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Autore: Mirhas    13/10/2014    2 recensioni
Nel vostro mondo le chiamate immaginazione e genialità, ma qui a Voltrey esse sono la stessa cosa e vengono chiamate Invert-leach. Un potere forte e concreto che va al di là di ogni umana concezione.
Ann è una giovane ragazza nata nei quartieri bassi della città di Galtria, piena di sogni e desideri di avventura, fermati però dalla condizione di crisi e povertà in cui è costretta a vivere. Finché un giorno verrà salvata da un giovane e misterioso uomo chiamato Daylerion Drake, un genio pazzo e affascinante che la trascinerà nel mondo di avventure che ha sempre sognato.
Questa storia è ambientata in un mondo ispirato allo stile steampunk e spero che vi possa incuriosire!
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1
 

 

L’orologio della torre segnò le sei di sera con un rintocco assordante, dando inizio al conto alla rovescia per il coprifuoco.

- Ann! – urlò una donna affacciandosi a una piccola finestra. Il gelo della sera era pungente, a volte accompagnato da nuvole di vapore provenienti dai tombini o dalle case affianco. La donna guardò preoccupata la piccola e stretta via, sperando di scorgere la figlia correre verso la loro piccola casa.

Sei rintocchi, ne mancavano altri sei per annunciare l’inizio del coprifuoco e per portare rispetto ai Governatori. Otto. Nove. – Presto Ann!! Dove cavolo sei finita?! – quasi come se un qualche dio avesse esaudito il suo desiderio, la donna vide una figura svoltare l’angolo e entrare correndo nella loro via. Dieci.

- Ann!! – urlò tirando un sospiro di sollievo, avendo riconosciuto la giovane figlia, ormai a pochi metri dalla porta della loro casa. La donna chiuse la finestra e si affrettò come meglio poté per scendere le strette e traballanti scale di legno per raggiungere la porta. L’aprì velocemente e si scansò per lasciar passare la giovane. Undici. – Presto! Portiamo rispetto ai Governatori!! – le due donne si misero sull’attenti portando una mano al cuore, chiusero gli occhi e aspettarono. Dodici. L’ultimo rintocco risuonò e si spense nell’eco della notte, portando la piccola cittadina di nuovo nel silenzio.

Ann aprì gli occhi per prima e guardò la madre accanto a se tirare un profondo sospiro di sollievo. La donna aprì gli occhi molto lentamente e si sedette esausta sulla traballante sedia proprio dietro di lei, mentre la ragazza si affrettò a chiudere a chiave le diverse serrature della porta.

- Questa volta ci è mancato davvero poco, Ann! Un solo secondo più tardi e saresti stata arrestata e ti avrebbero portata via da me! – la giovane la guardò dispiaciuta e l’abbracciò forte a se.

- Scusa, mamma! Ma sai benissimo che devo farlo. Dobbiamo pur mangiare, altrimenti moriremo di fame! – la ragazza prese la grande borsa a tracolla e ne tirò fuori del formaggio e tre pezzi di pane.

- Una grande borsa di stoffa che contiene solo poco cibo. – disse con un sorriso tirato e triste – Mi dispiace! Domani farò meglio di così, lo giuro! – la madre la guardò con un sorriso dolce e le accarezzò il viso per impedire ad una piccola lacrima di togliere la speranza alla sua bambina.

- Va bene così tesoro. Questo e quello che sono riuscita a barattare oggi può bastarci per qualche giorno! – la donna prese il formaggio e il pane dalle mani della figlia e cominciò a preparare la cena.

Ann si guardò intorno con tristezza. Avrebbe voluto aiutare sua madre, ma la piccola cucina glielo impediva. Tutto in quella casa era instabile o rotto e l’unica stanza, se si poteva chiamare tale, che riusciva ad ospitare due o più persone era il salotto. O meglio, loro lo chiamavano così, ma in realtà era solo un divano trovato in una discarica appoggiato al muro, circondato da migliaia di oggetti rotti accatastati uno sopra l’altro. Sua madre credeva utile conservarli per rivenderli o cercare di utilizzarli per costruire qualcosa, quindi conservavano tutto ciò che potesse sembrare utile.

