Prologo
La luce della lampada ad olio ondeggiava e vibrava, lasciando danzare le ombre sulle pareti della cabina. Il fruscio, prodotto dalla piuma inchiostrata sulla pergamena, si interruppe un attimo; la punta fu immersa nel calamaio, e nuovamente la piuma tornò a scorrere lenta sulla pergamena.
Questa volta aveva fatto il colpo grosso, dopo due lunghi anni di traduzione, l'uomo terminò l'ultima pagina dell'importante manoscritto.
Due quartine ed un distico finale, una strana filastrocca, una beffa al suo lungo lavoro, eppure in quella filastrocca si celava la sua libertà!
“Giace per sempre nel mio cuore
ciò che mi fece re ed imperatore
Furono mari ed oceani
balocchi nelle mie mani.
Le correnti violente e turbinose
lo conserveranno per sempre gelose
Più di un marinaio lo cercherà
ma solo il mio erede lo troverà.
Dall'alto del pennone guarderò
e dei loro stolti tentativi, all'infinito, riderò!”
L'uomo lesse più volt i dieci versi, le ultime parole in quel lungo diario scritto in codice, alla cui traduzione aveva dedicato gli ultimi anni. Ne era certo, la risposta doveva essere nascosta in quelle stupide rime.
Si alzò in piedi, distese le braccia in avanti facendo scricchiolare le ossa delle spalle, completamente anchilosate dal lungo lavoro.
Il pavimento ondeggiò sotto i suoi piedi, bene, si ripartiva.
Si versò dell'acqua dalla brocca pulendosi le mani da qualche goccia di inchiostro tatuata sulla sua pelle, sistemò i lunghi capelli neri, legandoli in una coda con un nastro scuro di velluto.
Urla, imprecazioni, improperi ed ordini si udirono sul ponte, accompagnate dal rumore del legno scricchiolante sotto i frettolosi passi. La solita routine, niente di eccezionale.
Richiuse la porta alle sue spalle, e con estrema calma si incamminò verso la scaletta che portava al ponte. Un po' di venticello avrebbe dipanato i suoi pensieri e con un po' di fortuna avrebbe risolto l'enigma della filastrocca.