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Autore: SophieJ    04/10/2014    0 recensioni
Nessuno sa perché sia accaduto, tuttavia, tutti sanno quando è successo.
L’estate di tredici anni fa.
Da quel momento per tredici giorni, la notte è svanita dal mondo.
Subito dissero che il bagliore era dovuto all’esplosione della stella Antares, la stella più luminosa della costellazione dello scorpione. La luce causata dalla distruzione della stella fissa, distante quattrocentotrenta anni luce, giungeva sulla Terra dopo quattrocentotrenta anni. Tutto qui.
Ciò che non dissero fu che la luce portò con sé radiazioni gamma e pulviscolo che andarono ad intaccare non tutti gli individui: solo i malati di cancro terminale, quasi a voler sottolineare come la Natura dia sempre una seconda possibilità a tutti i suoi figli.
Quindi individui considerati inferiori e di peso alla società, diventarono i detentori, i dominatori di poteri mai ritenuti possibili per gli uomini.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Chapter One.

 

Nessuno sa perché sia accaduto, tuttavia, tutti sanno quando è successo.

L’estate di tredici anni fa.

Da quel momento per tredici giorni, la notte è svanita dal mondo.

Subito dissero che il bagliore era dovuto all’esplosione della stella Antares, la stella più luminosa della costellazione dello scorpione. La luce causata dalla distruzione della stella fissa, distante quattrocentotrenta anni luce, giungeva sulla Terra dopo quattrocentotrenta anni. Tutto qui.

Ciò che non dissero fu che la luce portò con sé radiazioni gamma e pulviscolo che andarono ad intaccare non tutti gli individui: solo i malati di cancro terminale, quasi a voler sottolineare come la Natura dia sempre una seconda possibilità a tutti i suoi figli. 

Quindi individui considerati inferiori e di peso alla società, diventarono i detentori, i dominatori di poteri mai ritenuti possibili per gli uomini. 

 

Non ci sarà più nascondiglio

né anfratto oscuro

tutto verrà alla luce.

Ma non crediate che solo perché risplende

una stella non possa essere sinistra

pericolosa

distruttrice.

 

Questo mondo è pieno di mostri con visi amichevoli.

Non ricordo quando me ne sono resa conto. 

Forse la verità è che l’ho sempre saputo, come tutti, ma non volevo ammetterlo. 

So solo che un bel giorno la nuvoletta azzurra che avvolge ogni bambino, si è dissolta e ho potuto vedere chiaramente cosa si celava dietro ad essa.

A Rheagal  si nasce e si muore, e non serve a nulla tentare di fuggire.

Tanto, quelli sguinzaglierebbero gli Immacolati e tutto sarebbe finito prima ancora che tu te ne possa rendere conto. 

Ma perché dico ‘gli Immacolati’? Lo sono anch’io.

Siamo una gruppo piuttosto ristretto che la società non accetta. 

Considerati alla stregua di scarti o avanzi di quotidiano, siamo tenuti tutti insieme in una parte della città, recintata da alte e spesse mura di Mavherick, uno dei materiali più resistenti e lisci di questo mondo.

Inutile dire che la criminalità è all’ordine del giorno e che vi è una spietata lotta per la sopravvivenza.

Non ci arrivano approvvigionamenti ormai da mesi e, mentre l’aria si satura di rabbia e voglia di vendetta, lottiamo tra di noi. 

O meglio, lotterei anch’io, ma sfortunatamente sono un’Immacolata di livello omega, uno dei più pericolosi.

Attualmente che io sappia ci sono solo altri due esseri come me, ma non ho modo di saperlo, perché io vivo in un container fatto totalmente di oro, platino e qualche altro metallo super resistente. 

Completamente al buio.

E fanno bene quei bastardi a tenermi nell’oscurità più totale: basta anche un minimo di luce, e combino parecchi guai. 

Guai che prevedono morti efferate e senza alcuna pietà, distruzione di parte della città e la presenza di un elemento potenzialmente pericoloso per tutti in circolazione.

Il mio debutto in società lo feci all’età di sei anni.

Dopo l’assassinio dei miei genitori e della mia gemellina Adeline, ero particolarmente scossa e facilmente suscettibile.

Una paio di ragazzini dei quartieri ricchi cominciarono a chiamarmi lurida stracciona.

No. Ovviamente non fu per quello che distrussi una parte della città. 

Cominciarono a dire che ero strana. Che una ragazzina con i capelli bianchi e gli occhi blu era portatrice di sventura, preda di demoni di ogni sorta e che sarei morta proprio come i miei genitori, insieme con Hermia e Marthrina.

Anche lì, la cosa mi scivolò addosso.

Ma forse quei piccoli monelli si aspettavano da me una qualche reazione, perché uno di loro poi mi diede un pugno.