Purtroppo in quei giorni quasi nessuno comprava più niente e suo padre, l’unico della famiglia che a volte riusciva a costruire qualcosa con pezzi di riciclo, era morto ormai da un paio di anni. Era stato trovato fuori dalla sua casa dopo il coprifuoco e quando si era rifiutato di seguire le guardie, queste gli avevano sparato.

Non seppe mai il motivo di questa sua ribellione. Tutti nella città alta e nei quartieri bassi rispettavano e temevano i Governatori, e suo padre, fino al giorno prima della sua morte, non era da meno.

- Mamma, tu pensi mai al giorno in cui è morto papà? – la donna si voltò di scatto e guardò la figlia.

- Sai bene che non ci è permesso parlare di queste cose, Ann! –

- Sì… ma perché? Insomma, se anche ne parlassimo come farebbero le guardie a saperlo? –

- Niente domande, Ann! Te l’ho già spiegato! I Governatori si prendono cura di noi e sono costretti a punire le persone che tradiscono i nostri sovrani! –

- Sì, certo… - disse con sarcasmo – Intanto però ci lasciano morire di fame! –

- Ann!! Queste cose non le devi dire!! Siamo in crisi e i Governatori stanno facendo del loro meglio per proteggerci tutti! – Ann rimase in silenzio per un po’. Sua madre aveva ragione… erano sull’orlo di una guerra e di certo i Governatori non potevano fare miracoli. Ma perché non dare a suo padre una seconda occasione?

- Non crederai davvero che papà fosse un traditore vero? – la donna guardò la figlia con tristezza e senso di colpa. Non poteva rovinarle i ricordi di suo padre, non era giusto.

- No tesoro, non lo credo. Ma forse è possibile che, quando si è rifiutato di seguire le guardie, sia stato colto dal panico o forse era ubriaco, per questo ha disubbidito! Tuo padre è sempre stato una persona buona e giusta, deve per forza essere andata così. Per questo i Governatori hanno bandito l’alcol!! Porta un uomo onesto a fare delle pazzie! Poi, sai bene che il coprifuoco c’è per proteggerci, le guardie lo avranno scambiato per qualcuno di pericoloso. Dopotutto sai che questa è la legge… ma non va bene pensare a queste cose! Ora dobbiamo solo concentrarci su come superare questo momento di crisi! Non c’è tempo e spazio per pensare ad altro, al resto se ne occupano i Governatori e le guardie per noi! – la donna accarezzò il volto della figlia con dolcezza.

- E se invece papà avesse scoperto qualcosa? –

- Ann! Non puoi dire queste cose!! Devi avere fiducia nel nostro regno!! – la ragazza non riuscì a replicare. Sapeva che sua madre non le avrebbe mai detto quello che pensava davvero, ma lei capiva che stava mentendo semplicemente guardandola negl’occhi. Ma il problema era che non stava mentendo solo a lei, ma anche a se stessa. Nei suoi occhi riusciva a scorgere la stessa scintilla che in quei giorni accomunava tutti quanti: il terrore.

Sua madre prese un piatto e glielo diede in mano – Porta questo a Cory… -

- Sta meglio? – chiese con infinita speranza.

- No… ho davvero paura che stia peggiorando… - la donna cominciò a piangere ed Ann, con le lacrime agli occhi, cercò di rassicurarla.

- Vedrai che si rimetterà presto! Troveremo un dottore!! –

- Non possiamo permetterci nessun dottore… ho già perso mio marito!! Non voglio perdere anche il mio bambino!! – Ann non trovava parole per rassicurarla. Era vero, l’unica speranza era quella di trovare un dottore, ma non sarebbero mai state in grado di pagare le spese. Sua madre lo sapeva, quindi era inutile mentirle. Ma lei non avrebbe guardato il suo fratellino venir portato via dalla morte, avrebbe lottato e fatto del suo meglio per provare a salvarlo.

- Farò il possibile per trovare i soldi, te lo prometto! – Ann cominciò a salire i gradini delle scale con molta attenzione, per non rovesciare il piatto che teneva in mano.

