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Autore: Angel51    15/10/2014    8 recensioni
KLAROLINE-FUTURE FIC
Caroline e Klaus continuano a darsi un appuntamento, ogni anno per oltre sette anni... e difficile per loro stare insieme, ma è ancora più difficile stare separati, per questo una volta l'anno non conta più nulla se non stare insieme.
Dalla storia:
“Perché sei qui allora?” le chiese impaziente voltandosi a guardarla, alzandole il volto con le dita per incontrare i suoi occhi.
Perché è una tradizione. Perché non significa niente. Perché è solo sesso e vacanza. Perché sei tu. Perché sei importante. Perché sono tua. Caroline pensò a cosa rispondergli e tutte quelle risposte che le vennero in mente erano giuste e sbagliate insieme. Così abbassando gli occhi e stringendosi di più a lui rispose solamente “non lo so… ma è qui che volevo essere” e a Klaus questo bastò per stringerla più forte e tenerla ancora per qualche ora al sua fianco.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I WILL SHOW YOU THE WORLD, CAROLINE!

“Say something, I’m giving up on you
I’ll be the one, if you want me to
Anywhere, I would’ve followed you
Say something, I’m giving up on you”
 

A Great Big World feat. Christina Aguilera

Say Something

 

Caroline guardò l’uomo sdraiato al suo fianco, una mano sopra lo stomaco e l’altro braccio steso verso di lei, come se volesse raggiungerla anche nel sonno, mentre una rara espressione rilassata si disegnava sul suo volto. Guardò la lussuosa camera d’hotel che quella notte era stata il teatro del loro ennesimo, desiderato, incontro: aveva uno stile vintage che le aveva fatto vivere gli anni venti attraverso i suoi colori, i suoi mobili e i racconti del suo amante. Poi guardò alla porta finestra, la tenda bianca svolazzante si scostava continuamente mostrandole le luci della città ancora accese sotto un cielo che si stava colorando di rosa, ma con la luna e le stelle ancora protagoniste.

Klaus aveva scelto Budapest questa volta. Era meravigliosa, non aveva mai visto niente di simile… e anche se le costava molto ammetterlo, anche solo con se stessa, lui aveva ragione quando sogghignando le disse che era la città degli incontri, il nuovo che incontra il vecchio, il progresso che incontra la tradizione, il rigore che incontra stravaganza. La città degli incontri e per questo l’aveva scelta. Le aveva dato appuntamento sul ponte principale, lo stesso ponte che collegava la nuova e luminosa Buda con l’antica e tenebrosa Pest, che collegava due parti della città così diverse e distanti fra loro tanto da essere separate da un immenso fiume ghiacciato, ma che insieme si completavano e formavano una città straordinaria.

Era tipico di lui, fare grandi gesti anche per le piccole cose… non gli bastava solo dirle cosa provava, doveva ammaliarla ogni momento con tutti i mezzi necessari. E questo la faceva impazzire di gioia, anche se mai glielo avrebbe rivelato. Nessuno aveva mai fatto grandi gesti per lei, ma Klaus le stava lentamente dimostrando che se glielo avesse permesso, le avrebbe reso ogni giorno grande, solo per lei.

Si voltò di nuovo a guardarlo… per quanto la città potesse essere bella, i suoi occhi provavano più piacere a guardare l’uomo che le era accanto. Come ogni volta, si prendeva il suo momento per osservarlo bene, sperando che non la scoprisse e ridesse di lei, e portare con sé il suo ricordo fino alla prossima volta che lo avrebbe rivisto. Si stese e appoggiò la testa nell’incavo della sua spalla… perché diavolo il corpo di lui si adattasse così bene al suo, Caroline non l’avrebbe mai capito, ma riusciva a stare così bene in quella posizione che era facile chiudere gli occhi e lasciarsi andare fra le braccia di Morfeo. Strinse la mano di lui che aveva appoggiata sopra al suo stomaco e baciò leggera il suo collo prima di osservare i tratti del suo viso, per l’ennesima volta, e imprimerli nella sua mente dopo aver chiuso gli occhi. Se le riusciva così facile lasciarsi andare con Klaus, essere felice, per una notte all’anno… perché allora non poteva farlo per sempre?

Ricordò la prima volta, sette anni prima, che lo rivide dopo che lei gli chiese di non tornare più a Mistic Falls. Klaus le scrisse una lettera, esattamente un anno dopo il loro incontro nei boschi, e anche se l’istinto fu di gettarla nel cestino appena riconobbe la sua scrittura, dopo averla letta Caroline classificò quel momento come il migliore dopo molto tempo.

Era un breve invito a cena, nulla di più, ma a quelle parole tanto brevi quanto urgenti, Caroline non seppe dire di no. E anche se la scatola che aveva accompagnato la lettera le aveva fatto spuntare i canini per la rabbia appena aveva capito di cosa si trattava, e l’aveva portata a chiedersi per quale motivo a quell’uomo piacesse tanto comprarle vestiti, quando tolse il coperchio, i suoi occhi brillarono vedendo il delicato pizzo nero dell’abitino. Né troppo corto, né troppo scollato, dal taglio preciso ed elegante, che non sapeva come, ma le cadeva perfettamente... forse lui conosceva il suo corpo meglio di sé stessa. Aspettò quell’appuntamento nervosa, contò i pochi giorni che li separavano, dandosi della stupida ogni volta che ci pensava, ma quando un’auto venne a prenderla e poco dopo trovò un jet ad attenderla, più che una stupida si sentì una principessa.

Non fece domande, solo seguì gli uomini che erano lì per guidarla, anche se con grande forza d’animo dovette ripetersi diverse volte di tenere la bocca chiusa e di fidarsi per una volta… e dopo nemmeno un’ora, scorse dal finestrino qualcosa che aveva contorni sempre più definiti. L’arancione del tramonto sottostava a un tenue azzurro che facevano da sfondo allo skyline più bello che avesse mai visto rispecchiarsi nell’acqua con i suoi colori e i suoi scuri profili.

Lo vide appena scesa dal jet, vicino a una limosine, un completo scuro e una rosa rossa fra le mani, e un tenero sorriso sghembo ad attenderla.

“Ho mantenuto la mia promessa: non sarei mai più tornato, per questo ho preferito aspettarti qui. Spero che non ti sia annoiata a viaggiare da sola” le disse appena le fu davanti.

Caroline cercò qualcosa di irriverente e sarcastico da dire ma per la prima volta il suo spirito pungente sembrava a corto di idee “Cosa significa tutto questo Klaus?” chiese nervosa .

