Serie TV > Doctor Who
Ricorda la storia  |      
Autore: BrokenArrow    10/10/2014    6 recensioni
Aveva cambiato le vite di tutte quelle persone, segnandole per sempre e infondendo loro qualcosa che una volta creata era assai difficile distruggere. Aveva dato loro speranza, e aveva detto loro addio per sempre. Addio. Non poteva sopportare quella parola. Sapeva di qualcosa di inevitabile e definitivo. E se c’era una cosa che detestava più di tutte, erano proprio i finali. La fine di una storia, la fine di un libro. Qualsiasi finale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Donna Noble, Jack Harkness, Rose Tyler, Wilfred Mott
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


* The lives we touch *



 




“Busserà quattro volte.”
Questo aveva detto la profezia degli Ood. Quattro colpi sarebbero stati la sua fine. La sua ora era ormai arrivata. Di lì a poco si sarebbe rigenerato. Sarebbe stato sempre lui, il Dottore, ma una parta importante della sua vita sarebbe morta. Le persone che aveva conosciuto non ne avrebbero più fatto parte e con esse anche lui. Un uomo completamente nuovo l’avrebbe sostituito, un uomo forse meno spezzato di lui. Così, nelle ultime ore di quella vita, aveva deciso di rivedere un'ultima volta tutte le persone che aveva incontrato lungo il suo viaggio, le persone che erano state al suo fianco e avevano sempre creduto in lui. Gli esseri umani che lo avevano salvato così tante volte…

I primi erano stati Martha e a Micky, impegnati nel bel mezzo di una battaglia contro i Sontaran. Aveva addirittura salvato loro la vita, senza che loro se ne fossero minimamente accorti. Dopodiché i loro sguardi si erano incrociati per un ultimo istante, e loro avevano capito che quello era un addio. Martha Jones e Micky Smith, due giovani ragazzi diventati eroi.

Era poi tornato al presente e si era ritrovato in una stradina di un sobborgo di Londra. Aveva scorto Luke, il figlio adottivo di Sarah Jane, mentre stava attraversando la strada senza guardare e lo aveva salvato in tempo, prima che potesse venire investito da una macchina. Il ragazzino avevo alzato gli occhi verso il suo salvatore, confuso e con occhi increduli.
“Sei tu!” Aveva esclamato, con respiro affannato. Il Dottore lo aveva guardato dritto in quei profondi occhi blu e, senza aprir bocca, aveva annuito. Dopodiché aveva fatto dietrofront e mentre era tornato verso il Tardis, aveva sentito il ragazzo chiamare la madre. Dopo aver aperto la porta, si era voltato un ultima volta ed eccola là, in fondo alla strada, a fissarlo da lontano. La sua vecchia compagna d’avventure. Ancora viva. Sana e salva. Gli occhi di lei si erano riempiti di lacrime pronte a cadere, attirate dalla forza di gravità. Aveva capito che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo avrebbe rivisto. Lui l’aveva salutata con un cenno della mano e lei gli aveva sorriso e in quell’attimo fugace si era sentito in pace con se stesso. Non aveva rovinato così tante vite, dopotutto.

Aveva trovato Jack, il buon vecchio capitan Jack Harkness, in quello che si poteva definire un pub del futuro, gremito di alieni provenienti da pianeti lontani. Jack era seduto al bancone, intento a sorseggiare quello che sembrava whisky annacquato. Aveva l’aria stanca e persa nei suoi pensieri quando il cameriere gli si era avvicinato, porgendogli un biglietto. Confuso, aveva alzato lo sguardo davanti a sé e aveva scorto il Dottore dall’altra parte del locale. Senza esitare aveva aperto il biglietto. Il suo nome è Alonso, gli aveva scritto il Dottore, e un sorriso aveva acceso il suo viso, subito sostituito da una smorfia maliziosa, avendo scorto il giovane ragazzo seduto di fianco. E così se n’era andato anche dalla sua vita.

Aveva poi fatto visita alla nipote di una donna ormai morta, a cui aveva donato una parte del suo cuore, quando ne aveva avuto bisogno, sebbene quella parte di sé era qualcuno che aveva dimenticato temporaneamente chi era davvero. Un’amara illusione che non era potuta durare a lungo.
Aveva trovato la sua discendente in una libreria, mentre firmava autografi di un libro che era tutto fuorché una storia inventata. Il Dottore ne aveva preso una copia dalla pila di fianco, e quando era arrivato il suo turno lei, con voce stanca, gli aveva chiesto il suo nome senza alzare lo sguardo dal libro.
“Il Dottore.” Aveva sussurrato lui.
“Che coincidenza, anche lui si faceva chiamare così…” E nel momento in cui aveva pronunciato quelle parole, si era resa conto di chi aveva di fronte. Il suo sguardo si era alzato verso di lui, incredula e scioccata.
“Lei fu felice alla fine?” Gli aveva chiesto lui, con voce sommessa.
“S-sì, lo fu.” Rispose lei in un sorriso forzato, come per confortalo.
“…E tu?” Aveva aggiunto inaspettatamente. La domanda lo aveva spiazzato così tanto che non era stato in grado di aprire bocca senza essere sicuro che non sarebbe crollato. Se era stato felice? Eccome. Nonostante tutto. L’accenno di un sorriso era stato la sua risposta. Era poi uscito dalla libreria in silenzio e si era diretto al Tardis, parcheggiato sul marciapiede in mezzo alla folla di passanti londinesi.

