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Autore: GretaCrazyWriter    04/10/2014    4 recensioni
Mia prima storia Malec. Parla di Magnus e Alec, le stesse persone che conosciamo, ma l'universo non è più quello creato dalla Clare.
E' una Malec!Sherlock (e intendo la serie tv), con Magnus come Sherlock ed Alec come John.
In pratica, è la rivisitazione della serie tv in versione Malec (con qualche piccolo - o grande - accorgimento per adattarlo alla Malec).
Può essere letta da chiunque, ovviamente.
Spero che vi piaccia.
Genere: Angst, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Uno studio in rosa


Capitolo 2
Magnus aprì il sacco funebre,  e diede un’occhiata all’interno. «Quanto è fresco?» chiese.
«E’ appena arrivato» rispose Molly, dall’altra parte del tavolo. A differenza di Magnus, lei indossava il camicie bianco, che spiccava contro i vestiti neri che indossava sotto e gli scuri capelli legati in un’alta coda di cavallo. «Sessantasette anni, morto per cause naturali.» Mentre parlava, aggirò il tavolo, per posizionarsi vicino a lui. «Lavorava qui. Io lo conoscevo, era un uomo gentile.»
«D’accordo» fece Magnus, ritraendosi e richiudendo la cerniera del sacco. «Cominceremo con il frustino da fantino.»
Molly uscì dalla stanza, dopo avergli consegnato il frustino, e si posizionò davanti alla finestra del corridoio che dava sul laboratorio, osservando attraverso i vetri. Magnus impugnò l’arma ed iniziò a percuotere più e più volte il cadavere davanti a lui.
Quando ebbe finito, Molly gli si avvicinò. «Allora…» iniziò, con un sorriso. «Brutta giornata, non è così?»
Magnus tenne lo sguardo puntato sul corpo, iniziando ad annotare vari dati su un quaderno per gli appunti. «Mandami un SMS dicendomi quali abrasioni si sono formate» disse. «Ne va dell’alibi di un uomo.»
Lei annuì. «Senti, mi stavo chiedendo…» iniziò, esitante. «…non è che magari, più tardi, quando hai finito….»
«Hai il rossetto» la interruppe lui, alzando finalmente lo sguardo, e accigliandosi.  «Non l’hai mai messo prima.»
Parve spiazzata. «Ho…» balbettò, con un mezzo sorriso nervoso. «Ho cambiato un po’ look.»
Magnus alzò gli occhi al cielo, e riabbassò lo sguardo sui fogli che aveva tra le mani, ritornando ad annotare.
«Mi stavo chiedendo…» riniziò Molly «se ti andava un caffè.»
Magnus chiuse con uno scatto il quaderno. «Normale, due cucchiaini di zucchero, per favore. Portamelo di sopra.» Detto questo, si voltò e uscì dalla stanza, lasciandola sola.
 
