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Autore: Lady R Of Rage    02/10/2014    5 recensioni
[Crossover Le 5 Leggende/Teen Titans]
Pitch si sorprese di quanto la voce di lei suonasse profonda e posata, in netto contrasto con l’irritante pigolio acuto della Fatina dei Denti e dell’altra ragazza che combatteva, quella con in capelli rossi. Questo gli piacque.
-Tu dici di conoscermi.- le disse, cercando di mantenere il suo miglior tono da cattivone elegante. Sapeva che lei sarebbe stata in grado di sostenerlo.
–Ti vedo tutte le notti. So che entri nella mia stanza.-. Per un attimo parve che lo sguardo di lei si accendesse di rabbia. –Nessuno entra nella mia stanza.-
Pitch si bloccò, perché non sapeva come risponderle. Non voleva trovarsi costretto ad affrontarla, non soltanto perché questo avrebbe attirato l’attenzione dei quattro pagliacci colorati –che ora che ci pensava erano tanto simili ai Guardiani quanto la ragazza dai capelli neri era simile a lui- ma anche perché non sarebbe riuscito ad accettarlo. Non in quel momento che, ne era più certo che mai, aveva trovato qualcuno che gli assomigliava.

[Pitch/Raven | Spoiler!Episodio "La Fine Del Mondo" | Buon Compleanno, Raven Cullen!]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Pitch
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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L’altra faccia dello specchio
 
Lo specchio è muto, sorridente, crudele. Ti mostra ciò che sei e ciò che nascondi. Non è aperto a compromessi e non gli piacciono le bugie bianche.
Lo specchio mette a nudo i tuoi difetti, le tue paure e il tuo destino, che tu lo voglia oppure no, e anche se fingi di non vederlo è sempre lì, per ricordarti che ci sono cose a cui non puoi sfuggire.
Raven ne aveva rotti tanti, di specchi, in accessi di rabbia sboccati quasi dal nulla, e le schegge rimanevano dovunque come uno strano tappeto di fiori argentati che lastricava il sentiero che inevitabilmente avrebbe portato alla fine. Erano i giorni in cui il suo riflesso aveva quei dannati segni rossi sulla pelle, e quattro occhi di fuoco che la fissavano come a rimproverarla di essere nata.
Erano i giorni della paura.
 
A volte qualche cattivone decideva di andare a commettere scorribande di notte. Nessuno dei Titans si lamentava, dopotutto la difesa della giustizia è un lavoro senza orario fisso. Di notte, a volte Pitch rimaneva a guardarli nascosto, egli stesso ombra tra le ombre, come un imperatore romano di fronte a una lotta tra gladiatori. Non parteggiava per l’una o per l’altra fazione, si limitava a restare lì con aria noncurante ad assistere per tre o quattro minuti ai combattimenti. Un piccolo sfizio prima di passare al suo, di lavoro.
A differenza della giustizia, distribuire gli incubi aveva un orario molto, molto fisso: iniziava al calar della notte e si concludeva all’alba, e passando di casa in casa c’era sempre il tempo di assistere a qualche bello scontro.
 Pitch li guardava, e guardava lei.
 
Il suo viso gli rimaneva in mente a lungo, anche mentre diffondeva gli incubi dopo che la battaglia era finita. Non aveva l’infantile e colorata ingenuità della Fatina dei Denti o dell’altra ragazza che combatteva, ma proprio per questo gli sembrava più bella.
Si ricordava di quando l’aveva vista combattere per la prima volta. C’era un mostro gigantesco, una creatura piuttosto strana di cui avrebbe poi, in futuro, spesso riciclato le fattezze per gli incubi dei bambini, che stava devastando la strada. C’erano gli altri quattro, il ragazzo atletico, la ragazza dai capelli rossi, il ragazzo cibernetico e il ragazzino dalla pelle verde, che combattevano penosamente facendo del loro meglio, ma non bastava.
Poi era arrivata lei. Con quell’abito scuro sembrava quasi fuori posto in quel mucchio di pagliacci colorati. Era la più forte, si capiva già da lontano. Fu solo grazie al suo intervento che la creatura infernale fu presto messa a terra.
Dopo che se ne andarono, per quella sera Pitch non ebbe più voglia di diffondere incubi. Si mosse nell’ombra con la grazia di un pipistrello, seguendo la ragazza dai capelli neri e gli altri pagliacci colorati fino a quella strana torre a forma di T dove abitavano. Salì fino in camera sua, un comportamento degno del più perverso dei maniaci, per guardarla mentre dormiva. Presto avrebbe capito che, se c’era una cosa che a lei non piaceva, era che la gente le entrasse in camera senza avvertire. Ma per il momento non importava. Non è che dovesse saperlo.
 