“Ti ho dato la mia parola che ti avrei mostrato il mondo... ho pensato che forse era il momento giusto per iniziare” disse con semplicità “Manterrò ogni promessa Caroline, non dubitarne mai!” concluse porgendole la rosa.

Lei la prese con mano tremante, colpita dalle sue parole  “Dove siamo?”

Klaus rise “Oltre alla geometria e alla storia, credo che dovresti prendere ripetizioni anche di geografia, amore! Nemmeno un’ora in volo e uno skyline che dovresti riconoscere!” lei alzò gli occhi al cielo, grata per la leggerezza che stava prendendo la conversazione, ma prima che potesse ribattere lui rispose “New York. Non volevo che viaggiassi troppo da sola, ho scelto qualcosa tanto bello quanto vicino”

Caroline si girò per guardarsi intorno e quegli alti profili che la circondavano le sembravano estranei e familiari allo stesso tempo ora che sapeva dove si trovava.

“E comunque…” disse Klaus avvicinandosi dietro di lei, portando la bocca vicino al suo orecchio per riuscire solo a sussurrare quelle parole “perfino questa città perde il confronto con la tua bellezza, amore”

Il tempo che seguì il loro incontro fu pieno di emozioni per entrambi. Klaus la portò a cena in un maestoso locale che mostrava dall’ampia vetrata tutta la vita della città che non dorme mai e poi passeggiarono per tutta la notte per quelle vie luminose e frenetiche, fra una battuta di spirito e un commento sarcastico in risposta.

“Cos’è quello?” chiese Caroline curiosa per l’ennesima volta indicando un punto davanti a lei, mentre entrambi erano seduti sul cornicione dell’ultimo piano dell’Empire State Building, con le gambe penzolanti nel vuoto.

“Il ponte di Brooklyn” le rispose divertito “unisce…”

“Sì sì ho capito… è quello disegnato sulla carta delle gomme da masticare!” commentò lei sicura provocando una spontanea risata da parte di Klaus.

“Ti propongo una sfida” disse lui dopo qualche secondo provocandola e catturando la sua attenzione “il ponte di Brooklyn… chi arriva prima, vince. Ogni mezzo è concesso” finì alzandosi in piedi e tendendole la mano.

“E cosa c’è in palio?” domandò con un luccichio negli occhi afferrando la sua mano.

“Quello che vogliamo amore… decideremo quando avremo vinto”

“Quando avrò vinto!” sottolineò lei “Non ci sono limiti?”

“Non ci sono limiti” annuì lui e prima che potesse alzare gli angoli della bocca in sorriso, era già scomparsa.

Caroline corse e evitò ostacoli con una grazia innata, saltando da un tetto all’altro, con le scarpe in una mano e la piccola borsa nell’altra, ma quando arrivò riconobbe la sua elegante figura ad aspettarla in piedi sul poggiante più alto. Sbuffò e stizzita salì fino a raggiungerlo, mentre l’aspettava con le mani in tasca e un sorriso sornione sul viso.

“Non prendertela amore, ero motivato a vincere! Non avrei mai voluto perdermi il tuo adorabile broncio”

Caroline assottigliò gli occhi lanciandogli sguardi di puro odio “Come hai fatto? Ero davanti a te!”

“Sono pur sempre un ibrido di quasi mille anni… al contrario di te, ho imparato a conoscere i mie limiti e le mie possibilità” poi avvicinandosi a lei che lo stava scimmiottando astiosa, la prese per la vita cogliendola di sorpresa, cingendola stretta con le braccia “Scommetto che non hai mai saltato da così in alto”

“Non pensarci nemmeno” disse lei risoluta ricevendo in cambio uno sguardo di sfida “Ho detto di n…” ma prima che potesse finire la frase sentì il pavimento mancarle sotto i piedi e l’aria sferzarsi contro il suo volto, tanto da costringerla a stringersi di più a lui  e urlare dalla paura. Quando toccarono il suolo, la risata cristallina di lui le riempi le orecchie, le era parso di sentire il suo morto cuore battere ancora e una scarica di adrenalina attraversala completamente. Mentre cercava di riprendere il controllo del suo respiro alzò gli occhi verso i suoi “Tu sei…” pazzo, stava per dire, ma la risata di Klaus contagiò anche Caroline che si aggrappò a lui più di quanto stesse già facendo.

 “Oh mio dio… è stato bellissimo!” disse lei fra le risa.

“Ti cedo la mia vittoria” disse scansandole i capelli dal viso “scegli il tuo premio”

A Caroline sembrò di essere tornata indietro nel tempo, quando un anno prima aveva messo da parte dubbi e paure, lasciandosi andare solo a quello che voleva in quel momento, scegliendo di non pensare alle conseguenze. Senza parlare, si avvicinò a lui che per nulla sorpreso, le strinse il viso fra le mani incontrando le sue labbra. Si baciarono ai piedi del ponte di Brooklyn dove nessuno avrebbe mai potuto vederli, si baciarono con la stessa urgenza di chi cerca aria per respirare, di due innamorati che non si vedono da troppo tempo, di due persone che sanno di completarsi a vicenda e che nessun altro al mondo potrà sostituire l’altro.

Quando la mattina dopo si svegliò, lei ricordava a malapena come fosse arrivata in quella graziosa camera d’albergo. Si trovò abbracciata al caldo corpo dell’ibrido vicino a lei, e prima che potesse pensare a quello che era successo, girava per la camera in punta di piedi indossando il suo vestito e cercando dove fossero finite le sue mutandine.

“Stai forse cercando queste?” disse Klaus con voce assonnata. Caroline si girò allora a guardare in faccia il suo peggiore incubo, che le sorrideva strafottente con quel pezzo di pizzo che stava disperatamente cercando. Lei tirò le labbra in un finto sorriso e si avvicinò per strappargliele di mano, ma lui si mostrò più agile di lei intrappolandola contro il materasso.

“Ridammele!” squittì lei cercando di fingersi arrabbiata.

“Sai quando ho scelto questo vestito” disse giocando con il delicato orlo del tubino “sapevo che avresti abbinato la biancheria!” concluse ridendo. Poi le strappo un dolce bacio a fior di labbra e si alzò lasciandola libera, rivestendosi anche lui. Caroline seguì i suoi movimenti sorpresa, ma senza il coraggio di dire nulla.

“Emh… quelle le rivorrei!” disse quando vide Klaus mettersi in tasca i suoi slip.

“O no, amore… queste me le sono meritato!” poi avvicinandosi le posò un veloce bacio sulla guancia “Resta pure qui, darò disposizioni per farti alloggiare e visitare la città per tutto il tempo che vorrai, quando avrai visto tutto tornerai a casa” le disse dolce.