 
***
 
 
Jace lo portò all’Istituto, in uno dei laboratori ai piani di sopra.
Quando entrarono, la prima cosa su cui Alec puntò gli occhi fu le mille attrezzature da laboratorio sparse sui tavoli: ampolle, fiale, microscopi, bilance… Poi, l’uomo chino sul ripiano al centro della stanza, che, quando sentì la porta aprirsi, alzò lo sguardo, per poi alzarsi del tutto quando li vide entrare.
Era alto e magro come una pertica, con capelli a spunzoni così neri da sembrare quasi blu, e la pelle color caramello. Indossava jeans neri aderenti, anfibi neri, una camicia bianca e una giacca, anch’essa nera. Era bello, decisamente; più che bello. Ma quello che colpì di più Alec furono gli occhi, di un incredibile colore verde dorato, con un’intensa luminosità che li faceva sembrare proprio come quelli di un gatto.
L’uomo non si prese la briga di fissarli due volte e tornò a quello che stava facendo prima che entrassero. Alec distolse a forza lo sguardo, guardandosi intorno. «Un po’ diverso dai miei tempi» disse, cercando di non far trapelare l’imbarazzo.
«Non sai nemmeno quanto» rispose Jace.
«Jace, mi presti il tuo cellulare?» chiese lo sconosciuto, interrompendoli. Aveva una voce morbida, ed un accento cadenzato sul quale Alec non poteva mettere il becco.  Sembrava non averli nemmeno sentiti. «Il mio non prende.»
«Perché non usi un fisso?» ribatté l’altro.
«Preferisco mandare SMS.» Mentre parlava, non li fissava nemmeno, come se fossero piccoli dettagli insignificanti.
«Mi dispiace, è nel mio giubbotto» rispose Jace, avvicinandosi a lui.
Dopo un attimo di esitazione, Alec parlò, infilando nello stesso tempo la mano in tasca. «Ecco, prenda» disse, porgendogli il proprio cellulare. «Usi il mio.»
Lui lo fissò per un attimo, come esaminandolo, prima di alzarsi e dirigersi verso di lui. «Grazie.»
«Lui è un mio vecchio amico» disse Jace, facendo un cenno verso Alec. «Alexander Lightwood.»
L’uomo prese il cellulare che Alec gli tendeva, ed iniziò a digitare un messaggio. «Russia?» chiese, mentre digitava.
Alec si voltò di scatto a fissarlo, sbalordito. «Come, scusi?»
«E’ successo in Russia?» specificò lui, smettendo un attimo di digitare, e lanciandogli un’occhiata, come se fosse duro di comprendonio, per poi tornare a messaggiare.
Alec guardò Jace, in cerca di un aiuto, ma l’unica cosa che quello fece fu regalargli un sorrisetto divertito. Tornò a guardare l’altro, che aveva ripreso a battere sullo schermo del telefono. «Sì, in Russia, ma come faceva a saperlo?»
In quell’istante, la porta si aprì ed entrò una ragazza poco più giovane di loro con capelli neri e un camice da laboratorio. Portava una tazza di caffè tra le mani.
«Ah, ecco Molly con il caffè, grazie.» La ragazza – Molly, a quanto pareva – si diresse verso il più vecchio e gli consegnò la tazza sbeccata. «Che è successo al rossetto?» chiese lui, incuriosito.
«Ehm… Non mi si addiceva» rispose lei, evasiva.
«Davvero?» fece lui. «Secondo me era un gran passo.» Si voltò ed iniziò ad allontanarsi, dopo aver restituito il telefono ad Alec. «Ora la tua bocca è troppo piccola.» Fece un gesto noncurante con la mano. «D’accordo» continuò, poggiando la tazza su un angolo libero del tavolo.  «Le dà fastidio il violino?» chiese, voltandosi verso Alec, mentre Molly usciva dal laboratorio.
Alec si ritrovò di nuovo spiazzato. «Come, scusi?»
«Quando rifletto, suono il violino, e, a volte, non parlo per giorni.» spiegò lui, con il tono più ovvio del mondo. «Le darebbe fastidio? I possibili coinquilini dovrebbero conoscere i propri difetti.» Fece quello che di più simile ad un sorriso avesse fatto finora.
Alec  rimase di nuovo spiazzato. Si sentiva anche abbastanza stupido a parlare con uno che sembrava sapere ogni minima cosa, come se avesse qualcosa di tremendamente ovvio sotto il naso, però non riuscisse a coglierlo.  Si rivolse a Jace, che stava esaminando alcune ampolle disposte sul tavolo, rigiradosele tra le mani. «Gli hai parlato di me?»
Il biondo alzò lo sguardo. «No, mai. Neanche una parola.»
