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Autore: LeMuseInquietanti    10/10/2008    2 recensioni
Nemmeno allora se la sentiva, e men che meno in quel preciso istante aveva il coraggio di scoprirsi per una volta risoluta in un’azione immorale per molti, lei compresa, ma esplicitamente richiesta dal paziente. Che in certi casi, è l’unica morale che valga la pena ascoltare.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Altri, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho scritto questa fanfiction ispirandomi ad una puntata di Dr House in cui un noto dottore impegnato nella ricerca sul cancro chiede a House di aiutarlo a morire e Cameron ne resta letteralmente scossa, incredula sulla remota possibilità che un uomo preferisca la fine al dolore. Il finale mi ha fatto davvero tremare, poichè si intuisce solo com'è andato ho provato ad immaginarlo così. la puntata è << CONSENSO INFORMATO >> se non mi sbaglio, spero che il testo vi piaccia. Marie.

Sono fiero di te

La porta a vetro fu l’ultimo ostacolo prima della decisione finale.

Molti scrupoli le si riversarono in mente, tra i tanti il suo profondo, doloroso, ossessivo attaccamento alla vita. Credeva che gli uomini, anche nei momenti peggiori, nella malattia, nella morte, anche allora non volessero allontanarsi dal seno florido dell’esistenza, succhiare ancora un’altra goccia, strappare un respiro roco, ma pur sempre vivido, concreto. Polmoni che si riempiono d’ossigeno, estasi dell’anima.

Non avrebbe mai creduto un giorno, di dover confutare un simile postulato. Non avrebbe mai creduto che qualcuno le avrebbe fatto cambiare idea.

La porta a vetro riluceva dinanzi ai suoi occhi. Quante ne aveva aperte prima di allora, mostrandosi sempre sorridente e disponibile. La Cuddy la sopportava per questo, per la sua incapacità nel farsi indietro, era un segno di debolezza, di fragilità. Come se negare la propria mano ad un qualunque essere umano avrebbe causato il collasso dell’intero universo, quella donna mai scuoteva la testa in un diniego, a meno che non le si fosse proposto di andare contro i suoi ideali. Quegli ideali destinati a cozzare contro la dura realtà, a frangersi sul pavimento asettico dell’ospedale infinite volte da quando conosceva House.

Lui era freddo, cinico, di una sostanza che lei non aveva mai conosciuto prima. Aveva la capacità di prendere l’anima dei suoi collaboratori e spremerla lentamente, senza nemmeno concedere loro una goccia di anestetico. House aveva il cuore d’acciaio, si scaldava e si raffreddava in pochi istanti, togliendo il calore alle esistenze che ruotavano accanto a lui. A volte lei si domandava se House non fosse poco meno del sole, un astro dall’ego immenso, infinitamente ridicolo al rispetto delle stelle giganti eppure capace di far sorprendere la Terra e la Luna, di attrarle in un’orbita viziosa e senza fine.

Pian piano House come il sole era divenuto per lei una divinità, e come tale lei lo venerava: a stento lo contraddiceva, e se House falliva, lei si rinchiudeva in una stanza avvilita e afflitta, a tormentarsi le mani chiedendosi perché lui era simile a dio anche nell’irrazionalità del suo genio illimitato.

Perché House non aveva alcun rispetto dei pazienti, li considerava poco più delle rane che nei licei mille volte erano state vivisezionate dagli aspiranti medici. Li imbottiva di insulti, causava dolori per raggiungere la dose personale di adrenalina in modo da provare per un istante fugace la sensazione di essere al di sopra della mediocrità umana. House non aveva scrupoli di sorta, cos’erano le crisi epilettiche e i rigetti di sangue dei suoi pazienti, non aveva mica provocato lui la loro malattia!

<< fatevi compiangere da quel bastardo vostro Dio. Io non ho pena per i malati, siamo tutti malati in fondo, e dalla morte nessuno esce vincitore. Tranne il vecchio della stanza 13, lui entra ed esce dal coma ogni due settimane e dice di avere ormai in pugno il segreto dell’immortalità, ma questa è un’altra storia >> sorrideva avvicinandosi a Wilson con il solito flacone di Vicodin appena abbozzato nella tasca della giacca. House non usava camici, lui aveva anche questo privilegio.

Lei lo osservava svolgere i casi muovendosi leggero sul filo che separava la gioia dalla disperazione di estranei fiduciosi. I parenti dei pazienti le suggerivano di chiudersi in bagno e vomitare anima e corpo, con le mille domande a cui lei non poteva che rispondere vagamente. Era quasi peggio del non poter salvare un malato, confrontarsi con i familiari e dare la lugubre notizia. Lei non ne aveva il coraggio, anche quando non era stata colpa sua, quando nemmeno House poteva ricollegare  il circuito della vita, quando l’intoppo aveva conquistato la casa base e la partita era già persa in partenza. Nemmeno allora se la sentiva, e men che meno in quel preciso istante aveva il coraggio di scoprirsi per una volta risoluta in un’azione immorale per molti, lei compresa, ma esplicitamente richiesta dal paziente. Che in certi casi, è l’unica morale che valga la pena ascoltare.

la porta a vetri luccicava debolmente illuminata dalle luci del neon giallastro, e lei già vedeva il vecchio uomo rinsecchito ricoperto da un sottile lenzuolo che si muoveva stancamente nel suo lettino, attendendo la morte. Quello che era stato il più grande ricercatore medico sulle cellule cancerogene e adesso era stato galantemente sospinto nella fossa senza aver quasi capito quale emissario della morte dovesse ringraziare la fissava con gli occhi lucidi, respirando a fatica.

i polmoni si sarebbero riempiti lentamente d’acqua, avrebbe annaspato, cercando aria da respirare, e ogni respiro sarebbe stato lento e doloroso, come morire mille volte, e lui avrebbe respirato così, pregando di farla finita al più presto, affogando piano nel liquido che gli inondava i polmoni.”Le parole di House le rimbombavano nella mente, scacciarle era impossibile.

