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Autore: EmmaStarr    06/10/2014    2 recensioni
– E quella volta che stavate per tuffarvi in una piscina vuota, voi due?
– Oh, sta' zitto. Neanche tu te ne sei accorto fino alla fine, Makoto!
– Ma non ero io che mi sarei dovuto tuffare...
– Già. Eravamo io e Rin. Ma la sfida l'aveva proposta lui, quindi pensavo che avesse controllato.
* * *
Haru lo fissò negli occhi, ben deciso a non lasciargliela vinta, e Rin si stupì di quanto quegli occhi fossero rimasti uguali a com'erano una volta, gli occhi di quel bambino strano e solitario che aveva conosciuto più di quindici anni prima, in quinta elementare. Ancora così grandi, così profondi, così
blu, nonostante tutto.
* * *
–Nuotando insieme, noi suggelliamo un patto solenne. Non la lontananza, non la fatica, non il tempo potrà mai cancellarlo. È come essere fratelli legati non dal sangue, ma dall'acqua!
* * *
– Sarebbe da stupidi perdersi di nuovo, dopo tutto questo tempo. Non abbiamo più diciassette anni, no?
– E allora facciamo
un'altra promessa.
* * *
Legati dall'acqua, fino in fondo.
* * *
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Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana, Rin Matsuoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bounded by water





– E quella volta che stavate per tuffarvi in una piscina vuota, voi due?

– Oh, sta' zitto. Neanche tu te ne sei accorto fino alla fine, Makoto!

– Ma non ero io che mi sarei dovuto tuffare...

– Già. Eravamo io e Rin. Ma la sfida l'aveva proposta lui, quindi pensavo che avesse controllato.

– Adesso non mettertici anche tu, Haru! Non sai da quanto stessi aspettando quel momento: potresti anche concedermi un minimo incidente di percorso, no?

– … Comunque le vostre espressioni erano impagabili.

– Makoto!

I tre scoppiarono a ridere insieme, come dei ragazzini. Erano seduti in cerchio intorno ad un tavolino nella stanza d'albergo che avevano prenotato fin troppo frettolosamente, soliti com'erano a non badare molto ai dettagli. Dopotutto erano secoli che non si vedevano, loro tre.

Quanto tempo era passato, un anno? Due? Il nuoto li aveva allontanati, spingendoli a partire verso località diverse ma con un solo obiettivo scritto nel cuore. Si sarebbero rincontrati sicuramente, non c'era niente da temere.

E ora, esattamente dieci anni dopo la fine delle superiori, eccoli là, la notte prima del grande evento: Rin e Haru avrebbero nuotato come rivali in quella piscina che Haru aveva sognato innumerevoli volte da quel giorno, in una sfida vera. Makoto sarebbe stato sugli spalti a tifare per lui -non si era mai perso una sua gara prima d'ora, e certo non intendeva farlo proprio adesso-, e Rin sarebbe stato nella corsia vicina, ghignante come di suo solito.

Se si concentrava abbastanza, Haru riusciva già a sentire la vibrante attesa del giorno seguente, le scariche di gioia che risalivano dai piedi fino alla punta dei capelli, le grida del pubblico, il lento ondeggiare dell'acqua clorata, l'azzurro del cielo entrargli negli occhi nascosti dagli occhialini. E quel profumo: avrebbe sicuramente sentito quel profumo, ne era certo.

Ma ora non era il caso di perdersi a fantasticare sull'indomani: avevano incontrato Rin per strada, e dopo gli abbracci e i sorrisi ricolmi di gioia e di lacrime trattenute c'erano state le domande. Cosa ci faceva lì? Come andava la sua carriera da nuotatore? Dove viveva? Dov'era stato? Era felice?

Alla fine Rin aveva congedato la sua squadra e Haru la sua -Makoto escluso, ovviamente- e avevano prenotato in fretta una camera d'albergo per passare la notte insieme, come ai vecchi tempi. Forse Rin, in un altro frangente, avrebbe preferito passare la sera prima delle gare a far baldoria e divertirsi in giro per le strade, ma non prima di una sfida contro Haru: voleva essere carico e pronto, riposato e in forma smagliante. Quindi aveva accettato di buon grado l'idea di trascorrere una serata tranquilla in compagnia dei suoi vecchi amici.

