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Autore: FightClub    14/10/2008    5 recensioni
“Non ti è mai andato giù …” La mamma sta facendo una faccia strana. E’ come quando qualche giorno fa ha assaggiato il pane bruciato fatto da papà. “.. non ti è mai andato giù che potessi non essere più tu la sua famiglia.. vero?”
“Non cambiare discorso..” “Non ti è mai passato il magone di sapere che non eri più tu il centro di tutto il suo bene..”
(RoyxEd celata)
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Nuovo personaggio, Winry Rockbell
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Celebration

 

Lo osservo e lo analizzo mentre si ferma. La sua schiena sembra allargarsi e poi rimpicciolirsi con un fremito, mentre l’ombra del suo profilo si staglia sulle mattonelle gialle sopra il lavello. Lo capisco che non è facile. L’ho capito da questa mattina, quando si è svegliato ed è rimasto una buona mezzora, fermo e seduto sul bordo del letto a contemplare parte della sua vita. Immerso nei ricordi. Gli occhi belli ad amplificare lo stato dispersivo dei suoi ormoni in questa giornata così cruda. I capelli biondi arruffati in una crocchia alta e la sensazione sulla pelle che vorrebbe ficcarsi due dita in gola per vomitare tutti quei ricordi che tiene nascosti nel suo cuore. Lo so che non sarà mai facile, anche se è cresciuto. Se siamo cresciuti. Non riesce a dimenticarsene. Non riesce ad andare avanti del tutto. Ogni tanto si ferma. Assembla gli anni felici passati a Central City e ricomincia a correre sul binario instabile che è diventata la sua vita. Sua nipote Emily, mia figlia, lo tortura a volte per avere raccontato qualche aneddoto su “zio Roy”.  Ogni tanto mi terrorizza quella ragazzina. Non so cosa le passi per la testa, ma spesso se ne esce con frasi raccapriccianti. Estremamente veritiere.

La notte in cui Roy perse la vita, Emily si svegliò nel cuore della notte, piangendo. Urlando il nome di sua madre, tremante nel buio. Il materasso bagnato di urina ed un attacco di panico in piena regola. Winry corse al capezzale della bambina e mi raccontò soltanto la mattina dopo che le aveva sussurrato all’orecchio che il suo zio preferito non c’era. Nel suo sogno lo aveva cercato disperatamente ma non l’aveva trovato.  Ricordo che pensai stupidamente si riferisse ad Ed, per questo non diedi troppa importanza a quelle parole. Perché in cuor mio ero convinto, che il giorno che fosse successo qualcosa a mio fratello, l’avrei saputo prima degli altri. Dentro la mia anima fresca di trasmutazione, ancora in contatto quella di Ed. Venni a conoscenza della notizia ad ora di pranzo. La voce irriconoscibile di Edward mi parlò di un funerale e di come il Generale fosse morto per salvare il Comandante Supremo. Quando chiesi a mio fratello se lui stesse bene, non mi rispose. Si congedò da quella telefonata con una stonata gentilezza e riparlai con lui soltanto al funerale. Un pianto pacatamente isterico. Il silenzio d’oro e poi un viaggio. Ricordo pensai che sarei potuto essere io quello che guardavo salire su di un treno. E mentre lo osservavo seduto nella sua cabina, davanti il finestrino si voltò verso di me. Un implicito sguardo. Sarebbe tornato. E tornò due mesi dopo. Stanco. Senza un vero obbiettivo.  Ma tornò.

Emily corre per casa con addosso il vestito nuovo nero, ma adatto ad una bambina. Non pesante. Un nero leggero ed innocente. Le scarpette a festa le tiene come fossero guanti e si scatena per il corridoio urlando entusiasta di uscire tutti insieme. Edward è stato via tutta la mattina. E’ l’anniversario della morte di Roy. Io e Winry lo portiamo a mangiare fuori questa sera insieme alla bambina. Lo facciamo per distrarlo. Lo facciamo ogni anno.

