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Autore: Death_    10/10/2014    0 recensioni
Non sapevo se mi ero sognata tutto o era accaduto realmente. Non mi importava. Io avevo visto il suo dolore e me ne ero innamorata. Avevo visto i suoi demoni e ci aveva fatto amicizia.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nick Fury, Nuovo personaggio, Prof Erik Selvig
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Ok ragazzi, qui abbiamo finito! –
Finalmente potei tornare alla base. Dopo quest’ultima battaglia avevo bisogno di una doccia. Mi chiamo Sole, Sole Oxford e lavoro per lo S.H.I.E.L.D. . Sono una mutante telepatica e telecinetica, ma dopo alcuni esperimenti sono capace anche di cambiare la mia forma, come Mystica. Bhe, d’altronde l’hanno usata come “involucro”. In poche parole ho affittato il suo utero per nove mesi, poi tanti saluti. Ma qualcosa deve essere andato storto e sono nata senza i suoi poteri. Così si sono divertiti in seguito. Non faccio parte degli X-Man né degli Avengers, sono un agente di livello 10, usata per missioni “speciali” ovvero quando qualche sociopatico con particolari capacità minaccia New York e dintorni. Raccolsi il mio borsone nero e salii sulla moto, dirigendomi alla base per fare rapporto. La tua nera metteva in risalto le mie forme e il mio fisico. Non amavo gli scheletri, ed ero fiera della mia pancetta. Insomma, non sono grassa, ma di certo non mi nego il piacere del cibo! Comunque, accelerai, lasciando i miei bianchi capelli al vento, giungendo a destinazione. Venni informata della posizione del grande capo, Nick Fury e presi l’ascensore, scendendo nel laboratorio sotterraneo. Le porte metalliche si aprirono, mostrandomi decine di piccoli scienziati che correvano avanti e indietro, ignorandomi. Mi immersi nella folla, zigzagando tra i macchinari, quando scorsi Fury e Selvig. Il capo mi notò, facendomi poi cenno di avvicinarmi a loro.
- Agente Oxford, lasci il rapporto sulla scrivania. –
- Si Fury. Dottor Selvig. Quanto tempo…. A cosa sta lavorando la sua mente geniale? –
Il dottore smise di appuntare strane formule su un vecchio e ingiallito foglietto per rivolgermi l’attenzione.
- Sole! Oh, bhe, abbiamo trovato un modo di replicare il teletrasporto che ha usato Thor per raggiungere la terra da Asgard. Una sottospecie di Ponte Arcobaleno. –
Mi guardai attorno, scorgendo dietro una massa di camici bianchi un cerchio di metallo iridescente, di grandezza media e circondato da piccole scintille. Era davvero un oggetto affascinante e ne ero rimasta ipnotizzata. Poi, qualcosa andò storto e l’allarme scattò, mandando nel panico tutti quanti. Bhe, tutti tranne il dottore, me e il direttore Fury. Gettai un’occhiata di nuovo al cerchio, notando che, proprio nel centro, si stava aprendo un buco da cui usciva un’abbagliante luce argentata.
- Dottor Selvig! Che sta succedendo? –
Fury era fuori di sé. Dopo l’attacco dei chitauri, non ne aveva proprio voglia di un altro incidente simile e quindi di trovarsi pazze divinità aliene e piccoli mostriciattoli che invadevano, rompevano e uccidevano per il mondo. Selvig pigiava tasti a caso per cercare di contenere l’energia che sprigionava il cerchio. Il portale si stava surriscaldando e allargando sempre di più, attraendo le cose come una calamita.