Fu Makoto a parlare per primo, rompendo il silenzio che si era creato dopo lo scemare delle ultime risate: – Sono felice di averti incontrato, Rin.

Sorrideva e basta, mentre lo diceva. Perché lui era così: l'amicizia era sempre stata la cosa più importante per Makoto, ancora più importante del nuoto. Anche lui c'era stato male quando i rapporti con Rin si erano fatti più radi, per poi diminuire del tutto col passare degli anni. Ma dopo la fine del liceo le occasioni si erano fatte sempre più vaghe e remote, e per quanto si fossero impegnati non erano riusciti a fare i conti con la distanza che li aveva separati. Rin aveva proseguito con la farfalla, Haru con lo stile libero che tanto lo contraddistingueva. I tornei a cui avevano partecipato non avevano quasi mai coinciso, e Makoto aveva scelto una carriera di istruttore di giovani talenti a quella di nuotatore professionista. Se Makoto e Haru avevano continuato a sentirsi regolarmente, abitando abbastanza vicini e vedendosi quasi ogni giorno, con Rin non tenevano una conversazione seria da anni. E in fondo al cuore, ogni volta che ci pensavano, era un peso caldo e soffocante impossibile da ignorare.

Rin sospirò. – Anch'io. Mi siete mancati, voi due. – ammise, grattandosi la testa con fare imbarazzato.

Haru e Makoto si scambiarono una lunga occhiata -era una frase così poco da Rin che quasi si aspettavano di vederlo saltare in piedi gridando: “Scherzavo!”-. Poi però il ragazzo ghignò, e in quegli occhi riconobbero il loro amico in tutto e per tutto. – Ma non sperate che basti questo a rallentarmi, domani! Ti batterò davanti a tutti, Haru!

Quello lo fissò per un breve istante, poi il suo sguardo si distese in un sorriso. – Immaginavo che avresti detto così. – commentò pacato, l'ombra di un'antica rivalità mista ad affetto sul volto.

– Ma dicci di te, dai, non ci hai ancora raccontato nulla! – si lamentò però Makoto. – Cos'hai fatto negli ultimi anni? Voglio dire, l'ultima volta che ci siamo sentiti risale a...

– Circa un anno e mezzo fa, giusto? Eravamo arrivati tutti e due alle finali delle nazionali, se non sbaglio. Io farfalla, Haru stile libero. – rifletté Rin, grattandosi il mento. Si erano intravisti negli spogliatoi, lui e Haru, e subito si erano riconosciuti. Ma era stato il tempo di un saluto, un abbraccio un po' rude e un po' impacciato, prima che le rispettive squadre li trascinassero via.

– Ah, sì. – annuì Makoto, pensieroso. – Non ci siamo visti poi, giusto? Cioè, dopo le gare.

Rin scosse la testa. – Non parliamo come si deve da... da quella cena organizzata da Nagisa tre anni fa all'Iwatobi, credo.

Haru inarcò un sopracciglio. – Quattro anni fa. Sono sicuro. – disse con fermezza.

Rin lo fissò con commiserazione. – Mi spiace, sono sicuro che si trattasse di tre anni fa. – lo contraddisse sogghignando.

Haru lo fissò negli occhi, ben deciso a non lasciargliela vinta, e Rin si stupì di quanto quegli occhi fossero rimasti uguali a com'erano una volta, gli occhi di quel bambino strano e solitario che aveva conosciuto più di quindici anni prima, in quinta elementare. Ancora così grandi, così profondi, così blu, nonostante tutto. Il resto del corpo di Haru si era fatto grande, maturo, in tutti quegli anni: aveva i tratti del volto molto meno tondeggianti, i muscoli ben più delineati sotto la maglietta scura e chiari segni dimostravano che si radesse regolarmente. Aveva un tono di voce più sicuro, adulto. I capelli soffici e scuri un po' più lunghi vicino alle orecchie. Ma gli occhi, quelli erano gli stessi di sempre. Forse addirittura un po' più accesi, più vivi. Stava davvero inseguendo il suo sogno, allora.