Al secondo piano c’erano due piccole stanze. Una di sua madre, piena di oggetti come il salotto e di una macchina per cucire, che utilizzava per cercare di vendere dei vestiti fatti da lei al mercato. L’altra era del suo fratellino e se possibile era ancora più piccola. Ann entrò nella seconda facendo attenzione a non fare rumore e appoggiò il piatto al piccolo comodino.

- Ciao tesoro. – disse sussurrando e accarezzando la testa del bambino di otto anni sdraiato sul letto. Cory aprì gli occhi con fatica e guardò la sorella con un piccolo sorriso.

- Sorellona! –

- Come ti senti ometto? – la ragazza poggiò la mano sulla fronte bollente del bambino constatando che la temperatura si era alzata. Alzò le maniche del pigiama, scoprendogli le piccole braccia, coperte da grosse macchie bianche. Sembravano uguali al giorno prima ed Ann tirò un sospiro di sollievo, almeno quello non era peggiorato.

- Mi fa molto male la testa e mi fa male respirare… - Ann trattenne un lacrima e gli diede un bacio sulla fronte.

- Vuoi mangiare qualcosa? – il bambino annuì e la ragazza lo aiutò ad alzarsi e a mangiare. Quando ebbe finito gli diede un bacio e gli rimboccò le coperte. Cory non le chiese nemmeno di raccontargli una storia, come di solito faceva, e si addormentò subito.

Ann scese la scale con gli occhi lucidi, prese il piatto che sua madre le stava porgendo e mangiò quel poco che vi era dentro.

Sua madre finì per prima e andò nella stanza di suo fratello per vegliare su di lui, come faceva ogni notte da una settimana.

Quando anche lei ebbe finito si alzò e si sdraiò sul divano cercando di trovare una posizione comoda. Da quando era nato il suo fratellino quello era diventato il suo letto, ma a lei non dispiaceva più di tanto. Ormai ne era così abituata che probabilmente si sarebbe sentita scomoda su un vero materasso.

Cominciò a pensare a quella giornata e allo strambo uomo che aveva incontrato. Non c’era alcun bisogno di dirlo a sua madre, si sarebbe preoccupata e basta.


 
Quell’uomo correva lungo le strette vie dei quartieri bassi di Galtria, mentre veniva inseguito da una decina i uomini pronti ad ucciderlo. Nonostante stesse correndo per la sua vita, la cosa sembrava divertirlo e allo stesso tempo a far infuriare ancora di più gli uomini dietro di lui.

Tutte le persone lungo la via si scansarono quasi all’ultimo minuto, colti di sorpresa, cercando di essere il meno possibile d’intralcio agli uomini che stavano inseguendo lo sventurato.

Ann era riuscita a recuperare quel poco cibo che era possibile e come ogni giorno, incominciò ad incamminarsi verso la sua casa, ignara di tutto quel trambusto.

Le voci dietro di lei si fecevano sempre più forti e vicine, fino ad arrivare a cogliere completamente la sua attenzione. Si voltò, incuriosita dalle urla e il rumore, e si ritrovò a pochi certimetri dal volto di un uomo.  Lui cambiò direzione come meglio potè per evitare di urtarla, ma lei colta alla sprovvista, nonostante l’uomo non l’avesse toccata, perse l’equilibrio. L’uomo si voltò un momento e le urlò – Scusa!! – per poi riprendere a correre.

La ragazza infastidita si voltò per cercare di capire il motivo di tutta quella confusione e, vedendo gli uomini della “Zona Nera” infuriati, andò nel panico. Tutti sapevano che non bisognava mai fare arrabbiare quella gente, poiché non ci pensavano mai due volte prima di uccidere qualcuno anche solo per essere di intralcio sulla loro strada. Come lo era lei in quel momento.

Ann raccolse in fretta la borsa che le era caduta, la quale conteneva oltre al cibo anche ogni piccola cosa che per lei aveva un qualche valore, e nel panico cercò di alzarsi il più in fretta possibile.

Gli uomini si trovavano ormai ad un paio di metri. In un secondo, qualcuno dietro di lei le prese la mano e la trascinò in uno stretto vicolo, salvandola all’ultimo momento.
Ann si voltò per ringraziare il suo salvatore, ma quando lo vide in faccia lo guardò confusa.

