Libri > Il fantasma dell'Opera
Ricorda la storia  |      
Autore: flatwhat    06/10/2014    2 recensioni
Il Daroga che, quando Erik aveva raccontato di come Christine avesse pianto insieme a lui, aveva pianto a sua volta. E questo per Erik significava molto più di quanto riuscisse a esprimere.
Anche se non avrebbe mai avuto l’amore di nessuno dei due, non ora che Erik stava morendo e Christine era lontana e il Daroga era stanco e triste, anche se Erik sarebbe scomparso inesorabilmente dalle loro vite, e lo avrebbe fatto dopo giorni di passi strascicati e sospiri, andava bene così

[Erik/Daroga, Erik/Christine; scritta per la Notte Bianca #16 di maridichallenge]
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Erik/Il fantasma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Scritta per la sedicesima notte bianca @ maridichallenge, il prompt era "Fare la scelta giusta"


Il Fantasma dell’Opera sarebbe morto di lì a poco

Era ormai questione di un’altra manciata di giorni, ed Erik stesso lo sapeva bene. Ogni giorno, sentiva sempre più fatica a respirare e muoversi- vivere- e la tristezza ritornava ogni volta che pensava a come 
aveva lasciato andare il suo angelo, la sua luce, Christine

Christine, che era andata oltre alla mostruosità del suo volto e persino oltre alla mostruosità del suo animo, e gli aveva spalancato gli occhi sull’amore, quello vero, quello che si accorgeva di provare realmente solo ora che lo aveva perso. Quello che, ora si rendeva conto, aveva provato per entrambi.

Nonostante ciò, Erik poteva dirsi di sentirsi finalmente in pace, soprattutto ora che si era sfogato davanti al Daroga. Il Daroga, la costante della sua vita, l’uomo che gli aveva suscitato così tanti sentimenti contrastanti e ne aveva sicuramente provati a sua volta. Quando lo aveva rivisto, dopo tanti anni, proprio all’Opera, aveva provato uno strano misto di fastidio e in quel momento non aveva saputo nemmeno lui cosa voleva realmente: se salutarlo calorosamente o dargli un pugno.

Il Daroga, che ora Erik guardava con gli stessi occhi di quando aveva visto Christine allontanarsi dalla sua dimora, remando lei stessa la barca al posto del troppo stremato visconte (si fa questo ed altro, per le persone amate, ora Erik lo sapeva).

Il Daroga che, quando Erik aveva raccontato di come Christine avesse pianto insieme a lui, aveva pianto a sua volta. E questo per Erik significava molto più di quanto riuscisse a esprimere.
Anche se non avrebbe mai avuto l’amore di nessuno dei due, non ora che Erik stava morendo e Christine era lontana e il Daroga era stanco e triste, anche se Erik sarebbe scomparso inesorabilmente dalle loro vite, e lo avrebbe fatto dopo giorni di passi strascicati e sospiri, andava bene così.

La parabola della sua vita si era chiusa nel migliore dei modi.
E anche se il resto del mondo lo avrebbe ricordato come una leggenda, e quei pochi che lo avevano incontrato come un mostro dentro e fuori, gli bastava la consolazione di aver almeno potuto lasciare un bel ricordo, nel cuore dei suoi due amati.


Il Daroga e il suo servitore lo avevano accompagnato fino all’uscio, perché lui si era d’un tratto sentito troppo debole per proseguire da solo.
In quel momento, Erik avrebbe riso di sé stesso. “Pensare che eri il pericoloso Signore delle Botole!”
Ma in carrozza, voleva entrarci da solo.
Cercò di raddrizzare la schiena e si stirò gli abiti con le mani. I suoi ultimi momenti in piedi davanti a quell’uomo li avrebbe vissuti da persona rispettabile, non come un individuo in pezzi.

Si voltò per salutarlo. Il Daroga aveva ancora gli occhi rossi e un’espressione insolitamente amareggiata.
Ma quando si furono stretti la mano (Erik avrebbe fatto ben altro, ma non ne aveva il coraggio), le sue labbra si erano leggermente piegate all’insù. Un sorriso triste, ma pur sempre un sorriso.

“Sono contento che, alla fine, tu abbia saputo fare la scelta giusta, Erik”, disse, e il suo sorriso divenne un po’ più largo.

Fu un attimo, prima che quelle parole si abbattessero su di lui come un’onda. E se, un momento prima, Erik era stato dritto e impeccabile, ora si era piegato in avanti, una mano sul volto e una stretta a pugno sul petto del Daroga, tutto il corpo contratto nel tentativo di non scoppiare a piangere lì davanti come il più grande degli imbecilli. Un po’ come aveva fatto davanti a Christine, nel Sotterraneo. Due volte, per l’esattezza.
Il tentativo era fallito prima ancora di iniziare.

Il cocchiere si stava sicuramente chiedendo perché ci stesse mettendo tanto.
Peggio per lui. Se ci teneva tanto, poteva scendere di persona e andare a controllare di persona.
Si sarebbe trovato davanti una scena a dir poco patetica, se non bizzarra- un uomo mascherato che singhiozzava come un bambino stringendo un signore dall’aspetto malaticcio?- ma Erik si curava poco delle sue opinioni o di quelle di Darius, dal quale ora non sentiva neanche un fiato.

Non sapeva che espressione avesse il Daroga, in questo momento, l’unica cosa di cui era consapevole erano le sue mani esitanti sulla sua schiena e non riusciva a distinguere il battito o il respiro. Sperò che non stesse piangendo anche lui, di nuovo.


Avevano pianto entrambe insieme a lui, le persone che aveva più care al mondo.
Per questo, anche Erik era contento di aver fatto la scelta giusta.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il fantasma dell'Opera / Vai alla pagina dell'autore: flatwhat