Rin ghignò piano: era valsa davvero la pena di comprare quei benedetti biglietti per l'Australia, alla fine. – Sono sicuro che fosse tre anni fa. – dichiarò, divertito.

Haru stava per ribattere, quando Makoto scoppiò a ridere. – Era Natale. – rivelò, sorridendo. – Ora è Giugno. È stato esattamente tre anni e mezzo fa.

Ed eccolo lì, il Makoto sorridente e gentile che li sedava sempre prima che iniziassero a litigare seriamente. Rin, rimasto per un attimo senza parole, non poté fare altro che abbandonare ogni astio e unirsi alla risata allegra e cristallina di Makoto. Anche lui, si disse, era cambiato poco. Gli stessi capelli castani a incorniciargli il viso allungato, forse solo un po' più lunghi. La stessa stazza possente che non avrebbe mai avuto il potere di intimidire nessuno, tant'era chiaro a chiunque lo guardasse anche solo di sfuggita il suo animo buono e gentile.

Gli stessi occhi verdi e brillanti, capaci di sondare con una sola occhiata l'animo di chi gli stava davanti. Rin non lo avrebbe ammesso volentieri, ma quegli occhi avevano sempre avuto il potere di calmarlo, ovunque fosse. Si chiese distrattamente se anche loro lo vedessero simile a prima: sapeva di essere cambiato esteriormente, sapeva di essere più alto e più muscoloso, sapeva di doversi fare la barba ogni due giorni e sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa per quei denti tanto acuminati, lo sapeva bene. Ma a parte questo non si sentiva particolarmente diverso dal ragazzo desideroso di vittoria che aveva nuotato una staffetta con loro, che aveva riso e pianto e che si era sentito vivo e felice, felice per davvero.

– Mi è mancato. Questo. Voglio dire, ridere, scherzare con voi... vi ricordate di quella volta, sei o sette anni fa, che Nagisa aveva deciso di andare in campeggio? – fece Makoto, sorridendo.

Haru e Rin annuirono, perdendosi subito nei ricordi: una tenda, il cielo stellato, il fuoco, gli alberi. E loro tre, seduti in cerchio come ora, non in mezzo a una città frenetica e veloce ma al silenzio e alla quiete del bosco e dei suoi abitanti. Anche allora avevano parlato. Era da poco finito il liceo, e tutti ancora sembravano doversi ambientare pienamente al nuovo ritmo dell'università, Makoto più di tutti. Eppure eccoli lì, in quel caldo fine settimana di Agosto, a campeggiare in una montagna sperduta per volere di un amico pazzo e dolce come solo Nagisa sapeva essere.

Ed erano stati felici, assurdamente felici, mentre le stelle si accendevano sopra di loro, quasi a voler suggellare le promesse che i ragazzi si erano scambiati durante quella notte che era parsa infinita ai loro cuori di ragazzi aperti alla vita.

– Come dimenticare? Abbiamo sfacchinato per ore. Nagisa si è seduto sugli occhiali di Rei e abbiamo dovuto guidarlo per metà del tragitto. E il terzo giorno ha piovuto. – sbuffò Rin, alzando gli occhi al cielo.

– Ma è stato bello. – disse piano Haru, senza alzare lo sguardo dal pavimento.

– … Sì, è stato bello. – confermò Rin dopo un solo attimo di esitazione, permettendo ad un sorriso stanco di affiorargli alle labbra. – Un po' come oggi, insomma.

Makoto sorrise. – È come avevi detto quando eravamo piccoli, ricordi? – Assunse un'espressione concentrata e imitò il tono serio e leggermente esagerato che aveva Rin da bambino nei loro ricordi, sollevando un dito con aria saputo e chiudendo gli occhi. – “Nuotando insieme, noi suggelliamo un patto solenne. Non la lontananza, non la fatica, non il tempo potrà mai cancellarlo. È come essere fratelli legati non dal sangue, ma dall'acqua! Fratelli nell'acqua e nello spirito, ecco cosa siamo diventati. E questo è qualcosa che non cambierà mai.” – terminò, scherzando solo per metà. Ai tempi, quelle parole lo avevano colpito davvero. Fratelli.

– Dai, non parlavo così. – si difese Rin, imbarazzato.