«Chi ha parlato di coinquilini, allora?»
«Io» disse quello che, a parere di Alec, era l’uomo più strano che avesse mai avuto la fortuna (o sfortuna) di incontrare. «L’ho detto a Jace questa mattina.» Si infilò un lungo giubbotto in pelle nero, che finora era stato appeso allo schienale di una delle sedie. «Sono un coinquilino difficile da gestire. Ed ora eccolo qui» continuò, e si voltò, facendo un gesto con la mano verso Jace, che assunse un’espressione sulla difensiva «appena tornato dopo aver incontrato un vecchio amico appena congedato dal servizio militare in Russia.» Si avvolse una sciarpa azzurra intorno al collo.  «Non era poi così difficile da capire.»
«Come faceva a sapere della Russia?» chiese Alec.
«Ho messo gli occhi su un bel posticino nel centro di Londra»  continuò lui, senza apparentemente averlo sentito. Iniziò a dirigersi verso la porta. «Dovremmo essere in grado di potercelo permettere.» Si fermò davanti al moro. «Ci incontreremo lì, domani sera alle 7 in punto.» Fece un cenno. «Scusa, sono di fretta, ho dimenticato il frustino da fantino all’obitorio.» Detto ciò, si girò verso la porta, pronto ad uscire.
Aveva quasi abbassato completamente la maniglia quando Alec lo interruppe, alzando la voce. Quel tizio iniziava davvero ad irritarlo – per usare un eufemismo. «Tutto qui?»
L’interpellato si fermò, e si voltò verso di lui. «In che senso?»
«Ci siamo appena conosciuti e già andiamo a guardare un appartamento» ribatté Alec.
«Problemi?» chiese l’altro, annoiato.
Alec lanciò un’occhiata a Jace, che intanto faceva scorrere lo sguardo tra loro ripetutamente, come se stesse guardando un’interessante ed emozionante partita di tennis. «Non sappiamo nulla l’uno dell’altro» disse, cercando di usare un tono conciliante e dio trattenere l’irritazione, ma fallendo miseramente. «Non so dove ci dovremmo incontrare e non so neppure il suo nome.»
Lui lo fissò. «So che lei è un medico militare tornato invalido dalla Russia. Ha un padre che si preoccupa per lei ma lei non vuole chiedergli aiuto, forse perché è un alcolizzato, o più semplicemente perché di recente ha abbandonato la moglie. E so che il suo terapista pensa che la sua zoppia sia psicosomatica, e credo che abbia perfettamente ragione.» Si interruppe, lasciando che Alec assorbisse tutto ciò che aveva detto.  «Credo possa bastare, no?» Si diresse nuovamente verso la porta e la aprì. Prima di uscire del tutto, si sporse e lo fissò. «Io mi chiamo Magnus Bane, e l’indirizzo è il 221B di Baker Street» disse, con una contrazione della bocca che doveva essere un sorriso. «Buon pomeriggio.».
Poi se ne andò, lasciando Alec solo con Jace.
Il biondo, in risposta ad un suo sguardo, annuì. «Sì» disse, divertito «è sempre così.»
Solo in quel momento, Alec iniziò a chiedersi in che razza di casino si fosse cacciato.
 
 



Angolo autrice:
Spero che il capitolo vi sia piaciuto tanto quanto scriverlo è piaciuto a me.
Ho un paio di cose da specificare.
Jace: Ho scelto come cognome di Jace Wayland per il semplice motivo che non potevo usare gli altri, perché Herondale è quello di Will, che è un personaggio nella mia storia, Lightwood quello di Alec e Morgenstern farà la sua apparizione (eheheh). Quindi ho ripiegato sul Wayland.
Magnus: Sì, okay, Magnus che frusta cadaveri con quel senso della necrofilia è decisamente OOC, e in proposito metterò per l'appunto l’avvertimento OOC. La sua parte non è stata per niente facile da scrivere perché già di suo è un personaggio davvero complesso (forse uno dei più complessi di cui io abbia letto. Ma d’altronde è per questo che lo amo), se poi ci aggiungiamo Sherlock, che anche lui è abbastanza complesso, il Magnus di questa FF è complessità al quadrato. In sostanza, spero comunque di aver fatto un buon lavoro.

Ringrazio chi ha recensito il primo capitolo e chi ha messo questa storia tra le preferite/seguite/ricordate.



Greta
 
PS D’ora in poi aggiornerò una volta a settimana di sabato.
  
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