“Emily, di a tuo zio di scendere.. “ Dico alla piccola appena fuggita alle grinfie della madre, che non perde mai occasione per aggiustarle un fiocchetto o un ciuffo di capelli. Lei mi annuisce sorridente e scompare oltre le scale.
“… dove andiamo a mangiare sta sera?” Mi domanda Winry avvitando ai buchi delle orecchie un paio di piccole palline d’argento mentre io finisco di chiudere la porta del retro.
“Che ne dici della tavola calda vicino il municipio? Hanno della buona birra, e sono sicuro che a Ed non dispiacerà bere un goccio..” Le rispondo spegnendo la luce della cucina e tornando nella stanza dove è rimasta lei. L’ingresso.
“Al.. credo dovresti parlare con Edward..” Mi dice di punto in bianco, portandosi una mano sul fianco. Un tono di rimprovero mal celato.
Winry, non ricominciare con questa storia.. ho cercato di parlargli tante volte.. lo sai che cambia discorso..” Mi difendo.
“Non è una buona scusa..”
“Non è una scusa! Glielo avrò ripetuto migliaia di volte che gli farebbe bene parlare con me, o con qualcuno insomma, ma lo sai che non vuole dire nulla .. lo sai com’è fatto, no? Ci vogliono le tenaglie per fargli uscire qualcosa.. e non soltanto in campo Roy, ma in qualsiasi campo!”
“Lo so, lo so..!” Sbuffa scuotendo la testa. “.. però.. insomma, prima quanto meno tra di voi parlavate.. comprendo che non voglia parlare con me.. ma che.. che… “Scuote la testa scacciando con una mano i pensieri. “Lasciamo perdere..”
“Potresti provare tu a parlargli..” Propongo senza accorgermi di una manina che mi tira per la manica della camicia.
“Non scherzare, Al..” Il suo sguardo si posta in basso alla mia destra.
“No, dico sul serio.. forse.. forse con te riuscirebbe meglio.. insomma…” Sospiro cercando di portarmi la mano destr alla fronte in un gesto appena stanco, ma qualcosa mi trattiene il braccio. E gli occhi di Emily ora mi guardano stupiti.
“Papà..” Mi chiama a gran voce. Le labbra rosee a cuoricino.
“Hai chiamato lo Zio, gioia?”
Lei annuisce. Poi fa spallucce. “Forse dorme.. perché non risponde!”


“Ed!” Urlo. Sono furioso. Sono frustrato. E batto il pugno contro la porta con foga. Tutti qui dentro ce la stiamo mettendo tutta per rendere piacevole questa convivenza e questa apatia. Non lo tollero. “Ed! Apri la porta, Ed!” Winry mi tira per una spalla e con pochi armeggi di cacciavite smonta i cardini della porta, che cade in avanti, nella stanza di mio fratello. Emily prende a piangere subito e sua madre se la trascina nella cameretta rosa. Mi accorgo di essere ancora più arrabbiato adesso mentre osservo lo squallore che serpeggia in questa stanza. Sono arrabbiato con me stesso. Quand’è che ho perso di vista mio fratello? Forse tra un battito di mani e l’altro? La mia ombra si proietta sul suo corpo e un vago senso di vertigine mi pervade.

***

“E’ tuo fratello, Al, dove vuoi che vada?!” Papà e mamma stanno litigando questa mattina. Io lo so perché litigano, perché lo zio Ed ha fatto una cosa cattiva e allora mamma e papà voglio metterlo in punizione. Anch’io una volta sono stata in punizione. Sono rimasta nella mia camera per un giorno intero. Ma non mi è dispiaciuto. Perché con me avevo tutte le mie bambole ed i miei giocattoli, quindi non mi sentivo sola.
“Quello non è più mio fratello!” A volte papà dice cose stupide. S’impunta su affermazioni senza capo né coda che credo nel suo animo servano a lasciare intendere il dispiacere, il malumore, la gioia, l’ansia. Ha un modo tutto suo per esprimere i proprio sentimeti. “Io.. io lo capisco che possa stare male per la perdita di una persona.. lo so come ci si sta.. ma.. ma è passato tanto tempo ormai, troppo tempo.. e non è  solo! Ci siamo noi! Io, tu.. siamo la sua famiglia!”
“Non ti è mai andato giù …” La mamma sta facendo una faccia strana. E’ come quando qualche giorno fa ha assaggiato il pane bruciato fatto da papà. “.. non ti è mai andato giù che potessi non essere più tu la sua famiglia.. vero?”
“Non cambiare discorso..”
“Non ti è mai passato il magone di sapere che non eri più tu il centro di tutto il suo bene..”
Winry non..”
“Rispondimi..!”
Papà adesso non dice più nulla mentre la mamma ha preso la cassetta con cui mi aggiusta i giocattoli ed è uscita di casa.