Un vento gelido lo aveva investito quando, dopo aver viaggiato di nuovo nello spazio e nel tempo, aveva aperto la porta di legno massiccio. Si era ritrovato di fronte a un cancello di legno, oltre il quale vi era un prato ben curato, costellato di fiori e tombe. In fondo aveva scorto una piccola chiesetta gotica antica, e laggiù, in mezzo a tante persone esultanti, c’era Donna Noble nel suo vestito da sposa, così come l’aveva vista la prima volta quando era comparsa all’improvviso sul Tardis. Quando erano ancora due perfetti sconosciuti. E la Donna che aveva visto di fronte a quella chiesa non era poi tanto diversa da quella sconosciuta.
Ogni ricordo di tutto quello che avevano fatto insieme, dal momento in cui le loro vite si erano incrociate, era stato cancellato dalla sua mente. Il Dottore non aveva avuto altra scelta e non se lo sarebbe mai perdonato. Ricordava ogni persona che entrava nella sua vita, anche quelli che se ne andavano. Li ricordava tutti. E ricordava Donna, ma lei non avrebbe mai più ricordato lui, le imprese che aveva compiuto, le vite che aveva salvato. Donna Noble, che non si era mai considerata importante senza sapere quanto si sbagliasse. E ora non c'era nessuno a ricordarglielo.
Ma quel giorno sapeva che lei era felice. Aveva potuto capirlo con chiarezza dal sorriso che le illuminava il viso, dalla sua voce squillante e dal suo modo di comandare a bacchetta a cui non rinunciava mai, persino il giorno del suo matrimonio. Alla vista di quegli esseri umani che si scambiavano baci, abbracci, e che intonavano un “hip hip hurrà!” si era però sentito estraneo. Aveva sentito una morsa allo stomaco e ancora una volta aveva pensato che non avrebbe mai avuto una vita così, quotidiana e semplice come la loro, vissuta giorno dopo giorno, nel presente.
Sylvia, la madre, si era voltata per caso e, dopo averlo visto, aveva fatto un cenno al nonno di Donna, il cui sorriso si era spento non appena aveva visto il Dottore all’entrata del cancello. Wilfred, l’uomo che era stato al suo fianco nella sua ultima battaglia, che aveva creduto ciecamente in lui addirittura fino a considerarlo come un figlio. Colui che aveva bussato quattro volte sul vetro della cabina in cui era rimasto intrappolato, facendo avverare la profezia degli Ood. L’ultima persona che aveva salvato e per cui si era sacrificato, attirando su di sé tutte le radiazioni letali e facendo così innescare il processo di rigenerazione imminente che lo avrebbe trasformato in un’altra persona.
Wilfred e Sylvia gli si erano avvicinati e Wilfred era rimasto sorpreso dal suo aspetto rimasto uguale. Ma era solo questione di tempo. Il suo sguardo era balenato verso Donna, che chiacchierava animosamente con degli amici, ricordandogli il motivo per cui si trovava lì.
“Volevo solo darvi questo.” Aveva detto, porgendo loro una piccola busta. “Un regalo di matrimonio.”
I due si erano scambiati uno sguardo confuso, e aveva spiegato loro.
“Il fatto è che non viaggio mai con del denaro. Così sono tornato indietro nel tempo e mi sono fatto prestare una sterlina da un uomo davvero gentile… Geoffrey Noble, si chiamava.” Aveva concluso osservando la reazione di Sylvia, che al nome del marito defunto si era istintivamente portata una mano alla bocca, sull’orlo del pianto, incredula e commossa al tempo stesso. Dopodiché Wilfred lo aveva ringraziato e i due erano tornati da Donna a porgerle la busta. Sorpresa, l’aveva aperta senza esitazione e dentro vi aveva trovato un biglietto della lotteria. Mentre si lamentava della rozzezza del regalo, il Dottore aveva osservato da lontano lo sguardo d’intesa e gioia tra Wilfred e Sylvia, i quali si erano poi girati un’ultima volta verso di lui, con gli occhi stracolmi di riconoscenza. Sapevano bene cosa significasse quel biglietto della lotteria che Il Dottore aveva comprato con la sterlina del padre di Donna. L’unica cosa che aveva potuto fare per lei era stato donarle un futuro economico sicuro. L’avrebbe certamente resa più felice. E questo gli bastava.
Gli occhi di Wilfred, così espressivi e giovani nonostante l’età, erano fissi sui suoi ed emanavano una tristezza infinita. Aveva capito, forse solo in quel momento, che quello era un addio e che le loro strade non si sarebbero più incrociate. Così, trattenendo le lacrime, si era portato la mano sulla fronte, nel famoso gesto militare di saluto. Il Dottore, non riuscendo a sopportare un secondo di più quella vista dolorosa, si era voltato indietro, avvolto nel suo lungo cappotto marrone e diretto all’amata cabina blu tra turbini di petali di rose che volteggiavano intorno a lui trasportati dal vento.