L’alba si stava avvicinando, e Pitch capì che era il momento di andare. Prima di attraversare il vetro della finestra per andare a nascondersi nelle ombre prima che il sole sorgesse, rivolse un ultimo sguardo alla ragazza dai capelli neri. Era bellissima anche quando dormiva, tuttavia aveva un’espressione strana sul viso. Un’espressione che era sicuro di conoscere bene.
Era l’espressione che avevano tutti i bambini nel momento in cui il suo tocco raggiungeva i meandri più profondi dei loro sogni.
La ragazza dai capelli neri aveva paura.
 
Alcune sere dopo la rivide. Altro mostro, altro combattimento.
Ebbe modo di conoscere altri aspetti magnifici dei suoi poteri. Per certi versi erano simili ai suoi, quando li usava per combattere e non per diffondere incubi. Poteva controllare qualunque cosa le si trovasse intorno, che fosse semplice materia o un oggetto anche grande. Un potere che gli altri quattro non sarebbero mai riusciti a eguagliare. La vide che fluttuava con la grazia di una colomba scura per sfuggire ai tentacoli della creatura infernale. A un certo punto prese la forma di uno strano uccello nero.
Pitch si sorprese a sorridere. Aveva visto il proprio riflesso nel corpo slanciato della ragazza.
Sapeva che, come Uomo Nero, era tenuto a estraniarsi da tali pensieri; tuttavia non riusciva a non trovare consolazione nel fatto che, dopotutto, da qualche parte esistesse qualcuno simile a lui.
 
La vide molte altre volte, che stesse dormendo o combattendo. Appena terminata la sua quota notturna di bambini guizzava rapidamente fino alla torre dalla buffa forma, e la guardava.
Apprese che conosceva le arti magiche, che veniva da un’altra dimensione, Azareth o qualcosa del genere, e che c’era un destino che avrebbe dovuto compiere. Un destino dal quale era terrorizzata più che dalla morte stessa.
 
Una sera diede un’occhiata ai suoi incubi, determinato per qualche strana ragione a conoscere da vicino la natura del terrore che perseguitava i sogni della ragazza.
Quella notte Raven dormì un sonno agitato e discontinuo, e Pitch se ne andò al sorgere dell’alba con in testa immagini di mari di lava, demoni dai quattro occhi e una ragazza dai lunghi capelli violacei il cui corpo brillava di rosso infuocato.
 
Fino al giorno in cui quell’immagine non divenne realtà; il corpo della ragazza si accese per davvero di rune rosso fuoco,  il demone a quattro occhi sorse, con la potenza di un dio, e il mondo colorato e allegro che Pitch tanto detestava si trasformò per davvero in un mare di lava. E la ragazza dai capelli neri, col dolore profondo della rassegnazione, si aprì in due come una gemma e scatenò la furia dell’Apocalisse.
Pitch si sentiva inebriato dalla luce crudele della lava, ben diversa dal cinico e gentile bagliore della luna, e dai volti terrorizzati delle persone pietrificate, e decise di mostrarsi, per dare alla ragazza dai capelli neri i complimenti che le spettavano per una simile azione.
Ma prima di riuscire a palesarsi cominciò d’improvviso a sentirsi debole, come se ogni fibra del suo corpo fosse stata svuotata dalla propria essenza e riempita con dell’aria. Guardò nuovamente i volti atterriti delle persone pietrificate, e capì quello che erra accaduto.
Se la gente, da pietrificata, non credeva in lui, come non poteva più credere in niente, nemmeno nei Guardiani, lui sarebbe morto.
 
Ebbe una fugace visione degli altri quattro componenti del gruppo - il ragazzo atletico, la ragazza dai capelli rossi, il ragazzo cibernetico e il ragazzino dalla pelle verde – che guardavano il mondo di lava e pietra col terrore negli occhi, e sentì ogni forza abbandonargli il corpo.
Ora la ragazza dai capelli neri era morta. Disintegrata, dicevano.
E il mondo era un vulcano gigantesco.
Bisognava solo aspettare la fine.
Pitch si accasciò su una roccia piatta, e attese che la fine giungesse.
Ma proprio quando le ultime forze lo stavano abbandonando, la rivide.
Era più bella che mai, nonostante per qualche ragione il suo magnifico abito blu fosse diventato di quel disgustoso colore bianco. Aveva i capelli lunghi e lo sguardo fiero di chi era riuscito a superare la paura. E nonostante questo, Pitch non riusciva a smettere di guardarla.
E la guardò combattere, affrontare coraggiosamente il demone a quattr’occhi, scatenando la furia massima dei suoi poteri, quei poteri così simili ai suoi, come riflessi dentro uno specchio.
E il demone a quattr’occhi si ritirò sconfitto. La luce si riaccese nel mondo. Non era ancora finita.
 