– Ma, tu sei… - l’uomo le mise una mano sulla bocca e portò un dito dell’altra mano sulle labbra, facendole segno di rimanere in silenzio per osservare l’uomo in fuga.

Intanto, l’uomo che stava correndo non perse tempo e con un’agilità calcolata cominciò ad arrampicarsi su una delle piccole case diroccate lungo la via. La casa in questione per sua fortuna aveva delle lastre di metallo e dei tubi che fuoriuscivano dalle pareti instabili, che resero la sua scalata leggermente più agevole. Giunto sul tetto si prese un secondo per riprendere fiato appoggiandosi alle ginocchia, permettendo nel frattempo a due degli uomini di raggiungerlo.

L’uomo alzò un dito chiedendo implicitamente di aspettare che riprendesse fiato e i due uomini si scambiarono uno sguardo sbalordito. Ritornò dritto in piedi e con un sorriso si rivolse ai due uomini: - Grazie per la vostra pazienza e se volete un consiglio non farei un altro passo! – i due uomini si guardarono basiti e iniziarono a ridere.

- E perché mai dovremmo farlo, ladro? –

- Oh, niente… è solo che se fate un altro passo il tetto cede e vi farete un po’ male! – i due uomini estrassero due coltelli dal fodero e lo guardarono con un sorriso maligno.

- Beh, vorrà dire che ti farai un po’ male anche tu! –

- Mmm, bah non so! Ma io non credo sapete… - i due uomini non lo ascoltarono e si lanciarono contro di lui ma lo attraversarono come se fosse fumo, arrivando al centro del tetto.

- Co..come? –

- Io ve lo avevo detto! -  l’uomo sparì con una scarica elettrica e, come aveva predetto, il tetto cedette portando i due uomini con se.

La ragazza guardò lo strambo uomo di fronte a se e sussurrando gli disse – Ma non è possibile! Sei identico a quell’uomo! Quello che poco fa mi ha fatta cadere e che scappava da quegli uomini!– la ragazza lo guardò attentamente. L’uomo era alto e molto magro, ma non per la fame; aveva un viso giovane ma era sicuramente molto più grande di lei. I capelli castani non troppo lunghi, erano sparati in tutte le direzioni e i suoi occhi verdi erano accesi dall’adrenalina.

- Sì, sono lui! Ma io non ti ho toccato, sei caduta da sola! –

- Ma come diavolo hai fatto si può sapere? –

- Quello era un mio ologramma. –

- Un che cosa? – disse la giovane smettendo di sussurrare.

L’uomo le mise nuovamente una mano sulla bocca: - Shh! Ragazzina sei un po’ troppo rumorosa! -.ma uno degli uomini si voltò verso di loro e li vide.

- Capo! L’ho trovato! Da questa parte!Presto!! – sentirono urlare e la ragazza guardò il suo salvatore terrorizzata.

- Troppo tardi! – disse l’uomo misterioso – Presto ragazzina, dobbiamo correre! –.

Il giovane uomo prese la ragazza per mano ed insieme iniziarono a correre, inseguiti da alcuni uomini.

- Che faccio, che faccio, che faccio… - cominciò a pensare ad alta voce l’uomo dandosi dei colpi alla testa con una mano – Non posso usare la strategia che avevo in mente perché adesso ci sei tu… pensa, pensa, pensa… Trovato!! – la ragazza guardò incuriosita l’uomo per tutto il tempo. Quel tipo era davvero bizzarro!

– Presto, da questa parte! – l’uomo cominciò a seguire un percorso diverso, attraverso vie secondarie, come se fossero in un labirinto. Più volte entrarono in vie già superate e la ragazza non riusciva a capirne il senso.

- Gli uomini che ci stanno inseguendo pensano che sia pazzo, e in effetti un po’ lo sono…  Per questo si accorgeranno mai che siamo tornati indietro! Solo un pazzo che sa di essere un pazzo lo farebbe e loro non sanno che io so di esserlo!! – disse l’uomo con un sorriso intuendo i pensieri della ragazza e cercando senza successo, visto l’espressione confusa di lei, di darle una spiegazione.