- Sembra quasi che il portale debba essere attraversato da qualcuno! Ma non so se qualcuno proveniente da Asgard o qualcuno proveniente dalla Terra! Sono un dottore, per la miseria, non faccio magie! –
Quei due sbraitavano, dando ordini a destra e a manca, cercando di calmare in qualche modo il caos generale. Tuttavia non potei fare a meno di notare che i miei capelli svolazzavano nella direzione del portale, risucchiati da un vortice d’aria invisibile. Dopo un po’ dovetti fare più presa sul pavimento per non cadere, continuavo ad avvicinarmi al portale, facendo stridere i miei tacchi degli stivali neri sul pavimento di gomma isolante. Ero davvero vicina, quando sentii gridare il mio nome a gran voce. Poi i miei piedi persero la presa e non riuscii ad afferrare qualcosa in tempo, finendo nel portale. Non era una brutta sensazione, ma sentivo il mio corpo formicolare. Azzardai ad aprire gli occhi, trovandomi immersa n una folgorante luce bianca e cristallina, sfumata dai colori tenui dell’arcobaleno. Una visione davvero spettacolare. Poi però la luce si spense e precipitai nel vuoto. Venni praticamente sputata fuori dal portale e picchiai il sedere su una superficie liscia e fredda.
- Che botta! –
Massaggiai la parte colpita, alzandomi e sbattendo un paio di volte le palpebre. Mi ritrovai davanti una parete strana e semitrasparente color giallo-arancione. Fuori notai altre pareti simili. Sembravano tante stanze, dall’interno completamente bianco, ma ero circondata dal buio di quello che sembrava un corridoio tetro e sinistro. Mi voltai lentamente, notando intorno a me mobili dalle delicate rifiniture e alcuni libri rilegati in oro e argento. Ma ciò che colpì particolarmente la mia attenzione, fu una figura, abbandonata contro la parete opposta. Era un ragazzo, doveva avere si e no la mia età. Aveva lunghi capelli neri corvino fino alle spalle, un po’ spettinati, una camicia grigia larga e dei pantaloni di pelle nera leggermente attillati. Sembrava stesse dormendo, dato gli occhi chiusi, e notai che aveva un volto davvero bello, ma stanco e logoro. Spostai una ciocca bianca dietro il mio orecchio per poi avvicinarmi. La sua espressione era così angosciata e disperata… Arrivai davanti a lui, mi inginocchiai per arrivare alla sua altezza. Entrai nei suoi pensieri, trovando rabbia, vendetta, tristezza, senso di inferiorità, solitudine e disperazione. Non riuscivo a credere che una sola persona potesse provare emozioni così forti e dolorose. Alzai il braccio, provando l’istinto di accarezzarlo e dargli conforto, fargli sapere che sapevo cosa si provava, che c’ero passata anche io. Una persona così simile a me… La mia mano sfiorò timida il suo zigomo un po’ smagrito, trovandolo freddo ma non per questo spiacevole. Avevo sempre amato le cose fredde, rispetto a quelle calde. L’inverno, adoravo immergere le mani nude nella neve e sentirla sciogliersi tra le mie dita. Con il dorso, accarezzai lentamente e costantemente la sua guancia, come fosse la cosa più naturale del mondo, finchè non lo vidi rilassare la sua espressione. Mi allontanai improvvisamente, chiedendomi che cavolo mi era preso. Io non provavo pietà o tenerezza. Non potevo e soprattutto non volevo. Mi sedetti pensierosa di fronte a lui, fissandolo e vegliando sul suo sonno, poi cominciai ad abbassare le mie palpebre.
