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Autore: Laylath    08/10/2014    3 recensioni
Ore 02.00 AM.
SBAM! SBAM! SBAM!
Il forte bussare alla porta fece trasalire Breda, svegliandolo improvvisamente dal sonno profondo tipico di un soldato che sa che ogni minuto di riposo è prezioso.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heymas Breda, Jean Havoc
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Parte 4. Un caso differente.



Ore 02.00 AM.

SBAM! SBAM! SBAM!
“Chissà perché me lo sentivo che stanotte avrei avuto una tua visita – commentò sarcasticamente Breda chiudendo di colpo il libro che stava leggendo, comodamente seduto nel divano, e andando ad aprire la porta – ormai inizio ad avere il sentore delle tue litigate con Rebecca! Avanti, che è successo questa volta per far… uh, che faccia…”
Tutte le volte che Havoc aveva cercato ricovero dall’amico (ben trenta in due anni di matrimonio, con una media superiore di una al mese), si era sempre presentato con aria profondamente furente e offesa, salvo poi passare alla disperazione andante nell’arco di dieci minuti. Ma questa volta il tenente biondo (nel bene o nel male era salito di grado nell’esercito) non era furente, piuttosto sconvolto.
“Jean – Breda passò una mano davanti a quegli occhi azzurri spiritati che continuavano a fissare il vuoto come in preda ad un sortilegio – che hai?”
Finalmente Havoc parve accorgersi che la porta era stata aperta ed il suo ospite era davanti a lui.
“Heymans… non posso, non sono pronto.”
“Uh?”
“E poi… poi anche lei non può comportarsi così, nel cuore della notte… non è una cosa da… merda! Merda! Sono nella merda fino al collo!”
“Va bene, vieni dentro – lo prese per un braccio, accorgendosi solo in quel momento che era vestito alla meglio, dunque si era cambiato il pigiama senza nemmeno pensare a quello che faceva, e lo fece entrare – i vicini non sono certo interessati alle tue follie notturne. Forza, siediti nel divano e dimmi per cosa non sei pronto e perché sei nella merda fino al collo… eppure dopo il litigio per il pranzo dai suoi sembrava esser tutto superato, no? Perché è arrabbiata?”
“Non è arrabbiata…”
“No? – Breda sgranò gli occhi, sorpreso da quella novità: le venute di Havoc avevano in genere come base l’arrabbiatura di Rebecca – Come no?”
“E’ incinta.”
Frase di due lettere buttata lì come una granata inesplosa. E Havoc si comportava come se potesse esplodere da un momento all’altro dilaniandolo in mille pezzi.
“Incinta? – Breda rimase dieci secondi sorpreso e poi sorrise furbescamente – Beh, succede da sposati, sai? Oppure credevi che i bambini li portasse la cicogna? A quello ci crede ancora solo Fury, mi sa.”
“Non può svegliarmi all’improvviso e dirmi “sono al secondo mese di gravidanza, nascerà a novembre”! Pensavo fosse il residuo di un incubo, del peggiore incubo della mia vita!” Havoc quasi esplose in quell’ultima esclamazione e si mise le mani tra i capelli biondi: era chiaramente terrorizzato alla prospettiva della paternità.
Ma se Breda era sempre stato disposto a tollerare gli sfoghi del suo amico, questa volta non lo fece. Gli concesse cinque minuti e poi lo scrollò leggermente.
“Senti un po’, campione, mi stai dicendo che hai lasciato tua moglie nel cuore della notte senza nemmeno una spiegazione?”
“E che dovevo fare? – Havoc lo fissò con aria stranita – Ma hai capito che cosa è successo?”
“Sì, succede che stai diventando padre e, per il bene della sfortunata creatura che avrà te come genitore, è il caso che inizi a comportati in maniera più responsabile. Torna da Rebecca, avanti! Santa donna, come faccia a reggerti ancora non lo capisco!”
“Non posso diventare padre… insomma guardami! Sono Jean Havoc, sono…”
“Sei un futuro padre, congratulazioni – lo corresse il rosso facendolo alzare in piedi e abbracciandolo con sincero affetto – è una cosa bella, cretino. E fidati che te la caverai alla grande. Ti concedo il tempo di un brindisi, ma poi fili a casa da tua moglie e le chiederai scusa per il tuo comportamento da idiota, va bene?”
“Magari sarà femmina…” Havoc iniziò ad assumere un’aria pensosa che però rasentava il felice.
“O maschio, chissà, forza vieni in cucina.” 
  
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