Guardò l’orologio: non era mai arrivata talmente in anticipo in ospedale. D’altronde prima di allora non aveva avuto motivi che fossero importanti.

Il vecchio scienziato alzò debolmente il braccio, scorgendola. Questo provocò un rantolo di tosse che riecheggiò nella mente della dottoressa riempiendola di una sensazione che aveva provato solo un’altra volta in vita sua: non era mai stata così decisa e al contempo infinitamente spaventata. La morte di suo marito comparata a un simile momento perdeva quasi la sua schiacciante capacità di spaccarle il cuore. Per un attimo aveva quasi pensato di girare sui tacchi e scappare a rintanarsi nello studiolo di House, attendere Foreman, che arrivava sempre per primo e porgeva volentieri un sorriso anche a lei prima di cercare la Cuddy e smarrirsi nei corridoi paralleli alla sua esistenza. Per un attimo ipotizzò di lasciare sulla scrivania di House le sue dimissioni, di confessare la dolorosa azione quasi compiuta alla Cuddy, di farsi radiare dall’albo medico. Qualunque cosa pur di non fare quanto aveva ormai deciso di compiere. Andava contro i suoi valori, contro la logica, contro le dottrine edonistiche di un centinaio di filosofi, contro la religione, contro la legge… contro la sua etica…

Ma gli occhi del paziente erano fissi su di lei, e curiosi scrutavano i suoi gesti. Come risvegliandosi dal letargo in cui era caduta a furia di ragionare Cameron premette forte su pomello della porta e dolcemente sorrise al suo paziente. << ho deciso di esaudire la sua volontà, dottore. Sono qui di mia spontanea iniziativa, per darle ciò che House vi aveva promesso. Se non ha cambiato idea>> sospirò solennemente, mentre trafficava con le mani nelle tasche del camice.

Un flacone di morfina emerse come trofeo dei suoi sforzi. Il vecchio lo fissò, lo sguardo impenetrabile illuminato di qualcosa che rasentava il terrore, l’adorazione e il compiacimento. Cameron tremava dal capo ai piedi, ma stranamente ostentava un viso duro, che voleva mantenersi distante da ciò che avrebbe presto fatto.

<< finalmente ha deciso, dottoressa. Sono fiero del vostro giudizio. Ero stanco di avere i polmoni alle terme, e ormai non vedo l’ora di scoprire cosa c’è oltre “ la morfina” >>

Ella abbassò il capo, vinta dallo sconforto << non c’è nulla >> sussurrò.

Il vecchio le tese il braccio, Cameron esitò. << Avanti. Dopo una vita tanto lunga e difficile, sento che qualunque cosa sia, mi piacerà questo Nulla >>

<< ha gettato la spugna, dottore. Tutti quei neonati usati come manichini per la scienza con cui ha affascinato House, tutte quelle ricerche andranno in fumo, se io vi asseconderò adesso >>

Il vecchio scoppiò a ridere << è  un ricorso quello che sta attraversando la tua mente? La titubanza non è professionale >>

<< ma è umana >>

<< l’umanità nel nostro mestiere si dimostra assecondando l’ultimo capriccio di un morituro >>. E tese di nuovo il braccio. Era ansioso di partire.

Cameron deglutì in silenzio e preparò la siringa. Il vecchio si accomodò nel lettino tranquillo, seguendo i preparativi dell’iniezione. << sarà un piacere annegare nella morfina e vedere come ultima cosa i suoi occhi, dottoressa Cameron.. >>

<< Allyson, sono Allyson >>. Click.

La  morfina entrò in circolo rapidamente. In pochi minuti il corpo del paziente si irrigidì, solo il suo sorriso rimase incagliato sul volto, nello strano processo che lo spogliava pian piano del suo calore e della vita.

 

Epilogo

Osservò quel viso esanime per ore, trascorrendo con il morto le ore della sua notte insonne. Gli chiuse gli occhi, premendo con dolcezza sulle palpebre irrigidite, che erano rimaste aperte e conservavano ancora qualcosa di vivo, nonostante tutto. Lo sguardo vacuo sparì sotto le ciglia, un velo organico che mai più le lacrime o il riso avrebbero lambito. Poi passò alle mani, le accomodò sul materasso distendendo un polpastrello dopo l’altro con fare materno. Infine il lenzuolo azzurro mare inghiottì quel corpo di vecchio, celando le sue rughe e la sua vita appena conclusa.

<< ora del decesso, le cinque e mezza >>

Un uomo era entrato nella stanza, una mano poggiata su un bastone . Ciò che vide lo sorprese e allo stesso tempo gli piacque. Lei piangeva senza sosta il morto.

<< sono fiero di te >> le sussurrò, poggiandole una mano sulla spalla.

Cameron fissava la flebo ancora stillante morfina, che si frangeva nelle sue lacrime fredde.

<< Era poco più di uno scarafaggio annichilito dalla malattia. >>

<< già >> ribattè lei, alzandosi e lasciando House per la prima volta, senza provare una fitta al cuore da adolescente cretina. Erano cambiate tante cose. Lei aveva appena trasgredito alla prima regola del medico : preservare la vita ad ogni costo, per il bene del paziente. Eppure qui per una strana clausola il postulato collassava su se stesso, il bene e il male si fondevano, il caos regnava, le regole non valevano più e lei si ritrovava a usare la morfina per uccidere un uomo.

Era un’assassina, ma non aveva colpa. Aveva solo fatto la volontà del suo paziente. Vi era colpa in questo?

FINE. Marie.

  
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