“Cosa? Io credevo che la serata fosse…” rispose Caroline sconcertata.

“Non puoi vedere New York in una notte! Ti avevo promesso che ti avrei mostrato il mondo Caroline, è quello che sto facendo… magari la prossima volta passeremo insieme più di una notte, ma per adesso va bene così”

“Klaus”

“A presto, amore… la prossima volta andremo più lontano ti avverto, e viaggeremo insieme!”

Caroline lo vide uscire e chiudersi la porta alle spalle. Sussurrò un fievole “grazie” forse troppo tardi ma comunque sicura che lui avesse sentito, e non lo rivide per quasi un altro anno.

Più o meno un anno dopo, quando Caroline cominciò ad aspettare lettere scritte in una calligrafia elegante, lui le lasciò un messaggio in segreteria e le fece recapitare il “solito pacchetto”. Un messaggio nervoso e speranzoso allo stesso tempo, mascherato dalla sua solita ironia. Venne “la solita” macchina che la portò da lui, che agitato la aspettava a un piccolo aeroporto non lontano. Viaggiarono tutto il pomeriggio, lui le chiese di New York e lei gli raccontò ogni dettaglio, continuando a parlare di tutto quello che le passava per la testa. Klaus decise di rivelarle tutta la verità che le aveva sempre tenuto nascosta per paura di perderla per sempre… la sua bambina chissà dove con Rebekah, la guerra a New Orleans che sembrava non finisse mai, Mikael e Esther che non avrebbero mai dato pace ai loro figli… non le avrebbe più nascosto niente. Caroline stette in silenzio per tutto il racconto, lo sguardo perso e vuoto davanti a se, con mille dubbi nella sua testa, senza il coraggio di parlare.

“Perché me lo stai dicendo adesso?” chiese con le lacrime agli occhi ferita, volendo scappare via, buttandosi dallo stesso aereo in volo.

“Perché non sarebbe giusto altrimenti. Perché per paura di perderti non te l’ho detto prima, ma non meriti ancora le mie bugie Caroline. E soprattutto perché sei l’unica di cui riesca a fidarmi davvero. Ti sto affidando più della mia vita, dicendoti tutto questo” le disse l’ibrido cercando i suoi occhi, senza riuscirci.

Restarono in silenzio per qualche altro minuto, ognuno nel proprio dolore, poi Caroline sorprese entrambi intrecciando le loro mani insieme, fra i loro sedili, così strette che niente avrebbe potuto dividerle. Nessuno dei due cercò lo sguardo dell’altro, bastava solo quel contatto. Lei appoggiò la testa alla sua spalla dopo qualche minuto e quando Klaus sentì il suo respiro regolarizzarsi, sicuro che stesse dormendo, abbassò il divisorio fra le due poltrone facendola adagiare meglio contro di lui, tenendo sempre le loro mani unite.

“Svegliati, bell’addormentata… o tenterò con un bacio” la chiamò Klaus dopo un paio d’ore.

“Non provarci” biascicò lei ritornando composta mentre apriva gli occhi “Il bacio è del principe, non del cattivo psicopatico!” lui rise “Come sono arrivata a… oh lascia stare, non voglio saperlo!” disse stiracchiandosi.

“Allacciati la cintura siamo arrivati” e dopo un breve atterraggio, lui l’aiuto ad alzarsi porgendole la mano sotto lo sguardo sbigottito di lei. “Tieni amore, fa un po’ freddo fuori!” disse lui porgendole premuroso un pesante cappotto scuro e una lunga sciarpa.

“Ma dove siamo?” chiese lei divertita e lui in risposta fece aprire il portellone e le tese la mano invitandola ad uscire.

Parigi. Era stato davvero di parola. L’aveva portata in una fredda e romantica Parigi ricoperta dalla neve. Caroline rimase con la bocca aperta e il naso all’insù per tutto il tempo che trascorsero insieme. Klaus la portò sulla luminosa Torre Eiffel dove Caroline urlò entusiasta come una bambina quando arrivarono all’ultimo piano. E Klaus si innamoro per l’ennesima volta di quella vampira così luminosa e frizzante, che tutto sembrava tranne che morta… e lì la bacio, senza chiederle il permesso, prendendola con urgenza mentre lei saltellava eccitata. E lei ricambiò il suo bacio, con la stessa foga e enfasi, con la stessa eccitazione con cui guardava Parigi dall’alto, sicura di avere tutto quello che voleva in quel momento. Quella volta, il giorno dopo Caroline si svegliò da sola, solo una lettera vicino a lei, dove prima c’era l’ibrido a scaldarle il corpo e il cuore.

“Ho voluto evitare a te l’imbarazzo e le frasi di circostanza, e a me il dolore di doverti lasciare ancora guardandoti negli occhi. Sono sicuro che Parigi ti piacerà. Non ringraziarmi, è un piacere renderti felice… vorrei farlo per tutta la vita. Klaus”

Dopo Parigi c’erano state Roma e poi Tokyo, ma ogni anno il tempo che l’ibrido lasciava passare prima di rivederla era sempre minore, rivederla gli sembrava sempre più urgente.

“Credo che sia tutto finito…” le disse Klaus mentre passeggiavano sotto i ciliegi in fiore di un parco a Tokyo.

“Cos’è finito? Sicuramente non il tuo pessimo caratteraccio!”

Lui sorrise alzando gli occhi al cielo “Sicuramente non il tuo pessimo sarcasmo… la smetterai mai amore?”

Caroline storse il naso “tu smettila di chiamarmi così e io smetterò con il sarcasmo!”

“Ammettilo che ti piace!”

“Ammetti tu che non puoi fare a meno della mia ironia!” disse lei sicura. Si guardarono provocatori e poi insieme scoppiarono a ridere “Cos’è finito?” chiese lei tornando seria.

“Tutto… credo di aver vinto” disse quasi timoroso di pronunciare quelle parole.

Caroline rimase in silenzio, afferrando il senso delle sue parole non dette, con un timido sorriso sul volto “Vuol dire… vuol dire che potrai rivederla” gli disse piano con gli occhi lucidi.

“Credo di si… aspetteremo un altro po’, ma…” Klaus venne interrotto dalla braccia di lei che gli circondarono il collo e in silenzio ricambiò il suo abbraccio.

“E’ una notizia bellissima… sarai un buon padre per tutto quello che hai già fatto per lei” gli disse da  sopra la sua spalla. E se glielo diceva Caroline che lo conosceva meglio di chiunque altro, cha aveva visto in lui, lati che nessun’altro aveva mai visto, allora Klaus poteva crederci.