 

***

La bambina mi spia da sotto la porta. La luce attraversa il lato trasversalmente mentre sento le voci di Winry ed Alphonse che litigano. Che si accertassero quanto meno di non farmi ascoltare.
“Emily..” La invito ad entrare ostentando debolezza mentre l’automail non fa che tremare. Ragionando, questo ammasso di ferraglia è collegato ai miei nervi. E giusto oggi, credo di non essere nelle migliori delle forze. Piuttosto, mi sorprendo nello stare per mancare. Forse è per questo che Emily è venuta a trovarmi. Agghindata ancora del suo abito nero. Le scarpette ai piedi. Che sia un piccolo Dio della morte?
“Vieni qui..” La voglio qui, vicino a me. Lei che sapeva prima degli altri che Roy era già morto molte ore prima del suo ritrovamento. Ricordo che la mattina di quel giorno, desiderai di non dovermi più svegliare. Lo sapevo io, come lo sapeva la bambina.
“Zio.. tu andrai via?” I polpastrelli teneri mi sfiorano le labbra.
“Si, Emi.. sto andando via..”
Gli occhi della piccola mi scrutano senza alcuna domanda. Lei già sa.
“.. Ho sognato Zio Roy, ieri sera.. è arrabbiato con te..”
Sorrido divertito.
“Lo so..”
“Come fai a saperlo? L’hai sognato anche tu?”
“No .. ma non gli piacciono le visite improvvisate..”
“Allora stai andando da lui?”
Annuisco.
“Poi torni?”
“No, gioia, non torno..” Gattona accanto a me, sdraiandosi sul mio petto e la cullo gentilmente fiutandole i capelli biondi.
“Perché sei sempre triste, Zio?”
“Perché Roy non è qui con me..”
“Tu e zio Roy vi volevate bene come mamma e papà?”
“Si..” Anche di più, forse.
“… se papà se ne andasse come Zio Roy, la mamma andrebbe da lui?”
“No.. andrebbe avanti, con te.. Magari un giorno avresti un nuovo papà..” Mi stupisce l’intelligenza di Emily, nel comprendere che ruolo potessi interpretare con Roy. Non tanto per l’atto fisico in se, quanto nella spiritualità della nostra coppia. Ero io la donna. Sono io quella rimasta vedova.  Lei mi esce la lingua disgustata.
“Io non lo voglio un altro papà!” Esclama convinta.
La dolcezza di questo essere a volte mi impaurisce. Mi posa un bacio sulle labbra umide che ha lappato prima per renderle tali. Un gesto puerile e virtuoso.
“Rimarresti qui se te li dessi io, i baci di Zio Roy?” I suoi occhi si sciolgono di malinconia ed il mio cuore perde qualche anno di vita di fronte a questo spettacolo. Mi sconcerta ascoltarla giostrarsi nella grammatica con tanta facilità. La sua soavità è tanto pura, che vorrei essere io chi un giorno avrà l’onore di essere suo marito o il suo fidanzato. Sembra strano sentirlo dire da un uomo che ha amato un altro uomo, ma come altre volte ho voluto far notare a Roy ed agli amici, io non amerei mai una persona in base al sesso. Roy era Roy. Non era Roy perché uomo. E se fosse stata donna, avrei amato penetrarla ogni notte senza remore.
Il volto di Emily lo tengo stresso tra le mie mani. Le guance gonfie di innocenza si illuminano di rosso mentre quel bacio mi ha riportato alla mente il motivo per cui in questi giorni tutta la mia forza sta cedendo. Perché lui non è qui. Perché io non la voglio un’altra storia d’amore.
Le sue dita grasse di purezza si posano sulle mie labbra e sbarro gli occhi. Stavo per baciare una bambina.

 

***

Winry!” Ho alzato la voce più che ho potuto. Il fumo mi entra sino dentro i polmoni e respirare diventa sempre più difficile. Il fuoco sale sino al tetto bruciando tutto quello che lo circonda. Le coperte che sbatacchio nel tentativo si spegnerlo, prendono fuoco senza via di scampo.  Ad un occhiata fugace, uscendo dalla stanza per cercare di non soffocare, intravedo Emily, correre per il campo verso la casa più vicina in cerca di aiuto. Tossendo la osservo fermarsi. Si ferma. Il suo guardo adesso è posato sulla camera di Ed che arde. Ma torna a correre. Senza voltarsi mai più. Il bordo del suo vestito nero è scottato. E anche se in lontananza, ho intravisto l’angolo delle sue labbra. Stava lì, un bacio rubato. Una amore malcelato.

FINE.

 

Non credo abbia molto senso questa storia.
Soltanto qualcosa di confuso.
Idee buttate giù senza un vero legame.

  
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