana, che intraprendeva il suo cammino verso l’autolesionismo. Se esposto a raggi UV, il DNA delle cellule va in contro a mutazioni, quali la formazione di dimeri di pirimidina, rendendo più probabile l’insorgenza di cancro della pelle. Il che comporta anche la possibilità di formazione di metastasi e…

ACQUA.

Un grande scroscio interruppe la conferenza di biologia molecolare che si stava tenendo nella testa di Sherlock.
John era in piedi davanti a lui, con un secchiello il cui contenuto era stato completamente riversato sul consulente investigativo.

-Il tuo culo. In acqua. ORA. – scandì, indicando con il pollice l’acqua alle spalle.
 
 


-Che c’è? – grugnì Sherlock, fulminando John, che lo fissava approcciarsi alla riva. Aveva un sorriso sulla faccia che si definirebbe spontaneo, di quelli che si tendono da soli, senza che ce se ne renda conto, e gli occhi addolciti.

-Niente! – si scosse subito, -L’acqua fredda non ti morderà, muoviti! – E prima che Sherlock potesse fare un altro passo, John gli lanciò il pallone, facendolo rimbalzare sul pelo dell’acqua, schizzandolo.

-Ero già bagnato – sibilò, prendendo il super santos, - E di questa cosa ne vorresti fare? –

John si avvicinò, camminando nell’acqua bassa.

-Pensavo di cospargerla di ninidrina*  e di raccogliere e studiare le impronte digitali della popolazione della spiaggia, per sapere qual è in media la percentuale di persone con cicatrici sui polpastrelli! –

-Di certo la tua è un’idea interessante, John, ma lascia che ti chiarisca il concetto di campione randomizzato. I bayes che si verrebbero a creare prelevando dati da un campione di persone radunato su una singola spiaggia a Sud-Ovest dell’Inghilterra sono innumerevoli e i risultati… -

Ma John aveva strappato la palla dalle mani di Sherlock e gliel’aveva tirata di nuovo addosso.

-Ah, sarcasmo – strascicò Sherlock.

-Già – annuì John.

-In tal caso giochiamo pure a lanciarci un oggetto sferico in gomma per nessuno scopo all’infuori dell’inutile spreco di adenosintrifosfato accumulato nelle nostre fibrocellule. Andiamo –

Sherlock prese la palla, la lanciò verso l’orizzonte e le nuotò dietro.


 


-Ti odio –

-Improvvisamente ti è passata la voglia di giocare, John? -

-Ti odio -

-Tira, su! – Sherlock gli lanciò il pallone, il quale passò galleggiando davanti al naso di John, che arrivava a fatica a galla.

-Ti odio – rispose di nuovo l’altro, che ormai aveva rinunciato a cercare di toccare il fondale con i piedi.
-Non ti va più di giocare? Perfetto, allora usciamo! -




Tornati a riva, John ne approfittò per sfidare nuovamente Sherlock a fare due lanci di pallavolo. Gli scagliò la palla e Sherlock d’istinto palleggiò in risposta.

-Tutto questo non ha senso – continuò a mugugnare.

-E stai un po’ zitto! – rispose John, senza fiato, mentre saltava per arrivare alla palla lanciata da Sherlock – E tira meglio! -

-Oh, era troppo alta? – chiese, quindi bloccò il super santos e tese le braccia verso l’alto, - Così va meglio? -
John strinse gli occhi, prese la rincorsa e saltò per afferrarlo. Sherlock riuscì a schivarlo, rendendo vano il suo tentativo. John si ritrovò in piedi, a pochi centimetri dal detective, a guardarlo arcigno. L’altro aveva abbassato le braccia d’istinto, come per intrappolarlo, e si ritrovò a circondare con esse il corpo di John.

I loro respiri rallentarono, il mare si ammutolì, ci fu un’epidemia improvvisa di gabbiani e la gabbia toracica fece da eco ai battiti del loro cuore per un po’.