La quinta volta, fu il turno di San Pietro Burgo, meravigliosa città di cui Caroline ignorava perfino l’esistenza. Quella volta, il caldo camino acceso che li attendeva in camera appena atterrati, fu galeotto. Klaus non ebbe il tempo di mostrarle niente della città se non la loro camera. Tanta fu la passione che entrambi reprimevano da troppo tempo, che bastò uno sguardo per capirsi.

“C’è una persona nella mia vita da qualche tempo” gli disse lei mentre se ne stava abbracciata a lui sotto le coperte, dopo aver fatto l’amore. Per qualche secondo l’unico rumore che si sentì fu lo scoppiettare del fuoco “E’ un umano, l’ho conosciuto per caso e…” continuò lei non ricevendo ancora risposta, mentre sentì il corpo sotto di lei contrarsi e tendersi.

“Perché dirmelo?” chiese lui atono.

“Perché non sarebbe giusto altrimenti” rispose lei, ricordando le parole che lui aveva usato anni prima.

“Perché sei qui allora?” le chiese impaziente voltandosi a guardarla, alzandole il volto con le dita per incontrare i suoi occhi.

Perché è una tradizione. Perché non significa niente. Perché è solo sesso e vacanza. Perché sei tu. Perché sei importante. Perché sono tua. Caroline pensò a cosa rispondergli e tutte quelle risposte che le vennero in mente erano giuste e sbagliate insieme. Così abbassando gli occhi e stringendosi di più a lui rispose solamente “non lo so… ma è qui che volevo essere” e a Klaus questo bastò per stringerla più forte e tenerla ancora per qualche ora al sua fianco. E a “quella persona” Caroline non pensò più, nemmeno quando tornò a casa.

Ci fu Bali, in Indonesia, l’anno in cui Caroline si diplomò al college, scelta perché a detta di Klaus aveva bisogno di un paradiso dove potersi abbandonare per qualche giorno.

Ed ora Budapest. Ogni volta, era sempre la stessa routine. Lui sceglieva il luogo, un abito e poche parole. A volte viaggiano insieme, a volte no. Sempre si raccontavano della loro vita senza l’altro. Lei si lasciava andare per un giorno soltanto, senza pensare alle conseguenze, senza lasciarsi controllare dalla sua moralità, si lasciava andare al suo cuore e al suo istinto. Lei passava il resto del tempo a girare per quei luoghi da sola, ammaliata e amaramente felice, e lui se ne andava prima che lei si svegliasse, e per questo entrambi cercavano di rimandare il momento di dormire fino al più tardi possibile. La volta di Bali restarono svegli e insieme per quasi due giorni. Poi nessun contatto fino alla volta seguente. E per quanto entrambi si impegnassero ad andare avanti con le loro vite, l’attesa di quel giorno era quello che muoveva le giornate e le notti in solitudine, anche se un corpo sconosciuto dormiva vicino a loro.

Caroline non riusciva a dormire, era quasi l’alba e una stretta le attanagliava lo stomaco da quando il cielo aveva cominciato a schiarirsi. Lui si sarebbe svegliato a breve e se ne sarebbe andato, di nuovo. Si avvicinò di più a lui e sentì il suo braccio stringerla contro di lui di riflesso.

Sentì il corpo di Klaus tendersi dopo qualche minuto, il suo cuore battere appena più velocemente. Sentì le sue labbra appoggiarsi delicate sulla sua fronte e poi sulla sua bocca, mentre il braccio che la stringeva allentava la presa e leggero scivolava via dalla sua stretta. Caroline tenne gli occhi chiusi, controllò il suo respiro e come una bambola prese le sue carezze senza mostrare alcun segno che era sveglia. Lo sentì alzarsi e girare per la camera, iniziare a vestirsi mentre lei gli dava le spalle.

Klaus aguzzò i suoi sensi, non voleva svegliarla, ma era sicuro che lei lo fosse già. Contò i suoi respiri… uno due tre, troppo precisi! Quattro cinque sei, lui fece un passo verso di lei e un respiro venne impercettibilmente trattenuto… poi di nuovo sette otto e nove…

“So che sei sveglia” le disse piano sorridendo.

Lei si voltò verso di lui, aprendo gli occhi ma guardando altrove. Lo vide allacciarsi i pantaloni e prendere la maglia dal pavimento. Non ancora, pensò Caroline, non poteva ancora andarsene “Perché non resti?!”, per sempre aggiunse nella sua mente, così fievole che lui l’aveva appena sentita.

Klaus si fermò, il sorriso sul suo viso morì alle sue parole. Infondo era quello che aveva aspettato da quando la conosceva, che lei facesse apertamente un passo avanti, ma… c’era qualcosa nel suo modo, qualcosa che sapeva l’avrebbe ferito ancora, qualcosa che non sarebbe riuscito a sopportare per l’ennesima volta.

Caroline lo guardò restare in silenzio, poi avvolgendosi il lenzuolo intorno al corpo e alzandosi seduta continuò come se fosse la cosa più ovvia, abbandonando il tono fievole e tremante,  “Voglio dire… se resti per qualche altro giorno potrò fare a meno di soggiogare qualche noiosa guida o prendere una di quelle stupide radio che ti spiegano le cose! Dici sempre di aver avuto “amici” importanti e di aver fatto un sacco di cose, conoscerai sicuramente questa città e tutto il resto… e poi chissà quale strana e incomprensibile lingua parleranno qua! Poi ognuno per la sua strada, come sempre” disse senza dare troppa importanza alle parole, per poi alzarsi e andare alla finestra.

Klaus guardò la donna davanti a lui, bellissima, stringersi in un leggero lenzuolo bianco, rischiarata dalla luce dell’alba. Una donna che gli strappava e calpestava il cuore, se ancora ne aveva uno, ogni volta che lo vedeva.

“Non posso” disse Klaus piano, con la voce tremante. Vide la  sua schiena scoperta irrigidirsi alle sue parole, e la sua mascella tendersi per lo sforzo di trattenere le sue emozioni “Caroline…” la chiamò piano gettando via la maglia che ancora aveva fra le mani e avvicinandosi a lei.

“Certo… hai una città da governare e devi tornare da tua figlia. Era solo un’idea, una stupida idea” gli disse voltandosi a guardarlo prima che lui la raggiungesse e tirando le labbra in un sorriso forzato, per poi tornare a guardare fuori. Caroline sentì le poche certezze che lui le aveva sempre dato, crollare come un castello di carte al vento. Se non aveva più neanche Klaus allora cosa le restava? Chiuse gli occhi e sentì una lacrima bagnarle la guancia, ma non si sarebbe mai mostrata così a lui, non gli avrebbe mai mostrato lui cosa poteva farle.

