Ho scritto questa fanfiction ispirandomi ad una puntata di Dr House in cui un noto dottore impegnato nella ricerca sul cancro chiede a House di aiutarlo a morire e Cameron ne resta letteralmente scossa, incredula sulla remota possibilità che un uomo preferisca la fine al dolore. Il finale mi ha fatto davvero tremare, poichè si intuisce solo com'è andato ho provato ad immaginarlo così. la puntata è << CONSENSO INFORMATO >> se non mi sbaglio, spero che il testo vi piaccia. Marie.
Sono fiero di te
La porta a
vetro fu l’ultimo ostacolo prima della
decisione finale.
Molti
scrupoli le si riversarono in mente, tra i tanti il
suo profondo, doloroso, ossessivo attaccamento alla vita. Credeva che
gli
uomini, anche nei momenti peggiori, nella malattia, nella morte, anche
allora
non volessero allontanarsi dal seno florido dell’esistenza,
succhiare ancora
un’altra goccia, strappare un respiro roco, ma pur sempre
vivido, concreto.
Polmoni che si riempiono d’ossigeno, estasi
dell’anima.
Non avrebbe
mai creduto un giorno, di dover confutare un
simile postulato. Non avrebbe mai creduto che qualcuno le avrebbe fatto
cambiare idea.
La porta a
vetro riluceva dinanzi ai suoi occhi. Quante
ne aveva aperte prima di allora, mostrandosi sempre sorridente e
disponibile.
La Cuddy la sopportava per questo, per la sua incapacità nel
farsi indietro,
era un segno di debolezza, di fragilità. Come se negare la
propria mano ad un
qualunque essere umano avrebbe causato il collasso
dell’intero universo, quella
donna mai scuoteva la testa in un diniego, a meno che non le si fosse
proposto
di andare contro i suoi ideali. Quegli ideali destinati a cozzare
contro la
dura realtà, a frangersi sul pavimento asettico
dell’ospedale infinite volte da
quando conosceva House.
Lui era
freddo, cinico, di una sostanza che lei non aveva
mai conosciuto prima. Aveva la capacità di prendere
l’anima dei suoi
collaboratori e spremerla lentamente, senza nemmeno concedere loro una
goccia
di anestetico. House aveva il cuore d’acciaio, si scaldava e
si raffreddava in
pochi istanti, togliendo il calore alle esistenze che ruotavano accanto
a lui.
A volte lei si domandava se House non fosse poco meno del sole, un
astro
dall’ego immenso, infinitamente ridicolo al rispetto delle
stelle giganti
eppure capace di far sorprendere la Terra e la Luna, di attrarle in
un’orbita
viziosa e senza fine.
Pian piano
House come il sole era divenuto per lei una
divinità, e come tale lei lo venerava: a stento lo
contraddiceva, e se House
falliva, lei si rinchiudeva in una stanza avvilita e afflitta, a
tormentarsi le
mani chiedendosi perché lui era simile a dio anche
nell’irrazionalità del suo
genio illimitato.
Perché
House non aveva alcun rispetto dei pazienti, li
considerava poco più delle rane che nei licei mille volte
erano state
vivisezionate dagli aspiranti medici. Li imbottiva di insulti, causava
dolori per
raggiungere la dose personale di adrenalina in modo da provare per un
istante
fugace la sensazione di essere al di sopra della mediocrità
umana. House non
aveva scrupoli di sorta, cos’erano le crisi epilettiche e i
rigetti di sangue
dei suoi pazienti, non aveva mica provocato lui la loro malattia!
<< fatevi
compiangere da quel bastardo vostro Dio.
Io non ho pena per i malati, siamo tutti malati in fondo, e dalla morte
nessuno
esce vincitore. Tranne il vecchio della stanza 13, lui entra ed esce
dal coma
ogni due settimane e dice di avere ormai in pugno il segreto
dell’immortalità,
ma questa è un’altra storia >>
sorrideva avvicinandosi a Wilson con il
solito flacone di Vicodin appena abbozzato nella tasca della giacca.