Poi Sherlock lasciò cadere la palla e liberò John e, come quando si rimette play ad un videoregistratore, la realtà riprese a scorrere, quel tanto più veloce del normale, quasi a recuperare il tempo che era stato perduto. Con uno scatto John si girò e afferrò nuovamente la palla, per rilanciarla al consulente investigativo dal costume color glicine.




-John, lo so che mi hai disegnato uno smile sulla schiena con la crema solare, sei pregato di rimuoverlo -

-Perché, scusa? Tu l’hai disegnato sul muro del salotto, io posso disegnartelo sulle spalle-

Sherlock si voltò a guardarlo. Erano entrambi sotto l’ombrellone, in parte coperti di sabbia, in parte coperti di protezione solare, stato indicativo di una cruenta battaglia.

-Ti rendi conto, spero, che non è neanche divertente -

John si asciugò i capelli con l’asciugamano, - Non saprei, da qui lo è… -

-Sappi che la mia vendetta implicherà schiuma da barba, una fotocamera e il tuo blog – sibilò Sherlock.
L’altro posò l’asciugamano e si infilò un paio d’occhiali da sole.

-Come vuoi. Ti va un gelato? – chiese.



John scoprì che a Sherlock il gelato piaceva eccome! Ma tutto sembrava complottare contro di lui ultimamente.

Tanto per cominciare, dopo il bagno, i capelli di Sherlock erano diventati un batuffolo scuro e soffice, come se tante code di piccoli coniglietti sporgessero dalla sua testa. Gli davano un aspetto selvaggio, che accompagnato agli occhiali da sole e al tipo di gelato che aveva scelto, facevano rimpiangere a John di non essersi portato un asciugamano in vita.

-E’ inutile che continui a fissarmi con quel sorriso ebete, John. So che il tuo cervello ha freudianamente associato la forma fallica del mio gelato ai genitali esterni maschili. Complimenti, hai il quoziente intellettivo medio di un adolescente di quattordici anni! Chi è infantile, ora? -

John mangiò un cucchiaino del suo gelato.

-Sei troppo ostile nei miei confronti, oggi,  William -

-Sherlock! – grugnì.

-Scott – continuò John, divertito.

-Holmes – lo assecondò Sherlock, - Hai finito? -

-Watson – mormorò John, ma aveva il viso affondato nella propria coppetta e Sherlock non lo sentì.
Peccato, pensò, sarebbe stato un bel modo per farlo.




-John – chiamò Sherlock.

John era a pochi passi da lui, stavano camminando sul bagnasciuga per tornare al proprio ombrellone, che distava un po’ dal bar.

-Che c’è? -

-Quelle donne ti stavano guardando! -

-A parte che stavano guardando te – rispose John, - E comunque perché la cosa dovrebbe scomodarti? -
Sherlock aprì la bocca per rispondere, ma sembrò ripensarci, perché la cosa si ridusse ad un biascichio incomprensibile.

-Cosa? – incalzò John, avvicinandosi.

Sherlock pensò in fretta – Due di loro erano sposate. Non mi sembrava affatto opportuno -
John regalò a Sherlock la sua risata più calda e Sherlock tornò a rilassarsi.




 
John era steso a pancia in su, con gli occhiali da sole sul naso ed una rivista aperta davanti alla faccia, Sherlock giaceva prono, con la testa affondata nel telo mare accanto.

-Eve Stacey si sposa, lo sai? Con il suo compagno a novembre -

Sherlock sbuffò.

-A novembre, perché uno si dovrebbe sposare a novembre? – esclamò John, scorrendo le righe successive.
Sherlock alzò un po’ la testa e sbirciò sulla rivista.

-E’ incinta, non vuole la gravidanza sia evidente nel giorno delle nozze perché non potrebbe avere l’abito che desidera. Ah, e il bambino non è di lui– riaffondò nell’asciugamano.

-Oh – annuì John.

-E comunque perché stai leggendo quella robaccia? – chiese, rialzando la testa.