Quella notte Pitch attese il sopraggiungere della sera con la trepidazione – e odiava pensarlo – di un ragazzino la notte di Natale.
Quando finalmente il sole si decise a tramontare oltre ai grattacieli di Jump City, finalmente si sollevò dalle ombre, ma anziché raggiungere le camere dei bambini come faceva sempre, volò rapidamente al grattacielo dalla forma strana. Sapeva dov’era la camera della ragazza dai capelli neri.
Si mostrò non appena la vide entrare.
 
Stranamente, non sembrò spaventata al vederlo, né cominciò a imprecare perché era entrato nella sua stanza senza permesso.
Tempo prima, durante una battaglia contro uno stravagante individuo che controllava gli oggetti e le cibarie in vendita in un fast food, l’aveva sentita dire chiaramente che non conosceva la paura. Quando quella stessa sera, durante un nuovo scontro, aveva ammesso che sì, lei conosceva la paura, Pitch l’aveva considerata una delle sue più grandi vittorie personali.
La ragazza dai capelli neri lo guardò a testa alta, da pari a pari.
-So chi sei.- gli disse. Il tono era tranquillo, come di chi accoglie un ospite. –Tu sei quello che chiamano Uomo Nero. Quello che la notte porta la paura.-
Pitch si sorprese di quanto la voce di lei suonasse profonda e posata, in netto contrasto con l’irritante pigolio acuto della Fatina dei Denti e dell’altra ragazza che combatteva, quella con in capelli rossi. Questo gli piacque.
-Tu dici di conoscermi.- le disse, cercando di mantenere il suo miglior tono da cattivone elegante. Sapeva
che lei sarebbe stata in grado di sostenerlo.
–Ti vedo tutte le notti. So che entri nella mia stanza.-. Per un attimo parve che lo sguardo di lei si accendesse di rabbia. –Nessuno entra nella mia stanza.-
Pitch si bloccò, perché non sapeva come risponderle. Non voleva trovarsi costretto ad affrontarla, non soltanto perché questo avrebbe attirato l’attenzione dei quattro pagliacci colorati –che ora che ci pensava erano tanto simili ai Guardiani quanto la ragazza dai capelli neri era simile a lui- ma anche perché non sarebbe riuscito ad accettarlo. Non in quel momento che, ne era più certo che mai, aveva trovato qualcuno che gli assomigliava.
-Io ti vedo sempre nel mio specchio.- continuava la ragazza dai capelli neri. -So che mi guardi. Ti conosco, sai. Tutti conoscono la paura.-
Pitch si sentì orgoglioso nel constatare che questa frase proveniva dalla stessa ragazza che aveva affermato con orgoglio, tempo prima, di non conoscere la paura.
-Sono parole profonde, specialmente se pronunciate da una che combatte per il bene.-  disse Pitch, fluttuando attorno al suo corpo come un turbine di brezza nera.  -Non nascondo che… sono affascinato da te.-
Cercava ancora di mantenere il suo tono flemmatico, da Signore dell’Oscurità, ma più andava avanti più si rendeva conto che con lei non funzionava. Era troppo simile a lui, e non sapeva come comportarsi, non avendo mai incontrato nessuno con cui sentisse di condividere anche una minima cosa.
Proprio in quel momento si sentirono delle voci nel corridoio, che Pitch identificò con quelle del ragazzo cibernetico e del ragazzino dalla pelle verde. Gridavano qualcosa a proposito di una palla puzzolente.
La ragazza dai capelli neri storse il naso:- Forse è meglio se andiamo fuori.-
E senza nemmeno attendere la sua risposta, allargò le falde dell’abito e si librò attraverso la parete con l’eleganza di una fata oscura. E Pitch la seguì, fino alla riva del mare
 