E fu allora che sentii il sangue ribollirmi nelle vene, come un vulcano pronto ad eruttare.

La rabbia mi salì fino al cervello e lo spense.

Ricordo solo che quando riaprii gli occhi, Hermia e Marthrina mi guardavano terrorizzate.

Feci un passo verso di loro, ma quelle fuggirono via.

E allora mi decisi a posare gli occhi su ciò che mi circondava.

Scendeva una soffice neve calda, rassicurante. Un fiocco di essa si posò sulla mia mano e realizzai con orrore che non era neve. Ma cenere.

Una cenere strana dal forte odore sanguigno misto a quell’insopportabile olezzo di calcestruzzo bagnato.

Alzai gli occhi cercando di dare un senso a quanto era accaduto, ma non potevo.

Non ricordavo nulla.

Vidi spuntare da ogni parte uomini armati e spaventata mi rannicchiai al suolo.

Loro mi sollevarono con la forza e mi trascinarono in un piccolo furgoncino bianco.

Con me entrarono tre uomini, che tremavano dalla testa ai piedi.

Mi chiesi il motivo. Loro erano armati ed io una bambina indifesa.

“Non farci del male… Abbiamo famiglia…” sussurrò uno di loro nella mia direzione.

Annuii con il capo, facendoli sobbalzare.

Perché avevano tanta paura di una bambina?

Poi vidi che uno di loro stava controllando su un piccolo schermo a cristalli liquidi il telegiornale. Mi avvicinai per vedere meglio, ma subito questo si ritrasse e mi puntò contro il fucile, intimandomi di arretrare.

Presi nel farlo anche il piccolo tablet e guardai la notizia del giorno.

C’ero io al centro di una spirale rossa e bianca. 

La Spirale di Sangue era il nome con cui mi presentarono al mondo.

Spirale di Sangue? Che soprannome è mai questo?

Vidi la parte della città che era andata distrutta, ovvero i quartieri ricchi, la banca, la sede del governo e del potere militare.

“Ho fatto io tutte queste brutte cose?” mi sfuggì dalle labbra.

Uno dei soldati mi guardò pensieroso, poi annuì leggermente. 

“Non sapevi cosa facevi… É un potere che non puoi controllare… É una brutta malattia che ti ha infettato…” 

Lo vidi sforzarsi di spiegarmi con dolcezza i fatti e lo apprezzai.

“Io di certo non sapevo che sarebbe successa una cosa simile… Ma ero così arrabbiata con quel bambino… Così ferita… Ho desiderato che morisse ed è accaduto.”

Uno dei tre soldati, ovvero quello che prima era balzato indietro dallo spavento, mi guardò con astio.

“Attenta a ciò desideri allora…” 

 

 

Continuiamo ad aumentare, ma invece di integrarci, l’aristocrazia si dà da fare per isolarci, per trovare un modo di eliminarci… Ha! Tutto inutile.

Da quello che so, i malati terminali più prossimi alla morte nel momento del Fulgore hanno acquisito potenzialità straordinarie e altrettanto pericolose, come me.

Quelli invece che avevano ancora qualche mese da vivere hanno acquisito poteri rilevanti e strani, ma nulla a che vedere con il mio.

Noi siamo ciò che loro hanno creato, siamo il frutto del loro volere, plasmati dalle loro mani.

Non si può creare qualcosa e definirlo mostro solo perché non coincide con l’idea che ci eravamo fatti e con le aspettative che avevamo riposto in un determinato progetto… É crudele, sleale.

Ma imparerete molto presto che per gli Immacolati non c’è giustizia, non c’è perdono e non c’è compassione.

Viviamo tutti nel settore E. E come End. Perché è un settore in cui non vorreste trovarvi nemmeno per distrazione. Pena: la morte. 

Morte per mano dei centottanta Immacolati che ivi dimorano.

La società era incapace di trovare una cura alla nostra malattia, come la chiamano loro, e quindi ci ha rinchiusi qui, in vista di un prossimo trasferimento su un’isola lontana.

Curioso. Per loro noi siamo malati… Non lo eravamo anche prima? Questa è ben lontana dall’essere una disgrazia, anzi.

Tutti noi ci siamo completamente ristabiliti, rigenerati.

Gli scienziati vorrebbero studiare il nostro sangue, ma sfido chiunque di loro a chiedercelo. Morirebbero all’istante.

La cosa curiosa è che solo noi che avevamo tumori nel momento del Fulgore abbiamo acquisito queste capacità.

A tutti gli altri spetta il loro triste destino.

Toc. Toc. Toc.

“Che c’è?” grido, cercando di farmi sentire oltre quella trappola di metallo.

“Forse riuscirò a liberarti, oggi!”