POV LOKI
Mi ero addormentato, distrutto dalla notizia della morte di mia madre.  O meglio, di quella che credevo che fosse mia madre. Lei era l’unica che riusciva in qualche modo a capirmi, che mi vedeva come una persona non come un mostro. Ma ora non c’era più. Era morta e l’ultima cosa che sono stato in grado di dirle è stato quella di rammentarle il fatto che lei non era la mia vera madre biologica. Dopotutto, ero davvero un mostro. Sentii dei rumori, un tonfo e una voce femminile, ma non ci feci caso e continuai la mia discesa nell’oblio più profondo e oscuro. La sensazione di non essere solo in quella cella non  mi abbandonava, percepii distintamente qualcuno farsi largo nella mia mente, leggendo tra i miei ricordi e pensieri più intimi e  nascosti. Poi, una carezza. Un lento movimento, ipnotico e costante, caldo e rassicurante. Non era di mia madre, ma sicuramente era il tocca di una donna. Un leggero odore di gelsomino mi inondò le narici, dandomi una piacevole sensazione di intorpidimento. Il movimento cessò improvvisamente, facendomi quasi emettere un gemito di protesta per la mancanza di qual tocco, che racchiudeva significati nascosti, la sensazione che chiunque mi stesse accarezzando era come me e che mi capiva. Rimasi ancora un po’ nel dormiveglia, indeciso se svegliarmi e scoprire chi fosse l’intruso o rimanere a dormire, sperando che l’individuo che portava quel profumo vegliasse ancora su di me come faceva mia madre quando da bambino avevo gli incubi. Alla fine aprii lentamente gli occhi, abituandomi al bianco acceso delle pareti. Facendo leva sulle mani mi misi in piedi, cercando di darmi un contegno e di migliorare il mio aspetto. Avevo sognato la morte di mia madre e solo quella strana sensazione di calore umano mi aveva strappato dal cadere nella disperazione più profonda. I miei capelli erano cresciuti e non sopportavo la loro lunghezza, ma sinceramente non avevo ne la voglia ne i mezzi per tagliarli decentemente. Afferrai un libro e mi diressi verso il piccolo letto, costatando che nella cella non c’era nessuno e che probabilmente mi ero immaginato tutto. Mi sedetti cercando una posizione comoda per far riposare la mia schiena, che mi doleva un po’ per il tempo passato sul pavimento.
- Ahi! –
Una sottospecie di gridolino uscì da sotto le coperte color smeraldo, facendomi sussultare impercettibilmente per la sorpresa. Era una voce femminile. Allora c’era davvero qualcuno! Afferrai le coperte e le tirai via, piegandole a caso ai piedi del letto. Mi si presentò la linea di una donna ancora addormentata a pancia in su. Aveva dei bizzarri quanto meravigliosi capelli nivei e una pelle talmente chiara da sembrare trasparente. Aveva delle belle gambe e una figura slanciata, ma non era magrissima. Aveva dei bei fianchi e un po’ di pancia, che però non le stava affatto male. Non aveva un seno molto prosperoso, ma non era nemmeno piatta. Era una bella donna, glielo concedevo. Anche il viso era molto armonico.
- Ehi tu! Svegliati. –
Alzai il tono della voce ma lei non si mosse. Le afferrai una spalla senza farle troppo male, stupendomi di tutta quella premura che stavo prendendo nei suoi confronti. Insomma che ci faceva lì, lei?! Scrollai per destarla e finalmente aprì i suoi occhi. Erano color verde spento. Un po’ tendente al grigio e decisamente penetranti. Chiuse a riaprì gli occhi un paio di volte sbattendo le lunghe e nivee ciglia, per poi incatenare il suo sguardo sorpreso al mio. Il mio cuore ghiacciato perse dei battiti, lasciandomi a dir poco esterrefatto. Come potevano due occhi disarmarmi tanto? Forse la consapevolezza che era stata lei ad accarezzarmi mi aveva reso più docile nei suoi confronti? Scacciai stizzito quei pensieri assurdamente sentimentali.
- Chi sei tu? E cosa ci fai nella mia cella? –
POV SOLE
Mi ero nascosta sotto le coperte per riposare un po’, dato che il pavimento era congelato e scomodo, quando qualcuno si sedette su di me. Ero quasi sveglia ma non aprii gli occhi, cullata dal calore che le coperte mi davano. Solo quando qualcuno mi scrollò mi decisi a riattaccare il cervello. Mi ritrovai davanti a due occhi verdi, meravigliosi come un prato coperto di rugiada. Vidi la sua bocca muoversi, ma non afferrai subito la domanda. Poi, l’illuminazione.
