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Autore: the_raggedyfangirl    12/10/2014    1 recensioni
[dal prologo]
«Cosa ha a che fare Gavin Lestrade con qualunque cosa tu mi abbia detto negli ultimi vent’anni?!».
Nessuno dei due sembra accorgersi che Sherlock ha sbagliato (ancora) il nome di Greg.
Anzi, nessuno dei due sembra accorgersi di qualunque cosa succeda attorno a loro quando i loro sguardi s’incatenano, consapevoli dell’effetto che si fanno reciprocamente.
«Oh, fratellino, - sospira, senza staccare per un istante gli occhi da quelli di Lestrade - nessuna persona al mondo ha a che fare più di lui in qualunque parola io abbia mai proferito negli ultimi vent’anni…»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lestrade, Mrs. Holmes, Mycroft Holmes, Redbeard, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buonsalve a tutti! Sono Cece, piacere di conoscervi e grazie per aver dato una possibilità alla mia storia, spero non vi deluda:3 
Lasciate che vi fornisca un minimo di introduzione prima di passare al racconto vero e proprio: in pratica si tratta di un doppio what if?, ovvero cosa sarebbe successo se Mycroft fosse andato al matrimonio di John e, principalmente, cosa sarebbe successo se il maggiore degli Holmes e Lestrade si fossero conosciuti molti anni prima della serie, benché nessuno ne sia a conoscenza.
Giuro che è meno complicato di quello che sembra :'D  Il prologo è molto breve, ma vi assicuro che compensano i capitoli veri e propri, che sono fin troppo lunghi eheh. (risata alla Tom Hiddleston che ci sta sempre bene) 
Buona lettura allora<3 
-Cece.



prologo.

«Sono qui da quasi un minuto, mi chiedo quando inizierai a smontare il mio discorso da testimone» afferma sarcasticamente Sherlock, ottenendo come risposta uno di quei sorrisi tipici di suo fratello che quanto più ti ostini a guardarli tanto più sembrano solo smorfie di biasimo. Passa quasi un intero minuto di silenzio prima che Mycroft si decida a dare fiato ai polmoni: «Il tuo discorso è stato illuminante, fratellino. Come se i tuoi sentimenti non si fossero già dimostrati in precedenza palesi come se investiti dalla luce del sole. Persino quel sempliciotto di John Watson sarebbe stato in grado di accorgersene, se non fosse troppo impegnato a reprimere quel pensiero in fondo al proprio cervello bigotto» la voce melliflua del fratello maggiore riempie le orecchie di Sherlock e s’insinua dentro di lui, viscida e nauseante, fino a giungere lo stomaco, per poi tornare su di getto sotto forma di bile e parole taglienti come rasoi, sibilate senza scomporsi ma con l'indignazione teatrale tipica della famiglia che trapela da ogni sillaba: «Come osi anche solo nominare la parola “bigotto” riferita a qualcun altro che non sia te stesso? Tu non sai assolutamente niente di John e- ti prego di non equivocare il mio insulto con un qualunque tipo di sentimentalismo –non hai la minima idea di cosa io sia in grado di provare. Di cosa chiunque sia in grado di provare nei confronti di un’altra persona. Non a caso sappiamo entrambi come Miss. Adler era solita denominarti… The Ice-Man. Come fai a sapere che “importarsene non è un vantaggio” se non ti è mai importato di nessuno nella tua vita?!». Le acide parole di Sherlock non sono altro che pioggia sull’asfalto che non fanno traboccare alcun vaso. Infatti Mycroft Holmes è rimasto zitto, impassibile, assorbendo ogni singolo vocabolo con una fermezza ammirevole e l’apatia stampata sul volto. Ma d’un tratto si volta verso il fratello, affermando solennemente che “è giunto il momento che tu sappia”. Immaginate la confusione sul volto del Consulting Detective che sforza i propri neuroni geniali per capire che cosa stia succedendo. Vorrebbe davvero andarsene, passare un altro paio d’ore in mezzo ai piedi degli sposini prima che sia troppo tardi, ma sa benissimo di non essere in grado di lasciare aperta una questione del genere. Sarebbe come ammettere la propria sconfitta, sapete quanto Sherlock Holmes odi non sapere qualcosa.
Perciò segue il fratello, che si sta dirigendo a grandi falcate verso non si sa esattamente dove.
A Mycroft non serve molto a scovarlo, mentirebbe (e sicuramente lo farebbe) se dicesse che i suoi occhi non lo cercano costantemente tra la folla, anche quando è sicuro di non trovarcelo. È vicino al bar, con gli occhi lividi e annacquati dal riflesso dell’ennesima birra. 
«Cosa ha a che fare Gavin Lestrade con qualunque cosa tu mi abbia detto negli ultimi vent’anni?!». 
Nessuno dei due sembra accorgersi che Sherlock ha sbagliato (ancora) il nome di Greg.
Anzi, nessuno dei due sembra accorgersi di qualunque cosa succeda attorno a loro quando i loro sguardi s’incatenano, consapevoli dell’effetto che si fanno reciprocamente.
«Oh, fratellino, - sospira, senza staccare per un istante gli occhi da quelli di Lestrade - nessuna persona al mondo ha a che fare più di lui in qualunque parola io abbia mai proferito negli ultimi vent’anni…»
   
 
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