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Autore: cisqua92    05/10/2014    1 recensioni
"Ho sempre odiato il mio riflesso allo specchio. Sono pienamente convinta che non riflette ciò che sono realmente.
Distorce la realtà. È un’invenzione odiosa. Subdola. Crudele. Soprattutto in quest’epoca, dove l’aspetto esteriore è più importante di quello interiore.
Ma fino a qualche anno fa, non mi importava."
Contemporaneamente alla pubblicazione de "Il Lato Oscuro", ecco qua una storia che mi sta particolarmente a cuore.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolcetta, Lysandro, Nuovo personaggio, Rosalya, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAP.3 GIURAMENTO
 
Note: Non sono morta! Eccomi qui, dopo secoli e secoli… non voglio rovinare l’atmosfera del capitolo, quindi vi chiedo scusa per il ritardo e… beh… eccovi il capitolo 3.
 
 
Durante la lezione, Rosalya era molto pensierosa. Non riusciva a non pensare alla reazione di Catelynn, la sua compagna di banco che, alla sua richiesta di amicizia, era rimasta come imbambolata, fissandola a lungo con la bocca spalancata senza proferire parola. Rosa ci restò molto male quando lei fuggì in classe senza risponderle, ma quello che le fece più effetto fu l’espressione della ragazza: i suoi occhi erano velati dal panico, era agitata, ansiosa e si guardava intorno come se avesse davanti a sé una persona malintenzionata creando un muro invisibile tra sé e Rosa portandosi le mani al petto. Rosa la guardò tristemente andare via con un unico pensiero in mente: “Perché ha reagito così?”
Gomito sul banco e testa appoggiata svogliatamente sulla mano, Rosa fissava un punto vuoto davanti a sé, senza prestare particolare attenzione al professore di algebra che tentava di spiegare un nuovo argomento senza particolare successo. Sospirando, con la coda dell’occhio Rosa notò dei movimenti molto particolari della mano di Catelynn che impugnava saldamente una matita facendola scorrere abilmente su un foglietto di carta nascosto dietro l’astuccio, lontano dalla vista del professore e di chiunque si fosse voltato verso di lei. Rosa fu rapita da quei movimenti così decise e si sporse leggermente per vedere il disegno della compagna di banco, trattenendo una risata nel vedere la caricatura del professore. Rosa, felice di aver trovato un altro modo per tentare un approccio con Catelynn, strappò un lembo di un foglio di quaderno e iniziò a scrivere.
“Il tuo disegno è davvero bello! Sei brava a disegnare ^^”
Lo passò a Catelynn la quale, dopo averlo letto, fissò Rosa come se quest’ultima avesse detto un’eresia. Rosa scrollò le spalle senza smettere di sorridere. Catelynn prese il foglietto e, dopo aver letto il messaggio più di una volta, scrisse la sua risposta per poi porgere il foglietto a Rosa.
“Nessuno mi ha mai fatto i complimenti per i miei disegni.”
Rosa rispose. “Scherzi?! Ma se sono bellissimi! Sei molto brava ^^ ne hai fatti altri??”
“Qualcuno.”
“Me li fai vedere??”
“Li ho a casa.”
“Posso venire a vederli, finite le lezioni??”
Da lì, Catelynn non rispose più. Ma Rosa non si arrese e continuò a scrivere bigliettini. Uno dietro l’altro. Finché Catelynn, sfinita, non acconsentì.
 
