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Autore: justme97    13/10/2014    3 recensioni
Lui era nato dall'unione della terra e del ghiaccio.
Lui era il leone il cui ruggito era una tempesta di neve.
Lui era un antico mistero di alte montagne e immense foreste.
Lui era carne temprata dal freddo e un'anima segnata dalla guerra.
Nei suoi occhi si rifletteva l'aurora boreale.
Lui era la Svezia.
Genere: Angst, Generale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Danimarca, Finlandia/ Tino Väinämöinen, Nordici, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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JAG ÄR SVERIGE - Födelse

Per gli umani, la nascita di un figlio portava gioia.
Un uomo e una donna avrebbero visto il frutto del loro amore incarnarsi, crescere, cadere e rialzarsi e, infine, prendere il suo posto nel mondo.
Benedetti con un maschio, questo sarebbe diventato un fiero guerriero, orgoglioso di portare avanti il nome della sua famiglia e di ornarlo d'onore.
Una femmina sarebbe cresciuta con la madre, avrebbe imparato le arti di una buona moglie e casalinga, fino al giorno in cui lei stessa sarebbe stata la culla per una nuova vita.

Per gli umani, un figlio rappresentava la vita.
Per un immortale, un figlio era il segno inevitabile della sua imminente morte.

Per una persona, no, per un'entitą che rappresentava tanto una terra quanto ogni popolo che la abitava, che era fatta di carne ma che, nel suo sangue, avvertiva la linfa del suo piccolo mondo, che parlava una e mille lingue, generare un altro immortale in cui trasferire parte della sua stessa essenza era come venirne lentamente prosciugato.
Un giorno, senza preavviso, suo figlio avrebbe sentito il battito del suo cuore pulsare all'unisono con la sua terra. Quello stesso giorno, lui sarebbe dovuto sparire.

Ma di questo Scandinavia non si rammaricava.
No, Scandinavia non provava nč rimorso nč paura, e nemmeno rancore nei confronti dei bambini che gli stavano lentamente prosciugando ciņ che lo teneva in vita.
Provava un senso di pace al pensiero di poter assaporare il dolce riposo del Valhalla, orgoglio e un istinto paterno velato di tenerezza verso i quattro figli che, pur non essendo carne della sua carne, condividevano tra di loro le sue fattezze. E, pur senza conoscerli, si sentiva straziato al pensiero di doversi separare da loro senza ancora aver visto i loro occhi aprirsi e salutare il mondo.

Cosģ mentre i suoi silenziosi pensieri venivano coperti dallo scricchiolio della neve che calpestava, con un sorriso amaro stringeva nel caldo mantello di pelliccia un bambino. Piccolo, di neanche un anno in etą umana. Freddo e immobile da quando l'immortale lo aveva trovato. Da un po' ormai le sue mani, prima bianche e fredde come la neve, avevano iniziato a scaldarsi, e il piccolo petto magro si allargava con qualche lieve respiro accennato. Tra qualche giorno, probabilmente, avrebbe aperto gli occhi.
Scandinavia, con attenzione premurosa degna di un genitore, risistemņ sotto il mantello la manina che, inerme, era scivolata dal suo petto e, dopo una veloce occhiata intorno, decise che era giunto il momento di fermarsi.

In quel punto della fitta foresta, i tronchi spogli si allargavano a circondare un piccolo spazio schermato dal vento. Era come se la stessa natura avesse creato apposta una piccola cameretta per proteggere e crescere quello che, in un futuro non troppo lontano, sarebbe diventato l'anima e il cuore pulsante di quella terra.
L'immortale, non senza un'ultima stretta affettuosa, depositņ con rammarico il piccolo germoglio contro il tronco di un albero recentemente abbattuto.
Il bambino non si mosse, nč sembrņ avvertire il cambio di temperatura tra il caldo mantello del padre e la morsa gelida dell'aria invernale. Era coperto da una semplice tunica di lana rozza, null'altro, ma Scandinavia sapeva che non avrebbe provato freddo. Il freddo sarebbe presto stato parte di lui come era parte della sua terra.
Scandinavia si inginocchiņ di fronte a quella creatura tanto piccola in confronto a lui. Ignorņ le subdole gocce di neve che gli impregnavano i pantaloni, graffiandogli la pelle. Si tolse i guanti. Prese tra le mani grandi, calde, e incallite dall'impugnatura della sua spada, quelle piccole, morbide e tiepide del figlio. Strinse senza ricevere in cambio alcuna stretta. Strofinņ il petto ancora freddo, accarezzņ le guance paffute, scompigliņ i corti capelli di un biondo platino tanto simile al suo. Si chiese se avrebbe avuto anche i suoi occhi viola.
Dopo un ultimo bacio e un ultimo sorriso che mai sarebbero stati ricambiati, l'immortale si infilņ i guanti, si rimise in piedi e si preparņ a fare il passo pił difficile: voltare le spalle e abbandonarlo senza guardare indietro.
Ma Scandinavia era un guerriero, abituato a prendere decisioni difficili e a sangue freddo. Era abituato a vedere un compagno cadere accanto a lui e continuare a combattere, senza fermarsi a piangere per la sua anima. Era un guerriero e non piangeva, nč mai avrebbe pianto. Ma era anche un padre, e si concesse una sensazione di irrimediabile strazio per i bambini a cui non avrebbe potuto isegnare nulla. Per le braccia che non lo avrebbero mai stretto . Per le labbra che non gli avrebbero mai sorriso, nč lo avrebbero chiamato "papą".
Lui era un guerriero e un immortale. Il guerriero non piange, e l'immortale č destinato alla solitudine.

"Far Žś vell..." sussurrņ, prima di voltarsi.

Non rallentņ, nč accennņ a voltarsi. Aveva un lungo viaggio da compiere verso nord, e altri due dolorosi addii lo attendevano.
Dopo poco, scomparve tra i rami spogli e le raffiche di neve.
Nella piccola radura circondata dagli alberi, il bambino continuņ a dormire.
Una piccola manina strinse un'altra mano, pił grande, invisibile.


ANGOLINO AUTRICE:
Salve, sono justme97 e questo č il mio primo lavoro riguardante il fandom di Hetalia.
Si tratterą di una raccolta di brevi storie sulla vita di Svezia, che, per la cronaca, č il mio personaggio preferito e ritengo non riceva abbastanza amore... ł.ł
Il titolo della storia vuol dire "io sono Svezia", mentre il capitolo č intitolato "nascita" (o almeno credo... non conosco lo svedese e me ne pento!).
"Far Žś vell" sarebbe, se non ho fatto errori, "addio" in antico norreno.
E' da molto tempo che non scrivo e sto attraversando un periodo di cambiamento radicale di stile, quindi mi scuso per eventuali schifaggini che produrrņ... :P
Non so quanto saranno frequenti i capitoli, ma farņ del mio meglio. :)
Sono comunque contenta di aver iniziato questo lavoro e di essere venuta a conoscenza del mondo di Hetalia.
Recensite e fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!

  
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