-L’ho presa dalla tua pila di riviste da donna – rispose John, voltando con disinvoltura la pagina.

-Io non ho una pila di riviste da donna! – ringhiò Sherlock.

-No, tu hai una pila di riviste da donna, Sherlock –

-Sono per i miei casi – grugnì, rotolandosi su un fianco, per dare la schiena a John.

-“Dieci esercizi per allenare il tuo interno coscia” – lesse John con entusiasmo. –Non vedo come potresti portare avanti il tuo lavoro senza di questi, in effetti -

Il detective si arricciò e mugugnò qualcosa.

-Andiamo, non abbandonarmi, non vuoi scoprire “Qual è il tuo uomo ideale”? -




Finirono per addormentarsi prima di arrivare alla quinta domanda “In quale posizione preferisci dormire?”. La risposta era come non mai evidente: Sherlock era ancora steso su di un fianco, raggomitolato, con la testa poggiata sul braccio sinistro, solo che ora non dava più le spalle a John. L’altro era steso, in una posizione che sembrava in bilico tra il prono e il poggiato su un lato, aveva la testa metà sulla sabbia, metà sull’asciugamano e le gambe allungate ed esposte al sole. Sherlock e John erano così vicini che sembrava incredibile che riuscissero a farsi bastare l’aria, probabilmente respiravano semplicemente l’uno gli scarti dell’altro, con tanti saluti alla loro saturazione.

Quella scena era quanto mai esemplificativa dello stato della loro relazione. Non si erano mai trovati più vicini di così, il loro rapporto aveva superato ogni livello da loro raggiunto, era intimo, confortevole e sapeva di casa, ma nessuno di loro osava separare quella sottile linea che li avrebbe portati ad essere qualcos’altro. Bastava tendere la mano per toccarsi, ma sembravano entrambi tremendamente spaventati da quelle brutte molecole d’aria, così cattive!




-Dillo -

-No -

-Devi dirlo -

John sbuffò in risposta.

-Devi ammettere che avevo ragione io -

Nuovo sbuffo.

-Devi dire: “Io, John Hamish Watson, avevo torto e venire al mare era una pessima idea” -

John raggruppò un monticciolo di sabbia lì vicino.

-“E Sherlock Holmes aveva ragione. D’ora in poi lascerò alla sua mente geniale e premonitrice il compito di scegliere come impiegare il nostro tempo libero”-

John spolverò altra sabbia sulla cima della piramide di prima.

-Sto aspettando- Sherlock incrociò le braccia.

Entrambi erano seduti sotto l’ombrellone da più di mezz’ora, erano solo le tre del pomeriggio e già nessuno di loro voleva più essere lì.

- E va bene! – esclamò John, distruggendo con una mano il cumulo di sabbia. – Forse non è stata proprio una buona idea! -

Sherlock fece un ampio gesto teatrale con le mani: - Te l’avevo detto! -

-Me lo ricordavo più eccitante venire sulla spiaggia! Scusa tanto! -

-Lo vedi? Hai detto “eccitante”! Venire al mare è “rilassante”, non “eccitante”, John! -

John agitò una mano come per dire “lascia perdere”.

-Dovevi saperlo che questo – e indicò tutta la spiaggia, - Non fa per noi -

John gli diede una spallata amichevole, ridendo: - E’ tutta colpa tua! – disse, - Torniamo a casa? – sorrise.

La risposta di Sherlock fu coperta  da un grido.

-AIUTO!- qualcuno urlò. – C’E’ UN RAGAZZO IN DIFFICOLTA’! AIUTO! -

John scattò come un cane da caccia e in un’istante individuò il bagnante in pericolo. Saltò in piedi e iniziò a correre verso la riva, si sfilò la canotta e se la lasciò alle spalle, poi si tuffò tra le onde.
Sherlock era rimasto pietrificato sotto l’ombrellone, con gli occhi sbarrati a guardare il Capitano John Watson entrare in azione. Lo vide nuotare fino a raggiungere il punto dove poco prima c’era il ragazzo, che era andato giù, lo vide immergersi, poi risalire con un braccio cinto attorno al busto del bagnante. Lo vide nuotare concitatamente verso la riva e trascinare il tale sul bagnasciuga. Poi si vide correre verso di lui, senza che volontariamente avesse potuto impedirlo.