“Caroline, non è un’idea stupida, ma… ” cominciò lui sospirando tristemente toccandole un braccio per farla voltare.

“Credo che dovresti andartene” disse scansando il braccio dal suo tocco “Solitamente a quest’ora sei già lontano” concluse mantenendo il suo tono di voce freddo e distaccato.

Klaus rimase con la mano a mezz’aria, ferito dalle sue parole e dal suo tono… sentiva la rabbia crescergli dentro, possibile che lei fosse così ceca da non rendersi conto di quanto lo faceva stare male? o forse non gli importava, si disse. Nessun’altra parola, lei stava solo aspettando che se ne andasse. Quel silenzio fu come la fiammella che serve per accendere un’esplosione.

“Tutto qui Caroline? Non hai nient’altro da dirmi?” gli urlò contro “Ma ti senti quando parli? Mi chiedi di restare ancora  e poi di lasciarti e tornarmene alla mia vita come se niente fosse, ognuno per la sua strada, come tu stessa hai detto!” la vide sussultare, sorpresa dalla sua reazione, ma restando comunque in silenzio continuando a guardare davanti a se “Puoi pure strapparmi il cuore dal petto, farebbe meno male” finì lui amaro.

Caroline ascoltò quelle parole, senza avere il coraggio di rispondergli, chiudendo gli occhi dandosi della stupida per tutto il male che gli stava facendo. Anche se era Klaus, un assassino senza pietà, le sembrava comunque che non meritasse tutto questo. Ma non riusciva a dargli di più, se non quello.

“Maledizione! Guardami! Parla!” disse furioso prendendola per un braccio e voltandola verso di lui. Lo sguardo basso, gli occhi lucidi e le guance bagnate. Klaus strinse le labbra, non avrebbe mai voluto vederla così, mai per colpa sua “Ho ferito anche te, di nuovo” disse più a sé stesso che a lei “ti ho promesso me stesso, Caroline, ti ho promesso il mio amore, ma non riesco a passare del tempo con te e poi ad andarmene. È difficile andarsene solo dopo poche ore, come credi potrei lasciarti dopo aver passato qualche giorno con te, dopo aver dormito ogni notte al tuo fianco ed averti avuta davanti agli occhi tutto il tempo? Non lo farei. Non ci riuscirei! La prima notte, a New York, stavi scappando da me! sai quanto male mi hai fatto? Sai quanto mi è costato andarmene sorridendoti? Perché credi che me ne vada ogni volta prima che ti svegli?”

“Smettila! Ero spaventata! Non sapevo cosa fare! È accaduto sette anni fa, abbiamo passato tanto altro tempo insieme, e tu continui ad andartene come fossi una qualsiasi donna che vuoi evitare il mattino dopo!” urlò lei di rimando ai suoi sussurri, stringendo forte il lenzuolo intorno a se.

“E’ più facile! Sei così concentrata su te stessa da non accorgerti quanto male stia ogni volta che ci vediamo, perché il mio unico pensiero è che dovrò andarmene! Ti sei almeno accorta che non riesco più ad aspettare un anno? Sono passati a malapena sei mesi da Bali!” gridò Klaus rabbioso  “Ti preoccupi per tutto il mondo tranne che di te stessa, e l’unica volta in cui ti comporti da egoista è con me?!” finì sarcastico.

“Scusami tanto se ti faccio stare così male! E scusami se sono così egoista!” disse lei ironica “facciamo che ti ricambio il favore questa volta! Torna pure a dormire, poi mi dirai come ci si sente a svegliarsi in un letto vuoto!” poi raccolse il suo vestito da terrà e lo indossò dandogli le spalle.

Klaus la guardò furente mentre si infilava le scarpe “Cosa stai facendo?”

“Me ne vado… ti rendo le cose facili” ma prima che potesse prendere il suo impermeabile lui le si parò davanti senza che lei lo vedesse.

“Non voltarmi le spalle Caroline, te l’ho già detto una volta!”

“Avrei dovuto stracciare quella prima lettera” sussurrò lei con la voce rotta di dolore e approfittando dell’effetto delle sue parole su di lui, lo sorpassò prendendo il suo trench e uscendo da quella camera.

Klaus rimase immobile, dove lei lo aveva lasciato. Non aveva neanche cercato di fermarla, perché farlo infondo? Gli aveva appena detto che avrebbe voluto che niente di tutto quello che avevano avuto insieme fosse accaduto, che si era pentita. E allora che senso aveva adesso? Guardò la piccola borsa da viaggio di lei, lasciata in un angolo vicina alla sua. Se ne era andata senza nulla. Stupida Caroline. Stupido lui. Stupidi entrambi. Lei gli aveva chiesto di restare, lui le aveva detto che voleva passare ogni momento con lei… ma lui era furioso e lei era chissà dove, entrambi con il cuore a pezzi. Klaus si gettò sul letto, ormai spoglio e freddo, e guardò al suo fianco “mi dirai come ci si sente a svegliarsi da solo”. Le sue parole gli risuonavano nella testa, e lui lo sapeva com’era svegliarsi ogni mattina da solo e non l’avrebbe mai augurato a nessuno a cui teneva, tantomeno a  Caroline. Ma lei era così… difficile! E cocciuta. E ribelle. E detestabile. E insicura e fragile e inesperta, tanto quanto lui in quello che chiamavano ‘amore’.  Finì di rivestirsi, deciso ad uscire a cercarla, e quando infilò la giacca, si ricordo di cosa aveva in tasca.

Caroline imprecò per la milionesima volta contro quella città. Inutile città degli incontri, pensò. Aveva soggiogato un commesso per avere un caffè, ma a quanto pare il destino le si era rivoltato contro facendole bere il caffè più disgustoso che avesse mai assaggiato. E si ritrovò a piangere ancora, per il caffè si disse questa volta, non per lui. Insulso caffè, insulsa città! Passò di nuovo davanti ad una antica e maestosa biblioteca e si dovette arrendere all’idea di essersi persa. La ricordava, il giorno prima c’era stata con Klaus, era vicina al ponte dove si erano incontrati. Decise che se ne sarebbe andata quello stesso giorno, era inutile restare, avrebbe trovato un modo per tornare a casa da sola. Ma quel ponte le era piaciuto così tanto, magari rivederlo un’ultima volta le avrebbe placato l’animo, quel panorama che l’aveva lasciata senza fiato, poteva toglierglielo un’altra volta così da avere qualcosa di bello da ricordare.

