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Autore: cliffordsjuliet    18/10/2014    7 recensioni
Ci sono storie che iniziano lentamente e si evolvono man mano.
E poi ce ne sono altre che, invece, iniziano solo finendo.
***
“Non dirò addio a nessuno, prima di andare via. Non saluterò i miei genitori, e nemmeno Jamie, né tantomeno Rebecca, l’unica amica che abbia mai avuto. Dire addio a qualcosa è il primo passo per imprimertelo dentro, e questa è proprio la cosa che voglio evitare.
Dimenticherò tutto.
Dimenticherò tutti.
Dimenticherò questo posto, Lui, e pure me. Che se mi scordo lui inevitabilmente scordo anche me stessa, che tanto non c’è differenza.
Siamo uguali da far schifo, Ashton, ma qualcosa di diverso lo abbiamo: io ricomincerò.
Tu no.

***
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=B29uqGz-sL4&feature=youtu.be
Genere: Mistero, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Arrivarono i miei quindici anni, insieme ai quindici anni di Ashton, a quelli di Rebecca.
Con essi arrivarono anche i sedici, e a quel punto le cose avevano già cominciato a cambiare, anche se io non me ne resi conto subito.
Rebecca, più di tutti, era cambiata.
Vivere due anni lì l’aveva fatta maturare più in fretta, aveva plasmato il suo carattere e anche il suo aspetto. I suoi capelli, che un tempo le ricadevano lunghi e sempre ordinati sulle spalle, erano stati recisi: al loro posto, un caschetto un po’ sformato le metteva in risalto il viso rotondo, facendola sembrare più piccola di quanto non fosse. Anche i suoi vestiti erano cambiati: dalle gonne chiare e stirate di fresco, le camicette ed i nastri, era passata a dei jeans anche di quarta mano, e delle t-shirt comprate a poco prezzo al mercatino della domenica. Anche i suoi sorrisi erano più rari, però. Sorrideva di meno e si lamentava di più, sbuffava in continuazione, alzava gli occhi al cielo e strepitava. A volte le rispondevo male, discutevo anche animatamente con lei. Altre volte invece la forza di litigare proprio non ce l’avevo, allora mi limitavo a mandarla a farsi fottere e ad andarmene via.
Non riconoscevo più quella ragazza che era diventata.
Se incrociavo anche per caso i suoi occhi verdi, io non vedevo nulla di quella che un tempo era stata la mia migliore amica.
Quel posto aveva cambiato anche lei, alla fine, e l’aveva fatto nel peggiore dei modi: rendendola una persona insoddisfatta della propria vita.
Io non sopportavo le persone così, forse perché a me avevano insegnato che niente scende dal cielo, ma non le sopportavo, le sue lamentele continue.
Era diventata una stronza apocalittica Rebecca, una da prendere a schiaffi, che se ti guardava con quel sorrisetto falso sulle labbra allora tu non potevi fare altro che urlarle contro, ma a lei sembrava non importare. Non le importava se dopo anni aveva lasciato anche lei il liceo, non le fregava di star mandando a puttane la sua vita. Era una persona svogliata, Rebecca, lei vedeva solo sé stessa.
Da un anno a quella parte, poi, c’era stata un’altra novità. Lei ed Ashton si erano fidanzati. Era successo così, per caso, iniziando con un bacetto innocuo a stampo e finendo anche a letto, e tutto questo senza dirmi niente, alle mie spalle, nel modo più meschino che esistesse. Finché, un giorno, non sentii le voci che giravano.
“Oh, ma che, Beth ancora non sa di Ashton e Rebs?”
“No, ti pare? A quest’ora avrebbe già alzato un casino da smuovere mari e monti, se l’avesse saputo. No, non le hanno detto niente”
“Ci voglio credere! E conoscendola, Beth, forse hanno fatto la cosa migliore”.

Quando avevo sentito quelle parole mi ero congelata sul posto, avevo sentito il freddo, un freddo strano, e subito dopo la paura.
Non volevo credere alle parole che avevo sentito.
Non ci credevo, anche se a pronunciarle erano state Anne e Veronique, le uniche altre ragazze della nostra età ad abitare in quel quartiere.
Non volevo crederci perché, semplicemente, questo avrebbe significato che le due persone di cui più mi fidavo al mondo mi avevano tradito.
Mi avevano mentito, pugnalandomi alle spalle in maniera spietata, senza neanche curarsi di chiedersi io come avrei potuto starci.
Beth era egoista, dicevano.
Io non sono egoista, avrei voluto rispondere.
Non sono egoista, ma ho imparato che qui, se non ci penso io a salvare me stessa, nessuno lo farà.