Il corpo del ragazzo aveva lasciato un solco nella sabbia e un’enorme folla di gente ora lo circondava.

-INDIETRO! STATE INDIETRO!- ordinava perentorio John.

-FATE PASSARE! LASCIATE SPAZIO!- si sentì gridare Sherlock, mentre oltrepassava la calca e si chinava di fronte a John.

John era in ginocchio, si piegò sul ragazzo e con un orecchio vicino alla bocca tentò di capire se respirasse. La risposta che ottenne non sembrò piacergli, velocemente inclinò il corpo di lato, poi lo riposizionò supino sulla sabbia e gli estese la testa all’indietro. Posizionò le mani l’una sull’altra, con le dita intrecciate e, con le braccia a formare un angolo di novanta gradi rispetto allo sterno del ragazzo, iniziò a comprimere.

-Oh mio Dio, non respira! – strillò qualcuno.

-CHIAMATE UN’AMBULANZA! – si sentì ordinare in risposta Sherlock, che in quel momento si sentiva come un estraneo nel suo corpo. Le sue membra facevano qualcosa, la sua bocca parlava, ma lui era solo un piccolo esserino che aleggiava spaesato, con una lente che aveva fuoco solo su John. Sembrava immerso in un campo completamente scuro, con un enorme faro che puntava dritto sulla figura del medico-militare.

-UNO. DUE. TRE. QUATTRO. CINQUE. – scandiva John, respirando forte mentre premeva sul petto del tale.

-QUALCUNO CONOSCE QUESTO RAGAZZO? – chiese la parte cosciente di Sherlock. –C’E’ QUALCHE PARENTE O AMICO? -

John arrivò a trenta compressioni, poi tappò il naso del ragazzo con due dita e gli soffiò due volte aria nei polmoni.

Ripeté il ciclo altre due volte, le vene delle braccia erano dilatate, i muscoli contratti, la fronte gli pulsava.
Sherlock seguiva inconsciamente il ritmo di lui, andando su e giù con il capo, senza staccare lo sguardo.

Dopo la terza volta, il ragazzo fece un profondo respiro, risucchiando aria nei polmoni. Sembrò che qualcuno gli avesse raschiato la trachea dall’interno con un grosso rastrello. Poi tossì e spuntò acqua. John lo sostenne mentre si liberava le vie respiratorie, tenendogli il capo, poi lo fece ridistendere sulla sabbia.

Finalmente l’ambulanza arrivò.
Il gruppo di amici che era venuto lì con lui lo accompagnò all’ospedale e la calca si diradò. Rapidamente com’era cominciato, lo spettacolo finì.



John era rimasto inginocchiato nella sabbia smossa, per metà ricoperto di quella grana fine, per metà ricoperto di sudore e salsedine. Aveva il fiato corto e respirava a fondo. Sherlock gli era ancora davanti, anche lui seduto per terra, con il viso rosso ed il fiatone.

Entrambi si guardavano negli occhi, come se in questo modo avessero trovato un confortevole punto di appoggio dove riposarsi e riprendere aria.

-Non dirò mai più che venire al mare non sia eccitante – fece Sherlock, dopo un po’.

John rise.

-Io avrei sperato in un bell’omicidio, certo, ma anche questo poteva andare – aggiunse il detective.

-Mi vuoi sposare? -

Sherlock che fino ad un secondo prima stava ridendo, si pietrificò.

La risposta, o meglio la domanda di John lo aveva colto completamente di sorpresa. CHE COSA?!
Sherlock guardò John per capire se facesse sul serio. Non poteva fare sul serio. Loro non stavano neanche insieme. NON.POTEVA.ESSERE.SERIO.

John rise di nuovo.
Infatti, come previsto, rideva.