Camminava lenta, guardava verso il fiume non guardandolo veramente… era solo un luogo dove appoggiare lo sguardo. La sera prima tutto quello le era sembrato più bello, illuminato da mille luci e dal chiarore della luna, senza le persone che lo affollavano frettolose. Anche quel luogo le sembrava aver perso bellezza. Ogni cosa sembrava aver perso bellezza.

“Puoi pure strapparmi il cuore dal petto, farebbe meno male” sapeva di averlo ferito, sapeva quanto riusciva ad essere brava con le parole: addolcire, ingentilire, ferire. Sapeva quanto, oltre le sue parole rabbiose, anche il suo silenzio gli avesse fatto male. Certo che non era ceca. Lo vedeva come ogni volta, più si avvicinava la fine della giornata più lui era nervoso. Vedeva come i giorni, i mesi, diventavano sempre di meno col passare degli anni fra un incontro e l’altro. Vedeva la tristezza nei suoi occhi prima di chiuderli per addormentarsi. Certo che lo sapeva! Ma non voleva… non poteva… non riusciva a dargli di più!

“ti ho promesso me stesso, Caroline, ti ho promesso il mio amore, ma non riesco a passare del tempo con te e poi ad andarmene” . Era l’ennesima dichiarazione del suo amore e lei aveva sentito solo “non posso passare del tempo con te”.  Appoggiò le mani sulla fredda balaustra in ferro. Fra tutti, c’era un pensiero che come un tarlo le assillava la mente. Chissà se le avrebbe mandato di nuovo una lettera, un vestito, se fra un anno o meno un’altra città sarebbe stata ospite del loro nuovo incontro, chissà se lui l’avrebbe voluta ancora… o se non l’avrebbe più cercata, se avrebbe capito che non ne valeva la pena. Caroline represse un singhiozzo che le stava nascendo in gola prima che potesse sfuggirgli.

Klaus la vide lontano, persa nei suoi pensieri. Si fermò a guardarla chiedendosi se lei lo avrebbe preso a schiaffi o peggio. La vide appoggiarsi stanca alla balaustra, come se portasse sulle sue esili spalle tutto il peso del mondo.

Caroline riconobbe il rumore dei suoi passi e il suo profumo nello stesso momento, pochi secondi e le fu a fianco, senza toccarla né parlarle. Non si era mai resa conto di riconoscerlo senza nemmeno vederlo o sentire la sua voce e si chiese se riconosceva anche sua madre o Elena o Stefan, o se era il suo cuore a riconoscerlo e non i suoi sensi.

“Come sapevi che ero qui?” chiese lei dopo un paio di minuti.

“Non lo sapevo… chiamalo destino o coincidenza, ho solo sperato che questo ponte mi portasse fortuna” le rispose guardando di fronte a sé, nella sua stessa direzione.

“Ci incontreremo dove due mondi tanto diversi, diventano la stessa cosa” Caroline ripensò alla frase che lui le aveva scritto nella sua ultima lettera giorni prima, non sapeva di cosa si trattasse, ma appena l’auto la lasciò all’inizio del ponte capì tutto: guardò i due lati del fiume così diversi che si rispecchiavano nell’acqua fondersi in un dipinto meraviglioso, guardò il ponte correre di fronte a lei ad unirli, poi infine lo vide aspettarla tendendole la mano. Destino o coincidenza, non lo sapeva, aveva sempre giocato con le loro vite, Klaus aveva ragione.

“So com’è svegliarsi in un letto vuoto” disse lui all’improvviso, senza guardarla ancora “a New York, ti ho sentito alzarti e scappare… ho pensato di seguire l’istinto e strapparti il cuore dal petto, così avresti capito come mi sentivo”

Caroline si irrigidì a quelle parole, spesso dimenticava chi fosse il suo amante “Perché non l’hai fatto?” gli chiese tremante.

“Perché ti ho fatto una promessa. Avrei aspettato, qualunque sia stata l’attesa. E se stavi scappando voleva dire che non eri ancora pronta” disse con semplicità “Andarmene mentre ancora dormivi, ha sempre significato proteggermi dal vederti scappare di nuovo. Saresti scappata a New York, sei scappata quella volta nel bosco, sei scappata la sera del ballo della mia famiglia… sei sempre scappata da me Caroline, non importa dove e quando, quando le cose si fanno troppo intense fra noi, tu scappi”

Caroline rifletté sulla veridicità delle sue parole. Klaus la guardò aspettandosi una risposta, ma lei continuò a restare in silenzio, con lo sguardo perso davanti a sé.

“Ti sei sempre approfittata sul potere che avevi su di me. Mi hai preso in giro, hai giocato con i miei sentimenti. Hai anche tentato di uccidermi. Ma andava bene, ho sempre ammirato la tua tenacia…” disse sorridendo amaramente “ma non riesco a continuare ad averti e perderti. Per quanto un giorno di paradiso né valga mille di inferno…”

“Ho capito” sussurrò lei spenta, immaginando come lui avesse finito la frase ‘sono stanco, non ne vale la pena’ o qualcosa del genere. Klaus ringhiò arrabbiato, prendendola per un braccio e voltandola verso di lui e non verso quell’inutile fiume “Smettila di credere di capire tutto, di sapere tutto! Non sei nella mia testa, non sai cosa provo, cosa voglio!”. Lei lo guardò come svegliandosi dalla sua trance. “Io voglio te! Scelgo te Caroline Forbes! E non mi importa se ti avrò adesso, o fra cent’anni o mille, ma voglio te! E ti voglio più che mai adesso che so che anche tu provi qualcosa, o non saresti qui con me anno dopo anno!” le disse Klaus arrabbiato a pochi centimetri dal suo viso “Quindi smettila di fare supposizione sbagliate!”

“Io..”