Si, certo… Come no. Questa promessa me l’ha fatta precisamente novanta giorni fa, che equivalgono a duemilacentosessanta ore, che sono centoventinovemilaseicento minuti, che si risultano essere più di settemiliardi di secondi.

Fare calcoli complessi è l’unico modo per passare il tempo, in una luogo in cui il tempo sembra aver perso la sua caratteristica funzione.

Ho conosciuto una bambina.

Anzi, ho sentito la sua voce e della sua voce mi sono nutrita in tutto questo tempo.

Deve avere tra i sei e i dodici anni, ma non posso provarlo.

Si è offerta di tirarmi fuori da questa gabbia, in cambio di protezione.

Ho accettato, sicura del fallimento della sua missione.

Non so neppure perché l’ho fatto. La pietà non è una parola che io abbia mai conosciuto e quindi non sono portata a metterla in pratica.

Un tempo ero diversa. Beh, credo lo fossimo tutti prima.

“Non darti tanta pena per me: tanto è meglio per tutti se io non esco di qui. Non sai di cosa sono capace.”

“Oh, ma andiamo! Non riusciresti a fare un bel niente! É sempre giorno qui fuori! E forse lo sarà per almeno altri tredici anni!”

Sbuffo. Speriamo di no. Io odio la luce. L’ho iniziata ad odiare tredici anni fa.

“É un bel po’ di tempo…” mi lascio sfuggire e mi pento immediatamente di quell’affermazione. No! Io non mi piegherò! Fosse l’ultima cosa che faccio!

“Ecco perché dobbiamo farti uscire di lì al più presto!” la bambina squittisce.

Dio quanto è noiosa… Perché si è tanto intestardita con me? Che ho fatto nella mia vita precedente per meritare un simile castigo? 

Beh, meglio per me. Quando avrà trovato un modo di tirarmi fuori, me ne sbarazzerò.

 

 

Grelinda sgranocchia la sua razione di cibo.

Sua madre le diceva sempre di assaporare ogni pasto perché c’è gente al mondo che non può mangiare e perché potrebbe essere l’ultimo.

Non aveva mai conosciuto la fame lei. In fondo era figlia di un generale piuttosto stimato nella regione di Chartavia e quindi aveva sempre goduto di certi privilegi.

Nonostante ciò, si era sempre sentita in colpa a causa della sua vita agiata.

Non era mai stata nei Settori D e E, ma aveva sentito che cose orribili accadevano laggiù. D come Destroy e E come End. Queste piccole lettere sembravano proprio incarnare lo schema rotatorio della vita.

A come Arise, B come Breath, C come Culmination, D come Destroy e E come End.

Il Settore E era sempre stato il più malfamato e per questo lasciato a sé stesso.

Neppure le forze dell’ordine osavano recarvisi: non ne sarebbero uscite vive.

“Sono degli animali - diceva sempre suo padre - e come tali vanno trattati!”

Sua madre invece le aveva spiegato che erano persone sfortunate, che non potevano vivere come loro semplicemente perché lì erano nate e lì sarebbero morte.

Punto. Un’affermazione lapidaria e senza possibilità di fraintendimenti.

Al telegiornale le notizie arrivavano quasi sempre dal distretto E.

Parole come omicidio, stupro, furto, ricatto iniziarono a suonarle in maniera sinistra e ne ebbe paura.

“Che cos’è un omicidio, mamma?”

Sua madre l’aveva scrutata, soppesando la sua domanda e valutando se fosse davvero pronta a saperlo.

“Dormire e non svegliarsi più.”

“Che cos’è un furto?”

“Prendere senza avere il permesso.”

“Che cos’è uno stupro?”

Sua madre la guardò a lungo. La sentì sospirare più di una volta e volgere lo sguardo altrove.

“É male.” 

Grelinda aveva tentato di sapere di più, ma era stata zittita dalla madre che non ne voleva più sapere di trattare quell’argomento.

I suoi occhi erano lucidi e… feriti.

 

 

Grelinda si riscuote e si alza in piedi.

Tutto questo l’ha fatto Merydian all’età di sei anni. Deve aver sofferto molto da allora.

“Ti tirerò fuori di lì, Merydian, capito?” sente una risata sarcastica provenire dall’interno.

“Ah si? Beh, dimostramelo, bestiolina!”

Grelinda si stropiccia gli occhi, ormai deve essere notte e ha tanto sonno.

“A domani, sorellona.”

Ma dal container non riceve risposta. 

 

Buondì! Dopo un attento esame, ho deciso di riproporre Rhaegal! All’inizio non mi convinceva molto, poi mi è partita l’ispirazione e ho scribacchiato alcuni capitoli, perciò eccoci qua! 

Ringrazio chiunque abbia letto, recensito e apprezzato questo capitolo: grazie di cuore! <3

Alla prossima carissimi! Stay tuned! 

Sophie J

 
   
 
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