Aveva cambiato le vite di tutte quelle persone, segnandole per sempre e infondendo loro qualcosa che una volta creata era assai difficile distruggere. Aveva dato loro speranza, e aveva detto loro addio per sempre. Addio. Non poteva sopportare quella parola. Sapeva di qualcosa di inevitabile e definitivo. E se c’era una cosa che detestava più di tutte, erano proprio i finali. La fine di una storia, la fine di un libro. Qualsiasi finale.

Ma c’era ancora un finale che aveva dovuto portare a termine, quello che più di tutti aveva sempre temuto e sperato non arrivasse mai.
Rose Tyler.
Le loro strade si erano già separate da tempo, per poi rincontrarsi e separarsi di nuovo, ma questa volta la parola fine era arrivata per davvero. Sapeva che quella sarebbe stata l'ultima occasione per rivederla. Così, dopo aver viaggiato indietro nel passato, andando contro le leggi stesse del tempo, si era ritrovato in un sobborgo della zona sud di Londra.
Era rimasto piacevolmente sorpreso dai fiocchi di neve che lo avevano investito non appena aveva aperto la porta del Tardis. Uscendo dalla cabina aveva contemplato quelle case e quelle strade tanto familiari sotto la neve che cadeva incessante. Così familiari da fargli male.
I suoi pensieri erano stati subito interrotti da delle voci non molto lontane e con estrema rapidità si era nascosto dietro il muro di uno degli edifici in cui abitavano Rose e Jackie Tyler, al riparo dalla neve e dalla luce dei lampioni, in attesa. Dopo qualche minuto aveva sentito la bisbetica Jackie lamentarsi come sempre del più e del meno, e la voce inconfondibile di Rose, che le parlava dolcemente per confortarla. Quella voce, più familiare di qualsiasi altra cosa, gli aveva provocato una violente fitta al centro dei suoi cuori. Quanto avrebbe voluto sbucare davanti a loro e poter riabbracciare entrambe con tutto se stesso, come faceva un tempo. Ma come minimo Jackie lo avrebbe preso per un maniaco pervertito e gli avrebbe rifilato una sfilza di pugni, non senza aver chiamato la polizia subito dopo.
Il Dottore aveva appoggiato la testa al freddo muro dietro di sé, aveva chiuso gli occhi e un debole sorriso era sfuggito dalla sua bocca. Era rimasto lì, immobile, senza sapere bene cosa fare. Ma Jackie doveva essersi allontanata da Rose perché nel silenzio spettrale della via aveva potuto chiaramente sentire i passi di una sola persona, attutiti dalla neve, sempre più vicini... Ed eccola lì, sbucare oltre il muro, stretta nel suo maglione, infreddolita e silenziosa. I lunghi capelli biondi nascosti per metà sotto una morbida cuffia di lana, come un faro luminoso nell’oscurità.
Non aveva avuto l’intenzione di richiamare la sua attenzione, farle sapere che era lì. Per quanto avesse voluto farlo, per quanto avesse voluto chiamare il suo nome, farla voltare verso di lui e parlarle un’ultima volta, non poteva interferire più di quanto non avesse già fatto con la sua linea temporale.
Ma poi, il dolore causato dell'imminente rigenerazione era stato così improvviso da fargli scappare un gemito. Lei si era voltata all’istante e lo aveva visto, nascosto nella penombra. I suoi occhi vispi e curiosi lo avevano scrutato dall’alto in basso… ma non poteva riconoscerlo, non ancora.
Non sapeva di preciso che anno fosse, ma era sicuro che lei non lo avesse ancora conosciuto. La vera Rose ora si trovava in un mondo parallelo, irraggiungibile, e la Rose del passato, che ancora non lo conosceva, era l’unica Rose a cui gli era concesso fare visita. La Rose prima che lui entrasse nella sua vita, una rosa incontaminata e pura, che non aveva ancora conosciuto il dolore e la disperazione.
“Tutto bene, amico?” Gli aveva chiesto, vedendo come si reggeva a stento contro il muro. Il Dottore era rimasto sorpreso dall’apprensione che aveva scorto nei suoi occhi.
“S-sì…” Aveva risposto, sussultando.
“Bevuto troppo?” Rose lo aveva scambiato per uno dei tanti ubriachi la notte di Capodanno e non aveva avuto affatto paura di lui, né aveva provato diffidenza nei suoi confronti, come se avesse potuto sentire il legame che doveva ancora nascere tra di loro.
