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Autore: Ship_COFFE_Bar    12/10/2014    1 recensioni
Ebbene, sono tornata.
~~~
[...] Alla fine, riesco a sollevare le palpebre quel tanto che mi basta per una panoramica
delle misere condizioni in cui mi trovo ormai da giorni.
Pezzi di corpi in putrefazione, gli organi che ancora vomitano sangue, sono sparsi
un po' dovunque, insieme a ormai minuscoli frammenti di ossa.
I miei compagni di cella si guardano fra loro. Alcuni tremano, terrorizzati, altri
sembrano aver accettato il destino, e se ne rimangono sdraiati scompostamente sul
pavimento duro e freddo, in silenzio.
Genere: Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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                                       ~E alla fine, li divorò tutti~



I miei occhi faticano ad aprirsi, anche quando sento la gabbia muoversi, preda di 

forti scossoni.

Alla fine, riesco a sollevare le palpebre quel tanto che mi basta per una panoramica 

delle misere condizioni in cui mi trovo ormai da giorni. 

Pezzi di corpi in putrefazione, gli organi che ancora vomitano sangue, sono sparsi 

un po' dovunque, insieme a ormai minuscoli frammenti di ossa.

I miei compagni di cella si guardano fra loro. Alcuni tremano, terrorizzati, altri 

sembrano aver accettato il destino, e se ne rimangono sdraiati scompostamente sul 

pavimento duro e freddo, in silenzio.

Non riesco a sollevarmi sulle gambe, i muscoli cedono e le giunture scricchiolano.

Sappiamo cosa sta per succedere. 

Ci ha lasciati in pace per abbastanza tempo da permettere ai più ingenui di essere 

speranzosi, di credere che, forse, avrebbero potuto farcela. 

Che sarebbero sopravvissuti.

Quasi mi spaventa la sua crudeltà. Come se gli avessimo fatto del male. 

Da quanto tempo ci troviamo qui? Non lo ricordo. Ricordo solo buio, all'inizio, e i 

respiri concitati di altri insieme a me. Pressati l'uno contro l'altro, a chiederci cosa 

stesse succedendo. Poi ci avevano strattonati più e più volte, tanto forte che alcuni 

di noi si erano spezzati gambe e braccia.

E poi la luce. 

Una luce bianca, asettica, che mi ha ferito gli occhi, bruciandoli di purezza.

E il volo. Le mie urla miste a quelle di tutti gli altri. Il dolore dell'atterraggio e la 

fredda consistenza del metallo della gabbia intorno a me. E ai miei compagni. 

Ero così spaventato.

Certo, lo sono ancora. Sarebbe una falsità, pretendere di non aver paura.

La porta della cella si apre, e inspiro a pieni polmoni quell'aria calda e dolce che mi 

è stata negata per tanto tempo. Gli altri fanno lo stesso, accalcandosi sulle pareti 

della cella, calpestando i resti di chi, prima di noi, ha subito l'ignobile fine.

Vedo la sua mano. Le unghie sporche, chiazzate di bianco, e i polpastrelli grassocci 

che si strofinano fra loro, indecisi.

Ci scostiamo dalle pareti, e una ragazzina urla spaventata. Lei, se la sente, non 

sembra prestarci attenzione.

Deglutisco piano, leccandomi le labbra e sentendo su di esse il sapore amaro del 

sangue e delle lacrime.

So che è arrivata la mia ora. Lo sento. Le dita indugiano ancora, ma sono sicuro che 

mi ha puntato da quando ha aperto la porta.

Le cartilagini rosa si allungano, e la pelle membranosa, molle e cedevole avanza 

senza più timore verso il mio corpo inerme.

Come volevasi dimostrare.

Mi sento afferrare per i capelli, e gemo di dolore, mentre vengo trascinato fuori.

Incontro lo sguardo della ragazzina che aveva urlato poco prima. È sollevata, ma mi 

guarda triste.

"Sorridi", vorrei dirle.