Finita la lezione, Rosa fu un razzo a rimettere tutte le sue cose nello zainetto e ad indossare il cappotto. Ballonzolava allegra ed impaziente da un piede all’altro in attesa che Catelynn si preparasse.
- Allora, hai fatto? -
- Si, quasi. -
- Dai sbrigati! Voglio vedere i tuoi disegni! -
Catelynn abbassò lo sguardo quando notò che l’ultima frase aveva attirato l’attenzione del “trio delle bellissime” le quali, fissandole, parlottavano tra di loro. Anche Rosa le aveva notate, ma non ci dette molto peso, era più interessata al fatto che Catelynn non riusciva ad esprimere il suo disagio come farebbe una qualsiasi persona in quella situazione.
- Hai fatto? -
- Si. - Rispose Catelynn tirando su la zip della giacca. Rosa sorrise e, insieme, si diressero verso l’uscita, una camminando allegra, l’altra con le mani nelle tasche e nascondendo parte del viso nel colletto alto della giacca. Il tutto sotto la supervisione del “trio”, che non smise un istante di parlottare.
- Allora… come raggiungiamo casa tua? -
- In autobus. Di qua. -
Rosa la seguì, stringendosi nel suo cappotto bianco una volta fuori, quando furono accolte dalla fredda temperatura di quel pomeriggio autunnale.
- Brr… ma tu non hai freddo? -
- No. Sto bene. -
- Non vedo l’ora di salire sull’autobus! È persino nuvoloso, credo che pioverà… e io non ho l’ombrello! Cavolo! Quanto dista da scuola casa tua? -
- Circa 15 minuti di autobus. E la fermata è proprio sotto casa, quindi non ci bagneremo. -
Rosa annuì sollevata e, mettendo una mano in tasca, estrasse il telefono ed iniziò a comporre un messaggio. Catelynn la guardò.
“Cavolo! Quello è l’ultimo modello uscito… bella e pure ricca… che ci fa qui con me?”
- Ecco. - Esclamò Rosa premendo il tasto di invio e riponendo il telefono in tasca. - Ho avvisato mamma che sarei rientrata più tardi. -
- Bene. Ecco la fermata. -
Le due guardarono il pannello, che segnava l’arrivo del bus tra 2 minuti. Rosa esclamò sollevata nel vedere che non sarebbe dovuta restare al freddo ancora a lungo. E, infatti, l’autobus non si fece attendere e si fermò, puntuale, davanti a loro aprendo le porte. Una volta salite, si diressero verso i primi posti liberi, Catelynn vicino al finestrino e Rosa subito affianco. Neanche il tempo di partire, che iniziò a piovere.
- Oh! Che fortuna! Hai visto? -
- Già. -
Catelynn, non ancora del tutto convinta della sua decisione di farla venire a casa con sé, si concentrò sul panorama urbano oltre al finestrino. Ma Rosa non aveva intenzione di trascorrere i 15 minuti di viaggio in silenzio.
- Raccontami qualcosa di te. -
- Perché? -
- Beh, dato che siamo amiche, mi sembra logico che parliamo di noi stesse. E poi io ti ho già detto di me! Ora tocca a te. -
Catelynn sospirò esausta senza smettere di guardare fuori dal finestrino. In particolare le gocce d’acqua sul vetro che, unendosi, davano vita a un caleidoscopio di forme geometriche che trovava parecchio interessanti. Ammirando quelle forme, si ritrovò a pensare che era parecchio tempo che non portava una sua compagna di classe a casa sua. E questo la rendeva nervosa. Ma, anche se non ne sapeva il motivo, Rosa le ispirava fiducia e la sua insistenza non la trovava poi così irritante. Sospirò nel tentativo di rilassarsi.
- Cosa vuoi sapere? -
- Non so… hai fratelli? -
- No. -
- Che lavoro fanno i tuoi? -
- Mamma è infermiera e papà poliziotto. -
- Wao! Che accoppiata perfetta! E tu che vuoi fare da grande? -
- Non ho ancora deciso. -
- Come no? È importante fare dei progetti per il futuro. Dato il tuo talento, perché non fai una scuola d’arte? -
- Non lo so. Ci devo pensare. -
- Hai animali? -
- Un cane. -
- Ooh! Che razza è? -
- Un Bull Mastiff di 2 anni. Non è un “cagnolino”. -
- No? Quanto è grande? -
- Fai conto che peserà sui 50 chili. -
- Ah… e come si chiama? -
- Dagger. -
- È un maschio? -
- Si. -
E cadde il silenzio. Uno strano silenzio. Catelynn, preoccupata per l’improvviso ammutolirsi della sua vicina, si voltò piano verso di lei e la vide fissare imbronciata un punto indefinito del sedile di fronte a sé. Curiosa, provò a guardare anche lei verso quel punto, ma non vide nulla di strano.
“Magari ha paura dei cani. Anzi, è sicuramente così. Alla prossima fermata, inventerà una scusa e se ne andrà.”
Catelynn raccolse il coraggio a due mani e, deglutendo un paio di volte e sentendo il cuore in gola, aprì la bocca per parlare, ma Rosa battè le mani un paio di volte e, chiudendole a pugno, le alzò sopra la testa esclamando: - I cani grandi non mi fanno paura! Io non ho paura! -
Catelynn battè le palpebre un paio di volte, perplessa e rossa in viso, dato che Rosa aveva attirato l’attenzione di qualche passeggero. Affondò la testa nelle spalle, imbarazzata.
- Co… come? Rosa… non urlare, ci stanno guardando tutti. -
- E allora? Quello era il mio modo di farmi coraggio! - Si voltò verso di lei sorridendo. - Funziona, sai? Dovresti provare! E poi, ora non posso avere paura. -
- Perché? -
- Perché sono felice! Mi hai chiamata “Rosa” e mi hai espresso il tuo disagio di tua iniziativa. È un bellissimo passo avanti! -
“È felice?”
Quella parola lasciò Catelynn spiazzata. L’aveva resa felice solo perché l’aveva chiamata col diminutivo e perché le aveva espresso un suo sentimento? Rosa divenne seria all’improvviso, vedendo l’espressione smarrita della ragazza. Sospirò e le afferrò una mano, stringendola tra le sue, e portandola vicino al petto la fissò negli occhi in un modo così intenso che Catelynn non riuscì a distogliere lo sguardo, pur essendo tesa ed imbarazzata.
- Senti, Lynn. Io non so cosa ti sia successo in passato. Ho intuito qualcosa, ma voglio che sia tu a parlarmene quando te la sentirai. Ma qualunque cosa sia successa, questa non deve bloccarti e impedirti di fare nuove amicizie o nuove esperienze. Qualunque muro tu abbia, qualunque dubbio, incertezza o paura, io voglio aiutarti ad affrontarle e a vincerle. -
- P-perché? -
- Perché io vedo in te una splendida persona e voglio aiutarti a tirarla fuori, farla vedere a tutti senza paura. Perché questo vuol dire essere amiche. Ed è questo quello che voglio essere per te. -
- Ma perché io? Perché non… Ambra… o Li o Charlotte… perché io? -
Rosa strabuzzò gli occhi.
- Ma chi? Quelle oche? Non hanno nulla di interessante da mostrare… io voglio essere amica tua perché tu mi piaci! È così difficile da capire? -
“Certo che lo è. Eccome se lo è.”
Catelynn riuscì, finalmente, a distogliere lo sguardo da quegli occhi color oro e a liberare la mano tornando a fissare il finestrino più triste di prima. Anche Rosa fu presa dallo sconforto. Sentendosi le lacrime agli occhi, li stropicciò.
“Vedrai. Diventerò la migliore amica che tu abbia mai avuto! È un giuramento!”
   
 
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