“Fa silenzio e ascoltami! Noi due siamo uguali, ma agiamo in modo diverso, è per questo che non riusciamo a capirci, è per questo che ci urliamo contro!” lui cercò di calmare il suo tono di voce, vedendo che la gente intorno a loro li osservava curiosi “ogni tua frase è calcolata nei particolari, per darti una scappatoia se necessaria, per avere sempre un secondo fine” alzò la sua mano a coprire la sua guancia “anche stamattina, stavi solo cercando di proteggere te stessa con quelle parole, ed io ho pensato che volessi solo ferirmi… siamo uguali Caroline.” lui le circondò il viso fra le mani, alzando anche l’altra mano “Sei l’unica Caroline, l’unica in mille anni, te lo ripeto ancora una volta per farlo entrare in questa tua testa dura. Io sono innamorato di te! Non mi aspetto niente in cambio, non mi aspetto che tu mi segua a New Orleans, non mi aspetto di svegliarmi ancora con te domani mattina, non mi aspetto niente, ma sii sincera con te stessa ancora una volta!” le disse con la voce rotta “Ne ho bisogno Caroline… perché io ti amo così tanto che se non fossi immortale il mio cuore morirebbe ogni volta che ti perdo, mi è difficile anche respirare quando non ci sei! Tu sei la parte migliore di me. Quindi sii sincera con te stessa, e se non sei ancora pronta a stare con me dimmelo adesso, vattene, lasciami andare e poi torna da me quando sarai pronta! Perché io non ci riesco, non riesco a lasciarti ancora… per la prima volta nella mia vita, non ne ho la forza”

Caroline appoggiò le mani sopra quelle di lui, togliendole dal suo viso ma continuando a stringerle davanti a sé. Lui la stava di nuovo mettendo in condizione di scegliere, per l’ennesima volta, scegliere la sua strada, quella di Klaus, la loro. Era l’unico che glielo aveva permesso, e non era un ultimatum, lui ci sarebbe stato comunque,ma dovevano capire cos’erano, dovevano deciderlo e toccava a lei farlo. Non si aspettava nulla da lei,solo le stava chiedendo di non farlo soffrire ancora.

“Il mio cuore si è fermato molti anni fa e quando non ci sei respiro benissimo” disse lei con ironia, abbassando lo sguardo “ma conto i giorni” disse con enfasi “conto i giorni che ci separano fra un incontro e l’altro, sapendo che diminuisci l’attesa di quasi un mese anno dopo anno. E quando si avvicina quel periodo, controllo ossessiva il telefono o la cassetta della posta. Custodisco ogni lettera, biglietto, abito che viene da te gelosamente. Mi sveglio quasi ogni notte con gli incubi, ma non quando tu dormi vicino a me. Piango, tutte le volte che mi sveglio da sola perché te ne sei andato, ma non ne capisco il motivo. Le giornate che passiamo insieme, sono i giorni migliori dell’anno, le aspetto come da bambina aspettavo il mio compleanno. E tutto questo mi fa paura, perché è più grande di me” sussurrò alzando lo sguardo su di lui “Io non ti ho scelto, anzi mi sono battuta con tutta me stessa contro quello che provo. Non so se sarai l’unico, perché tu hai mille anni dalla tua parte, io pochi più di venti. E non so se sono innamorata di te, perché è talmente difficile comprendere ed accettare i miei stessi sentimenti, perché finora l’amore mi ha solo fatto male! Ma sì, voglio te! Voglio tutto, l’oscurità e il bene! Voglio addormentarmi e svegliarmi ogni volta al tuo fianco. Voglio vivere come quando fuggiamo dal mondo solo noi due, perché mi rende felice! Ma non siamo solo noi, abbiamo una famiglia, abbiamo dei doveri, una casa a cui tornare e la vita non è un’infinta vacanza. E prima o poi, io dovrò fare i conti con la mia moralità che sto reprimendo con tutta me stessa dentro un angolo buio della mia mente. Questo è quello che provo Klaus e la forza che manca a te di lasciarmi andare, manca anche a me!” finì Caroline amara.

“Credevo di essere l’essere più forte al mondo… ma tu mi rendi debole Caroline” disse sorridendole “Abbiamo tutta l’eternità davanti a noi, ma che senso ha viverla se non possiamo essere felici? Non voglio che tu viva mille anni come ho fatto io, senza amore, senza passione, nell’oscurità assoluta... ti amo troppo per permettertelo!” lei scosse la testa alle sue parole “le cose sono cambiate, amore, sei stata tu stessa a dirmelo… la casa a cui devi tornare non esiste più perché non puoi tornarci e non è compito tuo trovare un modo per farlo, i doveri di cui parli sono soltanto una scusa a cui ti appigli. La tua famiglia sono i tuoi amici e sono sparsi per il mondo ma ci saranno ovunque tu decida di vivere, e tua madre ha una sua vita e vorrebbe che anche tu fossi felice” lui le riprese il viso fra le mani di nuovo “la tua moralità fa parte di te, ti piace combatterla tanto quanto ti piace assecondarla!”

“Stai dicendo tutto questo solo per convincermi” disse lei mesta, lasciandosi andare contro di lui.

“Non lo nego, ma credo ad ogni parola. ” le rispose sorridendole poi si avvicinò e le poggiò leggero le labbra sopra le sue, aspettando che lei rispondesse al bacio. Vedendo la sua esitazione, Klaus si staccò da lei deciso a toglierle ogni dubbio, guardandosi intorno imbarazzato.

“Ho sempre pensato che se mai l’avessi fatto, l’avrei fatto in grande stile. Ma credo ce tu ne abbia bisogno ora, che ti serva un altro motivo per essere sicura di noi” Caroline lo guardò confusa “quella che io vedo come un’inutile convenzione umana, è importante per te, quindi lo diventa anche per me. Forse un quartetto d’archi o un’atmosfera romantica sarebbero stati più d’effetto, ma credo che dovrai accontentarti di un bel panorama e di un ponte affollato, amore” lui prese qualcosa dalla tasca della giacca e Caroline seguì i suoi movimenti agitata cominciando a capire i suoi riferimenti “Lo porto con me da New York, l’ho preso prima che ci incontrassimo sulla pista d’atterraggio” continuò mostrando un sacchettino di velluto blu “là c’è la più grande gioielleria di Tiffany” finì slacciando i laccetti che lo tenevano chiuso. Delicato riversò il contenuto sul palmo dell’altra mano “sono anni che aspetto il momento giusto per dartelo e… credo che sia arrivato” le disse sorridendo alzando lo sguardo dalle sue mani per guardarla negli occhi mentre le porgeva un anello.

“Oh Dio!” esclamò Caroline tremante ed incredula portandosi entrambe le mani a coprirsi la bocca “Mi stai… Mi stai chiedendo di sposarti?”