House non
usava camici, lui aveva anche questo privilegio.
Lei lo
osservava svolgere i casi muovendosi leggero sul
filo che separava la gioia dalla disperazione di estranei fiduciosi. I
parenti
dei pazienti le suggerivano di chiudersi in bagno e vomitare anima e
corpo, con
le mille domande a cui lei non poteva che rispondere vagamente. Era
quasi
peggio del non poter salvare un malato, confrontarsi con i familiari e
dare la
lugubre notizia. Lei non ne aveva il coraggio, anche quando non era
stata colpa
sua, quando nemmeno House poteva ricollegare
il circuito della vita, quando l’intoppo aveva
conquistato la casa base
e la partita era già persa in partenza. Nemmeno allora se la
sentiva, e men che
meno in quel preciso istante aveva il coraggio di scoprirsi per una
volta
risoluta in un’azione immorale per molti, lei compresa, ma
esplicitamente
richiesta dal paziente. Che in certi casi, è
l’unica morale che valga la pena
ascoltare.
la porta a
vetri luccicava debolmente illuminata dalle
luci del neon giallastro, e lei già vedeva il vecchio uomo
rinsecchito
ricoperto da un sottile lenzuolo che si muoveva stancamente nel suo
lettino,
attendendo la morte. Quello che era stato il più grande
ricercatore medico
sulle cellule cancerogene e adesso era stato galantemente sospinto
nella fossa
senza aver quasi capito quale emissario della morte dovesse ringraziare
la
fissava con gli occhi lucidi, respirando a fatica.
“i polmoni si
sarebbero riempiti lentamente d’acqua, avrebbe annaspato,
cercando aria da
respirare, e ogni respiro sarebbe stato lento e doloroso, come morire
mille
volte, e lui avrebbe respirato così, pregando di farla
finita al più presto,
affogando piano nel liquido che gli inondava i polmoni.”Le
parole di House
le rimbombavano nella mente, scacciarle era impossibile.
Guardò
l’orologio: non era mai arrivata talmente in
anticipo in ospedale. D’altronde prima di allora non aveva
avuto motivi che
fossero importanti.
Il vecchio
scienziato alzò debolmente il braccio,
scorgendola. Questo provocò un rantolo di tosse che
riecheggiò nella mente della
dottoressa riempiendola di una sensazione che aveva provato solo
un’altra volta
in vita sua: non era mai stata così decisa e al contempo
infinitamente
spaventata. La morte di suo marito comparata a un simile momento
perdeva quasi
la sua schiacciante capacità di spaccarle il cuore. Per un
attimo aveva quasi
pensato di girare sui tacchi e scappare a rintanarsi nello studiolo di
House,
attendere Foreman, che arrivava sempre per primo e porgeva volentieri
un
sorriso anche a lei prima di cercare la Cuddy e smarrirsi nei corridoi
paralleli alla sua esistenza. Per un attimo ipotizzò di
lasciare sulla
scrivania di House le sue dimissioni, di confessare la dolorosa azione
quasi
compiuta alla Cuddy, di farsi radiare dall’albo medico.
Qualunque cosa pur di
non fare quanto aveva ormai deciso di compiere. Andava contro i suoi
valori,
contro la logica, contro le dottrine edonistiche di un centinaio di
filosofi,
contro la religione, contro la legge… contro la sua
etica…
Ma gli occhi
del paziente erano fissi su di lei, e curiosi
scrutavano i suoi gesti. Come risvegliandosi dal letargo in cui era
caduta a
furia di ragionare Cameron premette forte su pomello della porta e
dolcemente
sorrise al suo paziente. << ho deciso di esaudire la sua
volontà,
dottore. Sono qui di mia spontanea iniziativa, per darle ciò
che House vi aveva
promesso. Se non ha cambiato idea>> sospirò
solennemente, mentre
trafficava con le mani nelle tasche del camice.
