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Autore: Ida90    11/10/2014    0 recensioni
Una ragazza cresciuta in una locanda scoprirà nuova gente, alcuni che saranno gentili altri che la useranno per i propri scopi. Sarà corteggiata e aiutata ritrovando un amore perduto in tenera età che creerà con lui la famiglia a cui era stata strappata.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Nei mesi successivi Daniel e Londie restarono lontani da casa per sistemare alcune cose che riguardavano la famiglia. Intanto nel villaggio vicino si udivano strane voci su un gruppo di soldati che si erano rivoltati contro il proprio re a causa di ordini che andavano contro il popolo stesso. Lavia e Irene udivano in continuazione storie su questi soldati che vagavano per il paese in cerca di persone da aiutare e in una bella giornata di sole, le due donne si erano recate al mercato del villaggio, dove altre voci incuriosirono Irene; chiese informazioni a un gruppo di uomini che le avrebbero detto cosa sapessero.
Uno degli uomini, che aveva una lunga barba grigia, si avvicinò a lei con un martello nella mano sinistra e chiese: << Che cosa volete sapere di preciso, signora? >>.
Irene sorrise e rispose alla domanda: << Senza volerlo ho ascoltato cosa dicevate con quell’uomo e sono curiosa di sapere di più su quegli uomini, sempre se voi volete. >>.
L’uomo adagiò il martello sull’incudine fuori la sua bottega e accomodando le sue vecchie ossa su una sedia rispose alla donna: « Girano voci su un gruppo di pochi uomini, alcuni di quei soldati che sono andati contro il re per il popolo, che si aggirano da queste parti… in confidenza, mio cugino, che abita al di là del fiume, sia stato aiutato proprio da questi, alcuni giorni fa. ».
« Conoscete qualcuno di questi uomini? » chiese Lavia avvicinandosi ancora ai due.
« Io no signora, ma a questa vostra domanda può rispondervi mio cugino Tarvon, che abita, come ho già accennato, al di là del fiume proprio in prossimità della quercia morta, non potete sbagliare. » l’uomo allora fece forza sulle gambe e le braccia e s’issò dalla sedia per tornare al proprio lavoro.
Le due ringraziarono l’uomo e finito le compere ritornarono a casa. Non raccontarono nulla a Dalia di quanto avevano scoperto per non deludere le sue speranze e così per non destare sospetti, Irene si allontanò dalla fattoria con una scusa e si recò verso la quercia morta. In poche ore si ritrovò davanti a una piccola fattoria, dove un uomo era intento a spaccare legna.
Si trattava di un uomo più o meno sulla quarantina, era brizzolato, ma aveva ancora un fisico muscoloso e il busto madido di sudore. Irene si avvicinò catturando subito la sua attenzione che si bloccò immediatamente parlandole: « Che cosa posso fare per voi? ».
« Solo che rispondiate a qualche mia domanda, non voglio rubarvi troppo tempo. E spero che nel frattempo voi possiate accettare un mio regalo. » rispose con gentilezza mostrandogli il cestino e il suo contenuto.
L’uomo restò immobile osservandola e alcuni minuti dopo, i due stavano seduti nell’erba a mangiare. « Non conosco la loro destinazione, mi dispiace. » si scusò e bevve un sorso di vino che lei aveva portato.
Irene mandò giù il boccone che aveva in bocca e poi poté parlare: « Sapete dirmi se fra quegli uomini che vi hanno aiutato ce ne era uno che si chiamasse Richard? ».
L’uomo ci rifletté per un istante e poi con espressione rammaricata rispose: « No,mi dispiace. ».
La donna, lo ringraziò, si alzò e recuperò solo il cestino e il panno lasciando tutto all’uomo. All’improvviso però l’uomo la fermò chiamandola e lei si voltò ritornando da lui. Tarvon le disse alcuni nomi e di colpo il suo volto s’illuminò quando lui nominò Harrjnton, il capitano Harrjnton. « Lo conoscete? ».
« Forse. » fu l’unica cosa che disse prima di salutarlo e di ritornare a casa di corsa.
Entrò nel salotto della casa trovandovi Londie e Daniel seduti accanto al tavolo con il resto della famiglia che chiacchieravano. « Dove sei stata per tutto questo tempo? » chiese Dalia vedendola avere il fiatone.
Riprese fiato e avvicinandosi al marito rispose: « Sono stata nella fattoria che si trova al di là del fiume. ».
« Perché? » chiese Londie incuriosito.
Al perché rispose sua moglie che raccontò ogni cosa; alle informazioni ricevute da Lavia, si aggiunsero quelle di Irene, che sia i due fratelli, che Dalia furono felici di ricevere. Per tutta la sera non si fece altro che parlare di Richard e delle voci che circolavano in giro su quei soldati.
In cielo si vedeva soltanto un quarto di luna e il vento soffiava leggero su quella zona. Una volta che tutti si erano ritirati nelle proprie stanze, Daniel e Irene, erano intenti a spogliarsi quando lui scattò con uno sguardo soddisfatto e si rivolse alla moglie: « Forse sono come comunicare con mio fratello! ».