– Sì invece. Usavi esattamente questo tono. – lo informò Haru, il tono monocorde tradito da un sottile velo di divertimento. – Comunque, sai, quella volta... quel discorso mi era piaciuto. – ammise, fissandolo direttamente negli occhi.

– Avresti dovuto sentirlo quando te ne sei andato. – si intromise Makoto. – Continuava a dire che non gli importava, perché eravamo “fratelli nell'acqua” o cose del genere. – rivelò, una luce divertita negli occhi. Anche lui si era aggrappato a quel patto solenne, quando sentiva la mancanza di Rin. E anche dopo il liceo, continuava a farci affidamento: aveva addirittura imparato a memoria quel discorso che Rin aveva fatto probabilmente senza darci troppo peso, da bambino. Fratelli nell'acqua e nello spirito. Oh, se gli piaceva, quell'immagine.

Rin ghignò, alzandosi in piedi con uno scatto. – Venite con me. – ordinò, prendendo la porta con risoluzione. Haru e Makoto si scambiarono uno sguardo dubbioso, ma obbedirono senza fiatare: in fondo, con Rin, non si poteva mai dire.

– Posso sapere dove stiamo andando? – osò domandare Makoto quando vide Rin infilare senza esitazione una delle tante vie addormentate della città portuale in cui si erano fermati: le gare si sarebbero svolte lì vicino, ma le loro squadre avevano deciso di fermarsi lì per la notte. Non era una città molto grande né molto abitata, quindi Makoto e Haru si chiedevano seriamente se Rin sapesse dove li stesse portando.

– Tra poco lo vedrai. – fu la risposta decisa e diretta di Rin, che procedette aumentando il passo.

Makoto sorrise con un'aria di vago sconforto dipinto in viso e accelerò per non rimanere indietro. Haru lo imitò, stringendosi nelle spalle.

Alla fine la via si concluse bruscamente svoltando in un ampio spazio aperto. Haru chiuse gli occhi per un attimo, preso alla sprovvista da una folata di vento improvvisa, ma quando li riaprì per poco non se li trovò fuori dalle orbite per la sorpresa: erano... in spiaggia?

– Ah-ah, allora ricordavo bene! – gongolò Rin, soddisfatto. – Ecco qua, è pieno d'acqua. Toglietevi le scarpe. – ordinò, liberandosi con un unico, fluido gesto della maglietta e dei pantaloni.

Non ebbe bisogno di ripeterlo due volte: Haru era già due passi avanti a lui, indossando solo il costume da bagno scuro che non si toglieva mai, dovunque fosse. Rin ridacchiò. – Certe abitudini non cambiano, vedo...

Makoto sospirò divertito, rimanendo in boxer ed inoltrandosi anche lui nell'acqua poco profonda: credeva di aver capito le intenzioni di Rin, ma era ancora troppo stupito -e grato- per dare voce alle sue intuizioni.

La luce delle stelle illuminava appena i flutti che si infrangevano dolcemente sulla sabbia scura. Haru era già immerso fino alla vita nell'acqua che gli lambiva la pelle provocandogli brividi di piacere ovunque: l'acqua, l'acqua, l'acqua che rappresentava la sua intera esistenza era tutt'intorno a lui. L'acqua gli aveva donato solo emozioni intense e bellissime, gli aveva donato loro.

– Adesso venite più vicino. – fece Rin, raggiungendolo, seguito da un Makoto un po' impacciato. Lanciò una veloce occhiata a Haru e sorrise, i suoi denti che scintillavano alla luce della luna.

Makoto sorrise. – Allora? Hai intenzione di spiegarci qualcosa, ora che siamo qui?

Forse, se fosse stato qualcun altro a proporgli di andare fin laggiù senza spiegazioni di alcun genere, lui e Haru si sarebbero rifiutati o comunque imposti in qualche modo. Ma era Rin. Rin avrebbe potuto chiedergli di tutto -dal partecipare ad una staffetta al seppellire il loro trofeo una scatola dietro il club di nuoto, dal fronteggiarsi di nuovo dopo tanti anni al prendere il primo volo per l'Australia-, e loro avrebbero sempre detto di sì. Non c'era un motivo, un senso logico. Non importava per quanto tempo non avessero avuto contatti: Rin ispirava una fiducia, una determinazione, una forza tali da non permetterti di farti domande. Era anche questo che lo rendeva così speciale, in fondo.