Un flacone
di morfina emerse come trofeo dei suoi sforzi.
Il vecchio lo fissò, lo sguardo impenetrabile illuminato di
qualcosa che
rasentava il terrore, l’adorazione e il compiacimento.
Cameron tremava dal capo
ai piedi, ma stranamente ostentava un viso duro, che voleva mantenersi
distante
da ciò che avrebbe presto fatto.
<<
finalmente ha deciso, dottoressa. Sono fiero del
vostro giudizio. Ero stanco di avere i polmoni alle terme, e ormai non
vedo
l’ora di scoprire cosa c’è oltre
“ la morfina” >>
Ella
abbassò il capo, vinta dallo sconforto << non
c’è nulla >> sussurrò.
Il vecchio
le tese il braccio, Cameron esitò. <<
Avanti. Dopo una vita tanto lunga e difficile, sento che qualunque cosa
sia, mi
piacerà questo Nulla >>
<<
ha gettato la spugna, dottore. Tutti quei
neonati usati come manichini per la scienza con cui ha affascinato
House, tutte
quelle ricerche andranno in fumo, se io vi asseconderò
adesso >>
Il vecchio
scoppiò a ridere << è un ricorso quello che sta
attraversando la
tua mente? La titubanza non è professionale >>
<<
ma è umana >>
<<
l’umanità nel nostro mestiere si dimostra
assecondando l’ultimo capriccio di un morituro
>>. E tese di nuovo il
braccio. Era ansioso di partire.
Cameron
deglutì in silenzio e preparò la siringa. Il
vecchio si accomodò nel lettino tranquillo, seguendo i
preparativi
dell’iniezione. << sarà un piacere
annegare nella morfina e vedere come
ultima cosa i suoi occhi, dottoressa Cameron.. >>
<<
Allyson, sono Allyson >>. Click.
La morfina entrò
in circolo rapidamente. In pochi minuti il corpo del paziente si
irrigidì, solo
il suo sorriso rimase incagliato sul volto, nello strano processo che
lo
spogliava pian piano del suo calore e della vita.
Epilogo
Osservò
quel viso esanime per ore, trascorrendo con il
morto le ore della sua notte insonne. Gli chiuse gli occhi, premendo
con
dolcezza sulle palpebre irrigidite, che erano rimaste aperte e
conservavano
ancora qualcosa di vivo, nonostante tutto. Lo sguardo vacuo
sparì sotto le
ciglia, un velo organico che mai più le lacrime o il riso
avrebbero lambito.
Poi passò alle mani, le accomodò sul materasso
distendendo un polpastrello dopo
l’altro con fare materno. Infine il lenzuolo azzurro mare
inghiottì quel corpo
di vecchio, celando le sue rughe e la sua vita appena conclusa.
<<
ora del decesso, le cinque e mezza >>
Un uomo era
entrato nella stanza, una mano poggiata su un
bastone . Ciò che vide lo sorprese e allo stesso tempo gli
piacque. Lei
piangeva senza sosta il morto.
<<
sono fiero di te >> le sussurrò,
poggiandole una mano sulla spalla.
Cameron
fissava la flebo ancora stillante morfina, che si
frangeva nelle sue lacrime fredde.
<<
Era poco più di uno scarafaggio annichilito
dalla malattia. >>
<<
già >> ribattè lei, alzandosi e
lasciando
House per la prima volta, senza provare una fitta al cuore da
adolescente
cretina. Erano cambiate tante cose. Lei aveva appena trasgredito alla
prima
regola del medico : preservare la vita ad ogni costo, per il bene del
paziente.
Eppure qui per una strana clausola il postulato collassava su se
stesso, il
bene e il male si fondevano, il caos regnava, le regole non valevano
più e lei
si ritrovava a usare la morfina per uccidere un uomo.
Era un’assassina, ma non aveva colpa. Aveva solo fatto la volontà del suo paziente. Vi era colpa in questo?
FINE. Marie.