"Non è ancora finita, per te, piccola".

Ma per me, lo sarà presto.

Mi trascina fuori dalla cella, ma lascia la porta aperta, così che i miei compagni 

possano vedere ogni macabro passaggio della mia morte. Come avvertimento. 

"Voi siete i prossimi"

Vorrei urlare, dimenarmi, scappare. Ma la gola è piena di sangue e muco, che mi 

ricoprono l'esofago. È un miracolo se non sono ancora morto soffocato.

Mi poggia malamente su un tavolino di metallo. Non si prede nemmeno la briga di 

immobilizzarmi, sa che sono troppo debole per scappare. Lo siamo tutti.

La superficie liscia è, se possibile, ancora più fredda delle pareti della cella.

In più, per aggiungere la beffa al danno, è colorata e un grosso e pacchiano 

disegno, raffigurante un fiore, campeggia al centro.

La luce non mi permette di vedere la mia aguzzina (perché è una signora, la 

bastarda) e mi acceca, costringendomi a stringere le palpebre fino a sentire gli occhi 

scoppiare.

Sento un cigolio, poi un tonfo. Volto il viso, anche se non mi serve aprire gli occhi 

per sapere che accanto a me è stata appena posizionata una grossa vasca piena di 

liquido bianco. Singhiozzo, sputando un rivolo di sangue.

Sento le sue mani afferrarmi ancora per i capelli, e trovo la forza di dimenarmi, tanto 

che quasi riesco a sfuggirle. 

Ma no, le sue dita mi tengono stretto, ancorate ora al mio collo, premono sulla mia 

gola. Boccheggio, mentre lei mi cala nella vasca di acido.

Prima le gambe. Non immerge subito tutto il corpo, mi lascia bruciare per metà.

Sento la sostanza fredda che mi corrode la carne, rendendola molle e insensibile; 

morta.

Mi soleva di nuovo, i pezzi di carne che fino a poco tempo fa erano le mie gambe, 

ora ciondolano miseramente, le ossa corrose. La vedo sorridere.

Una spaventosa chiostra di denti giallastri e irregolari si apre davanti ai miei occhi, 

sbeffegiandomi. Calde lacrime mi scivolano lungo il viso, finendo sulla mia lingua, 

che penzola dalla mascella spalancata in un rantolo di dolore.

Mi afferra più saldamente, come se improvvisamente avesse paura che io scappi.

Poi la chiostra giallastra cala sulle mie gambe, staccandomele di netto. Le ossa 

scricchiolano appena, mentre parte dei miei intestini si tende.

La vedo masticare con gusto, leccandosi le labbra una volta finito il boccone.

Quando apre nuovamente la bocca vedo che pezzi di carne (della mia carne) le si 

sono impigliati fra i denti.

Poi la vista si fa appannata, e sento che le forze scivolano via, mischiandosi 

all'acido della vasca.

Mi sento immergere completamente, e i polmoni mi si gonfiano.

"Maledetta stronza ingorda"

                                                      ~~~

La signora Puddock sbuffa sonoramente, attirando l'attenzione della figlia, piegata 

sul tavolo nel tentativo assai vano di nascondere quello che tiene in grembo.

-Luise! Quante volte ti ho detto di non sbafarti tutti i biscotti? Ti faranno ingrassare!- 

In risposta, la ragazzina finisce di sorseggiare il suo latte, sorridendole con i denti 

sporchi di cioccolato. 

-Scusa mamma, prometto che non lo faccio più!- 






Angolo autrice~
Ebbene sì, sono tornata, bithces! MUAHAHAHAHAHAHAHAH!!!
Ehm...già. 
Non chiedetemi cosa questa roba sia. Cioè...non sono nemmeno sicura che sia definibile "horror"
Bha, hai posteri l'ardua sentenza.
Ora vi lascio, che domani ho la verifica di matematica e non ho ancora studiato un piffero! 
Un saluto

Im a Murder girl
  
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