Si fermarono in un vicolo e si nascosero dietro alcuni scatoloni e lastre di metallo, non molto lontani dal luogo di partenza. L’uomo cominciò a frugare nelle tasche della sua lunga giacca verde scuro ed estrasse uno strano oggetto fatto di ingranaggi, grande abbastanza da stargli in una mano, mentre la ragazza continuava a guardarlo incuriosita.

- Questa cosa che sto per fare ti sembrerà un po’ strana, ma ti assicuro che non fa male! – detto questo, con un piccolo ago nello strano oggetto che aveva in mano, punse la mano della ragazza prendendole una goccia di sangue.

- Ahia!! Mi hai mentito! – l’uomo alzò un sopracciglio.

- Dai su, non fare la bambina! Non faceva mica male! Ora stammi a sentire! – la ragazza, che era pronta a ribattere, rimase in silenzio e lo ascoltò.

– Sai tornare a casa tua da qui? – la ragazza si guardò intorno.

- Credo di sì… -

- Bene, molto bene! Quando sarò lontano, corri e torna a casa, ok ragazzina? –

- Smettila di chiamarmi ragazzina! Il mio nome è Ann! –

- Ok, Ann! – disse leggermente scocciato - Corri a casa tua più velocemente che puoi! Anche perché sta per scattare il coprifuoco! – l’uomo si alzò e fece per andarsene, ma ripensandoci, mise una mano in tasca, prese un oggetto e lo diede alla ragazza. – Tieni questo per me, per favore! E non farlo vedere a nessuno! – la ragazza guardò lo strano oggetto. Era una strana pietra brillante legata ad una catenella. Alzò il volto e vide l’uomo, che era ormai a diversi metri di distanza, voltarsi verso di lei per dirle un’ultima cosa.

- Ti do un consiglio ragazzina! Resta a casa! E’ più sicuro! – l’uomo misterioso si voltò e corse via.

“Il mio nome è Ann” pensò scocciata. “Mi sono scordata di chiedergli il suo…” la ragazza guardò un’ultima volta la via dove l’uomo era sparito, per poi incamminarsi velocemente verso casa sua.


 
La strada che aveva percorso era più lunga, ma alla fine fortunatamente era riuscita a raggiungere la sua casa in tempo. Non riusciva ancora a credere di essere riuscita ad entrare in casa esattamente prima dell’ultimo rintocco. Quella giornata per i suoi standard si era rivelata la più fortunata da molto tempo… Prima l’uomo che le salvava la vita, poi quello...

Ripensò nuovamente a quell’uomo assurdo… chissà se lo avrebbe rincontrato.

Poi improvvisamente si ricordò dell’oggetto. Mise una mano nella tasca della lunga gonna color cenere e tirò fuori la collana che le aveva dato l’uomo. Era una pietra bellissima… non aveva mai visto niente di così bello. Le pietre che conosceva lei di solito erano scure e opache, mentre questa era trasparente e brillante. La mise al collo, felice del fatto che prima o poi lo avrebbe rivisto per ridargli quella pietra.

Felicità che si spense in un attimo. Una singola cosa bella non poteva cambiare tutte le sventure e le brutte cose che erano accadute a lei e alla sua famiglia. Si sentì terribilmente in colpa per non aver dedicato tutti i suoi pensieri al suo fratellino.

Chiuse gli occhi esausta della lunga giornata, rimanendo però vigile in attesa dei dodici rintocchi delle nove. Ogni tre ore l’orologio al centro della città suonava dodici volte. Ogni tre ore tutti i cittadini dovevano alzarsi, mettere la mano sul cuore e portare rispetto ai Governatori.









Angolo dell'autrice
Eccomi qui con il primo capitolo!! Lo so, per ora non centra molto con il prologo, ma vi prometto che ogni cosa alla fine sarà chiara!!
Non so quando riuscirò a pubblicare il secondo, spero presto!!
Comunque spero davvero che questo primissimo capitolo vi sia piaciuto e che la storia vi possa interessare!
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate o se volete fare critiche o darmi consigli!
A presto!!
 
  
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