- Mi chiamo Sole, e non ho idea di come ne perché io sia finita nella tua…. Ehm… cella –
- Cosa sei? –
- Ehm… un essere umano? No, non proprio, sono una mutante. E tu… chi sei? –
- Io sono Loki, dio degli inganni. E tu dovresti andartene, femmina. –
- No, io non me ne vado. –
- Come sarebbe a dire “No, non me ne vado”?! Il mio era un ordine, non un amichevole consiglio, stupida donna! –
- Bhe, punto primo, io non sono stupida. E mi chiamo Sole. Punto secondo non so come andarmene. Ne dove andarmene. –
Feci vagare il mio sguardo sulla sua figura, posizionata regalmente in piedi di fronte a me, che intanto mi ero seduta sul bordo del letto. Notai che non indossava più la camicia grigia, ma una specie di maglietta nera attillata con un soprabito lungo fino alle ginocchia verde con rifiniture oro. Era molto più bello così. Il suo fisico traspariva dagli indumenti, facendo un giochetto di vedo non vedo con il suo petto. I capelli lunghi e neri gli davano fastidio, ed era alquanto buffo. Ridacchiai per il suo modo convulsivo di tirarseli indietro.
- Che hai da ridere, femmina! –
- Se ti danno fastidio i capelli, tagliateli no? –
- Non posso, non ho niente con cui farlo, genio –
- Vuoi un elastico? –
- e cosa diavolo dovrei farci scusa? –
- Legarti i capelli, genio –
Feci un sorrisetto compiaciuto al suo sguardo sorpreso. Probabilmente non era abituato a qualcuno che gli tenesse testa. A quanto avevo sentito poi, suo fratello Thor non era proprio quella che si dice “persona brillante”. Certo, era forte, buono e coraggioso, ma era un po’ monotono… Il tipico guerriero. Mi erano sempre piaciuti i belli e dannati, che avessero passato l’ombra della solitudine e della denigrazione proprio come me. Mi alzai dal letto, prendendo dal polso un codino verde pastello. Mi portai dietro di lui, cercando di evitare movimenti bruschi. Lui mi osservò attentamente, calcolando ogni mia mossa. Gli afferrai delicatamente i capelli – tra l’altro decisamente soffici e setosi – e li legai in modo che i ciuffi non gli cadessero davanti. Lo sentii irrigidirsi sotto il mio tocco, ma non si ritrasse. Tornai davanti a lui, sorridendo e mimandogli un “OK” con il pollice destro. Lui sbuffò e si voltò, ma io feci in tempo a notare una piccolissima e impercettibile inclinazione delle labbra, forse un sorriso represso sul nascere.
- Dunque Loki. Come mai sei qui dentro? –
- Non lo sai? Non sei stata in ansia per il tuo insulso pianeta? –
- Certo che so quella storia. Ma io voglio sapere la tua versione, sempre che tu abbia voglia di parlarne con me. –
Notai il suo sguardo vacillare tra il sorpreso, lo stupito e l’incerto, così tentai di leggergli i pensieri per capire cosa gironzolava per quella mente affascinante e frustrata.
- Smettila di leggermi i pensieri, umana! –
- Scusa, voglio solo conoscerti e capirti! –
- Tu devi avere paura di me. Vattene, non puoi capirmi, come non lo può nessun’altro. –
- Ma per favore! Pensi di essere l’unico che soffre? Hai idea di cosa ho passato io?! Mia madre mi ha gettato via, mio padre è una provetta, mi hanno sottoposta a esperimenti che nemmeno immagini, mi hanno trattato come un mostro e mi usano per le loro inutili guerre. Smettila di fare il superiore, noi siamo uguali! –
Forse avevo un tantino esagerato, quei ricordi mi erano tornati in mente come un uragano devastante e già una lacrima minacciava di sfuggire al mio controllo. Lui mi afferrò per una spalla, senza ferirmi, ma mettendoci abbastanza decisione da farmi voltare.
- Guardami. Guarda cosa vuol dire essere un mostro! –
La sua pelle stava diventando blu e fredda. In rilievo, potevo scorgere alcuni simboli che sembravano rune antiche e intrise di potere, mentre i suoi occhi verde prato mutavano in un rosso cremisi. Faceva un po’ paura, per la figura possente e austera, ma ad essa prevalse in me la meraviglia. Ero letteralmente incantata. Era bello, dannatamente bello. Quel rosso acceso, così vivo e in contrasto con il blu mare profondo del suo incarnato era una cosa che mi affascinava, che mi intrigava. Dimenticandomi di tutto il resto, afferrai d’istinto la sua mano, tracciandone delicatamente con i polpastrelli i contorni, divorata dalla curiosità. Percorsi tutto il braccio, seguendo le linee in rilievo delle rune, ipnotizzata dal suo aspetto. Arrivai al volto senza neanche accorgermene, carezzandolo nello stesso identico modo in cui lo avevo fatta qualche ora prima.