« E come? » chiese lei togliendosi la sottoveste e restando nuda.
Gli occhi di Daniel si fecero subito maliziosi, ma rispose ugualmente alla sua domanda: « Da queste parti c’è una grotta… » disse avvicinandosi a lei, « Una grotta dove io e mio fratello Richard ci nascondevamo quando combinavamo qualche guaio, è abbastanza grande da farci entrare un esercito e forse lui si trova proprio lì. » con quelle ultime parole si fermò proprio davanti a lei osservando ogni dettaglio del suo corpo, che nei mesi in cui era stato via aveva tanto desiderato.
Non ci furono altre parole fra loro e Irene senza perdere l’occasione cominciò a spogliare suo marito accarezzandolo e baciandolo di tanto in tanto. Il suo corpo massiccio la eccitava e sentiva il ventre contorcersi dall’eccitazione e il suo cuore quasi esplodere. Le restava da togliergli soltanto i pantaloni e quando lei si chinò per slacciargli la cintura, lo baciò sotto l’ombelico, dove l’eccitazione di Daniel si gonfiò fra le sue gambe.
I suoi occhi si accesero famelici desiderandola di più a ogni suo gesto… lei gli massaggiò il ventre finché Daniel liberò il suo membro dai pantaloni e spinse la sua testa fra le gambe affinché lei ingoiasse il suo piacere. Daniel sentiva un brivido corrergli lungo tutto il corpo per rilasciare alla fine un gemito tanto soffocato.
Allontanò la moglie e lui si tolse i pantaloni che lasciò cadere sul pavimento e prese a baciare la donna con voracità. Irene voleva rallentare la passione che il marito aveva e così lo fece distendere sulle lenzuola bianche; lei invece gattonò fra le sue gambe maliziosa e leggiadra, scivolò su di lui come una boccata d'aria fresca. La sua pelle calda e morbida sfiorava quella del marito, i suoi capezzoli giocarono sul suo ventre salendo su finché non furono preda dell’uomo e della sua ingordigia.
Daniel non vedeva sua moglie da mesi e aveva tanta eccitazione repressa che in quel momento sembrava voler esplodere, uscire allo scoperto e averla per tutta la notte o subito. Lui, con tanta foga, le aveva afferrato il seno stringendolo, le stava baciando il capezzolo, lo mordeva, lo carezzava.
Gemette sentendo il tocco delicato e a volte rude della sua lingua e dei suoi baci, finché una scarica elettrica, le percorse tutto il corpo, fino ad arricciarle i piedi, quando le dita grosse del suo uomo s’intrufolarono fra le sue cosce. Si sentì scuotere da un tremito e un gemito intenso sgorgò dalla sua gola.
Il marito con un unico gesto la pose sotto di lui allargandole le gambe più che poteva. La sua bocca scese sul ventre e baciò i suoi fianchi mentre le sue mani massaggiavano le labbra e si tuffarono nei suoi umori. Le sue dita penetrarono la fessura come un coltello nel burro. Urlò di piacere. La delicatezza di quelle mani era qualcosa che le mancò in quei mesi senza di lui, era la manualità, l'esperienza e l'arte del piacere che solo lui poteva avere.
Quando la sua lingua sostituì le dita, credette di scoppiare. Vedeva la chioma mora di suo marito fra le sue cosce, quella bocca gustare la sua pelle e i suoi fianchi accarezzati da mani possenti. Sapientemente baciò ogni anfratto, succhiò le labbra, la sua lingua s'intrufolò nella fessura raccogliendo gli umori, vezzeggiandola, corteggiandola, finché le bastò avvicinarsi al clitoride per farla esplodere di piacere.
Ma questo non bastò a fermare la sua lingua, perché sapeva che un orgasmo, per una donna, era solo l'inizio. Così baciò l'interno delle cosce, l'inguine, risalì fino al ventre, proseguendo sui seni e ad approdare nuovamente sulla bocca. Affondò le mani nei suoi seni e succhiò i suoi capezzoli, li sentì turgidi e gonfi contro la sua lingua. Poi scivolò fra le sue cosce e ammirò il suo sesso. Più lo saggiava e più l'eccitazione cresceva alimentata anche dai suoi gemiti e dai suoi movimenti.
Le dita disegnavano arabeschi di piacere fra quei meandri lussuriosi, alternava tocchi decisi ad altri delicati, poi lui le allargò le grandi labbra portando alla ribalta il clitoride gonfio d'eccitazione e intrufolò la lingua nella sua fessura. Saggiò quel frutto prelibato in ogni sua parte, avida del suo piacere. Erano i suoi gemiti a guidare la sua lingua e a muovere le sue dita.
