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Autore: Ai_1978    15/10/2014    5 recensioni
…Dreams are my reality…
Chi non ricorda almeno il ritornello della famosa canzone “Reality” di Richard Sanderson che fu colonna sonora del film del 1980 “Il tempo delle Mele”?
Bene, la citazione è voluta perché è proprio di questo che parla questa storia: l’amore tra adolescenti.
Inutile dire che si colloca temporalmente come prequel di “The Eye of the Tiger”
Vista l’età dei protagonisti, anche il rating è cambiato… da “Rosso” ad un più tenue “Arancione”. Tutto molto più soft… ma non per questo meno intenso.
Grazie fin da ora a tutti coloro che mi daranno di nuovo fiducia, leggendo ciò che scrivo.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mito delle Metà'
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CAPITOLO 24: MILANO-AMBURGO
 
Liceo scientifico Statale “A. Volta”, Milano, Italia.
 
Ore 11: Intervallo.
Vivien stava uscendo dall’aula, la 2F, quando qualcuno la prese per un braccio e la trascinò via.
-Chicco!! Ma che cazz…- si lamentò lei.
-Zitta Japs. Vieni con me che devo farti vedere una cosa!- esclamò il nuovo arrivato.
Federico Conti, detto Chicco. Classe 5D.
Alto, moro, simpaticissimo, faccia da schiaffi.
Patito di calcio e tifoso sfegatato dell’Inter.
Tuttavia non giocava a calcio ma a pallavolo, in una squadra di III divisione.
Appena giunti in cortile il ragazzo le fece vedere una copia di un famoso quotidiano sportivo italiano, dalle tipiche pagine rosa. Fece scorrere e, quasi in fondo al giornale,  indicò un articolo dicendo: - Si parla dei tuoi connazionali! Non è  mica il tuo ragazzo questo qui?-
Vivien lesse incuriosita: era un trafiletto che parlava dei giovani talenti del calcio giapponese. C’erano anche le fotografie.
La ragazza rise divertita: - Sì, è lui! E questi sono mio cugino e il mio migliore amico!- aggiunse esultante indicando le fotografie di Holly e Tom. Scrutava con nostalgia i volti famigliari: i suoi amici! C’erano tutti.
Poi una coltellata: tra le altre foto delle promesse del Sol Levante campeggiava anche un volto a cui lei non pensava da un sacco di tempo.
Mark Lenders.
Strappò letteralmente il quotidiano di mano all’amico che protestò: - Ehi! Bastava chiedere se lo volevi!-
Il ragazzo sbirciò cosa Vivien stesse guardando e chiese con una vocetta ironica. – Chi è lui?-
-Un sogno erotico.- rispose evasiva.
-In che senso?- domandò l’amico dubbioso.
Lei chiuse il giornale e gli rispose: - Lascia stare. …Me lo regali?-
Il ragazzo fece spallucce. – Tienilo pure, tanto l’ho già letto.- Quindi estrasse una sigaretta e la accese. Guardò l’amica e porgendole un pacchetto sgangherato di Diana Blu morbide gliene offrì una: - Vuoi una paglia?-
-Una che?- chiese lei senza capire.
Sapeva l’italiano piuttosto bene, poiché glielo avevano insegnato i genitori che lo parlavano per esigenze lavorative. Tuttavia aveva ancora qualche difficoltà ad interpretare il gergo giovanile e dialettale.
Chicco si corresse: - Vuoi una sigaretta?... Scusa Japs, ma ogni tanto mi scordo che non sei italiana.-
Lei accettò la sigaretta: - Sì grazie. Ma non chiamarmi Japs!-
-E perché? E’ carino come soprannome… dopotutto sei giapponese!-
Lei accese la sigaretta e aspirò le sottili volute di fumo.
Se l’avesse vista Benji in quel momento… o Holly! O Tom!
Fumare non era esattamente una bella trovata. Ed era solo una delle cattive abitudini che aveva preso da quando viveva in Italia.
Fumava, faceva tardi tutte le sere e veniva a scuola in abiti civili!
Quella era la cosa che la scioccava di più: il fatto di poter indossare quello che voleva per andare a lezione. La scuola in Italia non era minimamente paragonabile a quella giapponese in quanto a rigore e disciplina. Si fumava in cortile  ( a volte anche nei corridoi!), si poteva tranquillamente evitare di frequentare le lezioni senza eccessive ripercussioni disciplinari, ci si rivolgeva ai professori chiamandoli “prof.”, con assoluta mancanza di rispetto.
Inoltre era pressoché ignoto a tutti il concetto di “senpai”: a nessuno importava se uno studente fosse più anziano o avesse più esperienza. Si era tutti uguali.
Assurdo.
Però simpatico… molto democratico da un certo punto di vista.
Il ragazzo italiano la guardava pensieroso. –Sai cosa pensavo, Japs?-
-Cosa?- chiese lei incuriosita spegnendo il mozzicone a terra.
-Che mi piacerebbe proprio venire a letto con te. Ho qualche possibilità?-
Sfacciato.
Tipicamente italiano.
Lei gli sorrise vaga, mentre la campanella che decretava la fine dell’intervallo suonava: - Per ora no. Sto benissimo col mio ragazzo… Ma non si sa mai nella vita: tu non perdere la speranza.-
-Quella mai, stai tranquilla!- rispose allegramente Chicco avviandosi con lei verso le classi.
 
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Amburgo, Germania: campo di allenamento della squadra di calcio giovanile.
 