- Tu… tu non sei un mostro Loki. Tu sei magnifico. –
Era una sensazione piacevole, perdersi nella freschezza che la sua pelle lasciava sotto i polpastrelli sensibili della mia mano…
- Perché fai così, mortale? –
- P-perché è meraviglioso. E’ spettacolare. La tua pelle fredda, i tuoi occhi. Non sei un mostro, semplicemente le persone hanno paura delle cose diverse e che non conoscono, temendo ciò che non è sotto il loro controllo. Sono stupide, e così facendo ti fanno solo soffrire. Fattelo dire da una persona che ne sa qualcosina in più. –
Sapevo come ci si sentiva. Quell’uomo, il dio degli inganni, non era cattivo. Stava solo facendo così per difendersi, interpretando la parte del mostro per evitare di farsi vedere debole e indifeso. Mi stupii di avere così a cuore la sua sorte. Ero una persona gentile e sensibile, d’accordo, ma lui aveva distrutto, ucciso. Perché ora mi veniva da piangere? Per lui? Per quale arcana e oscura ragione volevo disperatamente che lui capisse e sapesse che io non lo ritenevo un mostro, che avevo provato lo stesso sconforto che ora lo stava divorando? Loki notò le mie lacrime e si spostò bruscamente, quasi come se ne fosse rimasto scottato.
- Smettila! Non ho bisogno della tua pietà, stupido essere! Stammi lontano e lasciami in pace! –
- Non… io n-non volevo darti la mia pietà! Loki!.... g-guardami….. GUARDAMI! –
Si voltò di scatto verso di me. Cambiai la mia forma, recuperando il mio vero aspetto, che nascondevo a tutti. Gli esperimenti che mi fecero in passato, lasciarono indelebili cicatrici sulla mia pelle. Il mio incarnato chiaro, era solcato da cuciture nere e infiammate, tagli rimarginati male, croste e lacerazioni ancora aperte. Il mio viso era pieno di segni simili a smagliature, l’occhio destro mi era stato asportato a crudo, senza anestesia e praticamente strappandomelo. Avevo i capelli rasati sulla parte alta del lato sinistro, cui spiccava una cucitura, l’ennesima, a forma di X. Il mento era storpiato dall’acido, il collo rosso e infettato da agenti chimici che avevano corroso la pelle fino a farla sanguinare. Era abbastanza certo che se in quella stanze era presente un mostro, bhe, ero io non lui.
- Vedi. Io sono un mostro, un animale usato per divertimento da dottori sociopatici con la mania di tagliuzzare, asportare e riattaccare. Tu sei un gigante di ghiaccio, per quanto possa essere crudele la tua gente, è la tua natura. Io, non sono nata così. Io ci sono diventata. Cosa pensi abbia provato ogni mattina della mia vita a guardarmi allo specchio? A passare la mia infanzia a prendere 23 pillole diverse la giorno, a dover essere sottoposta a interventi, esercitazioni, combattimenti quando ancora le mie ferite erano fresche e che si riaprivano in continuazione? Ora dimmi, Loki. Ancora pensi che io non sappia cosa si prova? Ancora pensi che tu sia l’unico a soffrire? –
Il tono della mia voce era spezzato. Odiavo far vedere il mio vero aspetto, tutti si voltavano schifati. Quando sono arrivata allo S.H.I.E.L.D, un’agente ha pure vomitato dopo avermi visto. Sorrisi tristemente, sollevando faticosamente il labbro, che era stato precedentemente cucito insieme all’altro per non farmi urlare o sputate le “pillole”. Vidi in suo sguardo che vagava, osservando, studiando ogni taglio, ogni cucitura, ogni lacerazione, soffermandosi poi sulla mia palpebra semichiusa, che nascondeva una cavità vuota, prima depositaria del mio bulbo oculare. Infastidita dalle sue attenzioni, mi voltai stizzita, afferrando un lembo di coperta verde e avvolgendomela attorno a tutto il corpo. Prestai attenzione particolarmente a nascondere il mio viso, rannicchiandomi in un angolo, il più lontano possibile da quegli occhi, ritornati verdi prato. Restammo immobili per un po’, in silenzio. Poi, lo sentii avvicinarsi e afferrarmi per un braccio. Mi sollevò con una facilità anormale –divina – dato che ero completamente accasciata come un sacco vuoto. Mi ribellai quando tentò di strapparmi la coperta, ma stavo affrontando un dio e, come normale che fosse, rimasi davanti a lui scoperta. Mi abbracciò, stupendomi oltre modo, nascondendo il suo diafano volto tra i miei capelli. Io ero completamente spiazzata. Loki mi stava abbracciando?!
