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Autore: Atemlos    11/10/2014    3 recensioni
Stiles e Derek condividono la stessa macchina durante il ritorno dal Messico.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Wolf & I'
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Titolo: Where The Lonely Ones Roam.
Autore: Atemlos.
Fandom: Teen Wolf.
Genere: Giallo.
Personaggi: Derek Hale; Stiles Stilinski
Pairing: Stiles x Derek.
Desclaimer: I personaggi appartengono agli aventi diritto.
Note dell'Autore:
Sono tornato, ancora. Di nuovo. Con una one-shot, più onestamente una flash-fic, cui senso vacilla tra il niente ed il troppo. Scritta ovviamente alle tre di notte ascoltando musica, e a proposito di ciò, informo che: il titolo è tratto dall'omonima canzone dei Digital Daggers, ed è inserita subdolamente nella storia, starà a voi capire quando, come e perché. Ma dicevo... Non-sense, perché all'apparenza sembra, ma vi suggerisco di concentrarvi su ogni parola, importantissima, ed ovviamente sulla frase finale che dice tutto. Dubbi? Domandatene eventuali nelle altrettanto eventuali recensioni. Spero sia di vostro gradimento. 
Buona lettura!


                                                                       Where The Lonely Ones Roam


Soffi d'aria infuocata misti a gocce d'acqua, entrambi trasparenti come anime in pena, si scontrano contro una chioma arruffata, castana, da essa a venir trasportate folate di vento profumate alle narici di un secondo corpo rigido, cui polmoni ne inalano l'essenza, svogliati e bramanti, inebriati; sono due le paia di occhi - verde acqua, marrone terra - che si ignorano con tremore, preferendo all'altra una visione di strada polverosa e statica, infinita, stanca. 
Una assenza di rumori viene fatta a pezzi, disintegrata, all'udito a pervenire una melodia intrusiva e spiacevole, finché i timpani codardi non ne accettano le note, assimilandole, confluendo così nelle vene, ritrovato in fine il loro liquido compagno, denso e rosso.


Stiles muove le iridi a cercare il suono, posandosi sulla radio della jeep, senza usufruire di ulteriori muscoli per far ciò, mentre dita impazienti tamburellano sulle ginocchia piegate, rivestite da stoffa in jeans, i bicipiti delle braccia rivestiti da una maglia verde, a sua volta avvolta in una felpa color avorio. La sua bocca è contratta, le labbra da rosee a sangue, denti a stridere l'uno contro l'altro, sguardo irrimediabilmente spinto di fronte a sé. Inspira dalle narici, una sola volta, portando l'avambraccio a permettere la mano di sostenere la nuca, gomito poggiato sul ripiano sottostante alla finestra, dita - anche in tal luogo - ad alternare battiti contro ciocche di capelli.

«Cosa ti rende così nervoso?»

Un mormorio, ben udibile e definito, abbandona le labbra strette di Derek, occhi fissi sulla strada, mano sinistra posata sul volante, le falangi ad esso attorcigliate. Alle proprie orecchie, l'emissione di voce stona, controbatte ai versi della melodia nell'aria, echeggiando nel ristretto spazio, ciondolando silente.

La maglia scura non permette respiri approfonditi, né la materia che circonda gli arti inferiori autorizza movimenti bruschi, se non quello di premere l'acceleratore.

Ne sovviene uno sbuffo, sonorizzato, ironico, Stiles a lasciare la bocca si schiuda in un sorriso falso, e il collo a voltarsi, il viso ad affrontare la visione di Derek seduto al sedile adiacente, la calma apparente nella postura, le proprie iridi a domandare quelle dell'altro.

«Sei morto.»

Ribatte, incredule le parole perfino a se stesso. Le immagini attraversano le pupille come fulmini neri, mura in rovina e l'altro poggiato ad esse di schiena, uno squarcio visibile nel petto.

«Non sembro morto.»

Derek, il tono più alto, questa volta, perfino più roco.

«Perché non lo sei.»

Ribatte nuovamente, Stiles, ciglia statiche e mobili ad incontrarsi ripetutamente, la massa muscolare ad ardere di dolore soffocante.

Nessuna risposta.

Apre la bocca, la richiude. Stesso processo una seconda volta. Ride, l'umano, le parole a non voler abbandonare la gola. Le iridi ora a squadrare le proprie mani, vene impazzite.

«Perché sei qui?»

Un mormorio, duplice del primo; il licantropo inghiotte saliva.

«In questa macchina.»

Aggiunge, stringendo le dita, nocche bianche, voltando il capo ad osservare - per pochi millisecondi - il giovane alla sua destra. Quasi ad ammirare.

«Perché sono sceso a metà percorso da quella di Scott, prendendovi posto.»

La replica è tagliente, non comune per lui, il respiro accelerato, il tamburellare più vivace. Ancora ed ancora.

«Stiles.»

«Non sono niente, per te? Non valgo neppure gli ultimi istanti della tua vita? Dopo tutto quello che-»

Non continua, lascia la frase a metà, si morde la lingua, non lo dice a voce alta. Nessuno dei due lo ha mai fatto. 

Attrazione, e desiderio, notti incandescenti, baci, corpi nudi, avvinghiati dentr'un letto ampio, lenzuola brinate, indimenticabile.

Il motore accelera, ed un soffio - un quarto di risata - viene emesso dalla bocca di Derek, il capo a scuotere lievemente.

«Ed io quanto valgo, per te? Le vite di tutti quelli che ti circondano?»

Domanda allora, astuto, corretto, innegabile la veridicità di tale affermazione.

Stiles stringe in due pugni le mani, cerca e distoglie lo sguardo dall'altro; pelle nell'aria, ossa contro la materia della portiera, colpita veementemente.

Derek morde il proprio labbro inferiore, voltando il capo nella direzione opposta, guardando altrove, nel buio, dove dovrebbe essere, la sua dimora e regno.

«Lo sai,»

Stiles chiude gli occhi, l'oscurità a circondarlo, battiti cardiaci nel petto e sulla punta della lingua.

«perché sono qui.»

Derek, esitante, manda giù per le vie respiratorie nuovo ossigeno, le iridi ad alternare la visione della strada, dello specchietto retrovisore - chi li segue - al volto costellato di Stiles, arreso e sprofondato in quel sedile, inerme. In attesa di qualcosa, qualsiasi, perduta la vista per poter udir ed incanalare meglio una risposta.

 Passarono minuti, ore, secondi.

«Chiudi gli occhi.»

Stiles li apre, trovando l'altro paio fissi nei propri, la melodia conclusa, il silenzio a volare tra le loro bocche, unici rumori esterni e quelli dei loro respiri.

«Perché?»

Sono dipendenti, l'uno dall'altro, per tutta la durata di tempo da cui la domanda è emessa a quando viene datale una risposta.

«La strada per dove apparteniamo è ancora lontana.»

 
   
 
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