Mi ritrovai quasi a prendere a pugni la porta di casa di Ashton, a sfondarla con i calci, come a volerla buttare giù. E ad aprirmi ci fu lei, venne lei con quell’espressione perennemente scocciata, e quel “Sei tu” mormorato a mezza bocca che mi fece più rabbia di ogni altra cosa. La scansai senza troppe cerimonie, sentendo che se non mi fossi allontanata in quel momento avrei potuto benissimo prenderla a schiaffi.
Preferii dirigermi verso la stanza di Ashton, quel percorso che ormai sapevo a memoria, e lui era lì, seduto tranquillamente sul suo letto, come se non fosse successo niente. Come se non mi avesse mentito per tutto quel tempo.
“Oh, Beth, che è successo? C’hai una faccia che fa paura, sembri stravolta”.
“Chiedi a me cos’è successo, Ashton?” sbraitai a voce alta. “A me lo chiedi? Sei solo uno stronzo! Fatti un esame di coscienza, vedi tu cosa può esserci che non va”.
Lui si strinse nelle spalle, non rispondeva, ma io non avevo intenzione di cedere. Gli puntai il mio sguardo fisso addosso finché non si decise a farsi sentire.
“Io non lo so cos’è che hai, e sinceramente non voglio saperlo. Anche io ho i cazzi miei Beth, ti ho capita che come al solito hai solo voglia di urlare e litigare”.
Quella frase mi fece salire il sangue al cervello.
“Hai i cazzi tuoi, è vero, e ti aiuta quella puttanella a risolverli!” urlai, e senza neanche fermarmi a riflettere mi accanì contro di lui. Lo presi a pugni, schiaffi, morsi. Mi avevano insegnato che era così che si faceva la giustizia, ed io mi stavo solamente prendendo ciò che mi spettava. Lo graffiai fino a vedere le sue braccia sanguinare, lui mi tirava i capelli, cercava di fermarmi, ma non ci sarebbe mai potuto riuscire. Ero furiosa, non sentivo niente se non la mia rabbia, il mio astio, tutto l’odio che covavo e che era il motore della mia vita. Sperai di fargli male, ma male davvero, perché il dolore che provava fisicamente non sarebbe mai stato neanche un quarto di quello che provavo io moralmente.
Era cresciuto con me come un fratello, Ashton, aveva preso la parte migliore di me in tutti quegli anni ed io, anche se restia, gliela avevo concessa senza particolari lamentele. Era stato il mio migliore amico, l’unica persona che sarebbe mai stata in grado di farmi davvero male, era stato al centro del mio mondo per tanto di quel tempo che avevo perso il conto. Ed io neanche me ne ero resa conto in tutti quegli anni, lo maltrattavo, lo lasciavo da solo, ridevo delle sue insicurezze senza capire che ero io, in realtà, ad avere bisogno di lui. Lo davo per scontato e lui se ne era scappato appena ne aveva avuto la possibilità, mi era scivolato tra le dita senza che me ne accorgessi, mi aveva fatto male.
Aveva avuto il meglio di me e poi, quando non c’era stato altro di nuovo che potessi regalargli, mi aveva lasciata in un angolo come una macchina fotografica usa e getta. Ed io ero rimasta lì a cercare di trovare qualcosa di buono in me, qualcosa che lui non fosse riuscito a portarmi via, ma non ci riuscì. Non trovai nulla di buono in quei sedici anni fatti di odio e di rassegnazione che ero.
“Sei uno stronzo! Sei uno stronzo, ed io ti odio!” urlai un’ultima volta, prima di accasciarmi su me stessa e scoppiare a piangere senza freni.
Rebecca era lì che sosteneva Ashton, mi guardava dall’alto in basso come si guarda qualcosa di spiacevole, indesiderato.
“È inutile che frigni, Beth, la prossima volta impari che le persone non sono giocattoli. Nessuno ti appartiene, e tu non puoi decidere al posto degli altri” mi rinfacciò crudelmente, senza un minimo di pietà.
Quello che successe dopo non lo ricordo bene. Ci furono i miei genitori, accorsi dal piano di sopra a causa del rumore.
Ricordo le braccia di mio padre che mi avvolgevano, mi sollevavano da terra, e la sua voce che intimava ad Ashton di non farsi rivedere per un lasso di tempo prossimo al “per sempre”, se teneva alla propria vita.
Non feci molto caso a quello che successe da quando mio padre mi sollevò, lasciando che gli inzuppassi la maglia con i miei singhiozzi, ma una cosa non la dimenticherò.
Lo sguardo ferito di mia madre e, soprattutto, quello perso di Ashton.
Mi guardava come avrebbe potuto guardare il Paradiso dall'esterno, sapendo di non poterci più entrare.






#Chiara's space
Salve!
Questa volta almeno sono in tempo, dai.
So che questo settimo capitolo è corto, avevo anche pensato di allungarlo a dire il vero, ma poi sarebbero uscite... be', qualcosa come sei/sette pagine di Word!hahah Quindi, anche se a malincuore, ho dovuto dividerlo.
Che dire... il capitolo non vede Michael - che però sarà presente nel prossimo! - ma è incentrato su Rebs, su Beth e, soprattutto, su Ashton. Che quei due son stati divisi, Rebecca è cambiata ed è diventata il motivo del loro allontanamento, ed ora entrambi sentono di aver perso una parte fondamentale. Perché Ashton senza Beth non ci sa stare, ma neanche Beth sa andare avanti senza del suo migliore amico.
Ora che dire, spero di vedervi nelle recensioni di questo capitolo, voglio solo chiedervi un favore: non abbandonatemi adesso! La scuola purtroppo blocca un po' il ritmo di aggiornamento che ho di solito, ma prometto che, a costo di postare di notte, io Remember Me non l'abbandono. Questa storia ha un significato particolare per me, quindi state tranquilli che non me ne vado.
Vi ringrazio tantissimo come sempre per il supporto, e vi mando un abbraccio fortissimo!
Chiara.xx


 
  
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