“Qualcosa del genere.” Il Dottore si era limitato a reggere il gioco, ma ogni parola gli era costata una fatica immane. Ogni parte di lui smaniava dalla voglia di uscire dall'ombra, di andare sotto la neve che cadeva incessante e di avvicinarsi a lei. Avrebbe voluto prendere la sua mano nella sua, sentire le dita morbide di lei che si intrecciavano alle sue stringendole forte, come facevano un tempo. Ma non poteva, aveva ricordato a se stesso. Non poteva interferire più di quanto non avesse già fatto.
Così, quando lei gli aveva augurato buon anno, lui si era limitato a chiederle che anno fosse, sforzandosi di sembrare il più normale possibile e di non mostrarle quanto dolore provasse dentro di sé.
“Accidenti, hai proprio bevuto! E’ il 2005. Il primo gennaio.” Gli aveva risposto lei senza esitare, divertita da quella strana domanda, e le labbra di lui si erano increspate in un sorriso. Perché di lì a poco, in un anonimo magazzino di Londra, un perfetto sconosciuto l'avrebbe presa per mano, guardandola dritto negli occhi. Le avrebbe detto "Corri!" e l'avrebbe tirata fuori di lì, salvandole la vita e cambiandola per sempre. Presto sarebbe incominciato tutto, una nuova avventura: la loro. E questo gli era stato sufficiente. Sufficiente per lasciarla andare.
"Il 2005…” Aveva ripetuto a se stesso. Poi l’aveva guardata intensamente negli occhi. “Sai che ti dico? Sono sicuro che questo sarà un anno fantastico per te." Le aveva rivelato, sforzandosi di sorridere e soffocando a stento le lacrime. Se di dolore o gioia, non lo sapeva. Quelle erano state le sue ultime parole per lei. Questa volta per davvero. E quelle stesse parole, che racchiudevano la loro storia e promettevano così tante cose che lei nemmeno poteva immaginare, le avevano illuminato il viso più di quanto già non fosse.
“Tu credi?” Aveva esclamato, lusingata da quelle parole. I fiocchi di neve si erano rincorsi tra i suoi capelli, mossi dal vento gelido e sferzante di Dicembre. Ai suoi occhi gli era sembrata una rosa appena sbocciata nel bel mezzo dell’inverno. Lei lo aveva guardato a lungo, con il suo unico ed enorme sorriso, come se in qualche modo sapesse… ma non poteva, era semplicemente impossibile.
“Ci vediamo!” Gli aveva risposto infine, sempre con il sorriso sulle labbra. Una promessa inconsapevole. Un arrivederci, ma anche un addio. Il Dottore non aveva smesso di sorriderle, nemmeno quando, un istante dopo, lei si era voltata e aveva risalito i gradini del suo appartamento, in una mezza corsa sotto la neve. E in quell’ultima fugace visione non aveva potuto fare a meno di pensare che lei stesse correndo verso di lui. Stava correndo lontano da lui, certo, ma anche verso di lui. Verso il suo futuro, in cui lui la stava aspettando sotto un altro aspetto, in un’altra vita.
E per un attimo gli era quasi sembrato che non fosse cambiato nulla. Come se quello fosse stato un giorno qualunque di ritorno da un viaggio nel tempo e nello spazio, a casa. Rose che correva su per le scale impaziente di rivedere sua madre e raccontarle le meraviglie che aveva visto e le imprese che aveva compiuto. Dopotutto era quello che avevano sempre fatto fin dal principio.
Correre. Correre per le loro vite.
Insieme.
Il suo ultimo addio era stato per lei, l'umana che aveva ricomposto i pezzi dei suoi cuori e che lo aveva cambiato, reso migliore, umano. O almeno, quasi. Non sarebbe mai potuto essere un umano, questo lo sapeva, ma Rose lo aveva sempre fatto sentire come se ne valesse la pena. L’unico essere vivente in tutto l’universo, con cui invecchiare e morire sarebbe stata la più grande delle avventure che non avrebbe mai vissuto. Aveva lasciato il meglio per ultimo, perché il suo ultimo desiderio era stato andarsene con il più bello dei ricordi che aveva. Rose Tyler.
Dopotutto, le persone a cui dedichiamo l'ultimo addio non sono forse quelle che amiamo di più? Ed era così. Lui l'amava e l'avrebbe sempre amata. E avrebbe corso per lei, ancora una volta, fino alla fine.
  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: BrokenArrow