Era una notte perfetta per due creature dell’oscurità. Era quel periodo in cui la luna non era altro che un microscopico spicchio di un argento sbiadito che spiccava a malapena nel tessuto blu oltremare del cielo notturno.
Lei si chiamava Raven, Corvina. Un nome semplice ed efficace che le stava piuttosto bene.
-In realtà mi chiamo Rachel Roth.- ammise, mentre con la coda dell’occhio ammirava il proprio riflesso sulla superficie calma del mare. E accanto quello di Pitch, un coagulo di nero e di bianco dove spiccavano due occhi dorati come pagliuzze d’oro in un mucchio di catrame.
-E il tuo nome, qual è?-
-Io ho molti nomi.- rispose lui. –Per questa parte del mondo sono conosciuto come Pitch, l’Uomo Nero.-
Raven pronunciò una volta o due il nome, muovendo le labbra con lentezza come per assaporare il retrogusto amaro delle sillabe.
-Mi piacciono i tuoi poteri.- le disse lui. Si sorprese a non vedere nessun accenno di dissimulazione nelle proprie parole. Ma dopotutto, per quella ragazza poteva permettersi un po’ di verità.
-Li ho ereditati.- rispose lei, passandosi una mano nei capelli con fare vagamente imbarazzato.- I tuoi, invece, da dove vengono?-
Pitch sbarrò gli occhi dorati e rimase improvvisamente in silenzio. I tristemente noti segmenti della propria storia si proiettavano nella sua mente come i negativi sfocati di un film in bianco e nero. I ricordi dei giorni in cui, prima di portare la paura, ne subiva tutte le più forti angherie. Giorni che non aveva e non avrebbe mai condiviso con nessuno, nemmeno con quella ragazza.
Si morse leggermente le labbra per nascondere l’emozione e tornò a guardare lo specchio dell’acqua. Fu guardando quel riflesso che si rese conto che la mano pallida della si era poggiata sulla sua spalla, come se sapesse sin dall’inizio quale sarebbe stata la risposta.
-Se non ti va di raccontarmelo, non ti costringerò.- disse. –Capisco che ci sono cose che a volte è meglio tenere per te.-
Lo guardò e gli sorrise. -Devi solo trovare il momento giusto per lasciarle uscire.-
-Anche tu devi aver visto molte cose.- le disse, stringendosi leggermente nelle braccia.
Lei abbassò minimamente lo sguardo, e produsse un lieve sospiro. –Molte delle cose che ho visto le ho combattute. Suppongo che anche tu, più o meno, faccia lo stesso.-
Fece una pausa. –È strano per me pensare che ci sia qualcuno che mi assomiglia.-
Per me è ancora più strano, pensò Pitch. Ma non lo disse. Non era ancora sicuro di poter mettere da parte il proprio orgoglio di Uomo Nero per una ragazza che, tuttavia, sembrava conoscere meglio di quanto pensasse.
Improvvisamente sentì un familiare bruciore sulla pelle. Era la luce dell’alba che cominciava a spuntare dal mare. Anche a Raven bastò un’occhiata per comprendere che il sole non creava un’atmosfera adatta al suo interlocutore.
-Puoi andare, se vuoi.- gli disse. –Possiamo parlare domani. So che hai ancora molto da dirmi.-
E Pitch cercò di ignorare il bruciore di quei maledetti raggi giallastri, e si sorprese a sorriderle. Non importava. Lei lo meritava.
-Potrai continuare a vedermi nello specchio.- le disse. Un secondo dopo si librò nelle ombre, per sparire assieme alla notte.
E Raven sorrideva guardandolo mentre se ne andava, consapevole che, per aspettare la notte dopo, ci sarebbe voluta molta pazienza.
 
Lo specchio è silenzioso, beffardo. Non puoi sfuggire a ciò che dice e a ciò che ti mostra.
Ma è bello, molto bello, vedere un volto amico vicino al proprio riflesso.
E il riflesso di Rachel Roth, conosciuta da tutti come Raven, e quello di Kozmotis Pitchiner, conosciuto da tutti come Pitch, l’Uomo Nero, sarebbero rimasti assieme a lungo, nello stesso specchio, come una cosa sola.
 

Angolo della Cuin
Come probabilmente avrete compreso, non essendo voi delle teste di pigna (come direbbe la nostra cara Raven), questa FF è il mio Divino regalo di compleanno per la Divinissima autrice Raven Cullen. *sacrifica gente in suo onore*. Non credo di dover spiegare il perchè della scelta di questo argomento.
Ora io, tecnicamente, NON shipperei gente in 2D con gente in CGI, tuttavia ero determinata a cercare una ragazza degna di Pitch; mi sono state suggerite Malefica (che andrebbe anche bene, ma sta con Jafar), Eris (che sta con Ade), ed Elsa (che oltre a stare con Jack, secondo me non può funzionare tra di loro).
Un giorno ho pensato a Raven, o Corvina che dir si voglia. Ho sempre amato la serie dei Teen Titans, ricordo di averla guardata molto spesso coi miei fratelli, e l'idea di Corvina e Pitch mi sembra che faccia scintille. Secondo me potrebbe capirla meglio di quanto non farebbe con Elsa (che tra parentesi è un personaggio che proprio non mi piace); inoltre il fatto che abbiano poteri simili secondo me non fa che rafforzare un possibile legame.
Di nuovo, la Divina Raven Cullen accetti questo umile dono di devozione, oltre al sacrificio umano da me compiuto. Tanti aguri Divina!
Grazie anche a te che leggi. 
Ci vediamo presto.
MiticaBEP97

  
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