– Ovviamente. – ribatté il ragazzo, baldanzoso. – Ebbene, nonostante alcuni di voi abbiano da ridire sulle modalità in cui ero solito esprimere i concetti in quinta elementare, – esordì, scoccando uno sguardo di rimprovero a Makoto, che ridacchiò per tutta risposta, – credevo davvero in quello che dicevo. Anche allora, il giorno della nostra promessa, eravamo in mare. Certo, quella volta era giorno, ma non andiamo troppo per il sottile, va bene? – proseguì imperterrito, fissandoli con un sorriso di vittoria stampato in volto. – Quindi oggi siamo qui per riconfermare quella nostra promessa di un tempo: non ci siamo sentiti per quasi dieci anni, e oggi ci siamo rincontrati. Qualcosa di sicuro vorrà dire, non vi pare?

Haru annuì. – Senza dubbio.

– Sarebbe da stupidi perdersi di nuovo, dopo tutto questo tempo. Non abbiamo più diciassette anni, no? – confermò Makoto.

– E allora facciamo un'altra promessa. – propose Rin, sollevando la mano chiusa a pugno col mignolo rivolto verso l'alto. – Siamo fratelli, giusto? E allora promettiamo che non dimenticheremo mai questo momento. Che non commetteremo lo stesso errore una seconda volta.

Makoto sorrise e avvicinò il suo mignolo a quello dell'amico. – È una promessa solenne: ormai siamo fratelli a tutti gli effetti.

Era strano, alla sua età, compiere quel gesto da bambini immersi nell'oceano intorno alla mezzanotte, ma Makoto sentiva una strana energia in tutto il corpo. No, era più... come un groppo di calore e gratitudine che gli era esploso in mezzo alla gola. Fratelli, fratelli, fratelli. Lui, Haru e Rin. Cosa poteva chiedere di più, cosa?

Mancava solo Haru. Il ragazzo prese un profondo respiro, poi il suo volto si aprì nel sorriso più grande, luminoso e dolce che gli avessero mai visto fare. – Fratelli nell'acqua e nello spirito. – precisò, aggiungendo anche il suo mignolo a quello degli amici.

E non importava più che fosse tardi, che fossero adulti e che fossero nel mare. Non importava la gara del giorno dopo né il lavoro che attendeva Makoto alla fine del weekend. C'erano solo i loro sorrisi, le loro dita intrecciate in quel gesto potente e bellissimo, le loro lacrime mal trattenute e le stelle, le stelle che sembravano sfavillare ed implodere in mille fuochi d'artificio.

Nelle orecchie il suono assordante delle grida di centinaia di persone, come quando nuotavano insieme. Negli occhi gli infiniti colori dell'acqua, l'acqua che li legava e li teneva stretti insieme. Nella bocca il sapore della vittoria e delle gigantesche pizze che mangiavano fino a scoppiare nelle giornate calde e infinite delle loro estati del liceo. E nelle narici il profumo di quell'estate, di quei petali, di quei fiori. Quella piscina ricolma di petali di ciliegio. Il profumo di un sogno infantile che diventava realtà. Il profumo di un'amicizia destinata a continuare per l'eternità, un'amicizia che ora era vincolata dall'affetto fraterno e da una promessa suggellata una notte d'estate, solo le stelle testimoni.

Per sempre.















Angolo autrice:
Uhm, come dire, un po' mi vergogno ad irrompere nel fandom con questa storia così adorabilmente senza coppie. Cioè, niente di niente. Eppure trovo che i rapporti di amicizia, di affetto fraterno siano belli tanto quanto quelli amorosi, se non a volte anche di più. Vedendo Free! ovviamente tutti immaginiamo quello che immaginiamo, ma c'è anche quest'altro lato della medaglia: l'amicizia, la fratellanza, il senso di unità. Io la trovo comunque una cosa bellissima, limpida, sincera, senza doppi fini.
Quindi niente, spero che la storia vi sia piaciuta e che vi venga voglia di lasciarmi un commento! Un abbraccio a tutti, vostra
Emma ^^

  
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