- Scusa, piccola mortale. Ma ora non andartene in giro urlando ai quattro venti che ti ho abbracciato e chiesto scusa, chiaro? –
- Uhm uhm –
Rimasi, cullata dal suo abbraccio, piacevolmente sorpresa. Lui si allontanò un po’, fissandomi negli occhi – nell’occhio – e ringraziai di essere tenuta da lui, altrimenti le mie ginocchia non avrebbero retto. Mi lasciò infine un “dolce” e casto bacio a fior di labbra, che però riusciva ad avere quella punta di malizia appena percettibile. Quanto si staccò – cioè dopo pochi secondi, con mio grande dispiacere – portò la sua mano sul mio occhio, curandolo. Passò su tutto il viso, guarendo le ferite e facendomi ricrescere i capelli. Alla fine, grazie alle sue strabilianti arti curative, mi rimanevano solo qualche graffio e cicatrice e dolorosi ricordi.
- Questo sarà il nostro segreto, piccola mortale. –
- Io mi chiamo Sole. –
- Piccola mortale mi piace di più –
Rimasi abbracciata a lui, piangendo di gioia e mormorando continui grazie. Prima di cadere nel sonno, nelle braccia di Morfeo, sentii che mi aveva adagiata sul letto. Poi mi raggiunse la calda e suadente voce di Loki, bisbigliare al mio orecchio.
- Grazie, mia piccola Sole, per aver pianto per me e per avermi capito. Tornerò da te, aspettami. –
Quando mi risvegliai, ero stesa su un grigio pavimento di gomma isolante. Mi guardai attorno in cerca di Loki, ma trovai solo il dottor Selvig e il direttore Fury chinati su di me.
- Grazie al cielo Sole! Ti sei svegliata! Mi hai fatto prendere un colpo quando sei svenuta. Meno male che prima di diventare fisico delle particelle ho fatto un corso di rianimazione e primo soccorso! –
- Che…. C-cosa è successo? –
- Agente Oxford, dopo lo squilibrio del portale siete svenuta. Siete rimasta incosciente per 5 ore. –
In quel momento realizzai che Loki mi aveva chissà quando portato indietro e chissà come cancellato una parte di tempo. Il dottor Selvig mi fece molte domande a cui risposi in modo vago, poi mi riaccompagnò a casa, nel mio appartamentino di periferia. Mi feci una doccia, rilassandomi. Dopo aver finito e dopo essermi rivestita con il mio bellissimo pigiamone verde – nel caso non si fosse capito, il mio nuovo colore preferito oltre al blu e il rosso cremisi – presi dal congelatore un blocchetto di ghiaccio, passandomelo successivamente sulle labbra, lentamente. Era quasi la stessa sensazione, ma l’originale era impareggiabile. Non sapevo se mi ero sognata tutto o era accaduto realmente. Non mi importava. Io avevo visto il suo dolore e me ne ero innamorata. Avevo visto i suoi demoni e ci aveva fatto amicizia.
- Dovunque tu sia, Loki, sappi che io credo di essermi innamorata di te. Anzi, senza credo. Lo sono sicuramente. Ti aspetterò, non tardare eh? –
E da qualche parte nella galassia, nelle dorate celle di Asgard, lontano anni luce, il dio degli inganni sorrise tra il divertito e lo stupito.
- Non tarderò, mia piccola umana. –
 




  
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