“Ti sto chiedendo di impegnarti, Caroline” le disse togliendole le mani dal viso “Credo di averti detto poco fa ogni motivo per cui scelgo te, ma credo che tu abbia bisogno di qualcosa che ti ricordi in ogni momento che non sono l’ennesimo che ti dice ti amo e poi se ne va spezzandoti il cuore, che ti ho fatto una promessa, che sarò il tuo ultimo amore. Qualcosa che allo stesso tempo ti leghi a me. Non abbiamo nessuna fretta di sposarci, ma ho bisogno di sapere che sei mia,  non importa se dovrò aspettare duemila anni, ho bisogno di sapere che sono l’unico per te… ho bisogno di sapere che non dovrò andarmene e aspettare un anno per rivederti ancora… che non mi lascerai… ne ho bisogno”

“Come fai ad esserne così sicuro? Abbiamo passato solo pochi giorni veramente insieme, io…”

“Ne sono sicuro proprio perché mi sono bastati quei pochi giorni per capirlo… e perché per il resto dei giorni, per dieci anni, sei stata comunque nei miei pensieri ogni giorno!” Lei si portò una mano alla bocca per coprire un singhiozzo, mentre lasciava l’altra tremante fra le sue. “Dì qualcosa, ti prego” chiese lui preoccupato.

“Non posso risponderti se non mi fa una domanda precisa” gli disse ridendo asciugandosi le lacrime “e non sarà una vera proposta se non sei in ginocchio… c’è una tradizione da seguire!”

Klaus alzò  gli occhi al cielo, trattenendo una risata “Devi sempre controllare tutto…”

“Tu stai stravolgendo la mia vita… e la tua, controllo quello che posso almeno”

“Per questo non sarà mai noiosa la vita insieme” le disse serio inginocchiandosi portando con se la sua mano “Caroline Forbes vuoi sposarmi?”

Caroline si sbrigò ad annuire e un fiebile “sì” si udì fra le risa di lei. Quel suono, il suono della sua risata gioiosa, valeva più di qualsiasi altra risposta per lui e mai si sarebbe stancato di ascoltarla. Klaus le infilò l’anello al dito e non appena si alzò, lei gli gettò le braccia al collo, baciandolo appassionatamente. Sentivano fischi e applausi intorno a loro di passanti che stavano assistendo alla scena. Avrebbero dovuto smetterla di dare spettacolo pensò lui, ma avrebbe dovuto abituarsi a perdere il controllo quando si trovava con lei, non potevano essere in due a controllare maniacalmente la situazione.

Caroline continuò a baciarlo per quello che gli sembrò un giorno intero, non si era mai sentita così felice prima. Mai avrebbe pensato di prendere una decisione così importante pensandoci solo mezzo secondo, ma infondo sapeva bene quante volte aveva immaginato quella scena nella sua testa, quante volte l’aveva sognata durante il sonno, e quante volte si era data della stupida per averlo fatto, ma la risposta era sempre quella. Klaus aveva ragione, che senso aveva poter vivere l’eternità se non si poteva essere felice? E lei di giorni tristi ne aveva passati fin troppi per la sua giovane vita e ne era stanca, aveva voglia di essere felice, di lasciare a qualcun’altro le preoccupazioni, di farsi proteggere e di proteggere a sua volta, di sentirsi ogni momento di ogni giorno unica e speciale, importante e amata, la prima scelta di qualcuno, e ora aveva un piccolo anello al dito che glielo ricordava quando non avrebbe avuto il suo ibrido a farlo.

“Mi sarei aspettata qualcosa di più… grande” gli disse avvolta nel suo abbraccio una volta tornati nella loro camera, mentre guardava il suo anello. Klaus alzò per l’ennesima volta gli occhi al cielo, mentre sprofondava con la testa nel cuscino.

“Devi portarlo per l’eternità, non avrei voluto appesantirti la mano a lungo andare! Poi sarebbe stato di cattivo gusto, amore. Non sai che sono le piccole cose ad essere le più belle? E comunque  brilla come un lampadario di cristallo!” le disse ironico.

“Ascoltando tutte queste argomentazioni, immagino che ti aspettassi questo commento!” gli disse ridendo e lo vide sorriderle di rimando “Mi piace molto! Per quello che racchiude” disse scoccandogli un bacio a fior di labbra. Caroline non poteva smettere di giocarci o guardarlo, lui aveva scelto un una decorazione con un infinito tempestato di diamanti e una piccola iscrizione all’interno che diceva “per l’eternità”. Ricordò il suo braccialetto, quello che lei gli aveva gettato addosso e sorrise alla perseveranza di Klaus, non aveva mai smesso di sperare in ‘un infinito futuro’ per loro. “Hai ancora il mio braccialetto?”

“E’ a New Orleans. Adesso lo rivuoi?” chiese sarcastico.

“Mi appartiene di diritto come tua fidanzata!”

“Dovrai venire a riprendertelo allora!”

“E tu dovrai farti bastare di avermi nella stessa città, quartiere al massimo. Non voglio vivere in casa tua”

“Non te l’ho mai chiesto” le rispose tranquillo. Lei annuì mesta.

“Come pensi che la prenderà la tua famiglia? Non sei preoccupato per come Hope…” chiese Caroline esitante.

“Ti adorerà… come me. Ci sono fin troppe persone in quella casa che le dicono cosa deve o non deve fare, in troppi che vogliono farle da genitori… avrà bisogno di un’amica e credo che saresti perfetta. Ce la faremo… abbiamo passato momenti molto più complicati di questo!” concluse lui rassicurandola “Non preoccuparti”. Klaus chiuse gli occhi stringendola a lui e sentì le sue labbra sussurrargli qualcosa contro il suo collo, seguite un tenero bacio “Riuscirai a dirmelo ad alta voce e guardandomi negli occhi?” chiese con un sorriso.

Caroline si irrigidì sentendosi scoperta, ma rilassandosi subito dopo. Quelle due parole, che più volte aveva pensato, che gli aveva sussurrato senza mai farsi scoprire, non riusciva proprio a dirle a voce alta “Mi hai promesso di aspettare qualunque sia l’attesa” gli disse facendo eco alle sue parole “Forse un giorno…”

“Non importa. Lo dirò io per entrambi” disse ribaltando le loro posizioni improvvisamente, portandola sotto di lui “Ti amo Caroline… e ora puoi anche dormire perché domani mattina saremo entrambi qui!” e la baciò con tutta la passione che sentiva scorrergli nelle vene, intrecciando le loro mani insieme in una promessa che mai nessuno avrebbe potuto rompere.

 

 

 

******Angolo autrice: questa storia è stata scritta per il contest "Klaroline in holiday" organizzato dal gruppo klaroline fanfiction addicted.
Spero possa piacervi, tanto quanto è piaciuto a me scriverla! quando l'ho scritta non pensavo ad un seguito, ma visto che è stato richiesto e se la storia avrà successo, potrei pensarci seriamente!
vi ringranzio per essere arrivati fin qui ed averla letta, se vorrete lasciare una recensione, sarò particolarmente contenta! a presto! Alessia

 

  
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