-Non fare quella faccia! – esclamò John.

Sherlock sbatté le palpebre e cercò di riprendersi. Il cuore pareva stesse facendo bunjee jumping nel suo petto.

John ridacchiò ancora una volta, ma i suoi lineamenti erano dolci e il sorriso era caldo.
-Non fare quella faccia e rispondimi: mi vuoi sposare? -

Il cuore passò alla boxe.
“Alla vostra sinistra… il grande, l’unico, irrinunciabile… muuuuuuuscolo caridiaco!” Stava annunciando uno speaker, probabilmente. “E in quest’altro angolo… è duro come una roccia, è lui! È lo…. Sternooooo! E adessoooo… BOXATEEEEEEE!”

-Cosa? – la voce riuscì ad annaspare faticosamente fino in bocca.

-Hai capito benissimo -

-Ma John… Noi… Noi non stiamo nemmeno… Che cosa intendi… Io…-

-E’ vero. Tecnicamente non siamo mai stati insieme – rispose John, era sempre seduto sulla sabbia, ma si era alzato sulle ginocchia per protendersi verso Sherlock. –Ma in effetti… - si prese un attimo per dirlo, - Noi siamo sempre stati un po’ una coppia -

Sherlock sorrise, si augurò di non stare piangendo, anche se non ne era completamente sicuro. Sbatté le palpebre sentendo gli occhi bruciare e poi sorrise ancora un po’.

John sorrise in risposta, si avvicinò di più.
-Allora? – mormorò.

-Ma intendi… Come… amici? – era l’unica spiegazione plausibile.

John roteò gli occhi.

-Sì, Sherlock. Ti ho chiesto di sposarmi come un amico! Ovvio!-

Sherlock annuì piano, gli uscì solo un filo di voce, - Oh -

-Sherlock? -

Il detective alzò piano gli occhi per guardare John.

-Era sarcasmo – fece esasperato John.

-Oh! – esclamò.

-E’ l’unica cosa che sai dire?-

Sherlock non riusciva a capacitarsi, continuava a muovere gli occhi a ritmo dei suoi pensieri e non la smetteva di sbattere le palpebre.

-Ma io pensavo… -

-Ti amo – disse John di punto in bianco. Questo ottenne il risultato di far paralizzare di nuovo Sherlock. –Vuoi sposarmi?- lo chiese di nuovo, con un tono di dolcezza nella voce che raramente aveva sentito provenire da John.

Se Sherlock ci mise cinque minuti a rispondere, nessuno dei due sembrò notarlo. Fu comunque dopo molto tempo che alla fine riuscì di nuovo a parlare.

-Sì -

John si fece ancora più vicino ed entrambi scoppiarono a ridere, era una risata intima e carica di felicità, riservata solo a loro. Poi, senza che sapessero come, quella risata si trasformò in un bacio.

E anche se John sapeva di salsedine, di sudore e di sabbia e anche un po’ di quel tipo che aveva rianimato, aveva il più bel sapore del mondo.
Lentamente John approfondì il bacio,  passando le mani dietro al collo di Sherlock, tra i riccioli, il detective aprì la bocca e avvicinò esitante le mani alle guance di John. Strinse con delicatezza il suo viso e ne accarezzò la pelle resa rugosa dalla salsedine. Poi sentì le sue dita bagnarsi e capì che anche John piangeva.
Continuò a baciarlo, ancora e ancora, fino quando John non si sporse troppo e persero entrambi l’equilibrio.

Ricaddero sulla sabbia umida, John steso su di Sherlock, le loro bocche ancora vicine, ma non più unite, troppo impegnate a ridere per baciarsi ancora.

Che cosa stupida, si disse Sherlock, non c’era niente da ridere, eppure loro ridevano. Non era successo nulla di triste, eppure entrambi stavano piangendo. Non c’era stato neanche un piccolo crimine, eppure non si era mai sentito più eccitato.
Purtroppo lui sapeva bene di cosa si trattava: quella era la sua partita persa, la ragione per cui era ancora lì e l’unico motivo per cui voleva ancora esserci.