Karl Heinz Schneider calciò in porta. Freddo e deciso: inesorabile.
Il portiere si buttò in direzione del pallone e afferrò la sfera saldamente con le grandi mani guantate.
Un rosso berretto cadde dalla testa dell’estremo difensore, rotolando nell’ erba.
-Spiacente Schneider. Ho vinto ancora!- esclamò Benji rialzandosi da terra dopo il volo.
Il biondo Kaiser si avvicinò alla porta, si chinò a raccogliere il cappello del compagno di squadra e porgendoglielo rispose:- Per questa volta sì, Price. Ma non durerà a lungo!-
Il tedesco fissò i glaciali occhi azzurri in quelli grigi del giapponese che, come risposta, gli appoggiò una mano sulla spalla.
Rimasero a fissarsi in silenzio per alcuni secondi.
-Ma come siete belli insieme! Proprio due piccioncini!- gracchiò la sgarbata ma simpatica voce di un terzo giocatore.
Il SGGK si mise a ridere e rispose per le rime: - Non dire stronzate, Kaltz. Lo sai che ho ben altri gusti.-
Schneider a quel punto intervenne: -A proposito di “altri gusti”… quando viene a trovarti Vivien? E’ un po’ che non la vediamo.-
Kaltz, tenendo in bocca l’immancabile stuzzicadenti, aggiunse: - E’ vero. Poi adesso che tu ti sei innamorato del nostro Kaiser magari io potrei consolarla…-
Benji lo raggiunse e lo prese scherzosamente per il collo fingendo di colpirlo con un pugno allo stomaco. Sul piano meramente fisico, il giapponese sovrastava l’attaccante teutonico di parecchio, quindi quest’ultimo si arrese subito: -OK! OK! Stavo scherzando!... Non te la tocco la tua bella giapponesina, stai tranquillo.-
-Sarà meglio.- lo minacciò il portiere: - Comunque Viv verrà qui i primi di dicembre, in occasione del mio compleanno e si fermerà per qualche giorno.-
Karl Heinz,  recuperando asciugamano e borraccia a bordo campo concluse: - Settimana prossima, quindi.. e dove la porti?-
-Ci devo ancora pensare.- ammise Benjamin
Schneider proseguì: - Se vuoi ti presto il mio appartamento a Monaco: lì sarete tranquilli, non vi disturberà nessuno.-
-Grazie.- rispose Price: - Ci penserò.-
 Ad un tratto una voce femminile: - Karl! Hai finito l’allenamento?-
Una ragazza bionda, molto avvenente, stava correndo nella loro direzione. Appena li ebbe raggiunti si avvinghiò a Schneider, baciandolo con passione. Successivamente, staccandosi dalle labbra del calciatore, propose: - Dai muoviti, vai a farti la doccia. Poi vieni a casa mia.-
-Va bene, Emma… dammi una mezzora.- la informò Karl.
La ragazza, guardando Price e Kaltz  domandò. – Perché non venite anche voi? Invito un paio di amiche.-
Benji rifiutò educatamente: - No grazie. Stasera ho altri progetti.-
Kaltz sbuffò contrariato: - Da quando stai con Vivien sei diventato terribilmente noioso… Non ti riconosco più! Possibile che tu non abbia voglia di passare una serata un po’ diversa?- lo guardò di sottecchi insinuando: - La tua giapponesina non lo saprà mai…-
L’orgoglio conquistatore del SGGK fu scosso prepotentemente da quelle parole.
Lui noioso?
Ma quando mai!
In fondo Kaltz aveva ragione: poteva concedersi una serata divertente una volta ogni tanto.
Vivien era lontana e non l’avrebbe mai scoperto… e inoltre, non l’aveva mica sposata!
Cazzo.
Guardando gli amici e la ragazza che attendevano una sua risposta, Benji disse: - Va bene, invita pure le tue amiche.-
 
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Benjamin guardava Inge addormentata.
Era bella con quei capelli biondo cenere e gli occhi cerulei. La spalla nuda di lei spuntava candida dalle lenzuola.
Era stato divertente.
Era stato diverso.
Dopotutto un po’ di svago se lo possono concedere tutti… e lui ultimamente era stato integerrimo.
Ma Vivien gli mancava, quindi che male c’era a trovarsi un surrogato?
Improvvisamente il cellulare sul comodino si illuminò per un messaggio.
Lo prese e lesse:
Buonanotte, bel portiere. Non mi hai chiamato stasera… mi è un po’ mancata la tua voce. A domani. Un bacio. Viv.”
Il senso di colpa lo attanagliò feroce e improvviso.
La gola gli si strinse e il cuore si mise a battere forsennatamente.
Il respiro quasi gli mancava.
Porca troia, cosa aveva fatto?
Ci era ricaduto? Di nuovo?
Dopo che aveva fatto così fatica a cambiare e l’aveva fatto solo ed esclusivamente per lei?
Per il suo Splendore?
NO, NO, NO! Non poteva essere stato così coglione!
Non poteva veramente essersi portato a letto la prima venuta.
Con angoscia volse lo sguardo verso la ragazza al suo fianco, persa nel mondo dei sogni.
Non era un incubo: era tutto vero.
Aveva buttato all’aria quasi un anno di fatiche per un bel visino e un bel paio di tette.
Aveva deluso Vivien.
Aveva tradito il suo Splendore.
Si sentiva di merda.
Con la bocca riarsa da un senso di nausea incipiente e la testa pulsante si alzò dal letto, recuperò i propri vestiti e uscì dalla stanza.
   
 
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