Improvvisamente Daniel la afferrò per le gambe e la tirò a se, poi le cinse i fianchi e la fece poggiare con i seni sulle lenzuola calde. Subito si sentì premere fra le gambe. Era il membro di suo marito gonfio di voglia che voleva entrare nella fessura e la carezzava strofinandosi sulla pelle dal clitoride al perineo, premendo fra i suoi anfratti desiderosi di essere violati ancora una volta.
Si voltò osservando con malizia il marito che si ergeva sopra di lei col suo petto nudo e tonico mentre lei era china in avanti che mordeva le lenzuola dal piacere. Fu allora che Daniel la penetrò e seguì l’urlo di Irene e poi un altro ancora mentre quel dardo la riempiva con tutta la sua fiera passione.
Lei credette di non reggere a quel piacere così intenso. Era sopraffatta dall'estasi più totale. Tutto ciò che la circondava, sparì in poco tempo. Sentiva solo il piacere crescere, crescere, crescere inarrestabile e gridava perché voleva che continuasse a farla godere sempre di più. Quando poi il marito valicò con due dita, anche il suo stretto e pulsante pertugio non riuscì più a trattenersi. Quando l'orgasmo arrivò, lei si sentì quasi svenire.
Daniel la afferrò di colpo per i gomiti e la tirò verso di se mentre la penetrava con forza. I suoi seni ballonzolavano a ogni spinta e a ogni colpo il viso di lei si contorceva dal piacere. Daniel la lasciò all’improvviso e la tenne per i fianchi, la colpiva con forza, con veemenza, mentre i suoi occhi osservavano l’espressione compiaciuta della moglie.
Continuarono per molto tempo fin quando non crollarono entrambi soddisfatti ed esausti. Irene se ne restò sdraiata a pancia sotto accarezzando il cuscino, mentre Daniel fissava, a dorso nudo, il camino posto davanti al letto con sguardo assente. Si voltò di colpo verso la moglie e la baciò stringendosi a lei con forza. Avvicinò la bocca all’orecchio della donna e le sussurrò alcune parole: « Forse riuscirò a portalo in famiglia. ».
« Così saremo tutti uniti come una vera famiglia, finalmente. » disse lei sospirando e stringendo la mano del marito nella sua.
 
L’indomani Irene si svegliò non trovando Daniel, mancavano i suoi abiti, la sua spada e lo zaino da cui non si separava mai. Si rivestì e scese di sotto, dove trovò tutti tranne suo marito. Chiese informazioni su dove fosse andato, ma nessuno, nemmeno suo fratello sapeva niente, allora lei si ricordò delle sue parole.
Il nitrire del cavallo nel folto del bosco fece scappare i pochi uccelli che si nascondevano in quella zona; lui continuò ad avanzare per qualche altro metro poi tirò le redini e il suo cavallo si fermò come da ordine. Daniel si guardò in giro per un paio di minuti nella speranza di trovare qualcuno, ma nessun uomo si vide.
Smontò da cavallo e legò le redini a un ramo, lasciandolo all’interno del bosco, mentre lui si avvicinava all’entrata di una caverna. Si bloccò di colpo sulla soglia e credette che le sue gambe non riuscissero a oltrepassarla. Deglutì e si fece coraggio… una volta all’interno s’incamminò nel lungo tunnel che seguiva l’entrata e poco solo qualche metro dovette accendere una torcia.
Conosceva quel luogo meglio delle sue tasche e sapeva bene che se suo fratello si trovava da quelle parti sarebbe di sicuro ritornato nel loro nascondiglio dell’infanzia. Dopo una decina di minuti e più raggiunse il centro della caverna, dove si diramavano altri tunnel che proseguivano sotto tutta la montagna.
La sala era enorme e alzando lo sguardo verso il soffitto sorrise… c’erano più stalattiti di quanto lui ricordasse e ne fu felice. Alla fine diede uno sguardo alle innumerevoli cose che si trovavano disperse per il pavimento di pietra della sala: armi, borse, barili colmi di cibo, vino e acqua, e tante altre cose che a lui non interessavano. Tuttavia qualcosa catturò la sua attenzione e si avvicinò per osservare meglio un vecchio mantello scucito e sgualcito.
Diede una rapida occhiata in giro, sperando che non vi fosse nessuno e poi ritornò su quel mantello… lo afferrò e se lo passò fra le mani per costatare la consistenza e notò da subito che era morbido e delicato anche seppur vecchio. Ne controllò ogni angolo e di netto lo lasciò cadere nel punto in cui si trovava retrocedendo di alcuni passi; in un angolo aveva trovato delle iniziali, R.H., quelle di suo fratello.
Fu allora che si tolse lo zaino e ne tirò fuori una lettera e uno strano oggetto di terracotta colorato, che adagiò sul mantello. Si rimise subito lo zaino sulle spalle e si voltò ritornando verso il tunnel da cui era venuto. Prima di proseguire si fermò un attimo e pronunciò poche parole voltandosi verso il mantello e gli oggetti che lui aveva lasciato: « Spero che sia tu fratello mio. ». Sorrise di nuovo e lasciò quel luogo.
   
 
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