Vaffanculo, John Watson! Pensò tra sé, mentre poteva anche abbracciarlo adesso, per non smettere mai più.


-Vai a prendere il materassino – mormorò John.

Sherlock distolse lo sguardo e assunse immediatamente un’aria colpevole.

-E se il materassino non fosse più… Gonfiabile? -

John si alzò, puntando le mani sulla sabbia, erano ancora stesi sulla riva.

-Sherlock! – esclamò, stringendo gli occhi.

-E’ possibile che sia avvenuto un sabotaggio… -

-Ad opera di ignoti, ne sono certo -

-Qualora non fosse disponibile, quali sarebbero le conseguenze? -

John si rotolò sulla schiena, togliendosi di dosso a Sherlock, parve contemplare il cielo, con le braccia dietro la nuca.

-Non saprei… Ora ho tutta un’altra gamma di possibilità per ricattarti, vedo l’universo aprirsi davanti ai miei occhi -

-Andiamo, John! Sai bene che se prendessimo quel materassino finiremmo solamente per spingerci l’un l’altro in acqua! Pensavo potessimo sorvolare la cosa-

-Anche quello che pensavo di fare stanotte si rivolge attorno allo spingere… Se vuoi sorvoliamo anche su quello – rispose malizioso John, poggiandosi su un fianco e avvicinandosi al detective.

Sherlock divenne paonazzo in viso. –Il tuo… Il tuo è il… il ricatto più… più basso e prevedibile… che… - John lo baciò all’improvviso.

-Te l’ho mai detto che adoro quando balbetti? – disse, - Meglio per te che quel materassino sia qui entro i prossimi cinque minuti -




Sherlock arrivò trascinando un materassino, con il fiato corto.

-E’ possibile che il calore abbia fatto cangiare il pigmento utilizzato per colorare il materassino, per cui se non è più verde,  ma blu, è dovuto a quello -

-Certo, certo – convenne John, afferrandolo, - E’ chiaro… Immagino anche la forma sia stata distorta a causa del caldo -

-Ovviamente -

Entrarono in acqua, - Portiamolo a largo, voglio stare da solo con te – sussurrò John.


Nuotarono fino alla boa più lontana, con una cordicella vi si ancorarono e il materassino restò lì a galleggiare placido, abbastanza grande da ospitarli entrambi.

Si stesero, abbracciati, abbrustoliti dal sole del pomeriggio che asciugò la loro pelle. Le onde li cullavano e John iniziò a baciare ogni singolo centimetro del viso di Sherlock, delicatamente, piano, facendo schioccare in silenzio le labbra di volta in volta. Il detective rimase con gli occhi chiusi a farsi accarezzare dal tocco di John, che gli passava le mani tra i capelli.
Continuando a baciarlo dolcemente, John iniziò a raccontargli del cottage che avrebbero comprato, delle api che avrebbero allevato, del cucciolo di cane che avrebbero tenuto con sé un giorno.

-Ci sposeremo – mormorò, baciandolo. – Ci sposeremo – ripeté ancora, dopo un nuovo bacio, - Ci sposeremo – lo baciò ancora una volta, sulla fronte.

Raggomitolato sul materassino, Sherlock si addormentò.

John si soffermò per un attimo a guardarlo, era probabilmente la creatura più bella che avesse mai visto, l’unicità dei suoi tratti che solo in parte annunciavano l’unicità del suo animo gli toglieva il fiato. Era lui, l’uomo migliore e più saggio che avesse mai conosciuto, che se ne stava accoccolato tra le sue braccia, in un giorno d’estate, a largo di una spiaggia d’Inghilterra. Ed era suo. John sorrise, indugiando di nuovo sul viso di lui.

E poi lo buttò in acqua, perché era un maledetto idiota ed era quello che si meritava.






*Ninidrina: spray per individuare le impronte digitali

 
   
 
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